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DALLE HAWAII ALL'ITALIA, PER IL VOLTURNO E CASSINO: I NIPPO-AMERICANI DEL 100th INFANTRY BATTALION
Data: 01/03/2009Autore: WALTER EMANUELE MASSACategorie: SpigolatureTag: #today, nippo-americani, unità-reparti, usa

DALLE HAWAII ALL'ITALIA, PER IL VOLTURNO E CASSINO: I NIPPO-AMERICANI DEL 100th INFANTRY BATTALION

Introduzione

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Tra i tanti soldati alleati che sono stati in Italia nel corso della II guerra mondiale, i nippo-americani del 100th Battalion e del 442nd Infantry Combat Team furono senza dubbio fra i più esotici, se non altro per le loro sembianze così tipicamente orientali.
Le loro figure sono legate allo sbarco a Salerno, al Volturno, a Cassino, allo sbarco di Anzio e molti di loro sono caduti, con coraggio e con onore, sul suolo italiano.
Di questi soldati, in parte provenienti dalle Hawaii, e della comunità americana che li accolse nelle proprie Forze Armate, pur se con le tante e spiacevoli riserve iniziali, non è agevole trovare notizie nel nostro Paese.
E’ così che abbiamo pensato di offrire ai nostri lettori questo testo, frutto delle ricerche del dottor Walter Emanuele Massa, presentato a Torino il 4 luglio 2004, in una conferenza ad un sodalizio di amanti della storia dal nome "Alle armi del Re".

Premessa

Il 7 Dicembre 1994, Bianca Maria ed io, eravamo presenti alle cerimonie commemorative presso l'Arizona Memorial per il 52° anniversario dell'attacco a Pearl Harbor.
Qualche giorno dopo ci siamo trasferiti a Big Island: l'isola di Hawaii, avevamo in mente di visitare anche i resti del luogo natale di Re Kameahamea il Grande ed andare anche a vedere la sua statua; quella originale fusa a Firenze. Per questo altro obiettivo ci siamo spinti fino a Kapaau, il capoluogo del Distretto di North Koala.
Abbiamo trovato la statua, maestosa ed imponente, collocata in cima ad una ampia scalinata proprio davanti al North Koala Civic Center che, indotti dalla curiosità, abbiamo voluto vedere da vicino. Una semplice costruzione in legno contornata sui quattro lati da un lanai: davvero in armonia con la vocazione rurale di quei paraggi.
Alle pareti esterne erano disposti i ritratti di una ventina di giovani nell'uniforme dello Zio Sam. I tratti somatici e i cognomi ispanici individuavano due filipinos, tutti gli altri, molti con un nome cristiano, avevano uno sguardo ed un cognome che ne palesava la discendenza giapponese. Erano i ritratti di chi aveva perso la quiete di quei campi per andare lontano, dall'altra parte del mondo, per combattere una guerra da cui non è più tornato. Non ho mai dimenticato quei giovani nè voglio dimenticarli. Questa è anche la loro storia.

Walter Emanuele Massa
alle ARMI DEL RE il 4 luglio 2008.

Americanism is a matter of the mind and heart;
Americanism is not and never was a matter of race and ancestry.


Franklin Delano Roosevelt
February 1, 1943.

AJA’S da HONOLULU a TORINO

Negli anni compresi fra il 1852 e il 1930, per esaudire la domanda di manodopera a basso costo, i piantatori di canna da zucchero delle Hawaii promossero l'immigrazione di approssimativamente 400.000 individui fra uomini, donne e bambini. Erano preferiti i soggetti ignoranti, meglio se analfabeti e docili; il tipo di lavoratori che si sarebbero considerati soddisfatti della vita nelle piantagioni e li individuarono fra i cinesi, giapponesi e filippini.
A partire dal 1868 circa 180.000 giapponesi emigrarono nelle Hawaii, più di metà ritornarono in patria con quanto avevano potuto risparmiare ma, al momento dell'Annessione, oltre la metà della popolazione delle Hawaii era di origine giapponese e costituiva il gruppo etnico più numeroso delle isole. Erano latori della cultura contadina del sud del Giappone dove il padre era virtualmente un dittatore e la famiglia era considerata al di sopra di qualunque altra cosa.
Inviavano molto denaro a casa ai genitori e, sottomettendosi alla scelta paterna della sposa, non erano disponibili al matrimonio interetnico poiché sposare una non giapponese avrebbe portato miseria e vergogna nella loro casa. Per questa ragione tra il 1910 e il 1920, si verificò una massiccia importazione di spose dal Giappone al punto che nel 1924 il Presidente Coolidge firmò una legge per l'immigrazione che di fatto chiudeva la porta degli Stati Uniti ai Giapponesi.
La dura vita della piantagione e la paga miserabile indirizzarono un numero crescente di giapponesi ad abbandonare i campi per la vita cittadina in cerca di più libertà e migliore guadagno. A partire dal 1921 i Giapponesi non erano più il gruppo etnico prevalente nelle piantagioni, si erano distribuiti nelle città entrando in competizione nel commercio, l'imprenditoria, la pesca, i lavori portuali ed il servizio domestico. Stavano emergendo i Nisei; i nippoamericani di seconda generazione che erano stati istruiti nelle scuole pubbliche delle Hawaii e di conseguenza di identità culturale americana e cittadini americani per nascita.
Fino al 1924 il Giappone, come la maggior parte degli altri stati, riteneva che ogni giapponese nato oltremare fosse automaticamente un suddito dell'Imperatore. Per una nuova legge, promulgata in quello stesso anno, il giapponese nato oltremare acquisiva la cittadinanza giapponese solo nel caso in cui i suoi genitori ne avessero registrato il nome presso un consolato giapponese entro quattordici giorni dalla nascita. Ai nati prima del 1924 era concesso di recedere dalla cittadinanza giapponese ma la procedura era complessa e richiedeva una discreta quantità di tempo e denaro. A conti fatti era una reale opportunità e questo era già qualche cosa.
I nove decimi dei nati dopo il 1924 (circa 60.000), non sono mai stati registrati presso un consolato giapponese mentre pochissimi di quelli nati prima avevano attuato la pratica di rinuncia alla cittadinanza giapponese. La loro lealtà rischiava di essere sottoposta alla rinuncia ad un costoso pezzo di carta per loro privo di significato. Nel TH vivevano circa 30.000 nippoamericani con doppia cittadinanza ed in età per avere, in caso di guerra, obblighi militari, sia verso il Governo degli Stati Uniti sia verso l'Imperatore. Era comunque evidente che questi giovani erano numerosi fra gli associati ai Boy Scout, alle associazioni giovanili cristiane ed altre di carattere molto americano ma erano così numerosi che da un tre per cento di elettori nippoamericani registrati nel 1920 si passò al 25% nel 1936; il più vasto gruppo elettorale, tradizionalmente di indirizzo Repubblicano, che avrebbe potuto controllare il TH. Esisteva il "problema del voto giapponese".
Nella sua crescita sociale, l'etnia giapponese si era volta alle professioni liberali molti i dentisti, medici, avvocati, giudici e insegnanti ma venivano osservati con diffidenza in una comunità che tendeva a non accettarli tanto più che oscure nuvole si addensavano sul Pacifico.
L'Impero giapponese, subito dopo la prima guerra mondiale, aveva varato una politica aggressiva con dichiarate mire espansioniste. Il Governo di Tokio aveva inviato nel TH numerosi agenti militari per diffondere materiale patriottico e vendere buoni di guerra giapponesi che avevano raggiunto alle Hawaii un rapporto capitario migliore di quello del Giappone. Nel TH si stampavano giornali in lingua giapponese apertamente filofascisti e nazisti ed entusiasticamente favorevoli all'invasione della Cina.
Nei mesi precedenti il coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra, l'FBI aprì un ufficio ad Honolulu per collaborare con l'Intelligence dell'Esercito e della Marina. Vennero compilate liste di sospetti antiamericani prevalentemente di nippoamericani poiché, sebbene oltre 120.000 di questi fossero cittadini americani per nascita, molti conservavano la cittadinanza giapponese. In totale i nippoamericani sommavano a 157.000; un terzo della popolazione e gli stranieri, in generale, costituivano oltre un quinto della popolazione del TH. Un autentico incubo per chi aveva l'incarico di preoccuparsi di sicurezza militare, spionaggio, sabotaggio e "political allignment".

La sera del 7 Dicembre 1941, il Governatore Pointdexter proclamò la legge marziale, la sospensione dell'habeas corpus e trasferì al comando militare l'esercizio di tutti i poteri normalmente pertinenti agli ufficiali giudiziari del TH. Quella stessa sera molti nippoamericani in mainland e nel TH, versavano lacrime di vergogna. Il giorno successivo 482 sospetti erano già in custodia nella Immigration Station: 370 giapponesi, 98 tedeschi, 14 italiani e si era attivata la sorveglianza di altre centinaia di sospetti.
Il TH, più vicino di duemila miglia alle zone di combattimento, era molto esposto all'azione nemica ed era destinato a diventare l'area di organizzazione delle future operazioni militari nel Pacifico. Sebbene meno vulnerabile, la West Coast di mainland era fondamentale: almeno la metà degli aeroplani militari erano prodotti nella zona di Los Angeles, i porti ed i cantieri fra il Puget Sound e San Diego erano vitali per la Marina e la Flotta del Pacifico dipendeva in alta percentuale dal carburante pompato dai giacimenti della California.
La situazione era così preoccupante che il Luogotenente Generale John L. DeWitt a capo del Western Defenese Command inviò una nota informativa ai suoi superiori di Washington raccomandando, per esigenza militare, il trasferimento verso l'interno di tutti gli stranieri cittadini di paesi nemici di età superiore ai 14 anni. Molti a Washington propendevano anche per una completa evacuazione della popolazione giapponese del TH e si erano allestiti piani per trasferirne 100.000 in mainland o almeno su altra isola del TH preferibilmente Molokai. Durante i primi mesi di guerra, nella West Coast si erano verificati numerosi episodi di intolleranza verso tutti i giapponesi.

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In mainland vivevano circa 127.000 nippoamericani; nove su dieci nei tre Stati affacciati sul Pacifico: California, Oregon e Washington, oltre il 75% in California massimamente concentrati nella contea di Los Angeles. Che fossero stranieri o cittadini americani erano apostrofati con epiteti quali: Japs, Nips, Mad Dogs, Jellow Vermin ed altre espressioni anche più ingiuriose. Il risentimento era tale che, sebbene mancasse una qualunque prova di atti di sabotaggio da parte di nippoamericani, la loro razza veniva condannata al completo con rarissime distinzioni fra giapponese "buono" e "cattivo" diversamente da quanto accadeva per italiani e tedeschi. Il 19 Febbraio 1942, il Presidente Roosevelt, consapevole del favore dell'opinione pubblica, firmò l'Executive Order N°9066 che autorizzava il Segretario della Guerra a stabilire zone militari da cui escludere qualunque persona e a organizzare per queste persone: trasporto, alimenti, alloggio e tutto quanto fosse indispensabile fino ad altra successiva soluzione. Individuate 108 zone di esclusione, lentamente e anche tra molte difficoltà nella registrazione dei soggetti da ricollocare, si attuò il trasferimento dei nippoamericani dalle zone loro interdette a dieci campi posti sotto il controllo di una nuova agenzia civile: War Relocation Autority (WRA).
I campi erano situati in zone assai desolate e semidisabitate; con baracche coperte da carta catramata e servizi adeguati per l'accoglimento di 10.000 individui ciascuno; il tutto circondato da filo spinato e sotto la sorveglianza della polizia militare. In Agosto si erano così sistemati 110.723 fra uomini donne e bambini. Altri 6.393 evacuati dalle zone militari di esclusione vennero ospitati presso parenti o amici residenti in aree non interdette.
L'esilio durò quasi tre anni e terminò all'inizio del 1945 quando la United States Supreme Court dichiarò il 18 Dicembre 1944 che tutta la questione costituiva una limitazione dei diritti costituzionali. Il Dipartimento della Guerra aveva anticipato di un giorno la sentenza dichiarando l'annullamento del provvedimento a partire dal 2 Gennaio successivo. Occorre però precisare che in quel momento la popolazione dei campi si era già dimezzata: molti giovani si erano arruolati nell'Esercito, numerose famiglie avevano accettato il programma di trasferimento definitivo in altre zone degli Stati Uniti per iniziarvi una nuova vita oppure avevano trovato anche loro una sistemazione presso parenti; tutti gli altri ritornarono nelle loro vecchie case.

Di quanto si era progettato per i nippoamericani del TH, nessuno di questi progetti venne attuato. Durante tutto il corso della guerra solo 1873 di essi vennero trasferiti dal TH a mainland nei "Relocation and Internment Camps". La maggior parte erano Issei o Kibei, a Honolulu venne istituito il Sand Island Detention Center per il loro transito. All'inizio gli internati erano gli individui inseriti nella lista dei sospetti già prima della guerra, successivamente l'internamento riguardò in prevalenza quei leaders della comunità nippoamericana che avevano destato il dubbio che avrebbero potuto guidare la loro comunità in caso di invasione: quasi tutti i religiosi scintoisti e buddisti, gli agenti consolari, uomini d'affari, politicanti e sindacalisti. Contrariamente a quanto stava accadendo in mainland, la questione non veniva affrontata indiscriminatamente; l'internato veniva sottoposto al parere di una commissione che lo ascoltava, ne valutava gli argomenti a difesa ed alla fine esprimeva un parere sulla sua lealtà ed attività. I militari tenevano conto di questo parere deportando solo i più pericolosi ma solamente dopo una successiva rivalutazione in cui molti hanno potuto ottenere la libertà sulla parola. Viene naturale domandarsi come mai, a dispetto delle pressioni dell'amministrazione Roosevelt, non venne attuata l'evacuazione generale dei nippoamericani del TH. Non la lealtà bensì ragioni di ordine economico e logistico; ai militari erano immediatamente indispensabili la loro competenza ed energia lavoro per le opere di costruzione, fortificazione e magazzinaggio in un momento critico anche per la carenza di personale militare.
I militari del TH avevano quindi usato le parole "esigenza militare" per trattenere i nippo-americani nelle isole; in realtà le stesse parole che avevano giustificato nella West Coast l'evacuazione in massa. Il Generale Emmons e l'Ammiraglio Nimitz contrastarono sempre l'evento che, tra l'altro, avrebbe creato problemi insormontabili dal punto di vista dei trasporti e avrebbe danneggiato l'economia locale e ostacolato la logistica militare. La stessa War Relocation Autority, che doveva già risolvere il problema del trasferimento dei nippoamericani della West Coast non era affatto impaziente di doversi occupare anche di quelli del TH.
Il procedere della guerra spostava sempre più ad ovest l'area dei combattimenti, riducendo di pari passo il rischio di attacco e di invasione del TH, per questa ragione ogni progetto di evacuazione perse significato e così per tutta la durata della guerra i nippoamericani del TH poterono contribuire con il loro lavoro a trasformare le isole in una potente base d'operazioni per la guerra nel Pacifico.

Il 100th Infantry Battalion ed il 442nd Regimental Combat Team

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Nell'ottobre del 1940, la Guardia Nazionale di Hawaii viene incorporata nell'esercito regolare, al momento di questa federalizzazione era costituita da due reggimenti il 298th ed il 299th, composti da volontari delle isole e ne facevano parte 1.500 nippo-americani. Subito dopo l'attacco a Pearl Harbor il Dipartimento della Guerra ne sospese l'arruolamento con la rara eccezione di individui selezionati sulla base di ordini precisi. Durante i primi sei mesi di guerra quest'unità sorvegliò spiagge, stese filo spinato, costruì ostacoli antisbarco, presidiò nidi di mitragliatrici e per tutto questo tempo la lealtà dei militari nippoamericani venne attentamente sorvegliata.
Con l'entrata in guerra, il Selective Service System, sostituì la definizione Nisei con una nuova: 4-C che indicava gli stranieri senza obblighi militari.
Il 21 Gennaio 1942, circa 300 nippo-americani arruolatisi nella Guardia Territoriale subito dopo l'attacco a Pearl Harbor, vennero congedati senza spiegazioni, la metà di essi accettarono di lavorare per il Genio Militare con la paga di 90 dollari al mese in un reparto autodefinito: Varsity Victory Volunteers. Erano per la maggior parte freschi laureati dell'Università di Hawaii desiderosi di dimostrare la propria lealtà agli Stati Uniti. Sebbene fossero dei civili, erano sottoposti alla disciplina dell'Esercito, in uniforme, con mensa e alloggio in caserma. Vennero impiegati per la costruzione di strade, caserme ed altre installazioni militari.
Durante questo servizio iniziarono a riferirsi a se stessi con la definizione: Americans of Japanese Ancestry (AJA's) e il grande impegno che profusero nel lavoro, oltre a sollevare il morale della comunità nippoamericana del Territorio, colpì molto il Generale Emmons al punto che, sei mesi dopo, egli stesso raccomandò al Dipartimento della Guerra di costituire un'unità militare in cui riunire i nippoamericani della Guardia Nazionale e dei VVV, di trasferirli in mainland per l'addestramento e successivamente impiegarli in "active service".
Il Generale Marshall accolse favorevolmente questa proposta e così, nel Giugno del '42, sia pure con poca pubblicità, i 29 ufficiali e 1.300 soldati del neocostituito "100th Special Infantry Battalion" salparono per Oakland.
Era una grossa unità organizzata su sei compagnie di fucilieri invece delle consuete quattro, gli ufficiali erano stati scelti fra caucasici nati nel TH o che vi avessero vissuto a lungo e quindi in grado di comprendere il pidgin parlato nelle isole. La taglia minuta e la bassa statura di quelle reclute procurarono qualche grattacapo al Quartiermastro che doveva vestirli in uniforme. La loro età media risultò di 24 anni, un po' al di sopra di quella degli altri reparti.
Nella prima destinazione: Camp McCoy in Wisconsin, iniziarono l'addestramento e l'unità acquisì la definizione "Separate" per cui doveva dotarsi di trasporti e servizi sanitari propri. Nel frattempo vennero accuratamente selezionati fra loro 67 uomini poi avviati alla Military Intelligence Language Training School e successivamente destinati al teatro del Pacifico come interpreti e personale di Intelligence.
Verso la fine di quell'anno, dopo un luau di addio dedicato alla popolazione locale che li aveva bene accolti, l'unità venne trasferita per ulteriore addestramento a Camp Shelby in Mississippi. Qui non vennero accolti con simpatia al punto che, per evitare baruffe con la popolazione locale, risolsero di rinunciare alla libera uscita.
Il 28 Gennaio 1943, il Generale Emmons annunciò alla popolazione del TH che il Dipartimento della Guerra aveva deciso di arruolare un altro reparto composto da volontari AJA's di TH e mainland. Per i 1.500 posti destinati al TH, si presentarono in 10.000 ma, per lo scarso successo presso i nippoamericani di mainland, la quota per il TH venne aumentata. Il 4 Aprile successivo 25 ufficiali e 2.855 soldati salparono per la West Coast e si congiunsero alle reclute provenienti da mainland a Camp Shelby a costituire il "442nd Regimental Combat Team".
Ai gradi più elevati e in comando furono posti dei caucasici, per quanto riguardava i sottufficiali, la quasi totalità era costituita da volontari di mainland; questo irritò molto gli hawaiiani che erano la maggioranza e anche i soldati del 100th che avevano sperato in un trasferimento con promozione nella nuova unità. In realtà i volontari di mainland si esprimevano in inglese meglio degli hawaiiani che per lo più conoscevano solo il pidgin ed erano anche più istruiti, meno rustici e più abituati al modo di vivere americano. Gli hawaiiani li chiamavano "kotonks" (qualcuno sostiene dal rumore che facevano le loro teste quando venivano sbattute l'una contro l'altra dagli hawaiiani) e ne vennero ripagati con l'essere appellati "buddaheads". Alla fine prevalsero il buon senso ed il cameratismo.
Il 20 Luglio 1943, al 100th viene solennemente consegnata la sua bandiera con il motto che essi stessi avevano scelto: "Remember Pearl Harbor". Sul loro distintivo la foglia di apa e il giallo casco di piume degli alihi. Giunge anche notizia che è stata abolita la norma che vietava agli AJA's il grado da comandante di Compagnia in su.
Il 100th parte da Camp Shelby l'11Agosto1943 e, per la via Nord Africa, perviene in Italia assegnato alla 34th "Red Bull" Infantry Division - Fifth Army. Partecipa allo sbarco di Salerno ed alle azioni che condurranno alla liberazione di Roma.
Durante questa Campagna si merita il soprannome di "Purple Heart Battalion" in onore alla sua assai elevata percentuale di di perdite e la citazione del Presidente.
La buona prova del 100th, distintosi in combattimento, e del 442nd in addestramento indussero il Dipartimento della Guerra ad annunciare nel Gennaio del '44 che da quel momento tutti gli AJA's sarebbero entrati nell'Esercito secondo le normali modalità del Selective Service. Con la sua bandiera recante il motto: "Go For Broke", il 442nd arrivò in Italia nel Giugno del '44, venne raggruppato ai veterani del 100th a costituire il 100/442.

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Queste due unità, con onore e valore, si batterono in sette Campagne, in Italia, Francia e Germania, subirono poco meno di 10.000 perdite (oltre tre volte la loro forza originaria), meritandosi il rispetto generale ed essere l'unità più decorata alla fine della guerra; non solo di quella guerra ma di tutta la storia americana.
La fine della guerra ci riguarda molto da vicino poichè il Reconaissance Platoon ed una sezione della Compagnia H del 100/442, provenienti da Asti, raggiunsero Torino il 29 Aprile del '45, presero atto che erano in corso sporadici combattimenti per poi ricongiungersi in serata con il resto della loro unità.
Prima del loro ritorno a casa, i militari del 100/442, vennero ospitati dal Presidente Truman nei giardini della Casa Bianca e in quella occasione egli disse: "Vi siete battuti non solo contro il nemico ma anche contro il pregiudizio e voi avete vinto".
Oggi il 442nd è parte della Guardia Nazionale dello Stato di Hawaii, non accoglie solamente AJA's ma qualunque volontario dello Stato e dei Territori di Samoa e Guam. Nel suo organigramma manca il primo battaglione poiché, allo stesso, è assegnata la denominazione e la tradizione del vecchio one-puka-puka.

Il 442nd, per la sua gloriosa storia, è uno dei reparti cui più è sentimentalmente legata la tradizione militare dell'Esercito degli Stati Uniti.

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Ruolo d'Onore del 100/442

Glossario

Bibliografia

Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.