LUIGI CAVINATO - BATTAGLIONE BAFILE
Nota del webmaster
Maurizio Balestrino ha raccolto la preziosissima testimonianza del sig. Cavinato, circa gli eventi accaduti la notte del 22 aprile 1944
nell’area del fronte di Cassino tenuta dai marinai italiani del battaglione “Bafile”.
La testimonianza del sig. Cavinato getta uno spiraglio di luce sulla vicenda e sulla sorte toccata al suo commilitone
Giovanni Antonioli.
"Giovanni Antonioli, caduto sul Monte Cicurro la notte del 22 aprile 1944. In quella stessa notte e azione militare, io fui ferito e trasportato immediatamente all'ospedale militare di Maddaloni, perchè perdevo molto sangue. Dico questo perchè, il povero Giovanni Antonioli cadde vicino a me ed altri del mio plotone furono feriti, tanto che ricordo perfettamente di aver chiamato, urlando, l'intervento dei portaferiti, rendendomi conto che altri avevano più bisogno di me. Per il fatto di essere stato portato subito all'ospedale, non sono in grado di dire altro sulla sorte dell'amico Antonioli, se non che la sorte a me è stata benigna, perché sono stato ferito in una parte del corpo non vitale."
Il Sig. Cavinato ricostruisce così l'episodio nel suo libretto "Ricordi indimenticabili della mia vita". Premesso che il Sig. Cavinato si dice assolutamente certo della data del 22 aprile perché scrive a pag. 50:"...22 aprile, data, questa, certa, perché è la notte in cui sono stato ferito e in cui ho lasciato il fronte."
Nel libretto infatti è riportato (a fronte di pag. 54) il documento contenente la motivazione del conferimento della Croce di Guerra al Valor Militare al Sig. Cavinato, dove si legge:"Ferito durante rischiosa operazione rifiutava qualsiasi cura sollecitando l'assistenza per gli altri feriti. Con la voce e l'esempio spronava i vicini a persistere validamente nella difesa della zona. Valvori, 22 Aprile 1944."
E' quindi assolutamente certo che il Sig. Cavinato è stato ferito il 22 aprile. Così egli ricostruisce l'episodio (pagg. 53-55):"Ma veniamo alla notte del 22 aprile.
Dal Comando arriva l'ordine di allerta. Alla luce di razzi illuminanti, è stato individuato un forte movimento di soldati tedeschi, che risalgono
la dorsale del Monte Cicurro, dove si trovano le nostre postazioni. Immediatamente il tenente forma alcune pattuglie ed io faccio parte di una di
queste. Sopra di noi si accendono altri razzi, che ci illuminano a giorno. Siamo allo scoperto e impreparati, quando, improvvisamente, comincia
a pioverci addosso una gragnola di colpi di mortaio che ci costringe a stenderci a terra; contemporaneamente sentiamo il crepitare di armi
automatiche. “Ci stanno attaccando” grida il tenente, “sparate giù nella scarpata”. Il fuoco dei mortai non ci permette, però, di alzare
nemmeno un braccio. Sento, vicino a me, una invocazione di aiuto. I razzi continuano a illuminarci e riesco a vedere un amico, colpito al
viso, che perde sangue ed un altro che, balzato in piedi, urla dal dolore per una ferita alla gamba e si trascina a stento, cercando soccorso.
E' in questo momento che decido di aiutare i due feriti, ma, mentre mi sto alzando da terra, sono colpito, a mia volta, alla spalla destra.
L'elmetto mi vola via, sento un forte dolore alla schiena e al braccio, tanto che il fucile resta per terra. Mi faccio forza, balzo in piedi
e, incurante delle granate che continuano a cadere, mi precipito verso la postazione del Comando di Compagnia, dove c'è anche una specie di
infermeria con dei barellieri. Entro trafelato e, in preda ad una grande agitazione, grido: “Ci sono dei feriti, dei feriti gravi, fate presto,
fate presto,...” respingo l'infermiere che vuole medicarmi, insistendo: “Ci sono dei feriti che hanno più bisogno di me”. Finalmente la nostra
batteria mortai ci viene in aiuto tempestando la scarpata e facendo arretrare i tedeschi. Un infermiere, intanto, mi toglie il giubbetto, mi
infila nella ferita una garza bagnata di alcool, che mi fa gridare, mi “ ingraffetta” e mi fa distendere su una barella.
Alle prime luci dell'alba arrivano delle jeep attrezzate a porta feriti. Mi sistemano in una di queste, assieme ad un commilitone ferito ad una
gamba. Qui le strade, meglio mulattiere, non permettono il passaggio di autoambulanze e il viaggio sulla jeep è una vera sofferenza, per i
continui forti scossoni. Come Dio vuole, arriviamo all'ospedale militare di Maddaloni, vicino a Caserta, dove vengo ricoverato."
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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Giovanni cade il 22 aprile 1944 sul monte Cicurro ed ora riposa nel cimitero militare di Mignano Montelungo.
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