IL GENERALE BAADE
È più che comprensibile che i miei rapporti con il comandante della 90a divisione granatieri corazzati, generale Baade, fossero improntati a una particolare cordialità. Il contributo del generale e della sua divisione era valso ad allontanare per ben due volte la disfatta durante la prima battaglia di Cassino. Baade comandava uno squadrone del 3° reggimento di cavalleria, ai miei ordini fino all'inizio della guerra. Ricordo ancora la maniera in cui, quando assunsi il comando del reggimento, iniziò il suo dire nel corso di un colloquio che mi aveva chiesto per parlarmi della sua carriera:
Ritengo di essere fra tutti gli ufficiali dell'esercito quello che ha le peggiori note caratteristiche.
Probabilmente aveva una mezza intenzione di dimettersi dal servizio attivo e voleva il mio parere in proposito. Era figlio di un proprietario terriero del Brandeburgo e per di più aveva sposato una donna ricca, per cui non aveva preoccupazioni di carattere finanziario. Lui e la moglie, entrambi abili cavallerizzi specializzati nel salto, godevano larga fama anche all'estero. In quell'occasione mi astenni dal prendere una decisione immediata, ma dopo aver ispezionato « a fondo » il suo squadrone gli consigliai di restare in servizio. Il reparto portava la sua impronta, i suoi soldati erano eccezionalmente ben affiatati e manifestavano uno spirito di disciplina naturale, non vincolato da troppi formalismi. Ora anche la 90a divisione granatieri corazzati presentava le stesse caratteristiche. Tutte le volte che la passavo in rivista, rimpiangevo di non comandare più la mia vecchia 17a divisione corazzata.
Chi riveste una carica superiore a quella di comandante di divisione non può naturalmente
pretendere di plasmare un gran numero di dipendenti con l'aiuto del proprio esempio. Molti
comandanti di corpo avrebbero indubbiamente disapprovato Baade, si sarebbero messi in urto con
lui. Baade era un tipo originale. Lo lasciavo fare perchè sapevo che una parte del suo ascendente
sulla truppa era dovuta proprio a quest'originalità. Baade era protagonista di innumerevoli aneddoti.
Così in Africa gli capitò una volta di penetrare con il suo reggimento nello schieramento inglese.
Al ritorno si prese come pilota attraverso i campi minati dell'avversario un ufficiale inglese
prigioniero. Superato il campo minato, Baade volle esprimere la sua gratitudine all'inglese e lo
rimandò libero al suo reparto.
In Sicilia era prima del mio arrivo una specie di comandante alle dipendenze del generale tedesco
a Roma. Sapeva che la ritirata era inevitabile e aveva predisposto l'itinerario di ripiegamento
verso I'Italia continentale, sia quello aereo sia quello terrestre-navale, predisponendo una serie
di piccoli depositi ben occultati nei quali i soldati in ritirata avrebbero trovato, simili
a esploratori dell'Artico, vettovaglie e una bottiglia di cognac. Era un perfetto organizzatore
che prevedeva tutte le eventualità.
Alla vigilia del Capodanno del 1944 venni improvvisamente chiamato al telefono dal comando supremo. Un ufficiale mi domandò con voce concitata se era vero che Baade aveva accettato per la sera di Natale un invito a cena dell'avversario. Naturalmente non era vero. In compenso aveva scambiato gli auguri di Capodanno via radio con i suoi avversari della campagna d'Africa. Inoltre aveva l'abitudine,
dopo essersi spinto con la propria macchina per un bel pezzo nella terra di nessuno, di mandare all'avversario, prima di iniziare il viaggio di ritorno, un radio messaggio dal seguente contenuto:Stop firing, on my way back. Baade.
Qualche volta gli davano retta.
Baade usava indossare sopra i pantaloni alla cavallerizza d'ordinanza un gonnellino scozzese color cachi. In luogo della grande borsa di cuoio, come la portano gli scozzesi, gli pendeva davanti un pistolone appeso per una catena al collo. Di solito si tratteneva presso gli avamposti dov'era difficilmente raggiungibile. Una volta attraversai un violento fuoco di sbarramento per incontrarmi con lui nella linea avanzata. Là mi dissero che era ancora più avanti, presso gli avamposti. Va da se che andai a scovarlo ugualmente.
***
Durante la prima battaglia di Cassino, Baade aveva il suo comando tattico sulla via Casilina, tra
Piedimonte San Germano e Cassino, dove lo andai spesso a trovare.
Il suo « comando » consisteva in un ricovero cilindrico rivestito di cemento, con due brandine, di quelli che, coperti di terriccio,
venivano inseriti nelle linee fortificate. Prima di abbandonare i posti di combattimento avanzati
usava seppellire una bottiglia con un pezzo di carta sul quale erano indicati il suo nome, quello
dell'ufficiale d'ordinanza e quello del cane, nonché la data della battaglia. Il messaggio era
destinato ai posteri.
Dal suo comando tattico avanzato, Baade e io assistemmo al bombardamento dell'abbazia. Entrambi ci
domandavamo che cosa ci aspettava dopo questo terribile spettacolo. Improvvisamente mi resi conto
che avrei dovuto trovarmi al mio comando tattico, non presso quello avanzato di Baade. Per il momento,
tuttavia, eravamo ancora collegati con il suo quartier generale divisionale, sistemato in alcune
buche poco lontano da Piedimonte San Germano. Io avevo la speranza di farmi un'idea precisa delle
intenzioni dell'avversario prima di ritornare, e di portare con me i primi resoconti autentici
sull'attacco scatenato contro la 90a divisione granatieri corazzati. Ma la pausa del
combattimento pareva prolungarsi. La distruzione dell'abbazia pareva priva di un significato tattico.
Restava cosi solo la dolorosa constatazione che il nostro tentativo di conservare integra l'abbazia
nel bel mezzo del campo di battaglia era fallito. La veneranda casa madre dei benedettini, simbolo
di tutti gli ordini religiosi occidentali, era un cumulo di macerie. Tutti i tentativi compiuti dal
corpo neozelandese, partito dalle posizioni a nord-ovest dell'altura, di conquistare i resti dell'abbazia
fallirono nuovamente grazie alla valorosa e sanguinosa resistenza della 90a divisione granatieri
corazzati.
Nel bollettino del 3° reggimento di cavalleria, che a quell'epoca continuavamo ancora a pubblicare per conservare le tradizioni del corpo, volli perpetuare il ricordo delle gesta di Baade:
Il prolungamento della guerra mette vieppiù in rilievo i condottieri animati da particolari virtù
guerriere. Il vero campione si rivela solo nella lotta prolungata, non priva di rovesci. Come sono
fatti i condottieri che emergono ora, nel quinto anno di guerra, uomini come colui che è stato proprio
ora insignito delle fronde di quercia sulla Croce di Ferro? Nel giro di pochi giorni di lotta riesce
con il suo ascendente a rimettere in piedi divisioni per metà distrutte, a infondere nuova vita in
esse, a riordinarle, a moltiplicarne la capacità di resistenza con il solo fatto di essere alla loro
testa. Da lui si sprigiona un magico torrente di fiducia. Nell'infuriare della battaglia lo vediamo
nella sua buca, con il terreno intorno che ribolle per le esplosioni, lo sguardo fisso sulla vetta
di Montecassino tanto aspramente contesa.
Ai suoi piedi, in un pozzetto, arde un ceppo che dona un po' di calore. L'acqua gorgoglia nella piccola
e ammaccata teiera di rame, compagna indispensabile di tante campagne e battaglie.
Molti si domandano come faccia a dirigere da un punto cosi avanzato e privo del suo stato maggiore
grosse formazioni di truppe. È proprio cosi che si manifesta la sua personalità: qui è tra i suoi
combattenti ai quali affida personalmente gli incarichi, da qui, nei momenti di crisi, incita i comandi
dei battaglioni a raggiungere la linea avanzata. Da qui, soprattutto, vede ogni cosa e può dirigere
come un artista la sinfonia della battaglia.
Da vero capo domina la materia. Lo assiste l'esperienza di comandante che sempre è stato in primissima
linea su tutti i teatri di guerra. Cosi ha guidato i suoi uomini in Polonia, in Francia, in Russia,
in Africa, nello stretto di Messina. Con pronto intuito ha saputo individuare, trascurando i particolari
senza importanza, i problemi che contano, per risolverli con cura. Da questa buca regola l'afflusso
delle munizioni, la cooperazione delle armi, dirige l'attività dell'artiglieria. Gli basta qualche
pedina nel gioco della battaglia: un pezzo semovente, una squadra d'assalto, il rafforzamento di
una postazione isolata. Dal mosaico cosi composto scaturisce il successo.
Plasmato nella vecchia scuola della cavalleria, conosce la legge del movimento. Non vi sono fasi
della battaglia che si assomigliano. Con la sicurezza dello storiografo formula le frasi con le
quali descrive giornalmente la situazione. Dal quadro mutevole della lotta scaturisce sempre una
decisione sicura che egli non traduce in schematici ordini scritti. Il carattere lapidario dei
suoi ordini risale all'epoca in cui il comandante dirigeva la battaglia stando in sella ed era sempre
in movimento.
Chi ha addestrato molti cavalli conosce anche la teoria dell'economia delle forze, valida per gli
uomini come per i cavalli. Nei casi in cui un comandante qualunque tapperebbe le falle con riserve
logore, Baade preferisce correre tutti i rischi e ritira dalla linea di combattimento gli elementi
che dopo un breve riposo diventeranno nelle sue mani nuovamente vigorosi reparti d'assalto, pronti
a entrare in azione. Cosi ha vinto la prima battaglia di Cassino. Anche nei propri confronti, egli
applica il principio del ricuperò delle forze. Esperto lottatore, sa quanto è importante il riposo
tra un round e l'altro. Dopo settimane trascorse in una buca gli bastano pochi giorni in albergo,
in un alloggio confortevole, per ritemprarsi. Ma ne può fare anche a meno. In Russia lo abbiamo visto
qualche volta seduto accanto alla stufa nella catapecchia di un contadino, intento a leggere Aristotele
o Seneca. Tra una battaglia e l'altra ha scritto delle poesie che ha raccolto in un volumetto, distribuito
poi in omaggio agli amici. Gli piacciono le cose belle, gli abiti sportivi, le buone armi, le selle curate,
i cavalli ben addestrati. Chi del nostro reggimento non ricorda i suoi splendidi cavalli? Vi sono
anche altre risorse intime dalle quali i condottieri come lui traggono vigore e imperturbabilità.
Quando in guerra riesce a tenersi lontano da ogni bassezza, quando non viene mai meno all'etica
guerriera con atti di violenza anche minimi nei confronti degli indifesi, allora questo saldo atteggiamento
scaturisce dalla fede in principi immortali.
Baade rimase ferito nell'ultimo giorno di guerra, poco prima di raggiungere casa sua nello Holstein, nel corso di un attacco aereo. Morì poco dopo, in conseguenza delle ferite riportate.
Frido von Senger und Etterlin - COMBATTERE SENZA PAURA E SENZA SPERANZA, Longanesi Ed. - Milano, 1960 - pagg. 356 - 362 .
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