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4 PASSI SULLA GUSTAV 2007
Data: 23-04-2007Autore: VARICategorie: CronacheTag: #today, manifestazioni

4 PASSI SULLA GUSTAV 2007 (6ª edizione)


Interventi di:
  • Alessandra Mori (23/04/2007)
  • Christophe Accadia (28/04/2007)
  • Antonio Cipolletta (12/05/2007)

    DUE GIORNI
    di Alessandra Mori

    Due giorni molto piacevoli. E' stato interessante girare per Cassino, la Cassino moderna. Di solito si salta: in tanti anni, è stata la prima volta che ho potuto vedere scorci diversi, targhe ricordo di quello che fu... . La passeggiata dalla zona delle Baracche fino in città, lungo il fiume. La sosta ai piedi della Rocca Janula: vista da lontano, quella collina non sembra così ripida... .

    Un muro messo insieme da pochi resti del vecchio campanile (foto 078). Un palazzo quasi raso al suolo: solo il piano terra è originale e regge i 3 nuovi piani (060). E i muri rimasti della chiesa del Carmine lasciati come erano, con i segni dei colpi.

    La stazione: poter arrivare alla Casa Rotonda, con il racconto del contrattacco dei motociclisti.

    Finalmente poter entrare nella Rocca Janula. C'ero stata l'anno scorso, ma sentire la descrizione dell'attacco stando lì dentro, immaginare la vita tra quelle mura..., interessanti i racconti di quel gruppo di prigionieri, l'inglese salvato dal tedesco prigioniero..., i racconti delle brevi tregue per raccogliere morti e feriti, scambiandosi barelle: quanta umanità comunque restava in quegli uomini.

    Peccato che la pioggia ci abbia impedito di percorrere a piedi il tratto che dalla Rocca Janula porta alla Collina del Boia. Solo pochi ardimentosi si sono lanciati "all'attacco", dal basso, dritti per dritti, una salita davvero difficile.

    Il giorno dopo (15/04/2007 ndr), tempo bellissimo, ideale per la lunga passeggiata su sentieri mai fatti, che ci permetterà di arrivare alla Masseria Albaneta, ormai non più raggiungibile per la solita, facile, strada che parte dal parcheggio del Cimitero Polacco.
    La salita alla Croce di quota 575, costruita dai Polacchi in pochissimo tempo. Sentiero molto facile che a suo tempo fu persino asfaltato per la visita di papa Giovanni Paolo II.

    Una meritata sosta sui prati intorno alla Masseria per il pranzo al sacco: chi chiacchiera, chi si rilassa un po' e chi, senza perdere tempo, ne approfitta per realizzare un altro "then & now"!
    Sosta al carro Sherman per le foto ricordo ufficiali e poi l'ultima fatica: arrivare a quota 593. Per fortuna l'Enel o non so chi ha tagliato degli alberi, aprendo in pratica una facile, veloce e corta strada per arrivare quasi ai piedi del Calvario. Non tutti però hanno utilizzato la via nuova e così abbiamo dovuto aspettare circa 30 minuti per riformare il gruppo compatto.

    Ultime spiegazioni ai piedi del Monumento, un minuto di raccoglimento e una preghiera per tutti quelli che sono rimasti su quelle colline, senza nessuna distinzione di bandiere.
    L'uscita rocambolesca da quella zona ci permette di ritrovarci nella parte alta del Cimitero Polacco. Uscendo abbiamo incrociato un gruppo di pellegrini venuti dalla Polonia per pregare sulle tombe dei loro connazionali.

    Pochi minuti di attesa ed arriva l'autobus che ci riporta alla base, alle nostre macchine parcheggiata al Cassino War Memorial.

    Due giornate diverse da quelle degli anni passati, due giornate che non dimenticherò.


    LA "MIA" LINEA GUSTAV
    di Christophe Accadia

    La mia prima esperienza, non la definirei una mera visita, della Linea Gustav, è cominciata qualche mese fa, per puro caso. Mi è capitato di vedere un documentario su RAI3 che narrava le vicende dell’Abbazia di Montecassino in quei terribili mesi del ‘44. La curiosità mi spinse a cercare nelle spire della Rete, et voilà, sono finito sul sito “Dal Volturno a Cassino”. Un desiderio, maturato da lungo tempo, era sempre stato quello di visitare i luoghi chiave della Linea Gustav. Per me l’iniziativa dei “Quattro Passi”(ma sono stati di più per fortuna!) è parsa come la risposta ai miei desideri. Mi sono organizzato con i voli per le vacanze, in quanto ora risiedo in Germania, e la mattina di sabato 14 aprile, dopo una sana levataccia, sono stato recuperato dall’inossidabile Roberto Molle alla stazione di Cassino. Il suo cappello mi ha detto più di mille parole: "36th Texas". Il primo “briefing circolare” ci ha permesso di conoscere i nostri compagni di viaggio nel tempo e nello spazio e poi via, senza indugio. Sono stato preso quasi di sorpresa, abbiamo cominciato proprio in uno di quei luoghi che ambivo visitare. E li è anche cominciato l’apprendimento vero, sul campo, con mappa alla mano, ed il grande Livio Cavallaro che raccontava e spiegava. Vedere i contrafforti montuosi da quella posizione, vicino alle ormai scomparse “barracks”, mi ha fatto una notevole impressione, mi parlavano di difficoltà inenarrabili e fatiche sovrumane. E questo era solo l’inizio.

    Ancora piu’impressionante è stata la vista da sotto le pendici di Rocca Janula, il monastero sembra veramente lontanissimo, una metafora di pietra della inaccessibilità.
    La successiva visita all’interno della citta’di Cassino ha avuto termine alla “Round House”, vicino alla stazione, con i racconti delle vicende dei Neozelandesi e del famoso battaglione motociclisti tedesco. Alla stazione, davanti alla stele commemorativa dei Neozelandesi, un poliziotto ha volenterosamente cercato di farci una breve illustrazione degli eventi, rendendosi poi conto che c’erano Roberto, Mauro e Livio che potevano far parlare le pietre. L’ha presa con signorilità e simpatia, ed anzi si è aggregato per un pò a noi. Nel corso di tutta la passeggiata, comunque, gli occhi vigili dell’Abbazia sembravano seguirci sempre, la stessa sensazione che devono aver provato i soldati alleati fino al quel fatidico 15 Febbraio del 1944.
    Per me, comunque, il punto culminante della prima giornata è stata quella che io personalmente chiamerò d’ora in poi la “salita dei Gurkha”. Dopo la visita a Rocca Janula, con le sue storie di atti di cavalleria ed incredibili assalti e difese, da parte di entrambi i belligeranti, abbiamo cominciato a salire verso la “Hangman’s Hill”. Il tempo non collaborava molto, c’era un cielo plumbeo ed ogni tanto pioveva. Ma poco prima di salire sul bus che ci doveva portare su, è stata lanciata l’iniziativa di percorrere l’ultimo tratto della ascesa a piedi. Non me lo sono fatto ripetere due volte, ed in un attimo (confesso, forse qualcosa di più) ero pronto, con scarponi ai piedi ed entusiasmo alle stelle. Un gruppo di una quindicina di volenterosi, guidato da Livio ed accudito da altri volontari, ha cominciato a salire. E qui c’è stato l’immediato impatto con l’esperienza diretta, ben lontana dai resoconti asettici degli storici militari. La salita era difficile, lenta, almeno per me, la pioggia aveva ricominciato a cadere e le rocce erano scivolose, bisognava fare attenzione. A volte mi ritrovavo con il viso a pochi centimetri dal suolo, cercando il prossimo appiglio. Ma questo era il meno. I miei sentimenti erano veramente confusi: da una parte vero entusiasmo per l’esperienza che stavo vivendo, dall’altra una sensazione di pena per quello che dovevano aver obbligatoriamente vissuto altri esseri umani in quei luoghi. Di sicuro, alla fine, stanco e bagnato, provavo un enorme rispetto per loro, ed ero comunque felice di avere fatto questa esperienza. Questo miscuglio di emozioni mi ha costantemente accompagnato durante tutti i due giorni della manifestazione.

    Il secondo giorno è stato altrettanto emozionante ed interessante. La giornata era splendida, con qualche nube cha non faceva altro che esaltarne la bellezza, quasi come per farsi perdonare la pioggia del giorno precedente. Siamo partiti da Villa S. Lucia, dopo l’oramai abituale briefing circolare, e ci siamo diretti verso Quota 575. Detta cosi suona semplice, ma quelle che abbiamo percorso erano le retrovie tedesche della Gustav, e tra una chiacchera e l’altra ogni tanto si trovavano vecchie postazioni, e si veniva edotti sulle condizioni di vita, tra “valloni della morte”, e tempi di attesa di 18 ore per un rancio in prima linea. Debbo ringraziare Antonio Cipolletta per il suo entusiasmo, la sua gentilezza e le sue spiegazioni sempre esaustive.
    Arrivati alle pendici della 575 l’Abbazia mi è apparsa davanti come una visione. E’ strano, in quei due giorni è stata sempre presente, ma non l’ho toccata mai.
    La cosa che ho trovato veramente incredibile è che si ritrovano ancora vestigia dei combattimenti dopo più di 60 anni, sotto forma di schegge ed altro, addirittura un carro armato Sherman, divenuto ora un monumento ai caduti.
    La vista dalla 575 era notevole, si vedeva l’intera valle che ospita i resti della masseria Albaneta, apparentemente intatta vista da li, monte Cairo che ci sovrastava, le Mainarde inaspettatamente innevate e tutta la "Snakehead’s Ridge".
    Il pranzo alla masseria è stato bello, si chiaccherava di tutto, addirittura qualcuno ha declamato poesie! Gli ospiti tedeschi “aggregati” mi hanno mostrato alcuni ritrovamenti, per fortuna innocui: un proietto di mortaio inglese, e la testa di una bomba a mano tedesca. Uno di loro è un vero “veterano”, venuto in visita in queste zone almeno otto volte! E si è visto, dai cimeli ritrovati.
    La masseria stessa racconta di un’altro scontro incredibile, di cui potete trovare informazioni esaurienti in questo sito. Come ho detto, dalla 575 sembrava intatta, ma dall’altro lato era completamente distrutta. Era uno dei centri comando dei para’ tedeschi, ed era stata oggetto di un attacco di carri armati polacchi comparsi li’ dopo sforzi inenarrabili, era stata addirittura costruita una strada! La sorpresa durò poco, ed i carri, senza fanteria a proteggerli, furono eliminati uno dopo l’altro dai "fallschirmjäger". Io semplicemente non potevo credere alle mie orecchie, ma come ho anticipato, uno Sherman distrutto, silenziosamente testimonia ancora quella improbabile battaglia.
    La giornata si apprestava alla conclusione, ed alla fine ci siamo ritrovati tutti davanti al monumento polacco sulla cima 593. Forse il momento più toccante è stato quello della preghiera comune, fatta per tutti. Non poteva che essere cosi.

    Sono stati due giorni intensi e vivaci, sono veramente felice di aver partecipato ad un evento cosi coinvolgente dal punto di vista fisico ed intellettualmente stimolante. Camminare con il cervello acceso fa bene! Dulcis in fundo, ringrazio tutti i membri dell’Associazione, per il loro entusiasmo e per le loro capacità organizzative, ha funzionato tutto veramente bene, la logistica era perfetta! Mi ha fatto piacere inoltre conoscere altri appassionati, e ne approfitto per salutare Andrea, Antonello ed Antonio. Un grazie particolare a Livio Cavallaro, per avermi portato nel 1944 più di una volta, e a Roberto Molle per la sua accoglienza e la sua gestione tranquilla ed efficace.

    Grazie. Spero di poter tornare ancora.

    CONSIDERAZIONI SU "4 PASSI SULLA GUSTAV 2007"
    di Antonio Cipolletta

    Sono appena tornato a casa dopo tre settimane passate fuori per lavoro e non appena ho superato la stretta di Mignano mi è apparsa la sagoma maestosa dell’Abbazia di Montecassino e come ogni volta che torno da un viaggio da sud, inizio a pensare alle emozioni dei primi alleati ai quali apparve questa meravigliosa visione, osservo il monte Trocchio ed immagino il Generale Clrak il 12 gennaio in osservazione sulla Valle del Liri e tante altre storie, eventi , descrizioni. Ma questa volta è diverso, la mia mente non può prescindere dal ricordo del fine settimana passato su quelle stesse montagne in occasione della VI Edizione della “4 Passi sulla Gustav”. Ricordo l’emozione dei giorni precedenti, lo zaino già pronto da una settimana vicino all’ingresso, il meraviglioso risveglio della domenica mattina uscendo dalla mia camera, alla vista delle mie montagne, con la croce di quota 575 che si stagliava in lontananza in un bellissimo cielo azzurro che lasciava ben presagire una bellissima giornata di sole.

    Come potrò dimenticare il piacere di rincontrare Roberto Molle grazie all’impegno del quale tutto questo è stato possibile, non lo ringrazierò mai abbastanza per avermi fatto appassionare alla ricerca storica, Livio Cavallaro conosciuto nel 2004 quando non avevo ancora letto il suo meraviglioso libro che poi ha rappresentato la mia guida principale nelle ricerche nel corso delle mie escursioni, attraversamenti e spesso “Gattonamenti”; Mauro Lottici un personaggio mitico sulla storia della Battaglia di Montecassino, il suo nome è forse quello che ho imparato prima da quando ho cominciato ad interessarmi di questa parte della nostra storia, prima ancora che di Baade, von Senger, Clark, Foltin e quanti hanno vissuto o descritto quegli importanti quanto tragici eventi che interessarono le terre di S. Benedetto dall’estate del 1943 con il bombardamento dell’aeroporto di Aquino all’estate del 1944 con lo sfondamento della Linea Hitler.

    Il sabato mattina quando arrivo al Cassino War Memorial gestito dal caro amico Roberto Avallone, alle 8.45 sono già tutti li. Vedo con piacere che il gruppo è nutrito e questo mi rende felice perché avrò il piacere di confrontarmi con tante persone, cosa per me assai rara visto lo scarso interesse che quasi tutti nutrono stranamente nella zona su questa parte della nostra storia. Ad accoglierci è il caro Roberto che con un megafono dell’epoca coordina le fasi di organizzazione e trasmette a tutti, con il suo entusiasmo, una buona dose di allegria.
    Subito vedo Livio e ne sono felice, sebbene il programma ne prevedeva la partecipazione, qualche giorno prima avevo sentito che forse i suoi impegni ci avrebbero privato della sua presenza. Corro, quasi, a salutarlo e gli rinnovo il piacere, trasmesso già via e-mail, provato quando ho letto il suo libro, il mio primo importante. Grazie a lui quelle montagne conosciute fin da bambino, perché ci andavo a giocare con i miei amici o perché erano terreno di ricerca di asparagi in primavera, funghi in autunno o tartufi quando era possibile, hanno cambiato aspetto.
    Subito si avvicina a noi un ragazzo che non conoscevo ma alla presentazione, al nome Valentino, ricollego il tutto e scopro che si tratta di Rossetti, il nostro webmaster. Dalle nostre parti si dice

    troppa grazia Sant’Antonio

    in un solo giorno riesco a conoscere ed ad incontrare tutto il "gota" delle ricerche sulla battaglia di Cassino, tutti coloro che hanno alimentato la mia passione, che hanno favorito le mie ricerche, ne sono felicissimo.

    Con gli altri partecipanti si fa presto a fare amicizia, nemmeno il tempo di iscriversi ed in perfetto orario arriva il pullman che ci porterà sul luogo di partenza dell’escursione. Durante il breve viaggio ci si confronta, si scherza ed ognuno parla delle proprie testimonianze, esperienze e l’origine della propria passione ma non c’è tempo per dilungarsi tanto poiché siamo arrivati a destinazione, le “Vecchie Baracche”, una volta caserma dei Carabinieri e tante volte menzionate su tutti i libri di storia perché proprio da questo punto iniziò l’attacco a Cassino ed alle montagne di Montecassino da parte degli Americani prima, dei Neozelandesi e degli Indiani dopo. Conoscevo già questo posto ma questa volta è veramente diverso, Livio e Roberto iniziano i loro racconti e tutti assorti seguiamo le loro descrizioni, dettagliate ed esaustive come chi ha letto le loro ricerche poteva ben immaginare. Iniziamo il camminino in fila indiana sulla “Caruso Road” verso Cassino, fermandoci sovente ad ascoltare aneddoti e descrizioni delle fasi di avanzata. Il gruppo ora si ferma nei pressi di una cava, a fianco della strada asfaltata e lì Livio ci racconta che quel posto, protetto dalla osservazione tedesca, veniva utilizzato come riparo dei carri armati alleati e come si può vedere da una foto, presente anche sul sito, sul dosso in alto verso Cassino, vi era una postazione di artiglieria. Anche questo posto rimarrà fermo nei miei ricordi.

    Ora il cammino si ferma in uno spiazzo proprio sotto la Rocca Janula, tra la gente del rione che stranamente, nemmeno incuriosita dalla nostra presenza, continua a leggere il giornale, lavare la macchina e stendere i panni. Mentre Livio e Roberto ci raccontano delle fasi di attacco dei neozelandesi e degli Indiani alla rocca io, osservando il ripidissimo declivio, non riesco ad immaginare come quei valorosi combattenti abbiano fatto ad arrampicarsi fin lassù. Dopo aver visitato alcuni punti importanti per la comprensione degli attacchi alleati e della difesa tedesca (non voglio nemmeno rammentare lo squallore dello stato in cui versa la grotta di Foltin, mi sono quasi vergognato di fronte ai nostri ospiti tedeschi) ci incamminiamo sul corso di Cassino. tra la gente sbigottita nel vederci con zaino e mappe alla mano in un sabato di mercato, fino ad arrivare nel giardino delle perfide suore Stigmatine dove, con mio stupore, Roberto ci fa vedere gli unici resti della vecchia Cassino ancora intatti, così come si presentavano dopo i bombardamenti del marzo del 1944. Una breve riunione per decidere il prossimo obiettivo e subito ci dirigiamo verso la stazione dove, per la prima volta riesco ad entrare nella Casa Rotonda tante volte menzionata nei libri consultati, nei racconti degli attacchi dei neozelandesi del mese di febbraio e dei contrattacchi tedeschi degli stessi giorni. Qui Livio ci fa rivivere le peripezie dei Neozelandesi per raggiungere queste posizioni, le difficoltà incontrate per resistere ai contrattacchi tedeschi che riuscivano ad osservare tutto dall’alto del bastione di Montecassino, la disavventura dei motociclisti tedeschi che, travestiti da indiani, tentarono inutilmente e tragicamente di riconquistare la stazione. Il racconto termina con il rumore dei carri Armati tedeschi che, muovendo dal centro di Cassino, obbligarono i Neozelandesi, ormai allo strenuo delle forze e con armamenti inadeguati per respingere questo contrattacco, a ritirarsi seguendo la stessa strada che avevano percorso per arrivare fino alla stazione.

    Ormai si è fatto tardi e ad una mia richiesta se la prossima tappa fosse, come avevo letto dal programma, S. Angelo, molti mi guardano sorpresi ma Roberto è pronto a tranquillizzarli poiché è giunta l’ora di pranzo e Roberto Avallone ci aspetta nel suo ristorante.

    Dopo il pranzo, ottimo ed abbondante, e qualche buon bicchiere di vino rosso siamo pronti a ripartire. Prossima destinazione il bastione della Rocca Janula. Arrivati sul luogo, con meraviglia anche se dovrei esserci abituato, mi rendo conto che nessuno ci aspetta, nessun rappresentante del comune ci accoglie aprendoci le porte del cantiere e quindi siamo costretti a scavalcare, ma nessuno borbotta o si lamenta, noi appassionati siamo abituati a ben altre avventure. Dentro la Rocca, in corso di eterno e forse opinabile restauro, il silenzio ci avvolge ed i racconti di Livio e Roberto ci aiutano a rivivere i tragici attacchi del febbraio 1944 da parte dei neozelandesi ed indiani prima e dei contrattacchi tedeschi poi. Mi giro intorno e mi sembra quasi di veder crollare il muro a Est colpito dal carro amico intento a fermare, da sotto la città, il contrattacco tedesco o la breccia a Nord fatta saltare dai paracadutisti tedeschi nel loro disperato tentativo di riconquistare il castello. Sopra di noi, maestosa e forte, domina l’Abbazia Montecassino. Questa immagine non ci abbandonerà quasi mai nel corso dei due giorni, come non abbandonò mai i soldati alleati nel corso degli scontri. La visita alla rocca termina con il bellissimo racconto di Roberto sugli episodi di grande cavalleria ed umanità dimostrata da entrambe le parti contendenti nel corso dei duri scontri.
    Giusto il tempo di riorganizzarci ed una parte del gruppo, spinto dall’entusiasmo di Livio, decide di raggiungere la prossima meta, la Collina del Boia (Q.435) ripercorrendo le direttrici di attacco degli Indiani del febbraio 44. L’entusiasmo non ci fa sentire la pioggia che ha ripreso a cadere, sottile e costante, e le difficoltà dettate dall’asprezza della risalita resa maggiormente difficoltosa dalla presenza di rovi e delle immancabili “Stramme” che ci impediscono di individuare i sentieri giusti. ma nessuno si lamenta, ognuno è concentrato sulla difficile risalita ed è assorto nei propri pensieri. Credo che ognuno di noi in quei momenti si sarà più volte soffermato con il pensiero sulle difficoltà patite dai Gurkha durante quella notte del febbraio 1944 sempre sotto il tiro dell’onnipresente Monastero e tutti ci saremo chiesti

    ... ma come cavolo hanno fatto.

    L’arrivo degli ultimi è festeggiato con grande allegria, qualcuno ha da ridire simpaticamente nei miei confronti sul fatto che già dalle prime difficoltà incontrate a metà strada, continuavo a ripetere che eravamo arrivati e che mancavano pochi metri all’arrivo, ma come potevo fare altrimenti?

    La prima giornata termina con l’incontro alla sera presso il museo di quasi tutti i partecipanti. Ci scambiamo impressioni, approfondiamo la conoscenza, presento a tutti quella che sarebbe stata la nostra guida l’indomani, il mio cane “Bello” e guardiamo delle interessantissime immagini presentate da Mauro, tratte dal Libro “Bitwa”, che ci introducono alle zone che visiteremo il secondo giorno di escursione.

    La domenica mattina (seconda giornata ndr), inizia con i migliori auspici, il tempo è clemente e quindi possiamo partire. Sono felicissimo che in questa occasione il punto di partenza dell’escursione sia il mio paese, Villa S. Lucia. Spero che la mia gioia sia trapelata a tutti quando li accolgo nel punto designato per la partenza, la piazzetta antistante il convento “Madonna delle Grazie”.
    Io e Bernardo, il sindaco del paese, siamo felici per la presenza degli ospiti, una breve presentazione dei luoghi dove ci troviamo e del percorso che faremo e subito cedo la parola al caro Livio che meglio di chiunque altro potrà descrivere loro quanto andremo a visitare. L’introduzione è breve e precisa e già siamo in cammino verso la prima destinazione, le rovine della Chiesa di S. Angelo de Fortunola, da cui prendere il viottolo che ci porterà fino alla quota 575. Nel corso della passeggiata Bello dispensa a tutti feste e scodinzoli e subito fa capire che conosce bene queste montagne. Del resto è lui il mio, spesso unico, accompagnatore nelle mie escursioni e come me, anche se per altri motivi, è sempre felice di ritornarvi.

    Nel corso della prima pausa, alle spalle della Chiesa di S. Angelo, uno dei partecipanti, un distinto signore di Torino di cui non ricordo il nome (Alberto Turinetti di Priero ndr), dispensa perle di conoscenza, raccontandoci, dall’alto della posizione dominante in cui ci troviamo, quanto accadde dopo lo sfondamento della Linea Gustav e l’attacco alla successiva Linea Hitler/Senger. Pendo dalle sue labbra augurandomi che mi racconti qualcosa accaduto nel mio paese in quei giorni ma niente di ciò. A mia domanda precisa risponde che il 19 maggio, di slancio, i soldati Polacchi attraversarono il piccolo borgo, ormai abbandonato dai tedeschi, per riprendere i combattimenti a Piedimonte S. Germano fulcro della linea di difesa tedesca.
    Un po’ mi dispiace del fatto che non ho trovato alcuna informazione aggiuntiva a quanto già sapevo, ma non è detta l’ultima, a costo di consultare tutto il materiale tedesco e polacco esistente riuscirò ad avere testimonianze dirette di quanto accadde in quei luoghi nel corso dei quegli importanti e prolungati, quanto tragici, eventi.

    La risalita, dopo il primo tratto, risulta essere agevole e tutti mantengono il passo. Spesso mi soffermo a parlare con Livio su quanto da lui scritto o esaudisco, spero esaurientemente, la curiosità di quanti mi chiedono di avvenimenti o fatti accaduti su quelle montagne che io conosco come le mie tasche a tal punto da definirle mie.
    Ora il percorso si fa pianeggiante, passiamo sotto Colle S. Angelo, sopra la famosa Chiesa di S. Scolastica, osserviamo dall’alto la tanto spesso menzionata "Valle della Morte", ed aggirata la collina su cui domina la Croce, monumento ai caduti Polacchi su quota 575, ci si presenta in tutta la sua maestosità l’Abbazia di Montecassino che si erge davanti a noi in una prospettiva tanto spesso riportata sulle foto dei soldati tedeschi trincerati su questo versante della montagna.
    Questa immagine colpisce tutti, come non potrebbe, e quindi decidiamo che quel punto è quello giusto per fare un’altra pausa e ricevere la tanto gradita dose di racconti e ricostruzioni da parte dei nostri ciceroni: Livio, Roberto e Mauro.

    Giusto il tempo di rifocillarci, bere un po’ di acqua e siamo già in cammino verso la Masseria Albaneta dove il gruppo si dividerà. I più arditi, la maggior parte invero, saliranno con me su quota 575, gli altri ci aspetteranno sul pianoro antistante la Masseria dove ci rincontreremo per pranzo. La risalita verso quota 575 è abbastanza lunga ma agevolata da un comodissimo percorso a tratti asfaltato, a ricordo della venuta, alla fine degli anni settanta, del Pontefice Giovanni Paolo II su questi luoghi a lui tanto cari.
    Nel corso della risalita approfitto per ricercare un pò di asparagi selvatici, qui molto abbondanti, da regalare a qualcuno dei partecipanti che non li ha mai provati, ma i discorsi instaurati durante il cammino e le logiche quanto gradite richieste di informazione da parte degli amici, non mi fanno porgere la giusta e necessaria attenzione nella ricerca e quindi quanto trovo è appena sufficiente a far provare a qualcuno il gusto degli asparagi mangiati crudi.

    Arrivati in cima, la Croce che domina la quota 575 ci si presenta nelle sue dimensioni, che non sembravano tali a guardarla dal basso. Da questo punto gli amici partecipanti possono osservare l’intero teatro delle operazioni, riscontrare per la prima volta, forse, quanto letto nei libri che trattano dell’attacco a Nord verso Montecassino. L’asprezza del territorio, i dirupi scoscesi, la profondità della visuale, la reciproca copertura di fuoco delle diverse cime circostanti l’Abbazia, la posizione dominante sulla valle sottostante e sul vecchio monastero e rivivere per un momento le difficoltà vissute dalle diverse parti contendenti, nella difesa e nella conquista di queste importanti cime.
    Livio con il suo fare cortese ci ricorda gli accadimenti in quei luoghi, le motivazioni degli attacchi, le direttrici di attacco, le difficoltà dei movimenti, il gelo, il freddo, la pioggia e il costante il fuoco, amico e nemico, che martellava incessantemente tutta questa zona, le sofferenze patite dai soldati, spesso giovanissimi, che si trovarono loro malgrado a combattere e forse morire in questi luoghi.

    La discesa verso masseria Albaneta è sicuramente più agevole della salita e mi permette di dilungarmi maggiormente, con il gruppetto con cui cammino, sulla descrizione dei luoghi che ci apprestiamo ad attraversare, così come dovevano essere durante gli scontri.
    Terra bruciata, senza la ben minima presenza di vegetazione, morti dovunque, armi abbandonate e distrutte, dovunque crateri ed esplosioni continue, costante il crepitio delle terribili MG tedesche. Tre uomini corrono al di sotto del muro a secco che ora noi stiamo percorrendo, cercando di superare dei carri armati Sherman poco distanti che, sopra il pianoro dell’Albaneta, attaccano la masseria, posto di comando del III/4° reggimento del maggiore Franz Grasmehl.
    I carri cercano di sfuggire ai Panzerfaust, ai colpi di mortaio e di artiglieria che li fanno segno da chissà quante parti, devono raggiungere la stradina che porta dall’Albaneta fino a Montecassino ma la loro avanzata terminerà di li a poco poiché il tenente Eckel è riuscito nel suo obiettivo: ha superato la colonna di carri ed ha depositato sulla strada una terribile mina Teller su cui, suo malgrado, passerà di li a poco lo Sherman comandato dal maggiore P.A. Barton.
    Le speranze degli alleati di arrivare con i mezzi cingolati, da nord, a Montecassino crollano con questa straordinaria quanto male organizzata azione; era il 19 febbraio 1944, i tedeschi distrussero ben 12 carri Sherman e 9 carri Stuart.

    Scavalcato il muro a secco ripiombiamo ai giorni nostri e troviamo tutto il gruppo ormai ricompattato: chi intento a ristorasi, chi a sfruttare la benevola giornata di sole per prendere la tintarella, chi con attrezzi di fortuna o professionali si affanna a ricercare i tanto graditi ma ormai rari reperti. Io raggiungo Livio, già arrivato con il suo gruppo, ed insieme gustiamo il panino che l’organizzazione ci aveva consegnato alla partenza. Vorrei "martellare" Livio di domande, di richieste di spiegazioni ma poi capisco che forse non è quello il momento giusto, già tanti altri avranno fatto lo stesso e quindi mi trattengo e raggiungo la mia amica Patrizia che mi ha accompagnato in questa avventura per sincerarmi che la passeggiata sia stata di suo gradimento e che non ci siano difficoltà per il seguito.

    Ora Roberto richiama l’attenzione del gruppo poiché è giunto il momento di riorganizzarci e riprendere il cammino verso la prossima meta: il carro armato rimasto distrutto nella gola al termine della Cavendish Road.
    Arriviamo senza difficoltà e ascoltiamo i racconti di Livio e Roberto. Ci indicano il monte Castellone, sopra di noi alla nostra sinistra, prima ed unica cima conquistata dagli americani nell’attacco di gennaio, osserviamo insieme la Cresta del Fantasma, tanto difficile da superare da parte di tutti gli alleati che arrivavano dalla Cavendish Road proprio davanti a noi, sentiamo il "peso" della cresta della Testa di Serpente alla nostra destra, ultimo caposaldo tedesco fino al 18 maggio del 1944 ed ultimo obiettivo dei nostri “4 Passi sulla Gustav”.
    Foto di gruppo sul carro armato, qualche ritrovamento e siamo pronti ad affrontare l’ultima faticosa risalita che ci porterà su quota 593. Arrivati in cima, per strade diverse, il gruppo si riunisce intorno all’obelisco eretto a ricordo delle cruenti battaglie che si svolsero in questi luogo e che gli fecero meritare il tanto triste nome di “Calvario”. Su questa altura combatterono e si dissanguarono Tedeschi, Indiani, Americani, Neozelandesi ed infine Polacchi che nel maggio 1944 riuscirono a raggiungerne la vetta ormai abbandonata dai difensori tedeschi. I racconti di quei fatti ci invitano ad un momento di raccoglimento intorno al monumento. Una preghiera per i vincitori e per i vinti, giovani che lasciarono la loro vita in questo tratto della nostra terra.

    Ormai è giunto il momento di portarsi al cimitero polacco, dove ci attende il pullman che ci riporterà al punto di partenza.
    Come ogni volta che vengo quassù, al momento di ridiscendere, guardo l’obelisco che si staglia alto e rileggo quanto scritto su di esso dai polacchi

    per la nostra e la vostra libertà noi soldati polacchi donammo i nostri corpi alla terra italiana, la nostra anima a Dio ed il nostro cuore alla Polonia

    parole che mi fanno capire ogni volta di più la crudeltà degli scontri ivi avvenuti ma anche e soprattutto l’inutilità della Guerra.

    Ripercorrendo con il pullman la strada a “serpentina” che scende da Monte Cassino, con in braccio il mio amico Bello, osservo gli sguardi degli amici che hanno partecipato a questa gita e noto in molti la gioia per aver vissuto questa esperienza mista ad una sorta di tristezza perché è giunta a termine.
    Per quanto mi riguarda voglio ringraziare tutti coloro che organizzando "4 Passi sulla Gustav" hanno creato la possibilità di incontrarci su queste montagne e tutti quegli amici che dedicano parte importante dei loro tempo alla ricerca storica su questo periodo della campagna d'Italia.
    Ho avuto inoltre la possibilità di dimostrare tutta la mia ospitalità, come è nelle nostre tradizioni, frutto anche del piacere provato per aver conosciuto persone come il Sindaco del mio comune, a cui va un particolare ringraziamento per la sua partecipazione quale unico rappresentante delle istituzioni locali, il buon Alberto e l’attrezzatissimo Gianni, il cordialissimo Christophe, Alessandra la nostra fotoreporter ed il suo gentile compagno, il caro Elio e poi Andrea, Massimo di Ceccano, Antonio, Luigi, Alex, il simpatico e nutrito gruppo di Livorno, e quello di Vicenza (?) e di altri, di cui ahimè non ricordo i nomi, che hanno partecipato a questa nostra VI edizione di "4 Passi sulla Gustav".

    A tutti lancio l’invito a ritornare il prossimo anno, per poter rivivere insieme altre ricerche e fare altri "4 Passi sulla Gustav".

    Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.

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