LA BATTAGLIA DI CASSINO IN PRESA DIRETTA
Sono ormai trascorsi 68 anni da quel tragico 1944 che pose Cassino al centro della storia italiana per i noti fatti d’arme che videro una
battuta d’arresto della Campagna d’Italia sull’allineamento fra le città di Ortona e Cassino: la linea Gustav.
Da allora ad oggi si è detto di tutto e nulla di nuovo, credo, ci sia da aggiungere nel raccontare quei sette mesi che videro il fronte fermarsi
qui a Cassino. Ritengo necessario non dimenticare quanto accaduto e in particolar modo alcuni episodi “minori” che hanno contribuito, anch’essi,
a scriverne la storia. Ho cercato di dare una nuova chiave di lettura a quegli avvenimenti basandomi sulle parole, sulle descrizioni, sulle
sensazioni dei reduci che vissero in “presa diretta” quella tragica esperienza e che la descrissero in lettere e racconti utilizzati da Walter
Nardini nel suo libro, “Cassino, fino all’ultimo uomo”. Sono, pertanto, di seguito riportate due lettere indirizzate a Nardini da Hermann Völck,
paracadutista tedesco, che combatté su quota 593 e che, dopo la guerra, decise di prendere i voti.
Nel suo narrare Völck cita il suo comandante di allora, Ten. Col. Reinhard Egger, comandante del 4° Reggimento Paracadutisti, ed esprime alcuni
commenti personali. A tal proposito è riportata la traduzione di un rapporto con cui l’Intelligence britannica descriveva Egger a seguito di un
interrogatorio dopo averlo fatto prigioniero. Anche questo documento fa parte della documentazione raccolta da Walter Nardini per il suo libro.
Prima di procedere alla pubblicazione delle traduzioni del citato materiale nonché delle copie originali ritengo doveroso fare alcune precisazioni
e ringraziamenti.
Desidero sottolineare che il presente articolo ha lo scopo di divulgare integralmente alcuni documenti e lettere, la cui valutazione d’importanza è
rimessa al lettore e pertanto tale articolo verrà pubblicato in contemporanea sul Bollettino del CDSC–STUDI CASSINATI, sul sito
www.dalvolturnoacassino.it (questo sito, n.d.r.) e sul sito www.historiamilitaria.it.
Nelle documentazioni riportate potrebbero emergere delle imprecisioni temporali o una non corretta attribuzione di nomi a luoghi o persone; ho
preferito lasciarle così come riportate dagli autori degli scritti.
Infine desidero ringraziare il dott. Walter Nardini per la disponibilità e il supporto fornito, donandomi il suo archivio, ricco di testimonianze
inedite, che spero di rendere fruibili a tutti nel corso del tempo, nonché la dott.sa Laura Bianchetti per le traduzioni dal tedesco all’italiano e
il dott. Riccardo Fusco per le traduzioni dall’inglese all’italiano.
Lettere di Hermann Völck
Datate 12 luglio 1972 e 2 agosto 1972, Hermann Völck, scrive a Nardini raccontando alcuni episodi dei suoi trascorsi militari a Cassino, citando il suo comandante di allora, Ten. Col. Reinhard Egger, comandante del 4° Reggimento Paracadutisti, e descrivendo alcuni eventi da lui vissuti. Nel suo narrare, come già evidenziato, vengono commesse delle imprecisioni, quale l’attribuzione del nome "Reinhold" anziché "Reinhard" al suo comandante, che ho preferito lasciare invariate. Lo stesso suo cognome viene scritto in due modi diversi. Parti di queste lettere sono state riportate da Nardini nel suo libro nelle pagine in cui descrive il bombardamento del Monastero (Cap. II – pag. 123).
***
Padre Hermann Vöelck - Maxhof 12 luglio 1972
Gentile Dott. Walter Nardini,
La ringrazio per Le sue cordiali parole. Mi ha fatto piacere ricevere i Suoi saluti da Milano.
Ora vorrei subito rispondere ad alcune domande riguardanti il nostro Colonnello Reinhold EGGER:
Ora Le invio i miei più calorosi saluti, dalla Germania fino a Milano!
Le auguro ogni bene e la benedizione di Dio affinché il suo lavoro porti dei buoni frutti!
* * *
Padre Hermann Völck - Maxhof, 02.08.72
Caro Dott. Walter Nardini,
Vorrei rispondere immediatamente alle sue domande del 26 luglio 1972:
Lei mi chiede del 18 febbraio 1944.
A questo proposito devo innanzitutto sottolineare che una parte del 4° Reggimento Paracadutisti si trovava già su Monte Cassino, mentre un’altra
parte era in marcia verso questa nuova zona di combattimento.
Il 4° Rgt. sostituì il 1° FJ-Rgt. sul fronte in cima alla montagna; le unità dovettero raggiungere la zona di combattimento in piccoli gruppi,
perché l’artiglieria americana e l’artiglieria dei carri armati inglesi tenevano l’intera zona di dispiegamento sotto tiro. Nel corso della
giornata del 19 febbraio 1944 tutte le quote intorno a Monte Cassino caddero nelle nostre mani. Ad ogni modo, in base ai miei ricordi, consolidammo
la nostra posizione sul Monte Calvario (593) già il mattino del 19 febbraio 1944 (o meglio, tentammo di consolidare, a causa del terreno roccioso).
Se il Tenente Colonnello Egger R. raccontò che gli indiani erano stati respinti dell’area dell’Abbazia il 18 febbraio, verso le 04.00 – 04.30 circa,
credo si sia trattato di quelle truppe che avevano tentato ripetutamente di penetrare nella nostra posizione di notte, ma che fin dalle prime notti
erano state sempre respinte. Pertanto, dopo alcuni giorni gli indiani abbandonarono qualsiasi tentativo di penetrare nella nostra posizione.
Dopo alcune settimane, l’atmosfera negli accampamenti sul Monte Calvario divenne talmente tranquilla che una volta venne addirittura disputata
una gara di canto tra i due fronti. (si intende una gara di canto fra i diversi reparti di paracadutisti tedeschi schierati) Purtroppo poi
l’artiglieria Alleata ci disturbò parecchio.
L’Abbazia divenne ufficialmente parte della nostra area di combattimento solamente a partire dal 20 febbraio 1944.
Io so solamente che probabilmente le truppe indiane stavano cercando di impossessarsi dell’Abbazia e proprio per questo scopo si erano infiltrate
ripetutamente tra la città di Cassino e il monte omonimo, tuttavia sempre senza successo. Ad ogni modo, nella mia zona di combattimento
(vedere schizzi) (2° Btl/4° FJ- Rgt.) le cose si svolsero come descritte sopra.
Purtroppo non sono in grado di fornire ulteriori informazioni.
I miei migliori auguri e cordiali saluti dalla Germania!
* * *
Resconto dell'Intelligence britannica sull'interrogatorio di Reinhard Egger
Quanto di seguito riportato fornisce informazioni sul Ten. Col. Egger Reinhard, sul suo pensiero e sui suoi trascorsi militari e non. Ritengo che la seguente traduzione sia un insieme di informazioni raccolte durante un interrogatorio di Egger e che le stesse siano state riportate al termine dello stesso, unitamente ai pareri di chi aveva redatto il documento. Analogamente alla precedente documentazione, parti del documento sono state riportate da Nardini nel suo libro. (Cap. II – pag. 123).
Note Biografiche
Note biografiche tratte da: http://www.enotes.com/topic/Reinhard_Egger
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Appendice “B” punto 13. Rapporto n. 450 dell’Intelligence Corps
Il Ten. Col. Egger (Reinhard) è un eccentrico Austriaco di considerevole vitalità e decisione, e di incredibile candore. Soldato professionista
con 13 anni di servizio, il colonnello ha, per sua stessa ammissione, visto in faccia la morte molte volte ma appare, nonostante queste esperienze,
alquanto più giovane dei suoi 38 anni. Ciò è parzialmente dovuto alle sue eccellenti condizioni fisiche; è stato giocatore internazionale di hockey
per la Germania e un eccellente sciatore e sky-jumper. Ha anche praticato Box a livello amatoriale, come ha confidato alla sua scorta, quando questi
dubitarono sull’esito positivo di una fuga. Nonostante il suo forte orgoglio regionale per la terra Tirolese da dove proviene (nei pressi di
Klagenfurt), si considera per prima cosa un tedesco ed il suo orgoglio per la razza tedesca si basa sulle solite fandonie che circolano nel Reich,
seppure il colonnello non sia membro del partito. Come persona è estremamente pieno di se e risoluto, e (ciò) può essere notato in ogni occasione in
cui ci si riferisce alla sua amata 1^ Divisione Paracadutisti e le occasioni in cui ha combattuto. “Noi Paracadutisti siamo l’elite”. Per un
equilibrato e affidabile soldato la sua stabilità emotiva sembra al quanto adolescenziale. Mentre usciva per il suo primo pasto all’aperto, dopo
10 giorni, durante i quali le sue conversazioni si erano limitate alle azioni dei Paracadutisti a Cassino, improvvisamente si fermò ed
esclamò: “Accidenti, che disgrazia essere qui. Cosa penserà Heidrich quando saprà ciò?” poi più drammaticamente: “Devo tornare alla mia unità”.
Accese, poi, una sigaretta e salì in macchina. Tenuto conto dell’incrollabile convinzione di Egger che la Germania vincerà la guerra, ed il suo
totale assorbimento in questioni militari, è interessante notare che intende diventare uno scultore professionista dopo la guerra. Sulla scena
futura dell’arte ritiene ci sia poco spazio per i pittori austriaci, se non come imbianchini.
Il 30 luglio, due notti dopo la divertente e beona festa di compleanno per il Generale di Divisione Heidrich (alquanto interrotta da noi), il
colonnello Egger, avendo lasciato la sua auto ed autista in dietro, stava camminando in un bosco nella zona di Pontassieve in cerca del comando del
colonnello Heilmann (3° Reggimento Paracadutisti), la Divisione Paracadutisti era stata appena rilevata dal fronte. Improvvisamente sei partigiani
italiani sono apparsi come dal nulla e lo hanno trascinato via verso il loro comando dove è stato perquisito da un ufficiale comandante dei
partigiani, un Inglese, e avvisato che sarebbe stato tenuto in ostaggio e non sarebbe stato fucilato. Per compagnia avrebbe avuto altri due
tedeschi, un soldato di fanteria ed un lavoratore dell’Organizzazione Todt. Dal 30 luglio al 7 agosto questo piccolo gruppo ha girovagato fra
le montagne di Prato Magno, mangiando quello che trovavano in giro, con una dieta interamente a base di frutta per quanto concerne i prigionieri.
La notte fra il 7 l’ 8 agosto, approfittando della confusione causata da un carro Alleato nelle vicinanze, Egger si è dileguato e da allora fino al
10 agosto ha girovagato cercando le sue linee. Il destino non gli ha sorriso ed è stato catturato dal 3WG in una poco dignitosa posizione sotto un
albero da frutto a poche centinaia di yarde dalla sua meta.
Nato a Kernten in Austria, nel 1906, Egger fino all’età di 25 anni, ha studiato in varie scuole e tra il 1931 e 1932 ha trascorso due anni in
Norvegia studiando la scultura in vista di una carriera artistica. Tuttavia, nel 1932 fu accolto quale ufficiale nell’Esercito Austriaco prestando
servizio nel 1° Battaglione Hochgebirgsjager , un’unità da montagna d’elite e dove ha rappresentato l’Austria sia sugli sci che sui pattini. Dopo
l’annessione è rimasto nell’esercito Tedesco quale Tenente, prestando servizio nella 4^ Divisione da Montagna durante la campagna di Polonia, dove
si guadagnò la Croce di Ferro di Prima e Seconda Classe. Dopo un ruolo di poco rilievo nella Battaglia per la Francia, insieme ad un suo camerata,
Tenente Heilmann, si offrì volontario per prestare servizio nei paracadutisti e dopo il corso furono entrambi assegnati al 1° Reggimento
Paracadutisti, che nel maggio 1941 fece il suo primo lancio su Creta. Qui Egger si distinse nei feroci combattimenti che costarono (la vita a)
tanti suoi compagni e per i suoi exploit, qui e sul fronte Russo, dove trascorse dal 1941 al 1942, fu insignito della Croce d’Oro Tedesca. Il suo
secondo ed ultimo lancio al fronte fu in Sicilia nel 1943, quale Capitano e Comandante di Battaglione e dall’Aprile (successivo), come Tenente
Colonnello (sarebbe divenuto il) Comandante del 4° Reggimento Paracadutisti. Dal 1940 è stato lievemente ferito 7 volte ed ha avuto la malaria per
altre 4, ma dopo le battaglie di Ortona e Cassino esaurì la sua dose di fortuna. Per il successo del suo compito nella difesa del Colle del
Monastero fu insignito delle Fronde di Quercia oltre alla Croce di Cavaliere guadagnata in Sicilia.
Le opinioni del Prigioniero di Guerra sulle truppe Alleate sono interessanti, anche se non sorprendono. Le truppe britanniche erano considerate
eccellenti, ma si meravigliava verso la loro carenza di iniziativa dimostrata nello sfruttare i successi ottenuti. Questa era (anche) una critica
generale verso i soldati Alleati. Parimenti reputava i Neozelandesi ed i Canadesi, ponendo un’enfasi sulle loro capacità di attacco più che
difensive: gli Indiani mostrano grande impeto nell’attacco ma spesso si fanno prendere dal panico quando si confrontano con situazioni inattese,
e non li reputava all’altezza del Goumiers Marocchini, per i quali mostrava un evidente riluttante rispetto. Come tutti i prigionieri di guerra
tedeschi, sosteneva che la nostra immensa superiorità di mezzi e materiali fosse stata la chiave dei nostri successi e sosteneva che ciò non fosse
davvero giusto, niente è giusto in Guerra (kein richtiger Kampf). Dopo aver ammesso che il traffico non poteva circolare di giorno per via della
nostra attività aerea, disse che ciò era una cosa buona perché così si usava meno benzina, e comunque avevano meno perdite dai bombardamenti
notturni. In seguito ha detto che una volta la Luftwaffe aveva bombardato il suo reggimento a Roccasecca, uccidendo 6 (soldati) e ferendone 19 e
da allora non aveva visto più un aereo tedesco.
La superiorità delle armi individuali tedesche non richiedeva commenti tranne che l’alto volume di fuoco dell’MG che era abusato dalle truppe in
verde (si riferisce ai paracadutisti tedeschi meglio noti come Diavoli Verdi) che usavano troppe munizioni. Il miglior fucile era, secondo lui, il
fucile automatico dei Paracadutisti, dei quali non ve né erano abbastanza per la Divisione. Questo fucile era leggero e preciso e poteva sostenere
il più duro degli usi. Per via della nota carenza di cannoni anti-carro molto affidamento era stato riposto sulle armi per il combattimento
ravvicinato, e di queste, le migliori erano i “Faust-patronen”, (dovrebbe riferirsi ai proiettili di Panzerfaust, arma contro carro a corta gitta)
nonostante il loro corto raggio d’azione. Aveva personalmente decorato il Tenente Bohlein del suo Reggimento con la Croce di Cavaliere, per aver
distrutto 6 carri Sherman con la sua arma. Il Bazooka (Ofenrohr) era universalmente odiato visto che svelava (ne evidenziava la posizione) il
tiratore al primo colpo. Per questo motivo furono richieste cariche ad alto potenziale, ma si scoprì che non ve né erano a sufficienza neanche per
distruggere i ponti della zona. Il Colonnello ammetteva liberamente che questa era l’unica seria carenza, oltre ai pezzi di ricambio per i carri
Tigre. Le mine “S” non vennero più usate dalla Divisione per via dell’alto numero di incidenti che comportavano, ma in altre Divisioni ciò era
apparentemente una scelta dei Generali Comandanti. Per quanto riguarda i mezzi corazzati, sembrava convinto che i modelli Tedeschi fossero
universalmente superiori e citava la capacità di penetrazione del Hornet (8.8 cm sul Mk II/IV) per essere sufficiente a distruggere un carro
Churchill a 2400 metri. Comunque l’Italia si era dimostrata non adatta all’impiego del Hornet per via del terreno sconnesso. Interrogato
sull’efficienza delle “Armi di Vendetta” (si riferisce ai V1 e V2, chiamati in tedesco Vergel Tunds Waffen) il prigioniero rise e si disse sicuro
che non ammontavano a granché. La sua fiducia nel futuro si basava sulla fede che riponeva nello spirito del soldato Tedesco, e non nelle fantasie
della stampa. Ammetteva liberamente la superiorità della nostra artiglieria ma lo giustificava sottolineando la nostra abbondanza di munizioni. La
sua ammirazione per la Jeep (FL e TE) sembra abbastanza comprensibile e si vantava di averne 6 al suo comando, ma generalmente i veicoli Tedeschi
erano di gran lunga superiori. Era abbastanza tipico che sottolineasse ogni complimento con uno antitetico, indubbiamente per la sua soddisfazione
personale. In rapporto alla movimentazione del materiale, casualmente disse che i Genieri Tedeschi avevano costruito diversi ponti sul Po sfruttando
delle chiatte che si posizionavano 20-28 (cm) sotto il livello dell’acqua in modo che potessero tollerare carichi normali. Lo scopo di ciò era
apparentemente l’occultamento aereo, un metodo precedentemente usato in Russia.
Il prigioniero ha comandato il suo reggimento a Cassino durante i combattimenti ivi tenuti. Al momento del primo bombardamento vi erano solo civili
nel Monastero, ma in seguito a questo egli ha trasferito il suo comando nel Monte (presumibilmente Monastero), dove rimase. Se non fosse stato per
i bombardamenti aerei che avevano reso impraticabile il terreno per il passaggio dei carri, lui era sicuro che la storia sarebbe andata diversamente.
Sosteneva che non vi erano più di 500 paracadutisti dalla città al Monastero. Lui stesso ha condotto l’attacco contro i Gurkha che avevano penetrato
le postazioni creando una situazione critica. Le perdite tra i paracadutisti furono incredibilmente basse secondo lui, e fu solo il collasso della
Linea Hitler che portò all’evacuazione della città.
Si può ritenere interessante ma non significativo che il prigioniero era amico del Conte von Stauffenberg, del cui recente attentato contro Hitler
ha denunciato come: “tradimento del giuramento militare”. Egli ha negato enfaticamente ogni simpatia con qualsivoglia codardia “Schweinerei” e ha
detto che come soldato Tedesco combatterebbe fino alla fine. Quando gli fu mostrata la situazione che la sua Madre Patria stava affrontando in quei
giorni, divenne molto serio ed affermò che era davvero una situazione critica. Il sacro suolo della Germania, disse, non conoscerà mai invasori.
Ha ampliato questa alquanto mistica affermazione aggiungendo che la Germania vincerà perché deve vincere. Per lui non vi era una fede alternativa.
Alla fine ha prodotto un’argomentazione a supporto di ciò: lo spirito del soldato Tedesco. Dopo aver reiterato questo punto, il suo grammofono si
scaricò e tornò alle falsità Bolsceviche che ha dissotterrato con Teutonica accuratezza. Da questo punto ha proseguito con il descrivere quanto bene
fossero trattati gli ufficiali inglesi prigionieri dei Paracadutisti. Un racconto interrotto solo dal suo discorso di benvenuto finale fra le braccia
accoglienti del 10° Corpo.
Archivi Nazionali, Londra
Le opinioni espresse sono interamente quelle del Ten. Col. Egger
Firmato
Bibliografia
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