TUTTO RICOMINCIO' A MONTE LUNGO
La testimonianza di un veterano
Introduzione
(60 anni dopo)
L’allora Allievo Ufficiale di Complemento (A.U.C.) Federico Marzollo, classe 1921, bersagliere del 51° battaglione bersaglieri Allievi Ufficiali,
comandante di squadra controcarri del 3° plotone, 2ª compagnia, ha combattuto a Monte Lungo e ricorda nitidamente quei fatti.
Alle 6,05 dell’8 dicembre 1943, tra la fitta nebbia, superando il fango e le insidie dell’infido torrente Peccia, mosse all’attacco del ripido monte,
partecipando a tutte le dolorose fasi dei combattimenti.
Quasi tutti i suoi Ufficiali e molti dei suoi compagni sono caduti nell’impeto dei primi balzi.
Dopo il primo giorno di lotta, sentì la mortificazione del ritorno alla base di partenza addolorato, avvilito, ma non intimamente battuto, come
dimostrò nei combattimenti successivi. Lo attanagliava anche la rabbia di aver perduto la propria arma, perchè resa inutilizzabile da una granata.
Oggi conserva intatta la passione di quell’ora storica, con la fierezza di aver fatto parte di quell’eroico nucleo di ardimentosi che ha suggellato sacralizzato, con il valore e con il sangue, il riscatto dell’Esercito Italiano.
I pochi superstiti del suo battaglione, cementati da un vincolo perenne, conservano e vivono la memoria di quelle ore, nel ricordo dei commilitoni
Caduti.
Tant’è che quando gli abbiamo chiesto una personale testimonianza, egli ci ha consegnato un memoriale inedito.
Non è il proprio, bensì di un suo caro amico e commilitone, un eroe di quei combattimenti, l’A.U.C. Lamberto Pagni di Brescia, che appartenne anch’egli
al 51° battaglione.
Lo scritto – che si propone nella versione originale – è semplice nella stesura, ma è dotato di una tale forza espressiva che, per verismo e
drammaticità, si pone come emozionante espressione di riconoscenza per i primi Caduti del risorto Esercito Italiano.
Lamberto Pagni racconta .
Sono un reduce del fatto d’arme svoltosi a Monte Lungo, nei pressi di Cassino, l’8 dicembre 1943.
I duri combattimenti avvenuti oltre 60 anni fa segnarono la rinascita dell’Esercito Italiano. Rendo omaggio alla memoria dei compagni d’arme che, in
quella fredda giornata invernale, s’immolarono per la libertà d’Italia, combattendo per la prima volta a fianco degli Alleati.
La sera del 6 dicembre 1943, il 51° battaglione bersaglieri Allievi Ufficiali fu portato in linea a pochi chilometri da Cassino, insieme al I°
Raggruppamento Motorizzato Italiano.
Il morale di noi allievi era alto, il desiderio di avvicinarci maggiormente a Roma era incontenibile.
Sentivamo in noi, oltre al peso della nostra tradizione di bersaglieri, la responsabilità di dimostrare ai nostri cobelligeranti l’essenza militare del
soldato italiano. L’entusiasmo salì alle stelle nei nostri animi quando, la notte tra il 6 e il 7 dicembre 1943, arrivarono su di noi le prime granate.
Il tempo era umido, a tratti pioveva e il fango si era già impossessato delle strade. Il giorno 7 lo passammo sotto la pioggia, in attesa dell’attacco
che sentivamo vicino. Infatti la sera stessa, alle ore 23, la 2ª compagnia che era stata scelta per l’azione ebbe ordine di portarsi sulle posizioni di attacco.
Ci caricammo delle nostre armi, dell’equipaggiamento personale e iniziammo la nostra breve marcia. Percorremmo così una mulattiera parallela alla via
Casilina e alla ferrovia, che era interrotta da tronchi d’alberi abbattuti dall’artiglieria.
Nell’aria scura, sopra le nostre teste il sibilo lacerante delle granate, giungemmo a un piccolo fiume che immaginammo essere il Peccia.
La luna riapparve tra densi nuvoloni, illuminando le ombre silenziose di noi allievi che attraversavamo la corrente del fiume sopra dei tronchi gettati
tra le secche del fiume medesimo.
Rimanemmo appiattiti a ridosso di una collinetta ricoperta di giovani castagni. Scavammo per qualche tempo delle postazioni.
Per qualche ora tutto tacque.
I nostri animi erano tesi nell’aspettativa dell’ordine di combattere. In quei momenti, il pensiero volò ai nostri cari lontani, i quali erano
inconsapevoli che in quel momento i loro figli stavano per combattere e, molti di loro, per morire.
L’alba dell’8 dicembre era più triste e grigia del solito quando improvvisamente, alle 6:30, il fuoco dell’artiglieria alleata moltiplicò i suoi colpi,
finchè raggiunse una intensità fantastica.
I colpi dei mortai tedeschi rispondevano con fitte serie di bombe. L’aria era piena di sibili e di esplosioni.
Noi eravamo pronti ad avanzare e, all’ordine, saltammo fuori dai ripari e ci lanciammo in avanti. Erano scomparsi timori e paure.
La pattuglia mandata in avanti riferì che il terreno era libero. Una bassa e fitta nebbia lo copriva e qualche goccia di pioggia rendeva tutto più che
mai umido e fangoso.
La pattuglia confermò che tutto era sgombro.
Ecco, però, che appena il primo fucile mitragliatore uscì fuori dal boschetto dove avevamo passato la notte, le postazioni tedesche nascoste tra le
rocce, a noi ormai vicinissime, scatenarono su di noi il fuoco micidiale delle loro armi automatiche.
In pochi minuti, 80 uomini erano fuori combattimento.
I portaferiti della compagnia erano solo due, tuttavia oltre il tamburellare rapido delle armi tedesche e delle nostre, che sparavano nella nebbia, non
un lamento, non un urlo provenne da parte dei feriti.
Loro sapevano di non dover rivelare la posizione dei compagni ancora incolumi.
Le raffiche che prima provenivano solo dal davanti, cominciarono lentamente a pioverci addosso di fianco e da dietro le spalle. Gli esili tronchi dei
giovani castagni si scheggiavano continuamente, colpiti anch’essi dalle raffiche in arrivo che seminavano, con ritmo sempre crescente, il vuoto nelle
nostre file.
Tra i primi a cadere fosti Tu, Buonaccorsi amico mio, che superando la crisi del crollo della fede che Ti aveva animato fino ad allora e
ricordandoti di dover dare tutto alla Patria, cadesti mentre raggiungevi volontariamente la tua pattuglia.
E Tu, caro Canali, colpito all’inizio e poi ancora una volta, cadesti con l’arma spaccata tra le mani.
Rivedo Te, giovane Ursino, colpito al petto da una raffica, come Te, De Marco, che raggiunto da più raffiche Ti addormentasti a pochi
chilometri dalla tua casa paterna.
E Tu allegro Focaccia, e Tu Biancofiore dalla battuta pronta, e Tu silenzioso Tagliaferri, che eri venuto volontariamente dalla
tua lontana Padova.
Non mi dimentico nemmeno di Te, Luraschi e di Te, Santi, che eravate accorsi volontariamente nel nostro Reparto. Offriste generosamente
la vostra giovane e preziosa esistenza.
E Voi altri, feriti, che nella notte successiva moriste tra le linee nostre e quelle tedesche, senza che vi si potesse portare soccorso.
E anche Voi, che siete riusciti a trascinarvi indietro arrossando col sangue delle vostre carni lacerate le nostre invernali divise di tela.
Ricordo pure i pochissimi usciti incolumi.
Tu, Furlan, nonostante l’inferno che si scatenava intorno, cercavi di liberare il castello del fucile anticarro impigliato su quel tronco d’albero
gettato nella corrente del fiume.
Tu, Di Giorgio, sei riuscito a tornare indietro dopo tante ore, nonostante il fuoco dei tedeschi vicini, trascinando tra le spine un ferito e Tu, Bellagamba, quanti feriti sei riuscito a portare indietro sotto la pioggia di piombo, mentre noi ultimi rimasti vicini al Capitano cercavamo di sganciare quello che rimaneva della 2° compagnia ?
Tu, Stortoni, hai continuato a far fuoco ritirandoti per ultimo.
Tu, Bianchi, Tu, Cagnoni, Tu, Marzollo e Tu, e Tu. Tutti i bersaglieri: tutti eroi.
Qualche giorno dopo, il 16 dicembre 1943, all’albeggiare ripassammo lì, dove la nostra 2ª compagnia era stata distrutta.
Tornavamo da un attacco notturno che ci aveva fruttato la conquista completa di Monte Lungo. Gli A.U.C. Luzi e Ridolfi, per primi occuparono la quota
343, che era costata tanto sangue: pensammo che i nostri compagni morti gioivano del nostro successo dovuto al loro eroismo.
I nostri compagni di corso, Caduti quel giorno, sono rimasti in noi: ci hanno seguito nei combattimenti di tutto l’inverno e in quelli successivi,
fino alla fine delle ostilità.
Quando finalmente tornammo alle nostre case, fummo messaggeri di morte presso le loro case. Le mamme hanno pianto e hanno voluto baciarci, perchè in
noi rivedevano i loro figli Caduti.
Non vi dimenticheremo mai, fratelli, e sapremo difendervi dall’oblio degli indifferenti.
Ogni anniversario del vostro sacrificio ci troverà sempre sul luogo dove, per la prima volta, truppe dell’Esercito regolare Italiano, al fianco degli
Alleati combatterono contro i tedeschi.
Proprio dove, Voi, foste consacrati eroi.
Senza alcun odio nel cuore per gli avversari di allora.
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.