E' BRESCIANA LA PIETRA DELLE SILENT CITIES
NOTA DI AUTORIZZAZIONE
Quest'articolo, redatto da Andrea Botti, è tratto integralmente da "IL GEOMETRA BRESCIANO" anno XXXV n.2, marzo-aprile 2010, rivista bimestrale
d'informazione del Collegio Geometri della provincia di Brescia.
La pubblicazione in questo sito internet è stata concessa dalla redazione della rivista con il consenso dell'autore, che si ringrazia
per la disponibilità.
E' vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione.
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Nel 1918, alla fine delle ostilità, il Commonwealth affidò ad una commissione formata dagli architetti inglesi Herbert Baker, Reginald Blomfield ed Edwin Lutyens il compito di progettare e realizzare i cimiteri britannici in Francia e Belgio. All'architetto scozzese Sir Robert Lorimer spettò invece il compito di svolgere la medesima attività nel nostro paese. Quest'ultimo si distingueva, rispetto ai due colleghi, per la sua ammirazione verso William Morris e il Movimento Arts and Crafts [1] del quale condivideva quei principi rintracciabili nei suoi progetti di case di campagna, giardini, arredi d'interni.
Oggi del suo lavoro di progettista e costruttore di cimiteri di guerra nel nostro paese, nulla si è perso, grazie a una costante e rigorosa attività di manutenzione tutto è perfettamente conservato "dov'era e com'era".
Semplicità e perfezione sono gli aggettivi che definiscono lo stato attuale di questi luoghi agli occhi di un turista che intendesse visitare almeno uno dei diciassette cimiteri sparsi per l'Italia settentrionale [2], ciscuno contrassegnato all'ingresso, da un'epigrafe che recita:
"Il suolo di questo cimitero è stato donato dal Popolo italiano per l'eterno riposo dei soldati delle armi alleate caduti nella guerra 1914 - 1918 e che saranno qui onorati".
La realizzazione di questi "spazi della memoria" è, da sempre, vincolata all'impiego di un ristretto repertorio formale accuratamente definito in ogni dettaglio dal suo ideatore. Ancor meno diversificato è l'uso dei materiali impiegati nella realizzazione dei manufatti e degli apparati decorativi/scultorei.Nei primi progetti, per assicurare l'omogeneità linguistica, furono adottati alcuni caratteristici elementi fissi, in particolare: le lapidi (che la
tradizione vuole ottenute direttamente dalle bianche scogliere di Dover) sono bianche, tutte uguali, perfettamente allineate, erette in file tra le
bordure fiorite; l'altare monolitico, scolpito in pietra di Portland con incisa la frase scelta da
Kipling Their Name Liveth for Evermore e, in
omaggio alla tradizione inglese, una "croce del sacrifico" di pietra, collocata su una base ottogonale, con sovrapposta la spada di bronzo, unico
elemento destinato ad evocare il carattere militare del cimitero.
Lutyens, in particolare, fece reiteratamente ricorso a pochi elementi, per evitare di glorificare la guerra, ma ancor più gli eccessi della
celebrazione della vittoria. Inoltre, non furono mai previste distinzioni apparenti tra ufficiali e soldati di truppa, solo avvicinandosi a ogni lastra
marmorea si può leggere in bassorilievo il nome e il grado del caduto, la specialità operativa, il reparto d'appartenenza e l'età al momento della morte.
La Cross of Sacrifice deriva da un'idea di Baker, anche se, al
termine di una consultazione fu scelto il progetto redatto da Blomfield, che mirò
sopratutto a "mantenere l'opera libera da qualsiasi sentimentalismo gotico".
La Great War Stone o Stone of Remembrance, è invece una
sorta di altare disegnato da Lutyens, che, suggerendo l'idea del sacrificio in
quanto tale, fu considerato il simbolo adatto per riocordare caduti appartenenti a religioni diverse, cristiani, ebrei, musulmani o indù. Questo manufatto
è costituito da un monolite di dieci tonnellate appoggiato su tre gradini, di cui il primo e l'ultimo hanno la pedata doppia del secondo e, le cui
misure derivano dallo studio delle proporzioni del Partenone. Ambedue i monumenti vengono tutt'ora impiegati nei cimiteri britannici di tutto il mondo,
compresi quelli eretti dopo la seconda guerra mondiale.
Questo apparato linguistico-decorativo è presente anche nei cimiteri sparsi lungo tutta la penisola, dall'Altopiano di Asiago alla Sicilia. Piccoli British Graves, costruiti suoi luoghi delle battaglie, oggi si presentano come giardini della rimembranza immersi nel verde e facilmente raggiungibili (poichè posti lungo il dedalo di percorsi abitualemente battuti dai turisti), differenti rispetto a quelli realizzati oltralpe solo per dimensioni e paesaggio circostante.
Attualmente la commissione che fu istituita dal Commonwealth nel 1918 continua ad essere operativa, gestisce più di un milione di tombe di guerra
e centinaia di monumenti dedicati a vittime senza nome. I suoi compiti riguardano la manutenzione, l'adeguamento delle strutture; il monitoraggio
periodico dello stato di conservazione delle lapidiper garantire sempre la completa leggibilità delle scritte e l'integrità dei manufatti la cui
realizzazione è affidata ad una ditta di Rezzato (BS), una realtà produttiva che più di trent'anni fa ha assunto il ruolo di referente della storica
Commissione (originariamente composta da Sir Baker, Sir Blomfield e Sir Lutyens) nel solco di una tradizione inaugurata nell'immediato dopoguerra
grazie alla capacità imprenditoriale di alcuni famosi nomi della realtà economico-produttiva locale ma anche alla competenza degli scalpellini
rezzatesi formatisi alla Scuola delle Arti e dei Mestieri R. Vantini.
Questo è ciò che emerge anche da un'intervista, recentemente pubblicata, ad alcuni scalpellini che, alla fine della seconda guerra mondiale, in un
clima di grandi difficoltà trovarono un mezzo di sostentamento attraverso la realizzazione delle e di tutti i manufatti marmorei che, secondo quanto
stabilito molti anni prima da Sir Lorimer, dovevano trovare posto nei cimiteri britannici.
Oggi a Rezzato vengono prodotti tutti i manufatti destinati ai cimiteri di guerra inglesi nel mondo. Lapidi, croci, altari, quasi esclusivamente in
botticino levigato (indicativamente il 95% circa delle opere commissionate cui si aggiuge una minima percentuale di manufatti in pietra di Aurisina e
in Portland), sono realizzati con la massima cura in ogni dettaglio, nel rispetto di tutte le indicazioni fornite con gli elaborati grafici esecutivi
(alcuni riportano ancora i nomi dei primi membri della commissione) che, ove possibile, riproducono i manufatti finiti in scala reale quotati in
millimetri o pollici, con particolari degli incastri, del tipo di carattere adottato e ogni altra informazione necessaria a non lasciare alcun spazio
alla creatività personale.
La qualità del lavoro è puntualmente controllata da un responsabile della Commissione (con incarico a tempo determinato per garantire la totale
correttezza del giudizio) e i manufatti vengono sottoposti anche a particolari accorgimenti nella fase di imballaggio, per garantire la perfetta
fornitura anche dopo un lungo periodo di deposito. Qui la fretta non esiste, in piena controtendenza con le regole imperanti del mercato globale
la tempistica non è l'elemento determinante, vale, prima di qualsiasi altra considerazione, la qualità del prodotto finito.
Note
Collegamenti
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.