LO SFONDAMENTO DELLA LINEA GUSTAV
La Battaglia sui monti Aurunci del Corpo di Spedizione Francese.
L’assalto alla linea Gustav
Alle ore 23:00 dell'11 maggio 1944, dopo una preparazione d'artiglieria effettuata da oltre 1.600 cannoni, che aprirono
il fuoco su ogni postazione tedesca conosciuta, le truppe alleate della 5a armata americana e dell'8a armata inglese, mossero all'attacco
della linea Gustav che da oltre 6 mesi bloccava l'avanzata attraverso la penisola italiana.
Era iniziata l'operazione Diadem, l'assalto decisivo che doveva portare le formazioni anglo-americane alla conquista
di Roma.
Il generale Alexander aveva così strutturato il piano d'attacco:
Mentre le operazioni intraprese dalle due divisioni americane di fronte a Minturno non ottenevano alcun risultato di rilievo, nella valle del Liri le unità impegnate riuscivano con grandi sforzi a guadare il fiume Rapido. Sul saliente montano dell'Abbazia, le due divisioni polacche convergevano sugli obiettivi loro assegnati, ma si dissanguavano per la conquista delle quote poste all'intorno del monastero e venivano decimate dal tiro dei paracadutisti tedeschi della 1a Divisione. Al contrario, l'avanzata delle truppe coloniali francesi in direzione dei monti Aurunci, otteneva subito un rapido, quanto inatteso successo. L'assalto violento e deciso delle unità venne subito rivolto verso gli aspri pendii del monte Maio e del monte Petrella, che si ergevano a guardia della breccia di Ausonia, da dove si poteva accedere a Pontecorvo e quindi, superando circa 20 chilometri di brulle montagne, raggiungere la strada Pico-Itri-Fondi che separava gli Aurunci dagli Ausoni. Quello era l'obiettivo assegnato alle truppe del Corpo di Spedizione Francese che, con grande impeto, si lanciarono in direzione del varco di Ausonia, per poi premere in direzione di Esperia e di monte d'Oro, una ripida altura che domina dall'alto il piccolo centro e la stessa Pontecorvo, caposaldo della successiva linea difensiva, denominata Hitler.
Di fronte a loro erano schierate le unità della 71a divisione di fanteria, appoggiate da 3 battaglioni della 44a con al loro fianco la 94a divisione che difendeva le posizioni del settore costiero fino a Scauri. I tedeschi, che avevano considerato il settore montano un terreno troppo difficile per consentire un'avanzata in grande stile, non presidiavano in forze tale zona e subirono immediatamente forti perdite, sorprese dallo slancio offensivo della 4a divisione di montagna marocchina in direzione di Castelforte ed in particolare della 2a, che assaltò il monte Maio.
La battaglia per la Linea Dora
Monte Faito e la collina di Cerasola furono occupate lo stesso 11 maggio ed il giorno successivo aspri scontri si svilupparono tra i marocchini ed un battaglione del 15° reggimento Panzer grenadieren, che contrattaccava le truppe coloniali impegnate ad assalire monte Feuci. Malgrado questa azione il giorno successivo la 2a divisione marocchina al comando del generale Dody, occupava monte Girafano e monte Feuci, attestandosi solidamente sul Maio nel pomeriggio: la chiave dell'intero settore era caduta nelle loro mani.
Grazie alla conquista di queste alture, al loro fianco la divisione motorizzata fece rapidi progressi e per la mezzanotte del 13 maggio aveva rastrellato le rive occidentali del Garigliano fino a Sant'Apollinare , prendendo molti prigionieri. Sulla sinistra la 4a divisione da montagna incontrava un vivace fuoco di mortai e mitragliatrici davanti a Castelforte, ma la guarnigione dopo i primi scontri cedette la città la notte del 12 maggio; il giorno successivo l'attacco venne portato in direzione delle alture di monte Rotondo e monte Ceschito che dominano la strada per Coreno ed il 14 maggio veniva occupata Ausonia.
Nel settore costiero intanto la 94a divisione di fanteria tedesca cominciva a cedere terreno sotto l'incalzare degli assalti della 85a divisione americana, mentre al suo fianco la 88a aveva preso Santa Maria Infante ed avanzava verso Spigno. Era chiaro che la V Armata era riuscita a sfondare le difese e che entrambe le unità tedesche impegnate avevano subito gravi perdite: la 71a divisione era oramai incapace di una resistenza coordinata e le sue truppe si ritiravano verso il Liri, così pure la 94a che, duramente provata, si trovò sempre più sospinta attraverso le montagne e verso Itri.
Era il momento tanto atteso da Juin: le truppe abilmente nascoste presso il Garigliano, vennero scatenate attraverso le montagne, con ciò determinando la crisi dell'intero fronte tedesco. Il generale Guillaume, comandante del Corpo francese da montagna, diresse i suoi uomini alla conquista di monte Revole, un'altura di 1200 metri al centro di montagne rocciose inaccessibili e, presa Ceschito, si diresse ad ovest di Ausonia verso monte Fammera che venne occupato il 15 maggio. Marciando tutta la notte, alle ore 6 del 16 maggio la colonna di testa raggiungeva monte Revole e metteva in posizione una batteria di cannoni, mentre il 17 veniva rinforzata da un battaglione di cannoni da montagna. Il fronte occupato raggiungeva ora i 12 chilometri ed era a soli 3 chilometri dalla strada Itri-Pico, tra Serra del Lago e monte Calvo.
Lo stesso giorno 17 un battaglione del 15° Panzer Grenadieren si era avvicinato, marciando in colonna verso monte Revole: lo stesso Guillaume studiò un "cappio" e la colonna nemica fù completamente distrutta, chiusa su due lati dai francesi e colpita dall'artiglieria. Il suo comandante, caduto prigioniero, ammise che i suoi superiori non si aspettavano attacchi alleati in quel settore per altri 3-4 giorni. La notte seguente fu occupato con un attacco a sorpresa monte Le Pezze, a 5 chilometri a nord di Itri e nel tentativo di riconquistare la quota che dominava la strada, i tedeschi attaccarono con un battaglione di Panzer Grenadieren che però fu respinto con un preciso fuoco di artiglieria. Più a nord le altre formazioni del Corpo di Spedizione Francese ed un raggruppamento di Goumiers, nel tentativo di sfondare tra Castelnuovo e San Giorgio a Liri, si scontravano con elementi della 90a divisione Panzer Grenadieren. Il 17 maggio Sant'Oliva ed Esperia venivano occupate e la 3a divisione algerina, rafforzata dalla 1a motorizzata, si impadroniva di monte d'Oro, raggiungendo un punto a circa 7 chilometri da Pico.
La crisi dell'intero dispositivo difensivo tedesco
Preso atto della situazione, il generale von Senger suggerì al generale Kesselring una immediata e metodica ritirata per evitare che le sue truppe fossero circondate. Lo stesso generale von Vietinghoff riconobbe la validità dei suggerimenti di von Senger, mentre Kesselring contava ancora di stabilire una linea di difesa ad est di Anzio, con ciò disponendo l'impiego della 90a divisione Panzer Grenadieren a difesa del saliente di Esperia, della 26a Panzer per bloccare il settore a sud di Pico, comandando lo spostamento della restante parte della 305a divisione di fanteria, già impegnata nella valle del Liri, e della 334a divisione.
Ciò che preoccupava di più von Vietinghoff era la situazione a sud di Pico dove, se i francesi fossero riusciti a sfondare, avrebbero potuto raggiungere San Giovanni Incarico e Ceprano, con risultati catastrofici. Intanto nella valle il 18 maggio le unità corazzate della 6a divisione e le formazioni canadesi raggiungevano Aquino, chiave del settore nord della linea Hitler, mentre lo stesso giorno l'abbazia di Montecassino veniva occupata dai polacchi, dopo che era stata abbandonata nella notte dai paracadutisti tedeschi.
Il 19 maggio Alexander decise di aumentare la pressione: lungo la costa il II Corpo conquistava Itri e Gaeta, il 20 entrava in Fondi ed il 23 liberava Terracina. Attacchi avvolgenti furono ordinati ai francesi a Pico, mentre presso monte Leucio per due giorni si sviluppavano aspri combattimenti con unità della 26a Panzer e della 90a Panzer Grenadieren: il 22 maggio il monte era definitivamente in mano francese. Quello stesso giorno Pico cadeva sotto gli assalti della 3a divisione algerina.
Nella valle del Liri intanto, la 78a divisione inglese fiancheggiata dalla 1a divisione canadese, prendeva contatto con le difese della linea Hitler, incentrata su Pontecorvo, Aquino, Piedimonte San Germano e con cerniera su monte Cairo. Alexander comandò l'immediato inizio di un attacco coordinato a nord di Pontecorvo, con le riserve pronte a forzare in prossimità di Aquino. Contestualmente il VI Corpo d'Armata bloccato ad Anzio, avrebbe iniziato l'attacco per uscire dalla testa di sbarco. La notte del 21 maggio, 400 cannoni aprirono il fuoco e con ritmi ed intensità alterne, per due giorni riversarono 1000 granate all'ora sulle posizioni tedesche. Ad essi si unirono altre 800 bocche da fuoco che saturarono l'area prescelta per l'assalto della 1a divisione canadese che a mezzogiorno del 24 occupava Pontecorvo, a prezzo di gravissime perdite da ambo le parti.
Nel frattempo unità corazzate canadesi della Lord Strathcona Horse, appoggiate da battaglioni di fanteria autotrasportata del Westminster Regiment, nel pomeriggio del 24 maggio occuparono un guado sul fiume Melfa e lo difesero per tutta la notte dai contrattacchi della 90a Panzer Grenadieren del colonnello Baade: la linea Hitler aveva ceduto e con i francesi che alla stessa data si erano già spinti verso il fiume Sacco e la città di Ceccano, 20 chilometri più avanti, fù chiaro che l'intero settore della ritirata tedesca poteva essere tagliato, chiudendo tutte le forze in una grande sacca.
Von Senger ordinò pertanto alle disorganizzate unità di fanteria, di spostarsi indietro fino ad un punto di concentramento presso Frosinone, inviando nel contempo la 29a divisione Panzer Grenadieren a contrastare l'avanzata del Corpo di Spedizione Francese in direzione della statale n.6 Casilina. Disperatamente le formazioni tedesche in ritirata sugli Aurunci, confluirono verso San Giovanni Incarico, pressate dalla 3a divisione algerina che occupava il piccolo centro con unità corazzate il giorno 20 maggio. Sfilando attraverso Ceprano, si diressero in direzione di Arce e qui piegando per la statale della valle del Liri, proseguirono lungo vie secondarie in direzione di Frosinone.
Fino al giorno 28 maggio i paracadutisti tedeschi della 1a Divisione riuscirono a bloccare l'avanzata delle truppe corazzate della 6a divisione in prossimità di due modeste alture davanti ad Arce, poi decimati si ritirarono anch'essi: anche da Ceprano oramai non giungeva più nessuno. Il paese era stato occupato dalle truppe canadesi e l'ordine perentorio di Alexander che inibiva alle formazioni francesi di attraversare il fiume Sacco e così tagliare la ritirata delle unità tedesche lungo l'asse della Casilina, impediva una grande vittoria strategica.
Epilogo
Lasciandosi alle spalle 20.000 prigionieri e probabilmente più di 10.000 tra morti e feriti, le due armate tedesche sconfitte ripiegarono veloci verso nord. Il sacrificio delle loro migliori unità non aveva impedito il collasso del fronte ed il dilagare delle truppe coloniali che, nella loro rapida avanzata, non avevano risparmiato ogni sorta di brutalità nei confronti dei militari germanici e delle stesse popolazioni inermi. Con la speranza che la bufera della guerra stesse oramai per passare ed in attesa dei "liberatori", quest'ultime non potevano certo immaginare di avere davanti a loro un futuro ancora peggiore, di dover subire tutta la barbarie e l'orrore delle truppe al comando del Generale Alphonse Juin, che in questo modo hanno impresso un marchio d'infamia sull'onore dell'Esercito francese.
I marocchini di Juin "riscattano" l'onore della Francia
I gourmiers marocchini, 12.000 "diavoli" provenienti dalle montagne del Riff, fanno parte del Corpo di Spedizione
Francese comandato dal generale Juin.
Divisi in bande più o meno regolari, dette tabor ed affidati ad ufficiali
francesi, combatterono una guerra feroce, senza regole: non fanno prigionieri, anzi sono abituati a portare indietro come
trofei, teste, orecchie e testicoli mozzi, vivono di saccheggi e sono dediti ad ogni sorta di violenza. Il perché del
loro invio in Italia attende ancora una risposta e Juin, nelle sue memorie, non dedica neppure un rigo per compiangere
le popolazioni che furono travolte dalla furia di questi individui. Forse agì nei francesi una sorte di spirito di
vendetta contro l'Italia della "pugnalata alla schiena". Resta il fatto che i goumiers lasciarono un segno del
loro passaggio difficilmente cancellabile. Utilizzati dal comando della 5a Armata come truppe d'assalto, questi soldati
in bourms (la tunica che indossavano n.d.r.) e turbante si rivelarono imbattibili. L'11 maggio inizia il loro assalto in direzione di monte Maio e monte
Petrella: i capisaldi tedeschi resistono 48 ore, poi i difensori sono travolti e tagliati a pezzi. Davanti ai gourmiers
scatenati ora non ci sono più montagne deserte, ma villaggi abitati e ricchi di prede.
Ha inizio così un saccheggio senza precedenti e per due settimane le popolazioni inermi dei centri ciociari, restano in balia di questi ossessi. I primi due paesi martoriati sono Ausonia ed Esperia: qui, in pratica, nessuna donna sfugge alla violenza. Si registrano casi pietosi: madri che si fanno uccidere per difendere le loro figlie, uomini che subiscono la stessa sorte delle donne che tentano di salvare, ad Esperia una vecchia di ottant'anni e sua figlia, subiscono la violenza. In totale, nei due centri, le vittime saranno 500, ma molti casi non vengono denunziati per pudore: quasi tutte le vittime, inoltre, risulteranno infettate. Dopo la conquista di Roma, i gourmiers vengono rimpatriati: la gente ricorderà a lungo le loro terribili gesta e definirà "marocchinate" tutte le violenze che in futuro dovrà subire da parte delle truppe alleate.
Bibliografia
Credito
Questo articolo è tratto da un pieghevole che l'Associazione Historia realizzò nel 2000 in occasione di un raduno di mezzi militari dell'IMVCC Sezione centro Italia.
Il testo è di Francesco Arcese e del dott. Massimo Mortari, la ricerca iconografica è di Mauro Lottici.
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.