Campodimele: 17 maggio 1944, la sanguinosa imboscata di Valle Piana.
E’ appena il caso di ricordare che nel piano di attacco francese alla Linea Gustav, preparato dal generale Alphonse Juin, comandante del Corps Expéditionnaire Français (C.E.F.), era previsto che, dopo la caduta di Castelforte e di Spigno, un Corps de Montagne si sarebbe spinto sui Monti Aurunci, a Sud della Valle dell’Ausente, con l’obbiettivo primario di raggiungere e tagliare la strada Itri-Pico.
Il Corps de Montagne fu posto agli ordini del generale François Sevez, comandante della 4e Division Marocaine de Montagne
(4e D.M.M.). All’inizio dell’operazione esso operò diviso in due raggruppamenti: sud, agli ordini del generale Augustin Guillaume,
comandante dei Goums Marocains, e nord, agli ordini del colonnello Bondis, comandante della fanteria divisionale della 4e D.M.M..
Il raggruppamento Sud, che ci interessa in questo racconto, era composto dal 1er Groupe de Tabors marocains (1er G.T.M.),
comandato dal colonnello Leblanc, dal 4e Groupe de Tabors marocains (4e G.T.M.), comandato dal colonnello Gautier, dal
1er Régiment de Tirailleurs marocains (1er R.T.M.), agli ordini del colonnello Brissaud-Desmaillet, e dal III gruppo del 69e Régiment
d’Artillerie de Montagne (69e R.A.M.), comandato dal maggiore Duvoisin. [1]
Il 15 maggio 1944, il Corps de Montagne iniziò ad avanzare dalle sue basi di partenza fra Spigno e la Valle dell’Ausente.
Il raggruppamento agli ordini del generale Guillaume aveva raggiunto Spigno nel primo pomeriggio, attraversando il paese completamente distrutto e
conquistato poche ore prima dagli americani dell’88a divisione di fanteria.
Dopo aver sostenuto un breve combattimento al Castello, preso dal 5ème Tabor del 4e G.T.M., gli esploratori iniziarono ad inerpicarsi sulle
pendici del Monte Strampaduro.
Alla sera di quel 15 maggio, dimostrando una capacità eccezionale nella marcia in montagna, i primi Goumiers marocchini raggiunsero la vetta
del Monte Petrella (1.533), dopo aver superato un dislivello di circa 700 metri, trovandola sgombra da qualsiasi presenza tedesca.
Alla loro destra, il raggruppamento Nord del colonnello Bondis, dopo aver superato la Valle dell’Ausente, aveva iniziato la sua marcia verso la vetta
del Monte Fammera (1.186 m).
I comandi tedeschi, stimando che non fosse possibile un attacco in forze nella zona del Monte Petrella, avevano ordinato al Gebirgsjäger-Pionier-Bataillon 818,
l’unica unità di riserva disponibile in quel momento, di lasciare le posizioni di montagna per rafforzare la linea di difesa davanti ad Esperia.
Le compagnie dei pionieri avevano lasciato in fretta e furia la zona, senza nemmeno armare le numerose mine antiuomo già pronte per essere interrate,
raggiungendo la zona fra La Bastia ed Esperia nel vano e disperato tentativo di contribuire ad arrestare l’avanzata della 3ème Division d’Infanterie Algérienne.
L’attacco del Corps de Montagne si dimostrò così un formidabile pugno contro il vuoto. [2]
Nel corso della giornata del 16, il 1er G.T.M. superava il Monte Capriola e il Monte Coculo, e, dopo aver attraversato la conca di Polleca,
raggiungeva il Monte Revole (1.307 m), proseguendo verso il Monte Faggeto (1.256 m), dal quale si domina la sottostante strada fra Itri e Pico.
Elementi del 4e G.T.M. si spingevano a sud-ovest del Monte Petrella, raggiungendo senza colpo ferire i monti Sant’Angelo, Altino, Moleta e Ruazzo,
avanzando verso il Monte Calvo.
Per tutto il giorno salirono da Spigno le unità del 1er R.T.M., che seguivano i Goumiers, mentre le colonne di muli andavano e venivano a
portare rifornimenti ed i genieri allestivano piste e sentieri. [3]
Grazie alle scelte operate dai comandi tedeschi, ai francesi si presentava la possibilità di raggiungere senza ostacoli il loro importante obbiettivo
e le avanguardie del 1er G.T.M. arrivarono alle pendici del Monte Faggeto alla sera del 16, mentre si avvicinavano anche i Goums del 4e G.T.M..
All’alba del 17, un ufficiale del 69e R.A.M. installò il proprio osservatorio a poche decine di metri dalla vetta, in un posto sgombro da
vegetazione che offriva la migliore vista sulla strada di Itri-Pico, pochi chilometri al di sotto.
Nella tarda mattinata, i Goumiers dell’11° Tabor avvistarono una fila di automezzi che vi transitava. Giunta all’altezza del passo di San Nicola,
a pochi chilometri da Campodimele, la colonna svoltò per una mulattiera, in parte carrozzabile, che saliva verso la Valle Piana, proprio davanti alle
posizioni appena raggiunte dai marocchini. [4]
Dato l’allarme, la notizia fu subito trasmessa al comando del generale Guillaume, in quel momento in località Morrone del Lupo, il quale ordinò di non
aprire il fuoco e di attendere, anche perché, vedendo la tranquillità con la quale si muoveva la colonna, si nutrì il dubbio che potesse essere americana.
Quando fu chiaro che si trattava di tedeschi, il generale Guillaume diede ordine ai comandanti dei due gruppi di Tabors ed a quello del 1er R.T.M. di
disporre i propri uomini lungo le creste che dominavano la mulattiera, di rimanere nascosti e di aprire il fuoco solo dopo il primo intervento dell’artiglieria.
Il colonnello Leblanc fece dispiegare il 2° e il 12° Tabors all’ovest di Valle Piana, a sud del Monte Revole ed a nord di Campello Vecchio; il colonnello
Gautier fece disporre l’11° Tabor sulla cresta della Serra Macera, fino al Monte Faggeto; il colonnello Brissaud-Desmaillets, fece chiudere quella
sorta d’imbuto con il III battaglione del suo reggimento.
Nel frattempo la 9a batteria del 69e R.A.M., piazzata nella Valle di Fraile, ebbe tutto il tempo di preparare i piani di tiro, guidata dall’osservatorio
di Monte Faggeto, mentre era stato dato ordine alle altre due batterie del gruppo (7a e 8a) di serrare in avanti.
Intanto i tedeschi, valutati dai francesi in due battaglioni, lasciati i mezzi, continuavano a salire ignari della vicinanza dei
nordafricani, marciando tranquilli in una lunghissima fila, con le armi a spalla, senza il minimo sospetto, ma seguiti passo a
passo da una moltitudine di occhi vigili. [5]
Gli ordini emanati dal generale Guillaume avevano stabilito di aspettare che la colonna si fosse ben addentrata nella Valle Piana,
fino a quando la sua testa avesse superato il limite della linea francese.
I tedeschi si disposero in colonna per sezioni e presero a scalare lentamente le pendici della Serra Macera, fermandosi per
riposare e per ricompattarsi.
I Goumiers li lasciarono avvicinare, fino a quando i primi non arrivarono a qualche decina di metri da loro... . Erano ormai le tre del pomeriggio... .
La prima granata cadde a circa 200 metri a destra del centro della colonna, ma la salva successiva la tagliò in due tronconi,
mentre entravano in azione i mortai della fanteria.
I tedeschi, presi completamente alla sprovvista, cercarono scampo in tutte le direzioni, inseguiti dai colpi delle mitragliatrici,
dei mitra e dei fucili di centinaia di marocchini urlanti, che erano apparsi sulle creste.
Molti si diedero ad una fuga precipitosa, cercando scampo dalla pioggia di proiettili.
Alcuni cercarono di reagire, costituendo più in basso piccoli centri di resistenza al riparo delle rocce, ma intervennero anche la
7a e l’8a batteria: notando che molti tedeschi si erano rifugiati al coperto di un bosco, il fuoco dei 24 pezzi disponibili fu
concentrato su quell’obiettivo.
Non furono risparmiati nemmeno gli automezzi che non avevano fatto in tempo ad allontanarsi dal passo di San Nicola, ridotti ben
presto a rottami fumanti.
Verso le 18, gli ultimi tedeschi rimasti incolumi riuscivano a raggiungere la strada Itri-Pico, mentre molti erano stati fatti
prigionieri; il terreno era disseminato di cadaveri e numerosi feriti erano stati abbandonati alla sorte.
Al cadere della notte le avanguardie marocchine potevano progredire verso la strada Itri-Pico, mentre il 12° Tabor e aliquote
del 3° prendevano definitivamente possesso della cima del Monte Faggeto. [6]
Nella notte veniva saldamente occupato il terreno ed il giorno successivo, dopo una lunghissima marcia, l’intero 6e Régiment de
Tirailleurs marocains, comandato dal colonnello Cherrière, scendeva dalla montagna lungo la Valle Piana, dove si era installato
il comando del generale Guillaume.
L’ultima fase del combattimento ebbe un testimone d’eccezione tra i molti civili italiani nascosti sulla montagna.
Tommaso Senigallia, un ebreo napoletano, era sfollato con la famiglia a Formia, ma dopo l’8 settembre 1943, aveva raggiunto le
colline sopra la città. Quel primo rifugio divenne però insicuro e, dopo molte peripezie, nell’aprile 1944 la famiglia aveva
trovato riparo in contrada Faletto di Monte Revole.
Il Senigallia aveva tenuto un diario, scoperto dalla studiosa Gabriella Gribaudi, che lo ha in parte pubblicato nel suo recente volume dedicato alla vita dei civili durante la guerra. [7]
Il nostro testimone scrisse di aver seguito con apprensione la salita della colonna tedesca, valutata in circa trecento soldati,
almeno per il tratto che gli consentiva la vista dal suo rifugio.
Dopo circa un’ora però:
"Sporgo la testa per vedere ed uno spettacolo insolito mi si offre.
I tedeschi passati un’ora innanzi
discendono, gridando, in disordine, sbandati, dai visi stravolti, corrono, barcollano sui sassi del monte, gettano le armi, si
disfanno dello zaino e dei pesi, strillano, si lanciano in tutte le direzioni.
Grida più forti si elevano dagli ufficiali e sottufficiali, sono ordini inviati al vento! Poi si inizia una serie di colpi di
pistola e di fucile alimentati da grida sempre più forti e da altri colpi di pistola. Ma gli uomini non si fermano!
Cerco di guardare ancora e vedo che la scena continua ancora; mentre i tedeschi scappano, gli ufficiali e i graduati si lanciano
innanzi per impedire la discesa dal monte interdicendola con spari."[...] [8]
L’episodio di Valle Piana, che nelle sue memorie il capitano Pierre Lyautey, un ufficiale dei Goums, addetto al comando del generale Guillaume, riassunse nell’espressione, che oggi possiamo giudicare almeno infelice, "une omelette d’allemands", "una frittata di tedeschi", è certamente vero: ma quali sono stati i reparti vittime dell’imboscata? [9]
In più fonti francesi vengono indicati "due" battaglioni.
Per esempio il generale Guillaume, nelle sue memorie, indica il III battaglione del 104° reggimento meccanizzato ed il 400°
gruppo esplorante [10], mentre il colonnello Goutard, nel suo libro sulla guerra in Italia, cita più genericamente un battaglione
del 194° reggimento meccanizzato ed il 400° gruppo esplorante. [11]
Il generale Juin, nel suo libro dedicato alla campagna d’Italia, cita un solo battaglione del 104° reggimento meccanizzato,
indicandolo, erroneamente, nel 400° gruppo esplorante [12]; il generale Carpentier cita soltanto un battaglione della 15a
divisione meccanizzata. [13]
Infine il colonnello Gaujac, autore di preziose e documentate memorie sulla campagna d’Italia, uscite recentemente in Francia,
afferma che quel 17 di maggio "il maggiore Palorjas dell’11° Tabor scorge due compagnie tedesche che si dirigono verso il
Monte Faggeto". [14]
Insomma da due battaglioni si scende ad uno e quindi a due compagnie, valutazione, quest’ultima, probabilmente più plausibile.
Lo stesso tenente colonnello Georges Boulle, nella sua puntigliosa storia del Corpo di Spedizione Francese, precisa che si
trattava di elementi del III battaglione del 104. Panzergrenadier-Regiment, che ebbero 70 morti e 35 prigionieri. [15]
Evidentemente erano stati scortati fin dove possibile da elementi motorizzati dell’Aufklärungs-Abteilung 400, unità di Corpo
d’Armata, dotata di autoblindo italiane. [16]
Per quanto riguarda le fonti tedesche, in quella più sicura, che rimane il Diario Storico dell’Alto Comando della Wehrmacht, alla data del 16 maggio
si accenna all’invio nella zona a 1 Km. a nord-ovest di Monte Revole di reparti della 15. Panzergrenadier-Division e del Füsilier-Bataillon 305
(il battaglione esplorante della 305a divisione di fanteria), registrando, nella giornata del 17, che un non meglio precisato gruppo da combattimento
aveva perso il possesso del Monte Revole, ritirandosi sul Monte Le Pezze, poco distante dalla strada Itri-Pico. [17]
Malgrado l’enfasi con la quale viene descritta in alcune delle fonti citate, l’imboscata di Valle Piana non influì però sull’avanzata francese. Il 18 maggio, i reparti del Corps de Montagne cominciarono a risentire pesantemente della mancanza di viveri e munizioni, dovuta all’ormai enorme distanza dei depositi ed alla lentezza delle colonne someggiate. La resistenza tedesca andò aumentando con l’arrivo in zona di nuove unità, di pezzi d’artiglieria e di mezzi blindati. Quel giorno i nordafricani riuscirono ad entrare nel paese di Campodimele, subendo perdite, ma alla sera un contrattacco tedesco li costrinse ad arretrare. [18]
Il 19, verso le 5 del mattino, i tedeschi ripresero possesso anche del Monte le Pezze, riconquistato dai nordafricani soltanto nel pomeriggio; verso le 8, i francesi si erano spinti fino a Fontana, una contrada del comune di Campodimele; il paese venne riconquistato verso le 9, ma dovette essere nuovamente evacuato per mancanza di munizioni.
Mentre sugli Aurunci si intasavano migliaia di soldati marocchini, la situazione si fece difficile, soprattutto per la mancanza
di armi pesanti, tanto che il generale Juin decise di inviare una colonna corazzata di soccorso, attraverso Minturno ed Itri,
nel frattempo conquistata dagli americani.
Questa colonna, agli ordini del colonnello Dodelier, comandante del 4e Régiment de Spahis Marocains, giungerà nella zona nel
corso della giornata del 21 maggio, riuscendo ad avere la meglio sui difensori tedeschi, anche grazie all’avanzata del 351°
reggimento di fanteria americano verso il Monte Valletonda. [19]
Note
Riferimenti cartografici
Bibliografia
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.