I VETERANI DEL LI° BATTAGLIONE BERSAGLIERI A MONTELUNGO
Erano una decina, la mattina del 18 Giugno 2005, tutti con almeno 83 anni sulle spalle, il passo non più agile dei bei tempi, ma tanta la voglia di
non fermarsi ancora, di muoversi, di vedere e, perché no, farsi vedere. Sono rimasti in pochi, testimoni di un periodo grigio per il nostro paese, una
generazione sfortunata, che visse il dramma della guerra mondiale ed in più della guerra civile, la più nefanda di tutte.
Da sessant’anni si ritrovano ogni 8 Dicembre al Sacrario di Montelungo per ricordare i morti e non far scomparire nell’oblio della labile memoria
italica il prezzo pagato dai ragazzi con le stellette per far rientrare l’Italia nel consesso delle nazioni che vivono nella libertà di pensiero e di
parola. Loro questo nemmeno sapevano di farlo, prevalse nel momento dello sbandamento generale dell’8 Settembre il giuramento al Re, lo spirito di
corpo, il legame nato nelle camerate, l’esempio di Ufficiali che non se la diedero a gambe. Erano un reparto, quelli del LI° Bersaglieri, di ragazzi
pieni di ideali risorgimentali, forse ingenui come tutti i sognatori, ma genuini nella loro fede, difendere l’Italia. Un’Italia che fu matrigna, che
additò loro prima un nemico da combattere, poi di colpo gli chiese di abbracciarlo. Come altri centinaia di migliaia di soldati, sconfortati da anni di
una guerra poco sentita e gestita malissimo dai vertici, furono attraversati dal senso di sgomento di fronte a quell’evento incredibile, ma loro non si
sciolsero.
Fu dura, erano in Puglia allora, nel Sud che aspettava gli Alleati che risalivano lentamente, la popolazione era esasperata, affamata, odiava quelli
che avevano trascinato il paese in guerra, anche il Re, e sembrava terribilmente strano vedere reparti armati che continuavano ad obbedirgli
fedelmente. Quei ragazzi dovettero difendersi non solo dai tedeschi, ma anche dall’insidia dello sfaldamento morale, si parlava sempre più di politica
lì fuori, le forze di sinistra erano uscite allo scoperto e mal gradivano che si combattesse ancora sotto l’insegna di un Re che aveva convissuto con
Mussolini.
Prevalse in loro il senso del dovere, ed insieme ai pochi reparti che avevano tenuto i ranghi in ordine formarono il Primo Raggruppamento Motorizzato,
un primo pallido tentativo del Governo del Sud di uscire dal ruolo di sconfitti con ignominia che ci eravamo tirati addosso.
In realtà quei ragazzi furono vittime sacrificate per pagare errori commessi da altri, c’era da riconquistare la fiducia degli Alleati che, a ragione,
non si fidavano di noi. Furono buttati contro Montelungo (un osso molto duro) con la quasi sicurezza che sarebbe stato il primo ed ultimo tentativo
bellico della nuova Italia. L’idea era di impiegare tutti i militari Italiani come manovalanza nella sussistenza della V Armata.
I soldati Italiani quel giorno, però, dimostrarono una volta in più di saper combattere e morire, se serve, e fanti del 67° e bersaglieri del LI°
pagarono il prezzo per cui ci fu permesso di continuare a sperare di essere un giorno considerati cobelligeranti, quindi nazione attiva nella lotta al
nazifascismo. Questo avvenne ed oggi noi ne godiamo i benefici, ma ben poca riconoscenza è stata tributata a coloro che caddero, ed ancor meno a coloro
che sopravvissero.
La decina di reduci quel 18 Giugno, anniversario in cui Lamarmora fondò i Bersaglieri Reali, hanno apposto una targa commemorativa nel Sacello del
Sacrario di Montelungo, un piccolo gesto simbolico di perenne vicinanza agli Amici Caduti sul Campo, a Quelli lasciati lungo il percorso della vita,
ed un lascito per coloro che raccoglieranno il loro testimone.
Noi "giovani" del LI°, figli di combattenti, abbiamo percepito il pericolo che con la scomparsa fisica dei protagonisti diretti, rischia di andar
perso il ricordo vivo di quello che hanno fatto, e l’accostarsi attivamente a questi ultimi, pochi grandi vecchi ci ha ripagato con immensa
gratitudine ed un affetto veramente paterno. Lo stesso sentimento condiviso dai ragazzi dell’Associazione onlus Battaglia di Cassino, che sono stati
entusiasticamente adottati dai nostri arzilli vecchietti, ed a cui va tutto il mio ringraziamento per quello che hanno fatto e faranno di bello e
nobile.
Paolo Farinosi
figlio di Enrico Farinosi reduce del LI° Btg. Bersaglieri
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