DAL VOLTURNO A CASSINO: I CADUTI DELLA R.S.I., FRA DUBBI E INCERTEZZE
Quanti furono i militari italiani caduti nel corso dei combattimenti tra il Volturno e Cassino, e poi sulla Linea Gustav, dalla parte tedesca?
E chi sono stati?
Forse sarebbe possibile azzardare una risposta compiuta solo dopo estenuanti ricerche in archivi pubblici e privati, non solo nazionali, e negli uffici anagrafici di molti comuni: troppo per le forze di chi scrive queste note. E’ però possibile offrire almeno alcune notizie, seppur modeste, ma tratte da un controllo incrociato di diverse fonti, affinché altri si possano cimentare in una ricerca indubbiamente irta di difficoltà.
Cesare o Rino Cozzarini, capitano, nato a Venezia nel 1918, morto probabilmente il 10 novembre 1943 in località sconosciuta, Medaglia d’Oro al Valore Militare alla Memoria della Repubblica Sociale Italiana, bersagliere o ardito a seconda delle fonti.
La prima notizia pubblica sulla morte di Cozzarini apparve in Italia su un numero della Domenica del Corriere, il primo del 1944, che è rimasto
anche il documento più noto che lo riguarda. Sulla copertina del giornale, un disegno di Walter Molino lo ritraeva mentre alla guida di una
moltitudine di soldati in una generica divisa italiana, stava lanciando una bottiglia incendiaria contro dei carri armati britannici.
Tenendo presente l’epoca in cui apparve la notizia, la didascalia era la seguente:
"Sul fronte dell’Italia meridionale, in un assalto contro carri armati nemici annientati con la classica bottiglia di benzina e le bombe a mano, è caduto da eroe il tenente Rino Cozzarini, da Venezia.
Nelle pagine interne del medesimo numero del giornale gli venne dedicato un articolo, a firma G. G. Pellegrini, nel quale si asseriva che Cozzarini aveva ricostituito "il primo battaglione del futuro esercito repubblicano", battezzandolo "Battaglione Mussolini".
Il pezzo recitava:
"Il 30 ottobre i volontari prendono posizione sulla linea che va da Falciano a Mondragone, sotto un fuoco infernale.
Gli anglo-americani, decisi a sfondare ad ogni costo, sferrano un attacco di mezzi corazzati. I volontari del battaglione “M” resistono all’urto
tremendo; si trasformano in “cacciatori di carro” adottando una vecchia ma sempre efficace tattica: bombe a mano e bottiglie di benzina lanciate da
pochi metri tra i cingoli e dentro le feritoie delle torrette.
La battaglia non ha momenti di sosta e il mattino successivo (il 31 ottobre 1943 n.d.r.) si sposta su Falciano facendosi più cruenta. I volontari
saettano più e più volte in sanguinoso e serrato corpo a corpo, finché il nemico, stremato, è ributtato sulle posizioni di partenza. Il canto
dell’inno Battaglioni “M” saluta la vittoria mentre verso le retrovie affluiscono trecento prigionieri e quattro carri armati americani catturati
in perfette condizioni. Sul campo dell’onore giacciono 192 volontari." [2]
Continua l'articolo:
"Il 1° novembre il Cozzarini è promosso capitano e proposto per un’alta onorificenza da aggiungersi alle altre guadagnate in Spagna."
Sulla fine dello stesso Cozzarini il giornalista concluse:
"La sera del 10 novembre, sul fronte del Sangro, durante un nuovo assalto, in piedi sulla linea tenuta da una divisione dell'VIII Armata inglese, nel gesto supremo di lanciare una bomba a mano contenuta nel suo tascapane, cade riverso colpito al petto dal piombo nemico, chiudendo così la sua missione di italiano e di combattente per risalire l'abisso in cui chi tradì cercò invano di soffocare la fede dei credenti".
La morte sul campo di quell’ufficiale divenne tanto famosa che il poeta futurista Francesco Maria Marinetti gli dedicò un "aeropoema" [3] e fu indicata ad esempio dei combattenti di Salò.
Col sopraggiungere della fine delle ostilità, Cozzarini sembrò essere stato dimenticato, tanto che nella ciclopica opera di Pisanò sulle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana, la cui prima edizione uscì negli anni Sessanta, vi apparve soltanto una sua fotografia con poche parole di commento. [4]
Nel 1990 sul Secolo d’Italia, allora organo del Movimento Sociale Italiano, uscì invece un articolo interamente dedicato a Cozzarini dove si leggeva che
"Il 10 novembre 1943, in un cruento assalto cadeva sul fronte meridionale italiano nel conteso settore di Falciano-Mondragone alla testa dei suoi legionari, il tenente Rino Cozzarini..." [5]Nell’articolo è stato scritto che fra il settembre e l’ottobre 1943, il tenente Cozzarini era a capo di un reparto formato da sbandati del Regio Esercito
"In tal modo – sosteneva il giornale - si forma quel leggendario battaglione
che doveva imporsi all'ammirazione dello stesso avversario e guadagnarsi i più lusinghieri elogi del comando germanico.
Radunati attorno a sé oltre mille uomini, Rino Cozzarini si presenta a un comando tedesco e chiede l'onore di un posto sulla linea del fuoco.
La sera del 29 ottobre i volontari partono per la prima linea. L'indomani sono schierati nel settore Falciano-Mondragone, posizione dura da tenere.
La mattina del 31 si sposta (sic!) su Falciano facendosi più violenta. Gli italiani scattano più volte al contrattacco. Il nemico è fermato e
ributtato. Il canto di "Battaglioni M" saluta la vittoria mentre verso le retrovie sono avviati 300 prigionieri e 4 carri armati inglesi.
Sul campo dell'onore giacciono 192 italiani, 192 eroi. Il motociclista Mari rantola in un fosso, ma trova ancora la forza di gridare: "Viva
l'Italia. Viva il battaglione!"
Al sergente Amendola è concessa sul campo la croce di ferro germanica.
Nei giorni che seguono il battaglione italiano è nuovamente chiamato al combattimento e si copre di gloria. Cozzarini promosso da qualche giorno
capitano e insignito della croce di ferro, cade sul conteso campo della lotta nel corso di un cruento assalto.
L’articolo non fornisce molti elementi in più di quelli rivelati nel 1944, se non che Cozzarini sarebbe caduto il 10 novembre 1943 durante un assalto sulla linea Falciano-Mondragone, notizia errata se non altro per l’evidente discrepanza fra la data e quella della effettiva partenza delle ultime retroguardie tedesche dalle due località, e comunque non sul Sangro, come era stato scritto sulla Domenica del Corriere.
Proviamo così ad esaminare cosa stava succedendo nella zona Falciano-Mondragone nei giorni fra il 30 ottobre ed il 1 novembre 1943.
Il comune di Falciano del Massico è ubicato ai piedi del Monte Massico (813 m), fra i fiumi Volturno e Garigliano; questa montagna costituisce
il rilievo maggiore del gruppo montuoso fra i territori dei comuni di Mondragone e di Sessa Aurunca.
Nella notte sul 24 ottobre, la 10a Armata tedesca si era installata sulla linea "Barbara", proprio davanti a Monte Massico e, con una certa soddisfazione, il diario storico dell’OKW aveva fatto notare come
"... la linea B avrebbe dovuto essere raggiunta il 17. L’avanzata nemica è quindi stata ritardata una settimana in più di quanto era stato originariamente previsto." [6]
Nel settore di Mondragone, verso la costa, operava la 15. Panzer-Grenadier-Division, che fronteggiava una parte del X Corpo d’Armata britannico,
inserito nella 5a Armata americana.
Il 29 ottobre, davanti agli attacchi del VI Corpo americano aull’alto Volturno, i tedeschi iniziarono i preparativi per la successiva ritirata
sulla linea "Bernhard", proprio a partire dal settore tenuto dalla 15. Pz.Gren.Div.
Dopo il passaggio del Volturno, il generale Mc Creery, comandante del X Corpo britannico, aveva fermato le tre divisioni ai suoi ordini ed il 24 ottobre aveva disposto lo scambio del settore tenuto dalla 46a divisione di fanteria, sulla costa, e dalla 7a divisione corazzata, i famosi "Desert Rats", al centro.
Le pattuglie britanniche avevano però rilevato come i tedeschi erano sul punto di sganciarsi e la nuova offensiva fu anticipata al 30 ottobre.
Quel giorno la 56a divisione prese Teano, la 46a avanzò verso il passo di Cascano, ma la 7a fece pochi progressi soprattutto a causa del terreno
fangoso. Nei giorni successivi l’avanzata continuò. Il 1° novembre la 56^ divisione prese Roccamonfina, la 46a raggiunse l’area di Sessa
Aurunca e la 7a entrò in Mondragone. Il 2 novembre, senza più trovare alcuna resistenza nemica, le prime pattuglie britanniche raggiunsero la
riva del Garigliano.
"L’avanzata era stata sorprendentemente facile; l’azione era consistita per la massima parte nell’eliminare postazioni di mitragliatrici con piccole manovre e potenza di fuoco." [7]
Nella relazione ufficiale inglese le notizie sono ancora più scarne. L’azione del X Corpo britannico viene definita come un’operazione per assicurare la linea generale Monte Santa Croce (quota 1006) – Monte Massico (quota 812) – Mondragone, in appoggio all’offensiva del VI Corpo americano:
"... La 56a divisione aveva avuto vivaci scontri a Teano e Tranzi e quindi aveva occupato Monte Santa Croce, Monte Mattone e Ponte. La 46a aveva superato la stretta di Cascano e aveva raggiunto Sessa Aurunca. La 7a divisione corazzata, nella notte fra il 1 ed il 2 novembre, era dilagata attraverso Mondragone nella piana del Garigliano.
In merito alle perdite tedesche, si precisa che nelle ultime tre settimane di ottobre, le tre divisioni del XIV Corpo corazzato avevano subito la perdita di 3.500 uomini, fra i quali 914 malati, ed erano molto provate dal prolungarsi dei combattimenti, ma non potevano essere sostituite a causa della continua minaccia alleata. [8]
Da parte tedesca, il diario storico dell’OKW, il comando supremo della Wehrmacht, conferma che il mattino del 30 ottobre il nemico aveva ripreso l’iniziativa con una potente preparazione di artiglieria fra la costa e Teano, ma sfondando la linea fra Teano e Sant’Angelo d’Alife e provocando così un primo arretramento dell’ala sinistra della 15.Pz.Gren.Div. e dell’ala destra della Pz.Div. "Hermann Göring".
Alla data del 30 ottobre, il diario commenta che "Le nostre perdite al 30.10 non sono irrilevanti", ma la frase si iferisce all’intero fronte del XIV.Pz.Korps.
Nella notte sul 31, davanti all’avanzata americana ed all’inizio dell’offensiva britannica, l’intera ala destra della 10a Armata (15.Paz.Gren.Div.)
si era ritirata su una nuova linea di difesa a 5 Km nord-nord-ovest di Mondragone (Monte Massico) - Cascano - Casafredda (6 Km ad ovest di Teano).
Il 31 era proseguita la ritirata della 15. Pz.Gren.Div. verso la nuova linea di difesa, ma senza pressione nemica.
Il 1° novembre la pressione nemica riprendeva lungo la costa e sulla strada Capua-Cassino, particolarmente nella zona a 5 Km a sud-est di Sessa
Aurunca e a nord-ovest di Roccamonfina.
Il 2 novembre la nuova linea era arretrata a 12 Km a sud-est di Minturno, a 7 km a nord-ovest di Sessa Aurunca (settori del X Corpo britannico
n.d.r.), a 2 km a sud-est di Mignano e sulle pendici orientali di Monte Cesima (quota 1.170) (settori del VI Corpo americano n.d.r.). [9]
Sebbene l’avanzata britannica si fosse svolta senza gravi combattimenti, ciò non significa, beninteso, che, nella zona di Mondragone ed alle falde di Monte Massico, non vi siano stati scontri fra le retroguardie tedesche ed i reparti alleati avanzanti, ai quali abbiano partecipato anche elementi italiani.
La presenza di Cozzarini e dei suoi uomini a Falciano del Massico viene anche ricordata nella rivista "ACTA", organo trimestrale dell’Istituto Storico della Repubblica Sociale Italiana, nella quale si afferma che gli Alleati:
"verranno contrastati a Falciano dal Btg Mussolini comandato dal Ten Cozzarini ma con gravi perdite: gli scampati rinforzeranno lo schieramento della stretta di Mignano." [10]
Secondo la precisazione contenuta nel numero citato di "ACTA", Cozzarini non è quindi caduto a Falciano del Massico, che sarebbe in
contraddizione con tutte le fonti controllate, ma ha invece combattuto con le retroguardie tedesche ed il suo reparto si è ritirato verso Mignano.
Resta aperto il problema dei 192 caduti, cifra riportata sia dalla Domenica del Corriere nel 1944, sia dal Secolo d’Italia nel 1990: un vero
massacro, che non trova riscontri nelle fonti storiche consultate, alleate e tedesche. [11]
"La stretta di Mignano – hanno scritto gli americani – include due formidabili barriere, Monte
Rotondo e Monte Lungo. Monte Rotondo raggiunge i 357 metri ad ovest della collina di Cannavinelle ..." [12]
Al VI Corpo americano, prima di sfondare la stretta di Mignano, dove passa la via Casilina, occorreva quindi catturare le due alture e l’attacco
contro Monte Rotondo si svolse fra il 6 e l’8 novembre 1943.
Il 6 novembre, nel pomeriggio, il II battaglione del 15° reggimento di fanteria (3a divisione di fanteria americana) attaccò senza successo il Monte Rotondo. Nello stesso tempo, il III/15 cercò, ma senza successo, di arrivare alla quota 253 a sud-est di Monte Lungo. Nella mattinata nebbiosa dell’8 novembre fu lanciato un nuovo attacco, sotto la copertura di otto gruppi di artiglieria. Il III battaglione del 30° fanteria si spinse allora sulla cresta di Monte Rotondo trovandovi una media resistenza, mentre il III battaglione del 15° fanteria prese la quota 253. Subito dopo, si mosse il I battaglione del 15° fanteria, che respinse il nemico dalla quota 193 sulla curva a ferro di cavallo della statale 6. Entrambi i reggimenti passarono i giorni seguenti a respingere i contrattacchi tedeschi, scavando ripari contro il fuoco di mortai e di artiglieria, e cercando di ripararsi dal freddo e dalla pioggia. [13]
Queste annotazioni su Monte Rotondo sono importanti perché in una nota del già citato articolo apparso sulla rivista "ACTA" nel 2005 è scritto che:
"Il 10 novembre 1943 a quota 587-Monte Rotondo un bombardamento a tappeto impedì al Ten. Cesare Cozzarini (con promozione a Capitano) di guidare sempre nei ranghi del XIV PzKorps i superstiti Volontari Mussolini, che continuarono a combattere, con altri Caduti." [14]
Cozzarini fu così ucciso nel corso di un bombardamento, aereo o d’artiglieria, mentre preparava un contrattacco nella zona Casilina-Monte Rotondo?
Nella stessa nota vi è poi un altro particolare e cioè che la stele eretta lungo la Casilina, poco prima delle falde di Monte Lungo per chi la percorre da Cassino verso Capua, fu eretta nel 1993 per interessamento di Pio Acquaroli, un reduce della R.S.I., nel punto in cui la salma di Cozzarini fu sepolta per iniziativa del suo attendente, Borri. [15]
In ogni caso i contrattacchi tedeschi contro Monte Rotondo furono di grande intensità. Il capitano Maurice L. Britt della 3a divisione di fanteria americana ottenne la Medaglia d’Onore per il coraggio dimostrato nel respingere uno di questi il 10 novembre; il giorno dopo il mitragliere Floyd K. Lindstrom fu anche lui decorato per eccezionale eroismo. [16]
Secondo i dati pubblicati nel sito "www.laltraverita.it", che raccoglie una numerosa lista di caduti della R.S.I. pubblicata tanto meritoriamente
da un gruppo di volontari e facilmente accessibile su Internet, il tenente Cesare Cozzarini, figlio di Ugo, nato a Venezia il 10 ottobre 1918,
sarebbe si caduto il 10 novembre 1943, ma a Monte Lungo, combattendo nelle file del 1° Raggruppamento Arditi Camionettisti. [17]
Una novità, il reparto di appartenenza, sul quale non è possibile, in carenza di ogni notizia, dilungarsi se non per ricordare che un reduce del
I Raggruppamento Motorizzato Italiano ha affermato che il 16 dicembre 1943 sulla vetta della quota 343 di Monte Lungo, furono catturati otto
tedeschi ed un giovane italiano in camicia nera. [18]
Di Cozzarini è stata anche pubblicata una sua lettera alla fidanzata:
"Il 10 novembre 1943 cade a Monterotondo (sic!) contro gli anglo-americani, a capo di una sua banda, Rino Cozzarini che
alla ripresa della lotta a fianco dei tedeschi vi si era gettato con tanto entusiasmo da confessare alla fidanzata:
"Se vincerò ti apparterrà un lembo di vittoria. Se cascherò dirai ad un altro che sono caduto, così accenderai una nuova fiaccola... Quando per la
prima volta sospirasti sul mio cuore, ricordi, dissi che appartenevo alla Patria... Ora la Patria mi vuole.
Vado, a lei felice e serenamente le offro tutto quanto di caro lascio nella mia vita." [19].
La lettera è comunque senza data.
C’è però un altro documento che riguarda questo ufficiale.
In data 6 dicembre 1943, sul diario storico dell’O.K.W., il comando supremo delle forze armate tedesche, appare la seguente annotazione:
"Südwesten: Dem Verb. Offz. des OKW beim Duce werden Einzelheiten über den Einsatz des Hptm. Cozzarini und einiger ital. Freiwilliger an der Südfront zur Übumittlung an den Duce mitgeteilt." ("Sud-Ovest: vengono comunicati all'ufficiale di collegamento dell'OKW presso il Duce dettagli circa l'impiego del capitano Cozzarini e di alcuni volontari italiani sul fronte meridionale, perchè vengano trasmessi al Duce."). [20]
Se i tedeschi non avessero avvisato Mussolini dell’impiego del capitano Cozzarini e dei suoi volontari, se ne sarebbe mai conosciuta l’esistenza?
Il capitano Cozzarini fece qualcosa di tanto straordinario da meritare una segnalazione al più alto vertice militare tedesco, che la trasmise allo stesso Mussolini?
Oltre a quello della morte, restano tuttavia aperti molti interrogativi:
* * *
Stesse incertezze, contraddizioni e dubbi riguardano altri casi di caduti nella zona di Cassino. Per esempio quello dei due fratelli Vannini, ammesso che questo cognome sia esatto.
"Fratelli eroici, Romolo e Angelo Vannini, perduti il padre e la sorella nel bombardamento di Urania (sic!) (Pesaro), si arruolarono. A Cassino, uscito di pattuglia e rimasto ferito, Romolo venne raggiunto carponi dal fratello sotto il crepitare dei colpi, ma si rifiutò di lasciare il suo posto. Insieme con Angelo sparò fin l’ultimo caricatore della sua mitragliatrice, e al fratello che voleva portarlo in salvo rispose: “Prima l’arma!” E soltanto dopo che questa fu trascinata nelle nostre linee si lasciò recare sulle spalle. Poco dopo una raffica colpiva a morte i due eroi." [21]
Ma dove e quando morirono? Da dove venivano?
Il responsabile dei servizi demografici del Comune di Urbania, dott. Angelo Ravaioni, ha cortesemente risposto ad una richiesta di informazioni,
comunicando che:
"Nonostante la ricerca effettuata sia sulle schede anagrafiche dell’epoca, sia nei registri di nascita e di morte di questo Comune, non è stata trovata alcuna traccia delle persone da Lei indicate. Se durante la loro vita sono stati a Urbania, evidentemente non si sono mai registrati in anagrafe come residenti, né sono stati i soggetti di un qualche atto di stato civile."
Il cognome Vannini non esiste nell’elenco delle vittime del bombardamento aereo del 23 gennaio 1944, dove si trova invece un Vandini, che non
risulta però fra i residenti dell’epoca. [22]
Non soccorrono le scarse notizie contenute nel "database" dei caduti: per entrambi la qualifica è quella di soldato, aggregato alla Wehrmacht;
la data di morte segnalata è quella del 19 marzo 1944. [23]
Altri caduti sono sepolti nel Cimitero Militare italiano di Monte Lungo, così come segnala la rivista "ACTA", nella quale sono citati come appartenenti alla G.N.R.. I loro nomi sono i seguenti: Emilio Baldazzi, da Vergato (BO), Paolino Bartolomeo, da Cosenza, Giuseppe Carta, da Cagliari, Principio Carotenuto, da Frosinone, Nicola Pragliola, da Cassino (FR), Pasquale Rampone, da Verona. [24]
Un altro caduto, Alfonso Boselli, è seppellito nel cimitero militare tedesco di Caira [25]. Secondo il "database" dei caduti della R.S.I. sarebbe stato un caporale, aggregato alla Wehrmacht, nato nel 1924, caduto il 15 maggio 1944. Dal registro del cimitero di Caira risulta che "Alfons" Boselli, Gefreiter, nato il 10 settembre 1924, è caduto effettivamente il 15 maggio 1944, ma permane il mistero sulla sua effettiva nazionalità, perché, in mancanza di ulteriore documentazione, potrebbe essere un tedesco, o un austriaco o sudtirolese, dal cognome italiano.
Un caso riguarda il monumento posto nel cimitero di Esperia, messo in opera da un gruppo di privati l’11 novembre 1994, che conserva le salme di
cinque caduti nella zona.
L’epigrafe, incisa su una pietra, recita: "Uniti nel ricordo di tutti i caduti delle FF.AA. della Repubblica Sociale
Italiana su ogni fronte nel nome di Italia! 1943-1945".
La lapide invece contiene i nomi di cinque caduti
"Militi della Guardia Nazionale RSI caduti ad Esperia durante la battaglia del 1944: Ferla Angelo, matr. 16250; Chinarelli Ivo, matr. 16393; Cipolla Mario, matr. 16399; Tivini Sergio, matr. 21119,; Trentadue Tommaso, matr. 16669.
Consultando il "database" dei caduti della R.S.I., i nominativi della lapide presentano qualche sorpresa: di due di essi vi sono le generalità complete e la data di morte; di uno le generalità, ma non la data di morte; degli altri due mancano generalità e data di morte; di tutti e cinque è indicata l’Arma di appartenenza, il Genio. [26]
Eccoli in dettaglio:
Dei tre dei quali è segnalata la data di nascita è evidente la loro appartenenza alla classe 1924, classe chiamata alle armi dalla R.S.I. alla
fine dell’anno 1943; dei due dei quali è segnalata la data di morte, una è il 20 aprile 1944 e l’altra il 27 gennaio 1944, quindi date di molto
antecedenti al 17 maggio 1944, giorno nel quale Esperia cadde nelle mani dei francesi.
Pur considerando la possibilità di qualche errore, sembra lecito dubitare fortemente che questi poveretti abbiano militato nella G.N.R. e siano
morti durante la battaglia di Esperia; piuttosto, giovani come erano e provenienti da province dell’Italia settentrionale, sembra proprio che
essi appartenessero invece ai battaglioni di lavoratori al servizio della Wehrmacht.
I resti di questi cinque militari italiani erano stati esumati negli anni Sessanta e quindi sepolti anonimamente in una fossa a terra, ricoperta
da tre lastre di marmo accostate, con una croce composta di frammenti di marmo. La benemerita iniziativa della loro primitiva tumulazione fu
dovuta all’allora custode del cimitero.
Il "database" del sito "www.laltraverita.it" elenca 43 nominativi di caduti e dispersi per i quali esiste la località del decesso, distribuiti fra i seguenti comuni: Vallerotonda-Cardito (1), Cassino (16), Villa Latina (1), Pontecorvo (2), Aquino (4), Esperia (4), Roccasecca (3), Pico (3), Vallecorsa (1), Castro dei Volsci (1), Ferentino (1), Frosinone (8). 16 dei caduti o dispersi appartengono alla Luftwaffe, 13 ai battaglioni lavoratori, 6 vengono definiti come "aggregati alla Wehrmacht", mentre i rimanenti appartengono a varie armi o sono senza annotazione del reparto. [28]
Non deve stupire che un numero rilevante appartenga all’aeronautica tedesca, perché già in data 12 settembre 1943, il comando generale della Luftwaffe aveva comunicato all’OKW di voler utilizzare personale italiano, proponendone l'assegnazione all’artiglieria contraerea ed alle comunicazioni. Come necessità si erano stimate provvisoriamente le seguenti cifre: truppe dell’aviazione 40.000, artiglieria contraerea 135.000, comunicazioni 48.000, costruzioni 120.000. [29]
La richiesta non ottenne naturalmente una risposta così ampia, anche per la concorrenza dell’Esercito, della Todt e del programma Sauckel, ma ciò
non tolse che alcune migliaia di reclute delle classi 1924 e 1925 fossero assegnate alla Luftwaffe ed impiegate nei reparti dell’artiglieria
contraerea.
La maggior parte dei 16 caduti individuati appartiene al Flak-Regiment 57 (mot), una unità presente in Italia fin dal luglio 1943. Dal 1
ottobre 1943 era comandata dal colonnello Herbert Sonneberg e nel marzo 1944 comprendeva i seguenti reparti:
Una parte di questi gruppi ha effettivamente operato sul fronte di Cassino in diverse epoche, come il Flak-Abteilung 841, spezzettato fra Itri e Pico nel maggio 1944. E’ comunque molto arduo individuare un reparto della Flak per la consuetudine di assegnare a comandi di unità dell’esercito, fino al livello di battaglione, singoli gruppi, batterie e persino sezioni o singoli pezzi in funzione anticarro o per contingenze momentanee.
Certamente nelle retrovie del fronte di Cassino operarono alcuni battaglioni di lavoratori militarizzati italiani, frutto di un accordo fra il governo della RSI e l’OKW, che ne prevedeva la subordinazione a comandi della Wehrmacht in qualità di lavoratori.
E’ difficile tracciare la storia del loro impiego, se non ricorrendo ai ricordi di singoli soggetti.
Una testimonianza eccezionale è apparsa sul sito "www.dalvolturnoacassino.it" (questo sito n.d.r.), dove è riportato il diario di Franco Busatti,
che servì nel 108° battaglione, un reparto di circa 800 uomini, provenienti dal deposito del 51° reggimento Fanteria di Perugia, spediti nelle
retrovie di Cassino senza un preciso addestramento, fino ad Esperia, dove furono travolti dall’offensiva alleata del maggio 1944.
DIARIO DI GUERRA - SERGENTE A.U.C. FRANCO BUSATTI
Il diario di guerra del sergente A.U.C. Franco Busatti, appartenete alla 2ª compagnia, 108° Battaglione Genio “B. Grilli”, 51° Reggimento Fanteria. Tenuto tra il 6 dicembre 1943 e il 14 giugno 1944.
Questo battaglione era posto alle dipendenze del 791° Battaglione Pionieri tedesco, di stanza nelle immediate retrovie della linea Gustav.
07/09/2004 | richieste: 7489 | VARI
Testimonianze | #dicembre 1943, #gennaio 1944, #febbraio 1944, #marzo 1944, #aprile 1944, #maggio 1944, #giugno 1944, genieri, italia, rsi
Busatti ha reso disponibili due documenti tedeschi molto eloquenti, nei quali il reparto italiano viene definito "Italienische Baubataillon", battaglione italiano per le costruzioni, mentre il reparto tedesco da cui dipende è definito "Stellungsbau. Pi.-Bat. 791". In poche parole agli italiani non spettava la qualifica di soldati, ma di lavoratori militarizzati.
Un’altra testimonianza è contenuta in un manoscritto pubblicato per esteso nel numero 3 della rivista "ACTA" (Settembre-Novembre 2006), che
contiene la memoria di un altro reduce di questo battaglione, Giancarlo Poletti, di Perugia.
Questo racconto, sebbene sia assai più conciso ed "entusiasta" del precedente, conferma le vicissitudini alle quali furono sottoposte le reclute
ed il definitivo sbandamento del battaglione nel maggio 1944. L’autore elenca le sedi della sua compagnia (Pontecorvo, Ceprano, San Giovanni
Incarico, di nuovo Pontecorvo, S. Oliva, Esperia, Pico) e rivela la notizia di un improvviso bombardamento a Sant’Oliva, a fine marzo 1944, che
causò morti e feriti.
Un altro battaglione, il 107°, che secondo Pisanò è stato a Pontecorvo, Aquino, Piedimonte San Germano e Subiaco, dove avrebbe subito gravi
perdite a causa di un bombardamento aereo, potrebbe essere quel battaglione formato dal deposito dell’84° reggimento Fanteria, a Firenze, del
quale trattano Maurizio Federico e Costantino Jadecola nel loro libro sulla guerra a Frosinone. [32]
Il racconto dei due autori si basa sulla testimonianza di un reduce, Otello Giannini, il quale, in un suo libro, afferma che il battaglione era
costituito da ragazzi, molti dei quali studenti, delle classi 1924 e 1925, quasi tutti della provincia di Firenze. Trasferito nella zona fra
Aquino e Piedimonte San Germano, il reparto contava 24 ufficiali e 848 sottufficiali e uomini, ma a fine dicembre 1943 ben 324 avevano già
disertato. Il comando tedesco reagì dopo l’arresto di 13 reclute che avevano cercato di fuggire, delle quali tre vennero fucilate il 6 gennaio
1944 a Frosinone e dieci furono deportate in Germania.
Questi i loro nomi:
E’ senza dubbio plausibile che altri battaglioni, o compagnie, siano stati utilizzati in altre zone del fronte, anche in quelle più "calde" come
i rilievi a Nord dell’Abbazia, in epoche e periodi diversi.
Alcune immagini scattate da fotografi tedeschi dimostrano la presenza oltre che di civili anche di militari in uniforme italiana, adibiti ai
lavori di costruzione della strada fra Belmonte e Terelle, la "Neumann Weg", dal nome del comandante del Pionier-Bataillon 80, portata a termine
fra il dicembre 1943 ed il gennaio 1944 e tuttora esistente.
Altri lavorarono alla costruzione della "Reinhardt-Weg", nelle gole del Melfa, che prese il nome dal colonnello Reinhardt, ufficiale addetto alle
operazioni, della 44. Infanterie-Division. [34]
Alcuni hanno poi avanzato l’ipotesi che due battaglioni della G.N.R. abbiano attivamente partecipato ai combattimenti che precedettero la
conquista di Esperia, nel maggio 1944.
In nessuna delle fonti storiche esaminate, francesi e tedesche, si fa il benché minimo accenno a reparti italiani presenti in quella zona ed in
quei giorni.
Le uniche tracce, peraltro molto frammentarie, della presenza di militi della G.N.R. nelle retrovie del fronte di Cassino sono contenute nella
memorialistica locale, dove talvolta viene segnalata la partecipazione di "militi in camicia nera" nelle operazioni di sgombero forzato della
popolazione civile.
Reparti della R.S.I., ma in zone molto più lontane dal fronte, hanno invece partecipato ad operazioni di rastrellamento, tese alla cattura degli
ex prigionieri alleati e dei civili che li proteggevano e nascondevano.
Appare sicuramente singolare il contenuto di una nota che il capo della provincia di Frosinone, Arturo Rocchi, inviò al Ministero degli Interni su sollecitazione del comando del XIV Corpo corazzato tedesco per
"l’immediata costituzione di un reparto di guardie legionarie, tutte volontarie e decisissime, da impiegare sul fronte Alvito-Atina e da opporre, per azioni di colpi di mano, a quelle aliquote dell’esercito badogliano… che operano al soldo del nemico. Come risulta da informazioni fornite da fonti fiduciarie e dagli interrogatori di prigionieri, queste truppe italiane del rinnegato Badoglio sono dotate di scarso spirito combattivo perché essendo costituite per la maggior parte da elementi nativi del nord Italia, sono desiderose di passare le linee per ricongiungersi alle loro famiglie, ad eccezione del battaglione d’assalto, già provato da duri combattimenti e che si è particolarmente distinto in numerose azioni di guerra contro i germanici." [35]
Ma, a quanto pare, la proposta cadde nel nulla.
Un vivo ringraziamento a Costantino Jadecola, Patrizio Maiolati, Roberto Molle e Michele Palma per le informazioni sulla zona di Cassino ed al dottor Angelo Ravaioni, del Comune di Urbania. Un sentito grazie a Valentino Rossetti per l’incoraggiamento costante ed al dottor Gianguido Castagno per le traduzioni dal tedesco. Grandissima gratitudine a Maurizio Balestrino per il controllo del testo e per i consigli, le notizie ed i documenti forniti.
Note
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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