LA BATTAGLIA DI CASSINO IN UN ARTICOLO DEL GIORNALE NAZISTA SIGNAL
Data: 10-11-2007Autore: ALBERTO TURINETTI DI PRIEROCategorie: SpigolatureTag: stampa

LA BATTAGLIA DI CASSINO IN UN ARTICOLO DEL GIORNALE NAZISTA SIGNAL

La rivista Signal è stata indiscutibilmente il capolavoro della propaganda nazista durante la seconda guerra mondiale.
Un giornale persino sofisticato per l’epoca, nella sua elegante veste editoriale ispirata alle migliori riviste contemporanee come l’americana Life, la francese Match e l’italiana Tempo, riccamente illustrato con ben otto pagine di fotografie a colori.

Il periodico fu destinato alla diffusione nei paesi stranieri amici, neutrali od occupati per offrire la visione di una Germania felice e sorridente e di un esercito invincibile; soltanto dopo l’invasione dell’Unione Sovietica al suo interno fu introdotta la martellante idea della crociata contro il bolscevismo in nome dell’ideale europeo, simbolizzata dall’esistenza di servizi dedicati a legioni, formazioni volontarie, entità nazionali sottratte al comunismo ecc.. [1]

La grande varietà degli argomenti proposti e l’abilità con la quale venivano presentati originava nel lettore, uno straniero, l’illusione di trovarsi di fronte ad un’apparente obbiettività, che contrastava con l’orientamento fortemente nazista degli altri giornali e periodici tedeschi, riservati alla popolazione residente all’interno delle frontiere del Reich.
Signal nacque dalla collaborazione fra il Ministero della Propaganda e l’alto comando delle forze armate, come edizione speciale del Berliner Illustrierte Zeitung, un giornale a tiratura locale, della nota casa editrice Ullstein, di una famiglia ebrea alla quale era stata confiscata la proprietà. [2] La società fu ribattezzata Deutsche-Verlag, strettamente controllata dal partito nazista.
La redazione poté contare sulla collaborazione da una parte dei massimi vertici tedeschi nel campo economico, politico, geopolitico ed artistico, e dall’altra dei giornalisti e fotografi militarizzati delle P.K. (Propaganda-Kompanien) delle forze armate.

La pubblicazione di Signal iniziò nel 1940 con cadenza quindicinale; il primo numero uscì infatti a metà aprile di quell’anno, in quattro edizioni in lingua tedesca, italiana, inglese e francese. Nel periodo di massima espansione, la tiratura raggiunse il numero di 2.500.000 copie, mentre la diffusione raggiunse le due Americhe, tutta l’Europa, ad eccezione beninteso della Gran Bretagna, ed alcuni paesi del Medio Oriente. [3]

L’edizione italiana uscì con un primo numero dal titolo Segnale quasi subito sostituito dal tedesco Signal, con testi bilingui, via via sostituiti con articoli in sola lingua italiana, prevalenti nel giornale a partire dall’agosto 1941 fino agli ultimi numeri del 1945. [4]
Nel corso della guerra la veste editoriale non ebbe cambiamenti sostanziali, salvo la qualità della carta sempre più scadente con il passare dei mesi e l’assenza, a partire dal 1944, dell’indicazione del mese di uscita sulla copertina.

La rivista, nonostante i fatti conseguenti all’armistizio dell’8 settembre 1943, continuò ad uscire regolarmente in Italia fino al numero 19 dell’ottobre 1944, a causa della situazione interna della Germania, flagellata dai bombardamenti aerei alleati. [5]
Nel corso del 1944, come d’altra parte era consuetudine della rivista, non appaiono quasi mai notizie dirette dal fronte italiano, ma piuttosto articoli dedicati alla nuova situazione politica dell’Italia centro-settentrionale, "protetta" dalle truppe tedesche, ad alcuni reparti volontari della R.S.I., trattati alla stessa stregua di quelli russi, e perfino qualche accenno alla lotta contro le bande partigiane. Si accentua invece il messaggio di un bolscevismo che si affermerà in Italia con gli Alleati; risplende un pezzo dal titolo Traditori della patria, scritto dal corrispondente di guerra, sottotenente Bruno Wundsammer, uno specialista del fronte italiano, ricco di "apprezzamenti" su Casa Savoia e su quegli Italiani che non avevano seguito i Tedeschi. [6]

Nel fascicolo numero 12, della seconda metà di giugno 1944, appare un lungo servizio di ben sei pagine sui paracadutisti tedeschi, scritto dal solito sottotenente Bruno Wundsammer, dal titolo: Il suo cammino, le gesta della 1a divisione paracadutisti.
L’articolo, corredato da un'eccellente serie fotografica, è così sottotitolato:

Ad ogni tratto, nella guerra presente, troviamo menzionata la 1a divisione paracadutisti. Nelle battaglie dell’Italia meridionale essa ha poi dato le prove più splendide di valore contro i mezzi materiali e la preponderanza numerica nemica. [7]

Il servizio, siamo alla seconda metà di giugno del 1944, riguarda le gesta dei paracadutisti in Norvegia, a Eben Emael, a Corinto ed a Creta.

Nel fascicolo successivo, il numero 13, e siamo ai primi di luglio del 1944, appaiono le prime notizie sullo sbarco alleato in Normandia, ma, ancora sotto il titolo Il suo cammino, le gesta della 1a divisione paracadutisti, il sottotenente Bruno Wundsammer continua il servizio, ancora su sei pagine, dedicandolo alle imprese dei paracadutisti a Leningrado, nella guerra d’inverno sul fronte russo, in Sicilia e in Italia nel corso del 1943. [8]

Per la prima volta appare il nome di Cassino:

... Ma dove le virtù militari della 1a divisione paracadutisti maggiormente rifulsero fu nei combattimenti attorno a Cassino...

L’articolo si conclude con questa frase:

Finora l’attacco anglo americano al fianco sud della fortezza europea non ha nemmeno superato la zona esterna. Ostacoli formidabili lo attendono, e accanto ad altre truppe vi si trovano imperterriti i nostri paracadutisti. Alla testa di essi, quelli della 1a divisione. [9]

Nello stesso numero, appaiono due servizi dedicati all’Italia.

Il primo, dal titolo L’esempio dell’Italia è sottotitolato:

L’avvenire sovietico dell’Europa lo si può fotografare già oggi: gli Anglo-americani sono in grado di farlo. "Signal" pubblica tali fotografie, eseguite nell’Italia meridionale, modello esemplare di un’Europa liberata.

Senza citare il nome delle città e delle località, appaiono fotografie di Cassino bombardata il 15 marzo 1944, di bivacchi di soldati alleati tra i monumenti, di processi a civili accusati di mercato nero, di civili sporchi e abbandonati, di una donna sottoposta a trattamento antiparassitario; naturalmente le fotografie sono tratte da riviste americane ed essenzialmente da Life.

Come contr'altare appare un altro servizio intitolato Il riscontro da Roma con una serie fotografica, curata dal corrispondente Hans Hubmann, nella quale appaiono cittadini romani ridenti, prima dell’arrivo degli Alleati e grazie ovviamente alla tutela tedesca, alle corse dei cavalli, ad un matrimonio, in piazza San Pietro, al Pincio ecc. [10]

Ma ecco che nel numero 14, che dovrebbe essere uscito nella seconda metà di luglio 1944, appare un terzo servizio, dedicato alle gesta della 1a divisione paracadutisti nelle battaglie per Cassino; esso occupa lo stesso spazio dei precedenti, sei pagine, nell'esatta numerazione delle pagine. [11]
Il servizio, ancora curato dal sottotenente Wundsammer e corredato da molte fotografie delle quali non viene dichiarata la provenienza, ha per titolo: Cassino – Il sacrario del combattente singolo, con sottotitolo:

Negli ultimi due fascicoli ci si intrattenne sul diario di guerra della 1a Divisione paracadutisti. Ora "Signal" ne pubblica un episodio: la storia delle settimane in cui la divisione resistette alle migliori truppe dell’8a Armata britannica e della 5a americana.

1744
1881
1882

Scrive il corrispondente:

Allorché il 18 maggio il Bollettino delle Forze Armate germaniche comunicò: “Cassino, che gli Anglo-americani hanno invano attaccato da mesi con l’impiego di potenti forze, è stata abbandonata la notte scorsa dalle truppe tedesche che hanno occupato una retrostante linea di sbarramento richiedenti minori forze”, il posto avanzato aveva scritto la sua epopea, assunta ad esempio ed a simbolo. Per 3 mesi, vale a dire da fine gennaio al 18 maggio 1944 il “frangi-flutti” di Cassino aveva fatto il suo dovere rispondendo a tutte le aspettative del Comando Supremo.
La propaganda avversaria tenta da quel giorno di falsare il significato di Cassino e delle imprese ad esso connesse. Essa tenta cioè di dimostrare che la tattica anglo-americana sia prevalsa nei confronti dell’avversario tedesco il quale, benché si fosse battuto valorosamente, come necessariamente si dovette riconoscere, in definitiva venne sconfitto. La verità è, invece, che la difesa di Cassino si concluse con una vittoria della strategia tedesca e dello spirito combattentistico tedesco. I paracadutisti che a termine dell’ardua pugna di tre mesi dovettero ritirarsi per ordine superiore, non sono stati vinti da preponderanza di mezzi né da superiorità agonistica dell’avversario. I “diavoli verdi”, nome attribuito dal nemico ai Paracadutisti tedeschi, restarono invitti.

Continua il corrispondente:

Uno sguardo al complesso scacchiere europeo rivela anche al profano di cose militari che il fronte italiano nel vasto quadro strategico europeo, non può essere che un settore d’importanza bellica secondaria. L’invasione iniziata nel giugno di quest’anno ha dimostrato la fondatezza dei piani tedeschi, già da lungo concretati, in base ai quali i fronti dell’Est e del Sud dovevano venire guarniti con un quantitativo minimo di truppe al fine di poter essere il più possibile forti là dove si aveva ragione di attendere la decisione definitiva. La battaglia in Francia è in corso. Dal suo esito dipenderà in gran parte il risultato di questa guerra. Pertanto i soldati germanici che all’Est e al Sud difesero fino all’ultima cartuccia le loro posizioni contro un nemico numericamente superiore e fornito di mezzi preponderanti, hanno avuto ed hanno ancora una parte essenziale nelle battaglie contro le truppe d’invasione anglo-americane.

Queste considerazioni appaiono perlomeno sorprendenti se si pensa che il numero di Signal apparve nella seconda metà di luglio 1944. A parte le affermazioni sulla strategia tedesca, si deve ricordare che, oltre allo sbarco in Normandia del 6 giugno, peraltro citato nella rivista, il 22 giugno 1944 sul fronte orientale ebbe inizio quella imponente serie di offensive che portò le truppe sovietiche a riconquistare nel breve lasso di un mese i Paesi baltici, la Bielorussia, gran parte dell’Ucraina fino a fermarsi sui confini orientali della Germania a nord e lungo la Vistola in Polonia. Le perdite subite dalle forze armate germaniche furono imponenti, di una gravità eccezionale.

1883
1884
1885
1886

L’autore prosegue con il racconto delle battaglie di Cassino fra gennaio e febbraio, ma senza una parola sulla distruzione dell’Abbazia, ribadendo il concetto delle poche unità tedesche che hanno resistito, rafforzate dall’arrivo della 1a divisione paracadutisti:

Poche unità tedesche avevano preso posizione presso Cassino quando il 21 gennaio 1944, i Nordamericani provenienti dal meridione iniziarono i loro attacchi. Da principio riuscì loro d’impadronirsi di numerose alture a nord e a nord-est della città durante l’attacco alla città stessa nel corso del quale il nemico tentò con l’artiglieria pesante e i bombardieri di tenere in iscacco le forze germaniche delle retrovie, esso si ebbe una sanguinosa reazione. Questo non fu che il preludio di una battaglia di 3 mesi che assunse sempre maggiori proporzioni e la cui intensità divenne di giorno in giorno maggiore. E poi arrivò... la 1a Divisione germanica di Paracadutisti al comando del generale Heidrich. Negli scontri che seguirono essa impegnò le migliori divisioni dell’8a Armata britannica e della 5a americana.

Per avvalorare la propria tesi, Wundsammer riporta il giudizio di un ufficiale inglese, pur senza citarne il nome:

Allorché il quantitativo veramente da primato di un milione e mezzo di chili di bombe sganciate dagli Alleati si abbatté sopra l’”obiettivo città di Cassino” si ebbe ragione di ritenere che un simile processo distruttivo avesse fatto si che quel bastione tedesco potesse essere preso d’assalto dai nostri carri armati e dalle nostre fanterie. Purtroppo le cose non si svolsero in questo modo e noi dovemmo costatare d’aver sopravalutato i risultati del bombardamento. La ragione principale dell’insuccesso sta nell’accanita resistenza opposta dalle truppe scelte (crack-troups (Sic!)) di Kesselring, la 1a Divisione paracadutisti. I suoi uomini riuscirono sempre ad infiltrarsi in qualsiasi terreno, anche in quello sconvolto. Essi furono in grado di costituire un nuovo sistema difensivo che mediante un gran quantitativo di lanciabombe, fuoco di mitragliatrici, pezzi d’assalto e tiratori scelti riuscì in breve ad opporre una impenetrabile barriera al nostro attacco...

1888
1889
1890
1891
5476

Conclude l'articolo:

A principio di maggio ebbe inizio la terza offensiva, che ebbe nuovamente Cassino come epicentro. (...) La situazione per gli uomini della 1a Divisione paracadutisti divenne bensì critica dopo che l’avversario era riuscito ad avanzare in grande profondità su largo fronte ai due lati del massiccio di Cassino, ma essi cedettero invitti le loro posizioni solamente quando il Comando Tedesco diede ordine di ritirarsi. Combattendo spezzarono il cerchio nemico e si ritirarono verso il grosso delle truppe nemiche. ([12]

Nello stesso numero appare un articolo a firma del dottor barone (Freiherr) von Imhoff, dal titolo: Il mondo dei più forti, che precede immediatamente quello di Wundsammer, del quale sembra voler essere una sorta di prefazione. [13]
L’autore pone ai lettori una domanda:

Gli Anglo-americani e i Bolscevichi impiegano masse enormi di materiale e di uomini nella lotta da essi condotta contro l’Europa. Non devono il soldato germanico ed i suoi alleati europei soccombere sotto l’urto di tale preponderanza?

Von Imhoff è uno studioso dell’Oriente, ma anche un fervente nazista, che, cercando di dare una risposta alla domanda che egli stesso pone e quindi indirizzando il lettore, riprende il concetto della superiorità della razza germanica, questa volta applicato al valore militare del singolo combattente tedesco.
Sotto un richiamo, “La razza contro la massa”, egli scrive:

Abbiamo udito come un prigioniero americano dell’Ovest disse di ritenere stupido l’atteggiamento del soldato germanico, giacché tali sforzi possono venire risparmiati impiegando adeguate masse di materiale. Abbiamo visto come migliaia di prigionieri bolscevichi seguissero con lo sguardo il capo dell’esigua pattuglia germanica formata da dieci uomini e dotata di due mitragliatrici che stava avviandosi verso un settore particolarmente minacciato. Per me questo quadro era l’immediata impressione dello scontro della nostra facoltà spirituale con il mondo orientale. Allora mi resi conto del valore della razza di un soldato combattente. L’altro potrà essere più astuto e disporre di maggiori quantità di materiale perché la sua scaltrezza gli ha permesso d’impadronirsi di più ricchezze di quante ne siano state concesse a noi Europei. Tuttavia esso non può impiegare la massa del materiale o la massa degli uomini contro quell’uno che lo affronta come personalità.
E proprio in questa personalità sta racchiuso quel mondo che abbraccia tutta la nostra civiltà. Forse è appunto essa, almeno in parte, la fiamma di quel fuoco che fa del singolo un paladino del nostro destino anche se sa di trovarsi in stragrande inferiorità numerica.

C’è forse bisogno di un commento?
No, anche perché ben quattordici pagine dello stesso numero di Signal sono dedicate al fronte interno, con servizi e tante fotografie, sotto un titolo generale Come fanno a spuntarla i Tedeschi nel quinto anno di Guerra.
Vi sono ritratti bambini e ragazzini sorridenti impiegati nei soccorsi ai bisognosi anche sotto i bombardamenti, uomini anziani ilari nel lavoro in fabbrica e nelle campagne, donne felici nelle fabbriche, medici e infermieri soddisfatti di una situazione che evidenzia la loro abnegazione, ferrovieri coraggiosi e contenti di non smettere il lavoro nemmeno sotto le bombe, ed infine pittori e scultori che, tra una bomba e l’altra, non smettono di essere creativi... .

1887
1892
1893

Trattandosi di una pubblicazione di propaganda nazista, sarà opportuno ricordare in chiusura di queste note che soltanto dopo la fine della guerra il mondo intero venne a conoscenza di quanto era accaduto in Germania, di quanti delitti erano stati commessi, ma anche di come i civili - anziani, donne e bambini – avessero patito l’immane tragedia della totale distruzione del loro Paese. [14]

Note

  1. ^ Va ricordato che grazie all’accordo stipulato fra la Germania nazista e l’Unione Sovietica il 23 agosto 1939, i rapporti fra i due Paesi furono amichevoli fino al 22 giugno 1941; nei numeri di “Signal” dal 1940 fino al giugno 1941, non mancano i servizi dedicati agli scambi economici e commerciali fra i due Paesi ed allo “storico legame” fra i rispettivi popoli.
  2. ^ La casa editrice Ullstein era anche proprietaria della notissima rivista a tiratura nazionale “Die Woche”.
  3. ^ Le edizioni in lingua ebbero questa evoluzione: maggio 1940, Danimarca; giugno 1940, Olanda; agosto 1940, Norvegia; gennaio 1941, Spagna; marzo 1941, Bulgaria; aprile 1941, Svezia e Ungheria; maggio 1941, Romania e Croazia; giugno 1941, Portogallo e Grecia; gennaio 1942, Finlandia; luglio 1942, Slovenia e Serbia. Nell’autunno del 1942 fecero la loro uscita le edizioni in lingua russa ed araba.
  4. ^ Anche l’edizione italiana era ricca di pubblicità. Tra profumi, acqua di colonia, penne stilografiche, pipe, automobili ecc., la Mauser, nota industria di armi, in un riquadro contenente il proprio marchio, usava queste parole: “Noi crediamo nella vittoria delle nostre armi nella lotta impegnata per il destino della nazione. Noi crediamo nella superiorità dei nostri valorosi soldati di fronte a tutti i nemici. Noi combattiamo e lavoriamo per il bene più prezioso di tutti i popoli europei, per la pace!”
  5. ^ Nell’edizione italiana uscirono ancora quattro numeri nel 1945.
  6. ^ Signal, fascicolo 3, 1944. Nel numero precedente Benno Wundsammer in un articolo dove citava l’affondamento del cacciatorpediniere italiano Vivaldi ad opera dell’artiglieria costiera tedesca della Sardegna aveva scritto che “... velivoli di salvataggio tedeschi intervennero tosto, quantunque quei naufraghi, avendo tradito, non meritassero alcun riguardo...”
  7. ^ Signal, Heft 12, 1944, pagine 12-18.
  8. ^ All’operazione dei paracadutisti sul Gran Sasso “Signal” dedicò un inserto speciale.
  9. ^ Signal, Heft 13, 1944, pagine 12-18.
  10. ^ Ibidem.
  11. ^ Signal, Heft 14, anno V, 1944, 4 Lire, pagine 12-18; redattore-capo Wilhelm Reetz, vice redattore-capo, Hugo Mösslang; Casa editrice e tipografia, Deutsche Verlag, Berlin SW 68, Kochstrasse 22-28.
  12. ^ Nelle sue memorie il feldmaresciallo Albert Kesselring critica il comportamento del comando della 1ª divisione paracadutisti: “... D’altra parte, la 1a divisione paracadutisti non pensava affatto ad abbandonare Monte Cassino. Per mantenere il contatto con il XIV corpo corazzato, dovetti ordinare io stesso personalmente, il 18 maggio, un arretramento dei paracadutisti, il cui comando vi si opponeva: esempio questo degli svantaggi di affidare a forti personalità i comandi in sottordine. A ciò si deve attribuire il mancato intervento delle riserve della 1a divisione dietro l’ala della 90a divisione di granatieri corazzati, che aveva ceduto, nonché l’esecuzione tardiva della ritirata del LI corpo alpino.”
    Cfr. Albert Kesselring, Memorie di guerra, Garzanti, Milano, 1954, pag. 225.
  13. ^ Signal , Heft 14, 1944, pagine 10-11.
  14. ^ Ci vorranno poi circa cinquanta anni dalla fine della guerra perché in Germania si “venisse a sapere” come non solo le SS ed i reparti di polizia, ma anche i soldati della Wehrmacht avessero seminato il terrore nei paesi occupati; ben poche fra le grandi unità tedesche dislocate sui vari fronti sono state esenti dall’imputazione di gravi episodi a danno delle popolazioni civili.
    Fra queste unità anche i paracadutisti ed altre formazioni della Luftwaffe.
    Sono note le sanguinose rappresaglie eseguite dai paracadutisti tedeschi contro la popolazione civile di Creta, accusata di aver partecipato alla difesa dell’isola a fianco dei soldati inglesi e neozelandesi.
    Meno note, forse, la fucilazione di 12 fra guardie municipali e dipendenti comunali, avvenuta a Barletta il 12 settembre 1943, e di 22 civili a Matera, il 21 settembre 1943, in entrambi i casi ad opera di elementi del “Fallschirmjäger-Regiment 1”. Anche l’eccidio di 16 civili a Rionero in Vulture (Potenza), avvenuto il 24 settembre 1943, sembra essere stato eseguito da elementi della medesima unità.
    Più in ombra rimane l’assassinio di ben 128 civili, fra i quali 60 donne e 34 bambini al di sotto dei dieci anni, nel bosco di Limmari, a Pietransieri (L’Aquila); l’esecuzione, avvenuta il 21 novembre 1943, fu opera di elementi di un battaglione del 1° reggimento paracadutisti.
    Pende sui paracadutisti il sospetto di essere stati gli autori del massacro avvenuto a Pedescala (Vicenza) e nelle sue frazioni di Forni e Settecà, tra il 30 aprile ed il 2 maggio 1945, dove furono uccisi 84 civili.
    (Per quanto concerne l’episodio di Pietransieri Cfr. Friedrich André, La Wehrmacht in Italia, La guerra delle forze armate tedesche contro la popolazione civile 1943-1945, Editori Riuniti, Roma, 1997, pag. 111 e seguenti.)

Bibliografia

Collegamenti

Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.

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