BREVI ARTICOLI E REDAZIONALI
Data: 10/03/2013Autore: VARIListe: ORGANICI AL SITOCategorie: SpigolatureTag: armi-equipaggiamenti, civili, donne, dragoni, esperia, quota-593, sepolture-provvisorie
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Articoli brevi ma comunque interessanti e che in alcuni casi focalizzano in maniera approfondita aspetti e situazioni citati in altri scritti.

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03/08/2022

TENENTE COLONNELLO JOHN BELFORD ARTHUR GLENNIE. COMANDANTE DEL 1ST BATTALION, ROYAL SUSSEX REGIMENT

Roma 28 luglio 2022, caldo torrido.

Da molti anni studio le battaglie di Cassino scendendo nei più profondi dettagli tattici ed in particolare circa le diverse unità britanniche che presero parte ai combattimenti; il 1st Battalion del Royal Sussex Regiment è tra quelle che sin dall’inizio più mi hanno interessato. Perché?
Perché tra il 13 e il 18 febbraio 1944 quel battaglione visse un’esperienza inaudita sulle aspre pendici dello Snake’s Head Ridge di fronte alla famosissima Quota 593, "il Calvario". Una collina tenacemente difesa dai Fallschirmjäger tedeschi e mai definitivamente occupata dagli alleati.

Truppe britanniche sullo Snake’s Head Ridge.
(fonte: The Tiger Triumphs - The Story Of Three Great Divisions In Italy)

Prima e dopo di loro altre unità alleate vissero un’esperienza simile in quello stesso posto, ma nessun reparto fu scaraventato in fretta e furia in quella zona con l’ordine di attaccare immediatamente Quota 593, i cui difensori avevano nei giorni precedenti sbaragliato numerosi attacchi di due reggimenti americani. In aggiunta essi vissero la gigantesca beffa del bombardamento dell’Abbazia di Montecassino, senza che nessuno li avesse avvisati che esso era stato anticipato di un giorno.

Il loro comandante era il Tenente Colonnello John Belford Arthur Glennie. Un trentenne che pur avendo già avuto esperienze in africa, era al suo primo comando di unità.

La prima particolarità di questo ufficiale è che in moltissimi testi sull’argomento viene indicato come Jack e non John. Semplice, Jack era il suo soprannome e come spesso avviene per gli anglosassoni, essi diventano familiarmente noti più con il loro soprannome che con il vero nome.
Ebbene ho scoperto questa particolarità soltanto oggi e con grande gioia, visto che da settimane ero alla ricerca di una sua fotografia su internet, nonostante il caldo opprimente.
Volevo infatti trovare una fotografia dell’ufficiale da inserire in un mio nuovo studio nel quale traccio, tra l’altro e nel massimo dettaglio, le azioni del Sussex in quella zona. E fino a oggi sembrava impossibile trovare una sua foto, poi finalmente ho trovato questa, anche se purtroppo il viso è in ombra.

Glennie è il terzo da sinistra, all’epoca Tenente, ritratto in Egitto nel 1943.
(fonte: https://digitalcommons.buffalostate.edu/wdrzpumeiwii/165/)

Ma torniamo al terribile 15 febbraio del 1944. Appena le prime bombe caddero nella zona dell’Abbazia, Glennie impugnò il telefono da campo per collegarsi con il comando brigata. Prima ancora che potesse parlare, dall’altro capo gli risposero: non lo sappiamo nemmeno noi (da La Battaglia di Cassino di Fred Majdalany, Garzanti, Milano 1976, pag. 165).
Al comando di Glennie, il 1st Battalion del Royal Sussex Regiment attaccò Quota 593 nel corso delle due notti successive. Senza successo e con la perdita di circa metà degli effettivi.

Dopo la guerra Glennie continuò la sua carriera militare fino al grado di Brigadiere. Servì a Malta e in quell’isola scrisse un memorandum sulla sua esperienza a Cassino dal titolo: The Battles of Cassino - January to May 1944 (HQ British Troops Malta 1968).
Questo documento è stato più volte quotato in diversi testi sulle battaglie di Cassino e in effetti fornisce una serie di interessantissimi aspetti relativi a quella vicenda.

Finalmente, anche se in ombra, abbiamo oggi la possibilità di osservare il volto di uno dei tanti comandanti sul campo che combatterono duramente a Cassino.

Livio Cavallaro

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QUOTA 593, MONTE CALVARIO. I SEGRETI DI UNA COLLINA INESPUGNABILE.

Il Calvario, che molti oggi conoscono anche con l’appellativo di collina con l’obelisco, è qui oggetto di analisi da parte di Livio Cavallaro, per comprendere cosa rappresentava quella collina per i soldati alleati e tedeschi nel 1944.

29/04/2009 | richieste: 7330 | LIVIO CAVALLARO
I luoghi | #maggio 1944, quota-593

20/05/2015

Cascarino Angela nata il 6 agosto 1918 ad Acquafondata maritata con Canale Alberto

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In una fotografia apparsa nel volume "Les victoires des Français en Italie", pubblicato nel 1946, appare la fotografia di una giovane ragazza con un piccolo bambino in braccio. Lo sfondo è inconfondibilmente quello del paese di Acquafondata.

Dopo tanti anni, alcuni discendenti che oggi vivono in Francia ci chiedono di ricordare questa ragazza, anch’essa vittima del turbine della guerra, che non solo fu immortalata da un cineoperatore francese, ma come molti ricordano ebbe occasione di intrattenersi per qualche attimo con il generale de Gaulle in visita in Italia.

Come ci racconta Anne Gérard de Filippis, che oggi abita a Lione, Angela Cascarino, questo il nome della ragazza, visse in Francia con i suoi genitori fino all’età di 15 anni. Purtroppo in quell’anno sua madre decise di portarla in vacanza ad Acquafondata e là morì improvvisamente.

La povera Angela non poté più ritornare in Francia e fu allevata dalla nonna e dalla zia.
Qualche anno dopo sposò Alberto Canale, dal quale ebbe tre figli, Concetta, Elena e Antonio, nato nel 1942 e che appare nella foto con la mamma.

Naturalmente con lo scoppio della guerra le condizioni di vita si fecero più dure, fino a quando il fronte non arrivò vicino e si patì la fame, anche con l’arrivo delle truppe francesi e nordafricane. Ne patì soprattutto il piccolo Antonio che cadde malato.

Un giorno Angela seppe che sarebbe arrivato il generale de Gaulle in visita alle truppe e non si lasciò scappare l’occasione per chiedere delle medicine. Si sistemò dove sarebbe passato il corteo e quando il generale le fu davanti riuscì a farsi sentire parlando in francese. Il generale, stupito, si fermò per qualche attimo e colse la richiesta, credendo che avesse a che fare con una cittadina francese.
Ciò le valse qualche piccolo sussidio in natura per nutrire i bambini, ma, ahinoi, non molto di più… e fu poi la Croce Rossa che fornì i farmaci necessari.

Nel 1949, la famiglia di Angela si trasferì definitivamente in Francia. Lei pensò molto al suo incontro con il generale e non sapeva che un fotografo non solo l’aveva ripresa in quel giorno, ma che la sua immagine era contenuta in un libro.
Grandissima fu la sua sorpresa quando qualcuno gliela mostrò.

Anne Gérard de Filippis

Traduzione a cura di Alberto Turinetti di Priero

07/04/2013

Esperia - Il cimitero militare provvisorio tedesco

Sulla strada tra Esperia e Pontecorvo, esiste anche oggi una costruzione (villa Guacci) sede, durante l'ultimo conflitto, di un ospedale militare tedesco; tale costruzione fino agli anni cinquanta conservava ancora sul tetto la croce della sanità.

Nei pressi di questa casa esisteva un cimitero militare provvisorio tedesco.
Nel 1965-66 le salme dei caduti furono rimosse e trasferite al cimitero tedesco di Caira; furono impiegati operai di Esperia sotto la direzione di responsabili dell'ambasciata tedesca.

A valle dell'ospedale, che funzionò anche dopo il passaggio del fronte sotto la direzione degli alleati, era presente un secondo cimitero, francese, le cui salme furono rimosse alla fine della guerra e trasferite a Venafro; rimase al suo posto una stele identica à quella situata nei pressi di Pontecorvo (distrutta dal proprietario del terreno).

Il proprietario della villa che era stata la sede dell'ospedale, era il dottor Coluzzi incaricato dallo Stato e uno maggiori artefici nella lotta alla malaria che afflisse la Valle del Liri nel dopoguerra.

Clino Vallone

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IL CASSINO-KOMMANDO, ALLA RICERCA DEI CIMITERI PERDUTI DALLA RELAZIONE DI DUE PRIGIONIERI TEDESCHI

Nell’estate del 1946, nella valle del Liri trionfava la malaria ed i paesi erano ancora ridotti ad ammassi di rovine e macerie. C’erano ancora migliaia e migliaia di bombe e mine inesplose ma c’erano anche migliaia di cadaveri insepolti, centinaia di tombe, singole o raccolte in piccolissimi cimiteri isolati. In questo squallore operò questo gruppo di volontari.

11/03/2011 | richieste: 4375 | ALBERTO TURINETTI DI PRIERO
I luoghi | #post war, cimiteri, germania, sepolture-provvisorie

09/03/2013

Dragoni - Il dramma dei civili

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La fotografia con i due bambini piangenti a terra, uno in braccio all’altro, ed il cadavere di una donna all’interno della casa, è presente nel volume "foto di guerra", edito a Cassino, dall’editore Lamberti.
Questa ed altre due che secondo me fanno parte dello stesso tragico episodio, sono pubblicate in diverse pagine senza nessun legame fra di loro. Le didascalie non riportano né data né località.

Nella seconda fotografia, un gruppo di donne raccoglie la salma in una bara improvvisata. L’arco che si vede in questa foto, uguale a quello della foto precedente, permette di asserire che siamo all’interno della stessa casa; da notare anche le quattro donne ed il loro abbigliamento.

Nella terza fotografia, la bara viene portata al cimitero dal gruppo di donne. Ci sono da notare le donne ed i loro vestiti; le due a sinistra sono facilmente riconoscibili come le due donne in piedi ritratte nella foto precedente. La stessa fotografia appare nell’archivio della Allison Collection.

Nella didascalia della foto del US Signal Corps viene precisata la data dello scatto, o della spedizione dello stesso, il 29 novembre 1943.
Il nome del paese è probabilmente storpiato in "Tragone", ma potrebbe essere Dragoni, un paese non lontano dal Volturno, in provincia di Caserta.

Qui nasce un problema, perché Dragoni fu liberata il 19 ottobre 1943 (Early on 19 October a message came from a 3rd Division observation post. "Heavy fog long west side of river… Can’t see Dragoni but heard bells ringing." At almost same time elements of the 168th Infantry reported that they had entered the town without opposition), quasi un mese prima della data riportata dall’agenzia.
La didascalia della foto precisa però che "The crude box, carried by two women, contains the body of the mother of two children, who was killed as the Germans retreated through Tragone" e quindi conferma che è la madre dei due orfani.

Resta insoluto comunque un mistero. Non abbiamo trovato nessun paese o località con il nome "Tragone" e la assonanza più probabile è appunto Dragoni; resta la data, il 29 novembre 1943, quando però gli Americani erano ormai a Mignano ed a Venafro.

29/10/2012 - Giuseppe Angelone

Si tratta effettivamente di Dragoni (non "Tragone", anche se in dialetto viene chiamata "Traùni"), in provincia di Caserta. Le foto si riferiscono al recupero del cadavere di una donna uccisa dai tedeschi poco prima di lasciare l'abitato. Si tratta di un trittico formato dalle due foto da te inserite, più una terza - intermedia - nella quale viene mostrato il posizionamento del corpo all'interno della bara, che sarà condotta al cimitero dalle sorelle della vittima, prestando fede alla descrizione offerta nella foto conservata ai NARA.
La data esatta è 21 ottobre 1943.
Gli scatti sono del fotografo Oliver della 163rd Signal Photo Company.

21/11/2012 - Giuseppe Angelone

Le uniche informazioni ulteriori che ho potuto acquisire vengono da un testo di D.B. Marrocco, La guerra nel Medio Volturno nel 1943, Napoli 1974, pp. 157-158, nel quale sono riportati brevi appunti sugli eventi accaduti nel paese ed i nomi delle vittime civili. Risulta una sola donna morta tra il 15 ed il 19/10/1943 a causa di un cannoneggiamento, probabilmente tedesco, anche se sul paesino infieriva pure l'artiglieria USA. Non vengono menzionate vittime di bombardamenti. Quindi, la didascalia della foto è da intendere nel senso di "vittima di fuoco tedesco", non tanto di fucilazioni o altro.

Alberto di Priero - Giuseppe Angelone

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24/07/2012

German mines

Se ne trovate, non toccatele...

Alla fine della guerra, solo in Italia si valutò la presenza di mine lasciate dai tedeschi nell’ordine di centinaia di migliaia di esemplari, con particolare densità nei luoghi dove pi_ forte era stata la resistenza della Wehrmacht e sulle coste del Mediterraneo e dell’Adriatico.
I vari modelli, più grandi e più piccoli, anticarro e antiuomo, costituirono un mortale pericolo non solo per i soldati alleati, ma anche per i civili. Attivi per molto tempo, anche per anni, essi furono oggetto di una prima serie di bonifiche attuate dagli stessi genieri degli eserciti alleati, italiani compresi, che in generale si limitarono a riaprire le vie di comunicazione od a sgombrare aree d’interesse militare.
Subito dopo il passaggio del fronte, furono iniziate vere e proprie campagne per lo sgombero dei campi minati, ma anche per la ricerca di ordigni lasciati nei posti più impensati, vere e proprie trappole per chiunque, uomo o animale, ci si fosse imbattuto.
Con una fantasia degna di miglior causa, i tedeschi riuscirono a produrre milioni di esemplari di mine, provviste di vari tipi di accenditori che ne provocavano lo scoppio per pressione o a strappo, spesso utilizzate non solo nel terreno, ma in modo da deflagrare alla semplice apertura della porta di un’abitazione o all’asportazione di un qualsiasi relitto od oggetto; in altri casi, la mina poteva essere piazzata all’interno di una casa, sotto un gradino o sotto un pavimento.
Alcuni esemplari, costruiti in vetro o in legno, non potevano essere rilevati con i mezzi allora in uso.
L’opera di bonifica costò molte vite umane e molti casi di invalidità tra gli artificieri, militari o civili che fossero. Tutte le operazioni dovevano essere svolte con la massima cautela anche per la presenza di sistemi di attivazione secondaria della mina stessa, messi in opera per causare il massimo danno a chi ne tentava l’asportazione.

Attenzione: Abbiamo voluto presentare una selezione di mine anticarro e antiuomo tra le più usate dall’esercito tedesco, ricordando però che se qualcuno dovesse imbattersi in uno di questi oggetti, spesso difficilmente riconoscibili in quanto ordigni bellici, deve ricordare che, anche se ormai inattivi, essi posseggono ancora la carica esplosiva, comunque molto pericolosa ed ancora in grado di esplodere.

Le illustrazioni sono tratte da una pubblicazione del Ministero della Guerra italiano, stampata nel 1946, che contiene molte informazioni utili per il disinnesco degli ordigni, talvolta così complesso da consigliare il loro brillamento sul posto del rinvenimento; solo in casi eccezionali si poteva ultimare l’operazione in loco ed asportare l’ordigno, tra mille attenzioni.

Alberto di Priero

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ORDIGNI ESPLOSIVI RESIDUATI BELLICI: INTERVISTA AD AMEDEO POSTIGLIONE

La volontà di mantenere sempre alta l’attenzione degli appassionati, e più in generale di tutte le persone che frequentano i luoghi in cui avvennero degli scontri bellici, sulla pericolosità degli ordigni bellici inesplosi e l’ennesimo ritrovamento di una bomba avvenuto a Cassino, mi hanno indotto a chiedere all’amico Giovanni Lafirenze di scrivere alcune righe per il nostro sito.
Da qui l’iniziativa di Giovanni di intervistare Amedeo Postiglione, proprio lo specialista impegnato a Cassino per la messa in sicurezza della bomba d’aereo americana ritrovata il 22 novembre 2012.

09/01/2013 | richieste: 2130 | GIOVANNI LAFIRENZE
Spigolature | #today, ritrovamenti
[PDF]

RESIDUATI BELLICI DI TIPO ESPLODENTE

Giovanni Lafirenze, esperto in bonifica bellica, da due semplici consigli agli appassionati di ricerca di cimeli.

28/08/2011 | richieste: 3758 | GIOVANNI LAFIRENZE
Spigolature | #today, ritrovamenti

12/09/2010

Le casse della Wehrmacht a Cassino

Durante la seconda guerra mondiale l’esercito tedesco aveva a disposizione diverse tipologie di armi con una grande varietà di calibri delle munizioni. Ciò fu la conseguenza anche delle numerose commesse militari assegnate a fabbricanti diversi, alle varianti sulle produzioni e all'impiego di molti armamenti "catturati" agli eserciti alleati e riconvertiti.
Per i tedeschi questo diventerà, con il trascorrere del tempo, un grande problema che aumenterà le difficoltà di approvvigionamento delle munizioni.
Da segnalare inoltre come i contenitori ad inizio guerra fossero molto ben rifiniti e spesso in metallo mentre in seguito, a causa della penuria dei materiali, diventeranno sempre più essenziali e realizzati in materiali più poveri, come il legno.

Le immagini si riferiscono a contenitori rinvenuti in zone situate dove erano le retrovie del fronte di Cassino.
Si evidenzia come dalle zone montuose del Cairo, degli Ausoni ed Aurunci, provengano i contenitori di artiglieria di grosso calibro, mentre i contenitori di Nebelwerfer sono stati rinvenuti in zone di pianura.

Tramite queste immagini possiamo venire a conoscenza, indirettamente, dell'impiego di determinate armi su questo fronte, alcune delle quali non si sapeva nemmeno fossero state utilizzate sulla Linea Gustav.

Roberto Molle

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