L'ATTACCO POLACCO A MONTECASSINO IN UN DOCUMENTO DEL 1945
Premessa
E’ un libro di piccolo formato, di sole 117 pagine, pubblicato a Roma nel 1945 in lingua polacca: quasi una reliquia per un bibliofilo, perché è
stato stampato in poche copie, riservate probabilmente ad autorità ed a ufficiali di alto grado dell’Esercito polacco, in Italia e in Gran Bretagna.
Redatto da un ufficiale dello Stato Maggiore, il colonnello Henryk Piatowski, che curò l’aspetto operativo del piano per la battaglia, questo prezioso
documento consente di mettere in chiaro le fasi che precedettero gli attacchi sulle alture di Montecassino del 12 e del 17 maggio 1944, la loro
preparazione, gli ordini impartiti dai comandi del 2° Corpo, della 3a divisione Fucilieri dei Carpazi e della 5a divisione di Fanteria “Kresowa” e
delle brigate.
Lo svolgersi dei combattimenti è descritto in modo estremamente stringato, senza enfasi, forse fin troppo essenziale, ma permette di cogliere il
disperato tentativo dei Polacchi di aver ragione delle difese tedesche, arroccate su posizioni di montagna che americani, inglesi e indiani non erano
riusciti a superare.
Inoltre al testo seguono numerosi allegati: una serie di mappe esplicative ed i preziosi schizzi delle zone dei combattimenti, disegnati da un ignoto
artista in forza alla 12a compagnia geografica del 2° Corpo.
Per motivi di spazio non si può qui riportare l’intero testo, ma ci sforziamo di presentare al lettore le sue parti salienti, nel rispetto delle
pagine originali.
Indice
Appendici
I lavori preliminari
Il generale Wladyslaw Anders, comandante del 2° Corpo Polacco, schierato nel settore del Sangro fino alle sorgenti del Rapido, seppe della decisione
del comando dell’8ª Armata di utilizzare il Corpo nel settore di Montecassino il 24 marzo 1944.
Lo Stato Maggiore del 2° Corpo iniziò subito un lavoro sistematico per raccogliere ogni elemento utile: mappe, fotografie aeree, dati ed informazioni
sul nemico, colloqui coi comandanti degli attacchi precedenti.
Lo stesso generale Anders partecipò a dei voli di ricognizione.
L’8 aprile, alla vigilia dello schieramento del Corpo sulle nuove posizioni assegnate, furono convocati i comandanti delle grandi unità, i loro stati
maggiori ed i comandanti delle varie armi, allargando la sfera di coloro che furono messi a conoscenza del piano che si stava allestendo.
Tutti i comandanti ebbero piena libertà nell’espressione delle proprie idee, in modo da portare a termine nel migliore dei modi gli incarichi loro
assegnati. All’incirca il 20 aprile si conclusero le riunioni principali a livello delle grandi unità del Corpo ed il lavoro di preparazione si estese
ai comandi di brigata, dando inizio ad esercitazioni a livello di battaglione.
La partecipazione delle unità alle diverse direttrici dell’azione fu risolta col metodo dell’estrazione.
Il trasferimento delle unità polacche sul nuovo fronte avvenne nel massimo segreto e con ogni cautela, fino ad obbligare gli operatori radio a parlare
esclusivamente in lingua inglese, ma, quantunque le elaborazioni teoriche del piano venissero alternate con ricognizioni di ufficiali sul terreno, fu
vietato di compiere incursioni oltre le linee. [1]
Lo scopo di mascherare la presenza del 2° Corpo fu pienamente raggiunto, ma la mancata identificazione delle postazioni tedesche (bunker e caverne),
dovuta appunto al veto di mandare pattuglie in ricognizione, fu poi motivo di grandi e numerose difficoltà tattiche durante gli attacchi del 12
maggio. [2]
Il terreno e le posizioni di difesa tedesche
L’impianto difensivo tedesco si basava su tre bastioni principali: il Monastero, la quota 593 e Sant’Angelo, che si fiancheggiavano reciprocamente.
Scartata immediatamente l’ipotesi di un attacco diretto al Monastero dalla Valle del Liri, che, oltre alle pendenze da superare, avrebbe comportato
una prima manovra di penetrazione nella valle stessa, restava solo una possibilità e cioè agire dalle località Caira e Villa (Le caserme italiane nella
valle del Rapido n.d.r) in direzione sud-ovest sull’asse Colle Maiola – Masseria Albaneta con l’obbiettivo di conquistare la quota 593 ed il Colle
Sant’Angelo al fine di isolare il Monastero, ultimo ed eventuale obbiettivo.
"Il Monastero di Monte Cassino è adagiato su un colle a 516 metri di altezza, la cui parete settentrionale è molto ripida;
ripide sono pure, sebbene non allo stesso grado, le pareti orientali e meridionali. La parete occidentale si tramuta in un dosso che unisce il
Monastero coi massicci successivi: la quota 593 e poi il colle Sant’Angelo.
Da nord il colle D’Onofrio (445 mt.) protegge l’accesso al Monastero; da sud-est la ripida collina cosiddetta del Boia; da sud-ovest il cimitero e
la quota 489; inoltre, da occidente, lungo la parete meridionale del dosso di Monte Cassino, le quote 453, 375 e 374.
La quota 593 è inasprita in direzione sud dalla cresta rocciosa di quota 569. Nella stessa direzione, l’insieme è ulteriormente inasprito da quota
476. In direzione est da quota 593 si scosta il dorso 450, base a sua volta del dorso D’Onofrio.
Il Colle Sant’Angelo si prolunga in direzione sud verso quota 575; il dorso che si protrae da esso verso sud-est ha preso il nome di Balcone
(quote 505, 452, 447).
Da nord-est un dorso chiamato Cresta del Fantasma protegge l’accesso al Colle Sant’Angelo. Nella sua parte settentrionale, Sant’Angelo è unito al
Fantasma da un colle leggermente più basso chiamato Piccolo Angelo; per il resto, una vallata profonda separa Sant’Angelo dal Fantasma.
Tra il massiccio 593 e il Fantasma si trova una vallata, denominata la Gola; lungo il prolungamento del suo sbocco meridionale si trova la Masseria
Albaneta, all’altezza di 468 metri, che domina sulla valle tra quota 593 ed il Fantasma, fiancheggia i versanti meridionali del Fantasma ed allo
stesso tempo, col suo fuoco, chiude lo sbocco meridionale della Gola.
Invece la quota 575, essendo un prolungamento di Sant’Angelo, sovrasta la Masseria Albaneta e domina vistosamente la Gola." [3]
Rimaneva dunque un’unica direttrice da ovest verso le quote 593 e 569, e, parallelamente, verso Sant’Angelo e la quota 575.
Da ciò la conclusione che la via d’attacco opportuna verso il Monastero passava unicamente attraverso la conquista di Sant’Angelo e la quota 593.
Pertanto l’attacco doveva essere ridotto alla conquista contemporanea di due soli bastioni, equilibrando la limitazione che ne derivava con la
paralisi delle difese dell’Abbazia attraverso l’uso di un massiccio fuoco d’artiglieria, che doveva essere costante per tutto il tempo della durata
dell’attacco.
Inoltre gli attacchi agli obbiettivi prescelti dovevano essere simultanei per diminuire la possibilità da parte dei Tedeschi di fiancheggiare con
fuoco di mitragliatrici e mortai l’una con l’altra le loro posizioni sui fianchi della quota 593 e sulla Cresta del Fantasma.
Le difficoltà naturali, aumentate dalle difese costruite nei mesi di marzo e aprile dai Tedeschi però non mancavano. [4]
Tanto il Colle Sant’Angelo come la quota 575, quanto il Fantasma che li precede, sono dorsi montani di roccia; particolarmente ingannevole risulta il
Fantasma: dall’aspetto inoffensivo da lontano, avvicinandolo si presenta come un massiccio poderoso.
Entrambi i dorsi erano ricoperti di bunker, fatti di roccia e pietre, ma esistevano anche dei rifugi in caverna. Una densità più fitta di bunker si
registrava sulle vette rocciose del dorso di Sant’Angelo nonché, subito dopo tali cime, sui loro contro-pendii. I bunker su un dorso e su un declivio
erano molto difficili da scoprire e da indicare all’artiglieria, risultando invisibili. [5]
La quota 593 è proporzionalmente più piccola, ma tutta costellata di bunker, creando un robusto fortilizio naturale e lo stesso vale per la cresta
rocciosa di quota 569.
La possibilità di occultare una guarnigione nei rifugi, sui contro-pendii a picco delle pareti rocciose, rappresentava la vera forza di queste due
ultime posizioni.
Nascosta in tali rifugi per tutto il tempo della durata del fuoco dell’artiglieria o dei mortai, una guarnigione risultava del tutto irraggiungibile
per i proiettili dell’artiglieria, perché o colpivano la cima della parete rocciosa, oppure passavano sulle vette e cadevano sulle parti posteriori
delle posizioni di difesa. Nel momento in cui cessava il fuoco dell’artiglieria, all’avvicinarsi della fanteria, i nemici abbandonavano i
nascondigli e occupavano le postazioni avanzate, spesso semplicemente dietro le prime rocce. Non avendo più da temere le granate dell’artiglieria,
potevano aprire il fuoco da vicino contro soldati che attaccavano esausti.
Lo Stato Maggiore del 2° Corpo valutò tutte le possibilità e non si nascose certo le grandi difficoltà dell’operazione, sia in rapporto al tipo di
terreno che alle difese tedesche da affrontare.
Le conclusioni, per quanto concerne la globalità del problema, ovvero della dipendenza reciproca dei due obiettivi fondamentali dell’attacco, furono
formulate come segue:
"Lo spostamento verso Sant’Angelo attraverso il Fantasma era smisuratamente complicato sotto il fuoco laterale di quota 593:
viceversa, mentre la conquista duratura di quota 593 era pressoché impossibile senza aver prima paralizzato Sant’Angelo, e poiché lo spazio d’attacco
verso Sant’Angelo attraverso il Fantasma risultava sproporzionatamente più ampio dello spazio tra i versanti settentrionali e meridionali di quota
593, ne derivava che:
In questo modo si creavano le condizioni per conquistare le parti essenziali dei due bastioni di difesa fondamentali.
Una volta presi i due obiettivi, i Tedeschi rimanevano però in possesso da una parte della quota 575 (insieme alle quote 505 e 452), dall’altra
della quota 569 (e più avanti di quota 476), mentre nel mezzo si trovava la Masseria Albaneta. Dal Monastero potevano indirizzare il fuoco contro i
pendii sud-orientali delle quote 593 e 569, nonché verso la quota 575.
Restava infatti l’assalto al Monastero, che il fato risparmiò ai Polacchi. [6]
Il piano d’attacco
Conseguentemente alle considerazioni avanzate, gli ordini del generale Anders furono i seguenti:
Scopo
Con l’attacco compatto del Corpo lungo l’asse COLLE MAIOLA-MASSERIA ALBANETA, rompere la difesa del nemico sul complesso montano di MONTE CASSINO.
Conquistare e tenere i suoi versanti sud-occidentali e garantire con ciò la propria osservazione e l’azione col fuoco sulla valle del fiume LIRI,
nonché l’isolamento del Monastero di MONTE CASSINO.
In seguito, colpire e conquistare il MONASTERO dal versante occidentale.
Proteggere e coprire quest’operazione:
Esecuzione
Attacco della 5ª divisione di Fanteria Kresowa (5. KDP)
Composizione: 5. KDP senza un battaglione, più il reggimento Ulani dei Carpazi, più il III squadrone del 4° reggimento Corazzato e plotoni di genieri minatori in appoggio ai carri armati.
Missione: Impadronirsi del dorso di COLLE S. ANGELO, QUOTA 575, QUOTA 505, QUOTA 452, QUOTA 447, su cui organizzare senza indugi una forte difesa
in grado di assicurare l’osservazione e la possibilità di agire col fuoco sulla vallata del fiume LIRI, in particolare sulla strada nr. 6 e la
vallata di PIEDIMONTE.
Coprire da nord e da ovest l’operazione della 3a divisione Fucilieri dei Carpazi verso il MONASTERO.
Coprire l’attacco del Corpo attraverso il mantenimento della difesa del dorso di MONTE CASTELLONE, nonché attraverso l’azione comune dell’artiglieria
nel neutralizzare le fonti di fuoco del nemico su PIZZO CORNO e il dorso da esso discendente verso sud.
Attacco della 3ª divisione Fucilieri dei Carpazi (3. DSK)
Composizione: 3. DSK, più il II squadrone del 4° reggimento Corazzato e plotoni di genieri minatori in appoggio ai carri armati.
Missione: con l’attacco simultaneo della 5. KDP impossessarsi di MASSERIA ALBANETA, QUOTA 468, il dorso di QUOTA 593, QUOTA 569 come basi per un attacco al MONASTERO DI MONTE CASSINO. In seguito, colpire il MONASTERO lungo l’asse MASSERIA ALBANETA – QUOTA 468 – MONASTERO (quota 516).
Coprire l’attacco con la ripulitura successiva del territorio dal nemico, nonché l’organizzazione difensiva sui versanti meridionali dei colli di MONTE CASSINO (QUOTA 374, QUOTA 375, QUOTA 453).
Dopo l’inizio dell’attacco al MONASTERO DI MONTE CASSINO, restituire un battaglione alla riserva del Corpo.
Riserva del Corpo
Definizioni
***
Per l’esecuzione di tale ordine, i comandanti delle divisioni hanno adottato le seguenti decisioni:
Il comandante della 5. KDP
Destinava all’attacco:
la 5ª BRIGATA DI FANTERIA DI VILNA più il XVIII BATTAGLIONE DI FANTERIA DI LEOPOLI, sostenuti da mitragliatrici, mortai, carri armati (un plotone),
cannoni S.P., genieri d’assalto con lanciafiamme;
con il compito di:
In riserva:
il XVI Battaglione di Fanteria di Leopoli più uno squadrone di carri armati con l’incarico di prepararsi all’azione tanto contro SANT’ANGELO quanto contro QUOTA 575, per respingere un contrattacco o per il prolungamento dell’attacco. Proteggere l’attacco attraverso la difesa del CASTELLONE compiuta dalla 6a brigata di Leopoli, che, dopo la cessione dei battaglioni, era stata rinforzata con i reggimenti Ulani dei Carpazi e Ulani di Poznan.
Il comandante della 5ª BRIGATA DI VILNA
Schierò:
lungo l’asse meridionale il XV battaglione Fucilieri; lungo l’asse settentrionale il XIII Battaglione Fucilieri; in seconda proiezione il XVIII Battaglione Fucilieri di Leopoli; il XIV Battaglione Fucilieri in difesa della posizione iniziale.
Il comandante della 3. DSK
Condurre l’attacco in due fasi:
I FASE: sforzo fondamentale per impadronirsi del colle di QUOTA 593, MASSERIA ALBANETA, QUOTA 468.
II FASE: sforzo fondamentale per impadronirsi del MONASTERO DI MONTE CASSINO dalla parte delle serpentine (a sud).
Destinava alla I FASE:
La BRIGATA FUCILIERI DEI CARPAZI più il 12° REGGIMENTO ULANI DI PODOLIA, sostenuti dai carri armati (un plotone), dai cannoni contro-carro, da
genieri minatori d’assalto con lanciafiamme, mortai e mitragliatrici.
Con il compito:
di conquistare con i battaglioni della prima proiezione: prima il colle di QUOTA 593 e MASSERIA ALBANETA, quindi QUOTA 476 e QUOTA 450, che fungeranno
da basi di sortita per la 2ª brigata Fucilieri dei Carpazi che eseguirà l’attacco nella II fase.
In riserva:
(per il periodo della I FASE) la 2ª brigata Fucilieri dei Carpazi senza il V battaglione con la possibilità di agire tanto a vantaggio della 1ª
brigata Fucilieri dei Carpazi quanto della 5. KDP (il V battaglione doveva congiungersi alla 2ª brigata solo dopo l’inizio dell’attacco da parte
della 1ª).
Destinava alla II FASE:
La 2ª brigata Fucilieri dei Carpazi (sorretta da uno squadrone di carri armati, dai cannoni contro-carro, dai genieri minatori d’assalto con
lanciafiamme, mitragliatrici e mortai).
L’incarico per il comandante della 2ª brigata Fucilieri dei Carpazi era quello di conquistare il MONASTERO DI MONTE CASSINO.
A questo scopo:
proteggersi da sud successivamente sulla linea dei colli: 374, 375, 453 ed impossessarsi del colle di QUOTA 489 (CIMITERO), come
base per un estremo assalto al MONASTERO DI MONTE CASSINO.
Il comandante della 2ª BRIGATA
Decise:
Il piano d’utilizzo dell’artiglieria
L’artiglieria del Corpo e quella delle divisioni fu potenziata con alcune batterie fornite dall'8ª Armata.
I preparativi dovevano iniziare l’11 maggio alle ore 23 e durare fino al 12 maggio alle ore 1.30 nel caso della 3. DSK.; fino alle ore 1.45 del 12
maggio nel caso della 5. KDP.
La conclusione dei preparativi doveva rappresentare l’inizio dell’assalto da parte della 3. DSK. verso QUOTA 593, della 5. KDP. verso il FANTASMA.
Inoltre, una divisione d’artiglieria pesante doveva eseguire un concentramento verso MASSERIA ALBANETA (dopo il precedente ritiro della fanteria dal
colle di QUOTA 593) il 12 maggio dalle ore 0.10 alle ore 0.50.
L’inizio dei preparativi dell’artiglieria per la II FASE d’attacco doveva essere indicato successivamente.
Nei piani di tiro, si era ampiamente considerata la partecipazione dei mortai pesanti della fanteria (4.2”), la quantità dei quali fu considerevolmente
ampliata prima dell’attacco, con personale prelevato dalle batterie anti-carri, che erano prevalentemente inattive.
Il piano di utilizzo dell’Artiglieria nella II FASE si basava sull’Artiglieria della 3. DSK rafforzata molto pesantemente.
Gli ordini per il comandante dell’Artiglieria Divisionale erano quindi:
I genieri
Il piano d’utilizzo dei genieri prevedeva incarichi diversi, che mutavano nell’arco del tempo.
Prima dell’azione vera e propria doveva essere posto in essere uno sforzo essenziale per mantenere le comunicazioni (costruzione di strade), quindi
l’aiuto nel collocare l’artiglieria in posizione, nonché la costruzione di rifugi e punti d’osservazione.
Per la durata dell’azione era previsto l’impiego di genieri minatori d’assalto, dotati di lanciafiamme, che dovevano operare nelle squadre d’assalto
della fanteria con il compito di distruggere le opere difensive del nemico.
Era previsto anche un aiuto nel tracciare varchi e sentieri attraverso i campi minati.
Le comunicazioni
Dal momento dell’inizio delle operazioni, il silenzio radio dominante doveva essere interrotto.
I cavi necessari ai collegamenti sul versante occidentale della valle del Rapido, furono stesi al di fuori di strade e sentieri, per evitare che le
condutture fossero rotte dai veicoli o dai muli.
Già durante il periodo preparatorio, i genieri addetti alle comunicazioni riportarono le prime vittime, tracciando i passaggi attraverso i campi
minati.
Grandi difficoltà si ebbero nei collegamenti dalla linea delle brigate, dove nessun cavo, né alcuna stazione radio riuscirono a sopravvivere.
Era previsto anche l’utilizzo di piccioni e lampeggiatori.
Le vie di comunicazione stradale
Le tre vie di comunicazione fra le retrovie e la Valle del Rapido erano la strada statale nr. 6, la strada da Acquafondata a Sant’Elia Fiumerapido
e la strada dell’Inferno. Tali strade erano utilizzabili soltanto fino alla coordinata verticale 90, non valicabile di giorno, su cui dominavano
il Monte Cifalco, il Monte Cairo e Monte Cassino. [7]
Tutti i trasporti, sia con mezzi meccanici che con i muli, avvenivano solo di notte e, nell’ultimo tratto fino alla prima linea, venivano eseguiti
da portatori.
Verso il campo di battaglia stesso conduceva una sola strada chiamata CAVENDISH ROAD, denominata dai Polacchi la STRADA DEGLI ZAPPATORI POLACCHI.
Portava verso la GOLA e da lì verso il MONASTERO, lambendo la MASSERIA ALBANETA.
Era il perno di tutti i rifornimenti, ma era tanto stretta da non consentire di effettuare manovre: un automezzo o un carro armato vittima di un
guasto lungo di essa doveva essere fatto cadere nel precipizio ed alcuni veicoli, per un movimento incauto dell’autista, caddero nei burroni.
Il nemico disturbava incessantemente le comunicazioni con il fuoco dell’artiglieria e dei mortai.
I soldati del Corpo Polacco nutrivano profondo rispetto per gli ufficiali britannici che comandavano le compagnie di muli, nonché per i Ciprioti
che svolgevano la funzione di conducenti. In tutte le menzioni d’elogio edite dopo la guerra, si trovarono delle citazioni per questi soldati, il cui
contributo alla battaglia fu stimato al pari di quello di un combattente.[8]
I rifornimenti
Le munizioni ed i viveri vennero fatti avvicinare dai singoli anelli della catena del trasporto di notte, con grande fatica e pericolo. Alcuni
trasporti e alcuni depositi furono distrutti o incendiati ancor prima della battaglia dal fuoco dell’artiglieria tedesca.
Molto grave fu il problema dell’approvvigionamento dell’acqua che era attesa con grande bramosia a causa del caldo di quei giorni, la febbre, il
tanfo tremendo dei corpi umani e dei muli in putrefazione; soprattutto in battaglia, quando, per effetto delle sue orribili vicissitudini, un soldato
smetteva spesso di mangiare, ma non di bere, e anzi il suo desiderio per una razione cospicua cresceva smisuratamente.
L’evacuazione dei feriti
I responsabili della Sanità disposero anzitutto sul campo di battaglia file di barellieri, organizzate specificatamente per questo scopo, che
evacuavano i feriti verso le retrovie grazie ad un sistema di staffetta.
In seguito, furono adibiti all’evacuazione mezzi meccanici molto leggeri, prima che automezzi sanitari più pesanti potessero farsi carico
dell’evacuazione.
Tuttavia, quanto previsto non fu sempre possibile.
Si verificarono casi di feriti rimasti sulla parte avanzata del campo, che era impossibile raggiungere, neppure dagli infermieri tedeschi. Ci
furono casi di feriti rimasti non-evacuati a volte anche per un paio di giorni. Allo stesso tempo, spesso era difficile rintracciare un ferito su un
terreno lacerato, pieno di arbusti selvatici.
Il movimento dei reparti verso la prima linea
Un reparto destinato ad un settore compiva lo spostamento verso il fronte in due notti: nella prima notte, in genere avanzava con una marcia
motorizzata verso la coordinata verticale 90 e trascorreva un’intera giornata in sosta, possibilmente al coperto. Allo stesso tempo, passava dal
trasporto motorizzato al trasporto da soma. Attrezzi, munizioni etc. venivano trasbordate sulla soma nel giro di un giorno. La notte seguente, il
reparto muoveva a piedi verso il settore di destinazione, varcando in una notte la vallata del fiume Rapido.
I reparti della 3. DSK. erano da lungo tempo nelle zone d’attesa; quelli della 5. KDP. furono fatti arrivare 48 ore prima prima dell’attacco.
La 2a brigata, destinata alla II FASE, completò lo spostamento per la maggior parte 24 ore prima dell’attacco.
Primo attacco: notte fra l’11 ed il 12 maggio 1944
L’attacco del 2° Corpo Polacco avvenne nel momento pianificato: il 12 maggio all’1.30 iniziò l’assalto della 3ª divisione Fucilieri dei Carpazi verso la QUOTA 593; mentre all’1.45 iniziarono gli assalti lungo il settore d’attacco della 3ª divisione verso la GOLA e della 5ª divisione di Fanteria “Kresowa” verso il FANTASMA.
Svolgimento dell’attacco della 5ª DKP nella notte fra l’11 ed il 12 maggio 1944
La situazione della 5ª brigata di Vilna (5a divisione) era la seguente:“Al mattino si susseguirono i contrattacchi del nemico, mentre verso mezzogiorno un forte contrattacco dalla parte della quota 517,
sostenuto da fuoco intenso, causò pesanti perdite ai nostri reparti sul FANTASMA, tanto che il Comandante del XVIII battaglione – di propria
iniziativa – diede ordine di ritirarsi sulle posizioni iniziali.
Gli interventi del comandante della brigata e di quello della divisione non ebbero effetto, poiché le unità erano mescolate, e le comunicazioni
avevano subito una distruzione totale”.
Per la crisi evidente che era intervenuta sul campo di battaglia e per la mancanza di un quadro chiaro in seguito all’interruzione delle
comunicazioni, il comandante di divisione inviò il colonnello R. per verificare la situazione sul posto e ad emettere disposizioni adeguate.
Gli ordini emanati dal colonnello R. furono accolti favorevolmente dal comandante di divisione, perché miravano a rafforzare le posizioni del
XIV battaglione, ormai menomato da pesanti perdite, con il XVI, ritirandolo sulle posizioni di partenza per riordinarsi e riorganizzarsi.
Intanto giunse la decisione del comando di divisione di proseguire l’azione con l’utilizzo di altri battaglioni (XVI e XVII) ed il colonnello R.
fu designato comandante del nuovo attacco, ottenendo come vice il comandante della 5a brigata di Fanteria di Vilna, colonnello W. Kurek, e, in
supporto, lo Stato Maggiore della brigata rafforzato con ufficiali dello Stato Maggiore della divisione.
All’approssimarsi della notte, la situazione era la seguente:
“Parte del XV battaglione sotto il comando del maggiore G., nonché parte dei reparti del XIII e XVIII, rimasero sul FANTASMA fino
a notte, dopo di che si ritirarono a causa di una enorme stanchezza, delle perdite e della mancanza di comunicazioni;
il XIV battaglione, rafforzato con parte del XVI, rimase sulle posizioni di partenza;
il XIII ed il XV battaglione restarono in zona d’attesa per un riposo temporaneo ed il riordino dei reparti;
il XVIII battaglione fu allontanato verso VITICUSO per una riorganizzazione;
il XVI battaglione restò a disposizione del comandante dell’attacco oltre la posizione di partenza;
Il XVII Battaglione, a disposizione del comando di divisione, giunse in zona d’attesa.
Nella notte si procedette con il riordino delle truppe ed il pattugliamento della parte avanzata del campo”.
Svolgimento dell’attacco della 3ª DSK nella notte tra l’11 ed il 12 ed il 12 maggio
Prima dell’attacco, durante la preparazione dell’artiglieria, data la distanza molto piccola tra le postazioni più avanzate di entrambi gli
schieramenti, furono ritirati i reparti avanzati della 1a brigata di Fucilieri dei Carpazi.
La situazione della brigata all’1.00 era la seguente:
il III battaglione Fucilieri si era ritirato verso la CASA DEL DOTTORE; alla sua altezza c’era il grosso del 12° Reggimento Ulani di Podolia;
il II battaglione, pronto all’attacco verso QUOTA 593, si trovava oltre il III Battaglione;
Il I Battaglione si trovava sul limite sud-occidentale della PICCOLA CONCA, pronto a muoversi, con lo scopo di attaccare la GOLA.
All’1.30 il II Battaglione mosse all’assalto di QUOTA 593.
Intraprese una lotta accanita, ma riportò subito pesanti e sanguinose perdite; tuttavia, in breve tempo conquistò la cima per poi attaccare la QUOTA 569. Sostenne una lotta estremamente pesante, risentendo in maniera particolarmente forte degli effetti del fuoco proveniente dal MONASTERO e da QUOTA 575. [9]
Le condizioni numeriche del II Battaglione iniziarono a diminuire improvvisamente. Caddero molti ufficiali e graduati ed un gran numero di soldati feriti ricoprì il campo di battaglia.
All’1.45 il I Battaglione mosse all’attacco della GOLA.
Inizialmente vi partecipò solo una parte delle forze del battaglione, perché quelli che seguivano caddero sotto il pesante fuoco dell’artiglieria
tedesca, riportando perdite molto gravi; così le compagnie di rincalzo finirono per aggiungersi al fronte del battaglione con grave ritardo.
All’attacco parteciparono carri armati del 4° reggimento corazzato. Tuttavia, malgrado la loro condotta battagliera e assidua, lo spostamento in
avanti del I Battaglione risultò smisuratamente lento. L’intero raggruppamento riportò subito perdite sanguinose molto pesanti, nonché perdite nei
carri armati.
In entrambi i battaglioni d’attacco, le comunicazioni furono interrotte fin dall’inizio, sia tra i comandanti delle compagnie che tra quelli dei
battaglioni, così come tra questi ultimi ed il comando della brigata.
I cavi di collegamento furono tranciati, mentre le stazioni radio andarono per lo più distrutte. Le pattuglie addette alle comunicazioni, che
andavano ad aggiustare i collegamenti, rimasero per la maggior parte bloccate per effetto delle sanguinose perdite subite. La comunicazione si
basava sulle staffette, ma le loro condizioni di servizio erano durissime.
Per effetto di queste difficoltà, il quadro del campo di battaglia descritto nei rapporti subiva una deformazione e notizie contrastanti iniziarono
a filtrare ai comandi più alti.
Il II battaglione sulla quota 593
Dopo le 2, un gruppo avanzato d’assalto del II battaglione fu rinforzato con altre compagnie provenienti dalle retrovie, mentre l’attacco verso
QUOTA 569 era in atto, ma le perdite però aumentarono.
Il maggiore Rawicz-Rojek, comandante del gruppo d’assalto, registrò alle 2.36 che: “Tutte le compagnie sono impegnate in battaglia tra Quota 593 e
Quota 569, nonché sui versanti occidentali di Quota 593.
In questa situazione difficile, l’artiglieria divisionale fece di tutto per coprire col fuoco la propria fanteria, ma, malgrado ciò, il fuoco tedesco
continuò intensamente.
Alle 3.10 giunse un rapporto sul primo contrattacco tedesco, al quale l’artiglieria rispose con un fuoco ininterrotto.
Nell’arco della mezz’ora successiva, i primi prigionieri del 3° reggimento Paracadutisti vennero condotti al comando del battaglione, ma in breve
tempo iniziarono a confluire i rapporti sui successivi contrattacchi tedeschi, alternandosi con le notizie di perdite ulteriori.
Cadde il maggiore Rawicz-Rojek e rimase ferito il comandante della 1a brigata dei Fucilieri dei Carpazi. Una lunga serie di comandanti di compagnia
e di plotone rimase uccisa oppure ferita. Malgrado il rafforzamento con parte del III battaglione, il II arrivò allo stremo delle forze.
Alle 13 venne interrotta ogni comunicazione con le compagnie impegnate in combattimento e questo venne interpretato come una crisi nell’arco della
battaglia e come il segnale della perdita di Quota 569 e di Quota 593.
“Le comunicazioni con le compagnie del II battaglione, come pure tra i comandi del II battaglione e della 1a brigata furono interrotte alle 13 del 12 maggio. Per questa ragione, all’interno della brigata la situazione precisa delle condizioni del II battaglione dopo le 13 era sconosciuta. Dai rapporti provenienti da altre fonti (compagnia mitragliatrici ed artiglieria) e in seguito dal rapporto della 4ª compagnia del III battaglione, si è potuto stabilire che la quota 569 era stata tenuta dal II battaglione fino alle 11.30 e la quota 593 fino alle 19 del 12 maggio”.
Alle 21.25 il comandante del battaglione ricevette l’ordine di tornare indietro verso le proprie posizioni di arresto, oltre il III battaglione.
Lì furono raccolte decine di uomini esausti fino all’estremo, completamente traumatizzzati, in parte feriti, che pure non volevano abbandonare le
fila.
Il I battaglione Fucilieri e l’attacco alla Gola
Intorno alle 4 le compagnie di testa, provenienti da nord-est, riuscirono a raggiungere la distanza di 100-150 metri dallo sbocco meridionale
della GOLA, ma il passaggio fu chiuso da un fuoco molto fitto di mortai e armi automatiche proveniente da Quota 505, Quota 575, COLLE S. ANGELO e
dai versanti occidentali di Quota 593.
Un ulteriore spostamento, sotto quel fuoco micidiale, risultò impossibile e le compagnie di testa rimasero indietro. Venne riversato un fitto fuoco
sui carri armati da parte dell’artiglieria pesante tedesca. Uno dei carri si arrestò subito tra le fiamme; altri subirono delle perdite causate dalle
mine. Il fuoco seminava una devastazione enorme e le perdite furono molto numerose tanto tra i comandanti quanto tra i fucilieri.
Ancora prima di mezzogiorno, la forza offensiva del battaglione si esaurì per effetto delle perdite e di un fuoco molto pesante. Lentamente, il
battaglione passò alla difesa, mantenendo ciò di cui si era impadronito. Di tanto in tanto, i carri armati si spostavano in avanti e aprivano il
fuoco contro le fonti di fuoco tedesche, ma la situazione si fece molto pesante.
Intorno alle 15, il comandante del I battaglione ricevette ordine da parte del comandante della 1a Brigata di ritirarsi per le ore serali.
L’ordine era stato impartito dal comandante della 3ª divisione.
Al crepuscolo, il grosso del battaglione, dopo aver lasciato gli avamposti alla GOLA, fu fatto ritirare verso la “GRANDE CONCA” in uno stato di
terribile sfinimento, ma la 3a compagnia, che non era stata raggiunta dall’ordine, rimase sulle posizioni fino alle 13 del 13 maggio.
Situazione della 1ª brigata Fucilieri dei Carpazi nella notte tra il 12 e 13 maggio 1944
A mezzanotte del 12 maggio la situazione della brigata era la seguente:
sulla vecchia linea difensiva rimanevano, fortemente indeboliti, il III battaglione, ormai assai spossato per la difesa lungamente sostenuta in
precedenza, ed il 12° reggimento di Ulani di Podolia; dietro di loro i resti del II battaglione e nella “GRANDE CONCA”, in condizioni non molto
migliori, il I battaglione.
La brigata era stata completamente prostrata con il primo attacco, ma ragioni di forza maggiore non le permisero di ritirarsi dal settore.
Al comando del 2° Corpo Polacco
Il comandante del Corpo avrebbe voluto portare un nuovo attacco alle 15 del 12 maggio, ma lo rimandò al 13, ordinando per il momento alla 5ª
divisione di ritirare il XIII, il XV ed il XVIII battaglione presso le truppe di riserva per riorganizzarsi a causa delle gravi perdite subite; di
rimettere il XVII Battaglione a disposizione del comandante della 5ª divisione; alla 3ª divisione di non forzare il mantenimento di Quota 593, ma di
ritirarsi sulle posizioni iniziali e riorganizzarsi.
La 2ª brigata doveva mantenersi in stato d’allerta, pronta ad un’eventuale azione a beneficio della 5ª Brigata di Fanteria di Vilna.
In realtà, la battaglia aveva subito una crisi già a mezzogiorno del 12 maggio.
La 1ª brigata della 3ª divisione aveva subito un vero e proprio trauma: nei giorni seguenti il I ed il II battaglione non sarebbero stati in grado di
intraprendere un’azione offensiva; il III battaglione risultava seriamente intaccato, ma tuttavia in grado di agire; il 12° reggimento Ulani di
Podolia rimaneva atto alla difesa come prima, mentre la 2ª brigata era ancora integra.
La 5ª brigata della 5ª divisione era profondamente scossa: il XIII e XV battaglione erano temporaneamente fuori gioco e necessitavano di un breve
riposo per riorganizzarsi; il XIV battaglione aveva bisogno di un ricambio.
Il XVIII Battaglione della 6ª brigata, avendo risentito di un trauma fortissimo, venne ritirato nelle retrovie verso VITICUSO. Altri due battaglioni
della stessa brigata non erano in buone condizioni: il XVI rinforzò la difesa del XIV battaglione ed il XVII passò in riserva, a disposizione del
comando della divisione.
La 6ª brigata di Fanteria di Leopoli, completata dai reggimenti Ulani dei Carpazi e di Poznan, tenne in buone condizioni il settore statico della
divisione sull’asse CASTELLONE-CAIRO.
Il 4° reggimento corazzato aveva subito perdite pesanti, ma solo nell’ambito dei due squadroni impegnati, e dunque complessivamente non numerose.
L’ordine del generale Leese
Il Comandante dell’8ª Armata, giunto presso il comando del 2° Corpo Polacco il 12 maggio intorno alle 11, rilevò che
“in questa fase delle operazioni, il 2° Corpo Polacco aveva eseguito il proprio compito pienamente, impegnando il grosso delle forze del nemico sul proprio settore ed avendo così permesso al XIII Corpo Britannico di prendere e mantenere le teste di ponte sul fiume RAPIDO”.
Rispetto ad un nuovo attacco da parte del 2° Corpo Polacco, il comandante dell’8ª Armata stabilì che l’iniziativa poteva aver luogo solo con il suo consenso, non volendo che un nuovo attacco rischiasse di rimanere isolato.
Il generale Leese voleva che l’attacco avvenisse in sintonia con quello del 13° Corpo Britannico, cosicché entrambe le azioni muovessero al contempo da una posizione che avrebbe permesso un rapido isolamento di MONTE CASSINO, conseguentemente i termini del nuovo attacco dipendevano dall’avanzata del XIII Corpo Britannico. [10]Pausa tra gli attacchi dal 13 al 15 maggio
Con l’uscita delle pattuglie ed alcune incursioni, con il sostegno del fuoco dell’artiglieria e dei mortai, e alla GOLA dei carri armati, il 13,
14 e 15 maggio si confermò nuovamente che i tedeschi presidiavano il FANTASMA e la QUOTA 593. Per un nuovo attacco, gli obiettivi sarebbero rimasti
gli stessi, ma tuttavia, erano cambiate le condizioni: quello che era mancato, cioè una serie di informazioni sulle posizioni nemiche, adesso era
stato ottenuto attraverso la battaglia; inoltre, era stata raccolta una mole di esperienza che sarebbe stata riutilizzata.
Anzitutto si suggeriva di limitare gli obiettivi dell’attacco e di porre come obiettivo fondamentale la conquista di SANT’ANGELO e QUOTA 593,
pensando in seguito ad un (loro ndr) utilizzo per l’eventuale conquista del MONASTERO.
Bisognava impadronirsi di meno obiettivi, mentre uno sforzo maggiore doveva essere prodotto per tenere quanto era già stato conquistato:
Tutti gli attacchi frontali diretti verso di essa erano risultati troppo dispendiosi. Poiché, tuttavia, la Masseria lambiva in particolare i declivi del FANTASMA e l’attacco doveva passare per FANTASMA:
Alle 16.30 del 14 maggio, il comandante del 2° Corpo Polacco emise l’ordine di un nuovo attacco per il 17 maggio alle 4 (assalto della fanteria alle 5).
Secondo attacco dal 16 al 19 maggio
Andamento dell’attacco presso la 5. KDP nella notte tra il 16 e il 17 e fino a mezzogiorno del 18 maggio
Secondo gli ordini emanati dal comando del 2° Corpo:
il comandante della 5ª divisione ordinò la realizzazione di un’incursione per il 16 maggio alle 18. L’incursione fu realizzata da una compagnia
avanzata del XVI battaglione, supportata robustamente dal fuoco di artiglieria.
Iniziata alle 19.30, alle 20.05 si era impadronita di una piega di terreno sul FANTASMA, direttamente di fronte alle posizioni tedesche. Alla
notizia della riuscita dell’incursione, il comandante del Corpo raccomandò di sfruttarne l’esito.
Nuove compagnie furono fatte avanzare verso entrambi i fianchi della compagnia schierata sul FANTASMA, cosicché, dopo un’accanita lotta, in
qualche ora si riuscì a collocare tutto il XVI Battaglione sul versante settentrionale del FANTASMA.
Verso la mezzanotte del 16, il comandante della divisione ordinò di allargare la conquista verso la parte meridionale di FANTASMA e di realizzare
un’incursione verso PIZZO CORNO.
Il XV battaglione realizzò l’attacco alla parte meridionale di FANTASMA, combattendo fino all’alba del 17 maggio per l’obiettivo prefissato.
Il reggimento Ulani dei Carpazi attaccava verso PIZZO CORNO e la sua dimostrazione di forza ebbe successo intorno alle 9.
All’alba del 17, dalla parte settentrionale del FANTASMA alcune pattuglie mossero verso COLLE SANT’ANGELO.
Verso le 5, scattò il contrattacco del nemico lungo la linea generale, SANT’ANGELO-MASSERIA ALBANETA, verso il XVI, che fu respinto alle 6.15.
Intorno alle 6, trovandosi nel secondo scaglione, il XVII battaglione partì all’attacco di SANT’ANGELO, oltrepassando il XVI che aveva combattuto nel
primo scaglione ed i primi elementi varcarono la sommità settentrionale di SANT’ANGELO alle 7.20.
Al fianco destro del XVII, nel terzo scaglione avanzò il raggruppamento del maggiore S.; più in profondità, lungo una scalinata verso destra,
avanzò il XIII, coprendo da nord il XVII Battaglione.
Nello stesso tempo a sud, dove l’azione di copertura era effettuata dal III Squadrone di carri armati con una compagnia del XV Battaglione, riuscì
ad alcuni carri di irrompere nella parte meridionale del dorso del FANTASMA e sorreggere il fianco meridionale dell’attacco.
Su SANT’ANGELO si svolse una battaglia accanita: il XVII battaglione, prendendo ora la testa dell’attacco, subì pesanti e sanguinose perdite; in
particolare, risultò fastidioso il fuoco proveniente da PIZZO CORNO, indirizzato verso il fianco destro del battaglione. Intorno alle 8 vennero
fatti alcuni prigionieri.
Verso le 10.30, il XIII battaglione, che aveva raggiunto l’obiettivo dell’assalto nella zona del VIGNETO, raggiunge la vetta settentrionale di
SANT’ANGELO.
Sul FANTASMA, accanto al XVI e a sud di esso, entrò in azione il XV battaglione, senza però riuscire a prendere la parte meridionale del FANTASMA.
Più in profondità, sulle posizioni di inizio si trovava il XIV battaglione, stanco e sfiancato dopo tre settimane di combattimenti difensivi.
Il XVIII battaglione, dopo una riorganizzazione, fu restituito alle truppe di riserva ed in questo modo l’intera fanteria della 5ª divisione fu
coinvolta nell’attacco.
Venne comunque deciso di utilizzare come fanteria anche i genieri minatori della divisione, autisti e soldati semplici presi dalle compagnie di
difesa dello Stato Maggiore di divisione, personale dell’antiaerea e degli anticarro; nell’arco della giornata del 17 maggio, questi reparti vennero
schierati in due semi-battaglioni di fanteria ed un semi-battaglione di artiglieria antiaerea.
La battaglia per SANT’ANGELO proseguì, ma intorno alle 14 sopraggiunge una crisi. Dopo aver respinto una serie di contrattacchi, il XVII battaglione
esaurì le munizioni. e tale mancanza lo costrinse a ritirarsi dalla vetta settentrionale di SANT’ANGELO verso i suoi declivi al momento dell’ultimo
contrattacco.
Tra le 15 e le 16 venne realizzato un forte concentramento di artiglieria e mortai, dopo il quale, mescolatisi nella battaglia precedente, i
battaglioni XVII, XIII e XVI insieme al raggruppamento del maggiore S. irruppero nuovamente verso SANT’ANGELO. In questo scontro, il comandante
dell’attacco coinvolse pure il XVIII battaglione di Fanteria, che era in riserva, con una compagnia.
La battaglia cessò al crepuscolo. La vetta settentrionale di SANT’ANGELO era nelle mani dei nostri reparti, che tuttavia erano completamente
mescolati, esangui e smisuratamente spossati dallo scontro.
In quel 17 maggio 1944, furono uccisi il comandante della 5a brigata di Vilna, colonnello Wincenty Kurek, il comandante del XIII battaglione,
tenente colonnello Wladyslaw Kaminski, il vice comandante del XIII battaglione, maggiore J. Zychon. ed il vice comandante del XVII battaglione di
Fanteria di Leopoli, capitano W. Kwiatowski.
Il comandante del XV Battaglione, tenente colonnello W. S., ed il comandante del XVIII battaglione di Leopoli, tenente colonnello L. D. furono
feriti.
Quando calò la notte tra il 17 e 18 maggio, un ordine del comandante del 2° Corpo impose di mantenere SANT’ANGELO, raccomandando di ritirare verso le
retrovie le forze che non fossero necessarie in prima linea, ma tenendole pronte al contrattacco.
Per la giornata del 18 maggio impose, dopo i preparativi dell’artiglieria, di operare con delle incursioni verso la QUOTA 575.
Per effetto delle perdite, del rimescolamento dei reparti in battaglia, dell’interruzione delle comunicazioni e dell’estrema prostrazione dei reparti,
l’esecuzione di tale ordine si protrasse così a lungo che ancora all’alba non poteva essere realizzato pienamente.
Andamento dell’attacco della 3a divisione dal mattino del 17 maggio alla mattinata del 18 maggio
Alle 7.30 del 17 maggio, la 2ª brigata incominciò le operazioni: il IV battaglione attaccò verso QUOTA 593, mentre il VI attaccava verso la GOLA e la MASSERIA ALBANETA.
IV battaglione Fucilieri
Alle 9.23 il battaglione eseguì il primo assalto verso QUOTA 593, ma non riuscì a causa del fuoco ravvicinato. Da quel momento, il comandante del battaglione ricondusse attacchi senza sosta; di volta in volta fece scattare in avanti compagnie avanzate, alimentandole in continuazione con forze fresche. Successi momentanei si concludevano però con il ritorno verso i declivi settentrionali di QUOTA 593 dopo il dissanguamento dei gruppi d’assalto avanzati.VI battaglione Fucilieri
L’attacco principale, agli ordini del comandante del VI battaglione, si svolse verso il fianco orientale di MASSERIA ALBANETA dai declivi
nord-occidentali di QUOTA 593.
Un attacco ausiliario agli ordini del maggiore P., con l’utilizzo di carri armati, colpì frontalmente in direzione della GOLA.
L’attacco principale, all’inizio, ebbe successo; soprattutto il gruppo di testa, che era riuscito a discendere dai versanti di QUOTA 593 verso
MASSERIA ALBANETA, si infilò tra i bunker tedeschi, ma fu colpito da ogni parte ed il grosso fu fermato. Conducendo una lotta ostinata, intorno
alle 13 il comandante del battaglione riuscì a risollevare gli uomini facendo irruzione tra i bunker tedeschi e distruggendone la parte più prossima
ai versanti di QUOTA 593. In questa situazione resistette il pomeriggio e la notte tra il 17 e 18 maggio.
Il gruppo del maggiore P. rimase impegnato tutto il giorno presso la bocca della GOLA. Singoli carri armati forzarono il passaggio e scesero in
basso, verso MASSERIA ALBANETA, riportando perdite in uomini e mezzi. Una battaglia accanita proseguì fino al crepuscolo. I genieri minatori che
collaboravano coi carri armati subirono pesanti e sanguinose perdite. Verso sera, la battaglia conobbe una pausa.
Il comandante del Corpo ordinò (Ordine speciale delle ore 21) di mantenere il territorio già posseduto e, per il giorno successivo, di portare a
termine l’azione su MASSERIA ALBANETA e di continuare a operare verso QUOTA 569 se non fosse stata conquistata nel corso della nottata.
Tale ordine, di lì a poco, fu completato con la notizia di una possibile ritirata dei tedeschi.
Il comandante della 3. DSK., contando sulla possibilità di una ritirata, ordinò delle sortite e la preparazione del grosso della 3a divisione per
inseguire il nemico nel caso si fosse allontanato. In particolare, gli interessava la presa notturna di MASSERIA ALBANETA, poiché questo avrebbe
garantito la possibilità di chiudere una delle vie di ritirata dei tedeschi dal MONASTERO.
Durante la notte si informò più volte circa l’esito delle sortite. Quando ricevette un rapporto sul fallimento del reparto d’assalto del IV
battaglione su QUOTA 593, ordinò un nuovo attacco per la mattina.
Dall’alba del 18 maggio, il IV battaglione rinnovò un attacco che gli permise, infine, di penetrare su QUOTA 593 e impossessarsi dei suoi versanti
meridionali. La battaglia durò fino alle ore 7, dopo di che il battaglione penetrò su Quota 569, che infine fu conquistata e ripulita fino alle ore 10.
Alle 7,30 il VI battaglione, sotto il fuoco proveniente da QUOTA 575 e QUOTA 505, nonché parzialmente ancora da SANT’ANGELO, fece irruzione
attaccando MASSERIA ALBANETA, passando alla difesa alle ore 8 e indirizzando delle pattuglie sui colli che dominavano la MASSERIA stessa.
Dalle 10 il gruppo d’inseguimento del tenente colonnello P., comandante del V battaglione, incominciò a ripulire dal nemico l’intero territorio
verso il MONASTERO incluso fino alle 14.
La pattuglia di fucilieri inviata dal V battaglione entrò in contatto con un reparto britannico alle 16 su G8320 (coordinata vicina a Santa
Scolastica, n.d.r.).
A causa delle difficoltà dell’avanzata del gruppo d’inseguimento lungo gli assi fondamentali dell’azione prevista per la II FASE d’attacco,
tuttora pieni di mine e di trappole, nonché di bunker tedeschi che si difendevano in modo ormai allentato, e da cui furono presi prigionieri
dei paracadutisti, il comandante della 3a divisione ordinò al comandante del 12° Reggimento di Ulani di Podolia di formare una massa d’urto dal
Reggimento e dalla compagnia di fucilieri a sua disposizione, che avrebbe preso il MONASTERO per la strada più breve, raggiungendolo da nord.
Quando gli Ulani giunsero al MONASTERO, alle 9.50, il capitano B., della 1a divisione Paracadutisti, si arrese immediatamente e chiese aiuto per
i suoi uomini feriti. A causa della mancanza di personale sul posto, la domanda fu subito girata al comando di divisione, il quale ordinò al capo
del Servizio Sanitario di organizzare il soccorso per i soldati tedeschi feriti, che fu attuato in breve tempo.
Uno stendardo innalzato dagli Ulani sostituì la bandiera dello stato polacco fino al momento del suo arrivo.
La battaglia per il settore d’attacco della 3ª divisione si concluse con l’occupazione del MONASTERO, mentre nel settore della 5ª divisione durava
ancora un duro combattimento per SANT’ANGELO.
18 maggio 1944
Quando sorse l’alba del 18 maggio, la parte settentrionale di SANT’ANGELO era nelle mani dei polacchi, ma quella meridionale, invece, era nelle
mani dei tedeschi.
Alle 10.45 il comandante dell’attacco ricevette l’ordine di impossessarsi definitivamente di SANT’ANGELO e di conquistare la QUOTA 575, di effettuare
una ricognizione verso VILLA S. LUCIA e di allacciare le comunicazioni coi reparti britannici operanti lungo la strada statale 6.
Alle 11.31 la fanteria iniziò l’azione preventivata dalla direzione di SANT’ANGELO verso Quota 575, che si rivelò tenuta molto saldamente dai
tedeschi, ma già alle 11.50 iniziò il contrattacco tedesco da direzione ovest verso SANT’ANGELO, mettendo in crisi il dispositivo.
I comandanti fecero appello al fuoco di sbarramento dell’artiglieria, e in seguito all’aviazione, con l’obiettivo di bombardare le truppe di
riserva in regione VILLA S. LUCIA.
Quando la battaglia si avvicinò al momento culminante verso sud nel settore della 5ª divisione, nel settore vicino alla 3ª divisione, sul MONASTERO
DI MONTE CASSINO erano già state issate le bandiere polacca e britannica.
Andamento dell'attacco della 5. DKP da mezzogiorno del 18 maggio al mattino del 19 maggio
L’aiuto richiesto da parte dell’artiglieria e dell’aviazione in fase di bombardamento si rivelò molto efficace. Tuttavia, a una parte delle truppe
di riserva tedesche riuscì a penetrare verso SANT’ANGELO, tanto più che tra i nostri battaglioni si fece sentire nuovamente la mancanza di
munizioni.
Contro i tedeschi combattevano ancora il XVII, una compagnia del XVIII, parti del XIII e XIV battaglione, il gruppo del maggiore S., nonché un mezzo
battaglione composto in modo irregolare da reparti della divisione.
La battaglia durò fino alle 17.45 contro ogni singolo bunker, dopo di che si videro i primi tedeschi che muovevano in ritirata.
Alle 19 SANT’ANGELO era stata definitivamente conquistata.
Subito si mossero pattuglie di ufficiali verso la strada nr. 6 attraverso SANT'ANGELO e il FOSSATO DEI MORTAI con lo scopo di stringere contatto coi
reparti britannici nella valle del Liri; essi raggiunsero la 12a Brigata della 4ª divisione britannica di Fanteria.
Alle 20.36 le nostre pattuglie fecero ingresso a VILLA S. LUCIA.
L’attacco di una parte del XV battaglione, che in mattinata si era portato verso QUOTA 575, fu respinto a mezzogiorno da parte del nemico con
un’accanita difesa.
Alle 7.10 del 19 maggio pattuglie del XV battaglione si incontrarono su QUOTA 575 con pattuglie della 3ª divisione. Gli uomini di entrambe le
divisioni del Corpo Polacco si strinsero la mano sull’obiettivo che era stato tenuto dai tedeschi per lunghissimo tempo, che rappresentava una
ridotta naturale nel sistema dei tre bastioni di difesa e costituiva un vero e proprio nodo gordiano nell’intrecciarsi delle difficoltà del
terreno.
Si ringrazia il dottor Gianguido Castagno.
Traduzione dal polacco del dott. Alessandro Ajres
Le fotografie sono tratte da:
Note
Cassino Memorial
Cassino War Cemetery
Fonte: Cyprus Veterans Association WWII.
Bibliografia
Sitografia
Cartografia
Appendici
Le perdite
Quanti furono i caduti, tra l’11 ed il 19 maggio 1944?
Per quanto riguarda le perdite del 2° Corpo Polacco vi sono diversi dati a disposizione.
Da un conteggio effettuato sull’elenco dei caduti sepolti nel cimitero militare polacco di Montecassino, in totale 1.052, pubblicato nel sito
www.cmentarzmontecassino.com.pl, si ottengono queste cifre, divise per giorno e per unità di appartenenza:
Caduti polacchi a Montecassino dal 11 al 19 maggio 1944
* Per altri si considerano i caduti appartenenti a reparti di artiglieria, genio, cavalleria, corazzati, gendarmeria o tratti dalle compagnie di stato maggiore del 2° Corpo e delle divisioni oltre a quei caduti dei quali non è stato appurato il reparto di appartenenza.
Il generale Anders, nel suo libro tradotto in italiano con il titolo "Un’Armata in esilio", riporta cifre maggiori, ma nell’elenco da lui redatto sono compresi i caduti negli attacchi a Piedimonte San Germano e Pizzo Corno dal 20 al 28 maggio 1944:
Più difficile ottenere delle cifre attendibili da parte tedesca, fino a quando un qualche "valoroso" ricercatore non si metterà ad esaminare le
liste dei caduti inumati nel cimitero militare tedesco di Caira.
L’unico dato disponibile, e attendibile, che si sia trovato è quello dell’8ª compagnia del II battaglione del 100° reggimento Gebirgsjaeger, già
riportato su questo sito. La compagnia, dall’11 al 19 maggio 1944, subì le seguenti perdite:
2° Corpo Polacco (11-19 maggio 1944)
Comandante: Gen. Wladyslaw Anders
Vice Comandante: Gen. Zygmunt Bohusz-Szyszko
Capo di Stato Maggiore: Col. Ludwik Zabrowjki
3ª divisione Fucilieri dei Carpazi
Comandante: Gen. Bronislaw Duch
5ª divisione di Fanteria “Kresowa”
Comandante: Generale Nikodem Sulik
2ª brigata corazzata
Gen. Bronislaw Rakowski
Breve guida alla toponomastica dei luoghi
Integrazione del 26/10/2011
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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