TESTIMONIANZA DEL SIG. SEVERINO SALERA.
23 Gennaio 2005. Commemoriamo la battaglia del Gari.
Dopo una visita al monumento dedicato alla Divisione "Texas" al centro di S.Angelo in Theodice, ci fermiamo sul ponte dove esiste il monumento della "Campana alla Pace" e gettiamo nel fiume una corona di fiori rossi. Al nostro gruppo di persone si avvicina un signore anziano, Salera Severino, il quale comincia a raccontarci quanto accadde in questi luoghi; lui, ragazzo di 11 anni, era rimasto con la famiglia vicino al fronte.
Il nonno, che conosceva bene l’inglese per essere stato emigrato negli Stati Uniti per diversi anni, era traduttore per gli alti ufficiali americani. Aveva conosciuto da vicino anche il Generale Clark e il nonno, in più occasioni, aveva cercato di far desistere gli americani dall’attacco, avvertendoli degli alti rischi e delle difficoltà che la zona nascondeva. Gli americani avevano anche mandato delle pattuglie a perlustrare la zona vicino al fiume che erano tornate indietro senza perdite; gli alleati pensarono quindi che le posizioni tedesche non fossero molto munite ma i tedeschi non avevano colpito le pattuglie per non fare scoprire le proprie difese sul fiume.
Rimaniamo affascinati dal suo racconto; ci dà appuntamento ad Antridonati: una piccola frazione di S. Angelo in Theodice che, peraltro, una volta era Comune a sé ed ora è parte di Cassino.
Arrivati al centro del paesino, la gente ci accoglie con calore e semplicità, offrendoci dell’ottimo vino rosso, bevande varie e qualche stuzzichino per placare i primi segnali di fame. E’ una accoglienza non programmata, spontanea, che ci rende veramente felici inoltre c’è un bel sole che scalda; Giancarlo si decide e scappotta il "Dodge", sull’esempio della "Willys" di Lillo.
Ma prosegue anche il racconto del nostro amico Severino, che ci appassiona ancora di più. Antridonati si trovava proprio nella terra di nessuno, nei
pressi del fiume Gari sulla sponda "americana"; i tedeschi il primo gennaio 1944 avevano fatto saltare in aria tutte le case del paese, minando in seguito
pesantemente tutta la zona. Tra queste case vi era anche quella della famiglia di Severino; alla metà del mese di gennaio, contravvenendo agli ordini
del comando alleato, si avventurò insieme alla madre per vedere se si era salvato qualcosa dalla abitazione distrutta.
Sotto le macerie esce miracolosamente intatta una damigiana di vino; appena riescono a portarla fuori, comincia a passare una lunga fila di soldati
americani che vanno verso le prime linee. La madre non ci pensa un attimo e, improvvisata una panca, comincia ad offrire il vino ai soldati; chi
riempie un bicchiere, chi una gavetta, chi una borraccia; sono ragazzi, ringraziano e sorridendo scompaiono all’orizzonte.
Qualche giorno dopo Severino sente il cannone tuonare, tre giorni di durissimi combattimenti. Dopo arriva la notizia che, fallito l’attacco, servono
volontari per andare a prendere i caduti sul campo di battaglia; si organizza una tregua di tre giorni.
Anche Severino si aggrega a queste squadre, con la speranza anche di rimediare qualche soldo. Giungono in una radura vicino al fiume, sul campo
centinaia sono i soldati caduti, inizia l’opera di raccolta.
Ma un particolare terribile colpisce il ragazzo, comincia a riconoscere proprio quei soldati a cui qualche giorni gli aveva offerto il vino; ne avevano
ancora le borracce piene.
In quella occasione ricorda anche che vide dei soldati sull’opposta riva che raccoglievano i caduti, scambiarsi sigarette ed altre cose con i soldati
tedeschi.
Il suo racconto ci commuove profondamente, tutti rimangono in silenzio, in ascolto; il tutto finisce con un applauso liberatorio per ringraziare Severino, attraverso il suo racconto ci ha regalato un pezzo di storia sconosciuta.
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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