LA BATTAGLIA DELLE MAINARDE
I combattimenti sul fronte italiano nell'inverno 1943-44
Il dispositivo difensivo e le forze in campo
Il Comandante delle forze tedesche, il generale Ringel, assume la responsabilità del settore delle Mainarde il 22 dicembre 1943 e dispone dell'85° e 100° reggimento di fanteria, un reggimento di artiglieria da montagna, vari battaglioni da ricognizione, del raggruppamento Bode costituito dal 576° reggimento già della 305a divisione e del III° battaglione indipendente cacciatori alpini.
Di fronte a loro sono schierate le truppe nordafricane del Corpo di Spedizione Francese, agli ordini del generale Juin, che dispone della 2a divisione di fanteria marocchina composta dal 4°, 5° ed 8° reggimento al comando del generale Dody e della 3a divisione di fanteria algerina composta dal 3°, 4° e 7° reggimento al comando del generale De Monsabert, quest'ultima in linea a partire dal 31 dicembre 1943.
Il 12 dicembre il generale Dody assume il comando del settore ai due lati della strada Colli-Atina e individua gli
obiettivi del primo attacco in direzione di San Biagio Saracinisco: quota 1025 e 1029 a nord di Cardito e monte Monna
Casale a sud. Di fronte ai francesi è schierata la 305a divisione di fanteria al comando del generale Hauck, che a
costo di pesanti perdite perde monte Pantano il 16 dicembre.
La divisione marocchina riceve l'ordine di lanciare l'8° reggimento contro la Catenella delle Mainarde, che culmina a
quota 1478, mentre in appoggio, il 5° reggimento marocchino si portera' verso Monna Casale, attraverso le quote 1220 e
1225. Il 26 dicembre inizia l'offensiva ed il 3° battaglione dell'8° reggimento marocchino arriva in prossimità della
cresta delle Mainarde, ma un improvviso contrattacco tedesco, portato dal 115° Reggimento Panzer Grenadieren, giunto a
dar man forte al provato 100° reggimento cacciatori alpini, lo rigetta indietro.
Il 27 dicembre, l'offensiva viene ripresa e le truppe marocchine conquistano la posizione. A questo
punto i loro assalti vengono diretti un pò più a sud, in direzione di Monna Casale, o piuttosto contro i suoi accessi
costituiti da una collina a due cime detta "i Gemelli" che viene presa ma subito abbandonata a causa dell'intenso fuoco
d'artiglieria tedesco.
Nei primi giorni del 1944 la divisione algerina al comando del generale Goislard de Monsabert, si dispone a sud delle posizioni
occupate dalla fanteria marocchina. Il 10 gennaio il
generale Alphonse Juin emana gli ordini per l'attacco generale dell'intero Corpo di Spedizione Francese che prevede il
superamento del Rio Chiaro, la conquista di Costa San Pietro, delle quote 1025 e 1029 nonché delle cime 1225 e 1220 in prossimità dei "Gemelli".
La battaglia per Costa San Pietro
Di faccia alle due divisioni francesi, il fronte è tenuto da una divisione d'elite tedesca, la 5a Gebirgsdivision, della quale
l'85° reggimento è schierato in forze di fronte alla 2a divisione marocchina ed il 100° contro la 3a divisione algerina.
Come previsto, il bombardamento alleato si abbatte sulle posizioni tedesche e la 2a divisione di fanteria marocchina si
lancia all'attacco, seguita dalla divisione algerina: i marocchini mettono piede su quota 1025 e conquistano il giorno
seguente quota 1029, ma la resistenza tedesca è inflessibile su Costa San Pietro, che culmina a quota 1450 dapprima
presa dall'8° reggimento marocchino ma subito riconquistata dagli uomini del 15° reggimento panzer grenadierer.
A costo di pesanti perdite la posizione è di nuovo ripresa dai marocchini che respingono i contrattacchi tedeschi
appoggiati anche dalla Luftwaffe. Costa San Pietro deve essere tenuta a qualsiasi costo e da li l'8° reggimento dovrà
avanzare sulla strada per Atina verso San Biagio Saracinisco.
La battaglia del 13 gennaio 1944 si sviluppa in due settori precisi: a nord il III° battaglione dell'8°
reggimento marocchino è sottoposto ad incessanti contrattacchi sulla Costa San Pietro, mentre a sud la Monna Casale è
conquistata dal 7° reggimento che s'impadronisce di Monte Passero e di Monna Acquafondata.
Le perdite francesi sono pesanti: 800 uomini in tutto tra morti, feriti, malati e dispersi, ma anche da parte tedesca
la battaglia è stata terribile. Più che le perdite territoriali, sono quelle in uomini e mezzi a rivelarsi pesanti: i
francesi hanno catturato 231 prigionieri, senza contare i feriti. Alcune unità risultano semplicemente annientate, come
il 1° battaglione dell'85° Gebirgsjager Regiment, il 115° Panzer Grenadieren Regiment che si è letteralmente sacrificato
sui costoni di Costa San Pietro.
Il 14 gennaio la difesa tedesca si riduce nettamente e le divisioni di Monsabert e Dody procedono senza troppe difficoltà,
conquistrando Vallerotonda e Sant'Elia Fiumerapido. Il giorno seguente l'inseguimento continua, ma i tedeschi
irrigidiscono la loro difesa, specie a Sant'Elia sovrastata dal monte Cifalco, dai cui osservatori i difensori dirigono
un'efficace tiro d'artiglieria che provoca pesanti perdite agli algerini.
La difesa del monte Santa Croce
A nord la difesa tedesca è più vigorosa, specie sul monte Santa Croce: i francesi sono giunti, senza
saperlo, sulla linea Gustav propriamente detta e l'attacco per il suo sfondamento, affidato a due reggimenti marocchini
ed uno algerino, viene programmato per il mattino del 21 gennaio. I difensori tedeschi appartengono all'8° Panzer
Grenadier Regiment, un'unita' appena giunta in prima linea, che oppone però una ostinata resistenza e riesce a
rigettare indietro di 500 metri gli attaccanti del 5° reggimento marocchino spintisi fino a pochi metri dalla cima.
La risposta francese è immediata ed un violento corpo a corpo nell'oscurità totale si sviluppa sulle pendici del Santa
Croce: al levare del giorno un silenzio pesante scende sull'inferno del campo di battaglia ma l'offensiva riprende verso
le 14:00 e gli attaccanti riguadagnando in una mezz'ora il terreno perduto al mattino, riescendo a conquistare infine
la cresta del monte, con i tedeschi solidamente trincerati in contropendenza.
Nella mattinata del 24 gennaio, i difensori lanciano due compagnie contro la vetta ma il 5° reggimento marocchino le respinge non senza difficoltà. Subito si abbatte un violento fuoco di mortai contro questi ultimi, immediatamente seguito da un nuovo contrattacco che permette la conquista della vetta e l'arretramento delle truppe francesi di circa 300 metri. Il generale Dody vorrebbe riprenderla subito, ma Juin si oppone: tutto il peso dei combattimenti deve essere portato adesso contro la collina del Belvedere ad ovest della città di Cassino e per la 2a divisione di fanteria marocchina la battaglia per la linea Gustav è momentaneamente terminata.
Un primo bilancio
La battaglia attraverso le alte creste delle Mainarde, si rivela particolarmente pesante per i due
contendenti, sia per le terribili condizioni climatiche che determinano congelamenti e la morte dei soldati rimasti
feriti sul campo, sia per la violenza degli scontri portati spesso a distanza ravvicinata con combattimenti del tipo
"corpo a corpo".
La stessa natura del terreno in gran parte roccioso, amplifica gli effetti delle esplosioni delle granate, scagliando
micidiali piccolissime schegge di roccia in ogni direzione. Durante tutto il mese di gennaio 1944 la 2ª divisione di
fanteria marocchina ha perso 578 uomini, dei quali 19 ufficiali, ha avuto 2329 feriti tra i quali 29 ufficiali nonchè
114 dispersi. In tutto 3021 uomini, ai quali bisogna aggiungere 900 evacuati per congelamento agli arti inferiori e
senza contare altresì gli uomini caduti malati.
Le perdite tedesche sono impossibili da quantificare, ma la conta dei prigionieri è presto fatta: circa 500 uomini. Gli
interrogatori degli stessi inoltre, hanno dato alcune terribili indicazioni: i combattimenti sul monte Santa Croce sono
stati molto costosi in termini di vite umane per i prussiani dell'8° Panzer Grenadier Regiment: l'11a compagnia, ad
esempio, risulta ridotta a soli 12 uomini dopo quattro giorni di combattimento.
Ma il nemico non e' per nulla demoralizzato, come attesta questo rapporto del 2° Ufficio Informazioni della 2a divisione
marocchina:
...cadetti e prigionieri, tutti hanno fede nella vittoria finale tedesca. Essi hanno profondamente radicata la convinzione dell'incontestabile superiorità del soldato tedesco, per ammettere seriamente l'ipotesi di una sconfitta. L'atteggiamento varia a seconda del temperamento e dell'educazione, ma la certezza è presente in maniera identica: il soldato tedesco vincerà, la razza tedesca deve vincere".
Il monte Santa Croce è rimasto in mani prussiane.
I difensori delle Mainarde
"Nella notte dal 21 al 22 dicembre 1943, in fila indiana, degli uomini vestiti di bianco, un edelweiss sul berretto di panno, salgono dal sentiero innevato verso la prima linea: tra le rovine, cannoni da montagna prendono posizione. Sulla cresta, pattuglie di sciatori vanno ad esplorare la conca verso la valle di Mezzo, a circa 2000 metri di altitudine.
Queste truppe d'elite non soffrono nè la montagna nè il freddo: nati per la maggior parte tra le Alpi della regione di Salisburgo, hanno avuto un educazione ed un istruzione militare tale da renderli specialisti della guerra in montagna.
Essi hanno confermato le loro qualità nel corso delle campagne di Grecia e di Creta, ove hanno combattuto a fianco dei paracadutisti che ritrovano schierati a difesa di Cassino, ed hanno superato la prova del freddo nelle foreste che circondano il Lago Ladoga. E' la che sono stati rilevati il 22 novembre 1943 ed hanno visto nascere nei loro cuori la speranza di rivedere il loro Paese natale.
I treni che li trasportano, traversano con loro immensa gioia la Prussia Orientale, la Germania, le valli delle Alpi, ma non si fermano. Diventa chiaro che i cacciatori della 5a divisione da montagna della Wehrmacht hanno lasciato il fronte russo per quello italiano.
La loro delusione è grande quando, scesi dal treno, vengono avviati senza il meritato riposo, verso le alte e rudi creste innevate della Catenella delle Mainarde."
Tratto da "I combattenti austriaci delle Mainarde" del 2° ufficio Informazioni della II Divisione di fanteria marocchina.
Bibliografia
Credito
Questo articolo è tratto da un pieghevole che l'Associazione Historia realizzò nel 2002 in occasione di un raduno di mezzi militari dell'IMVCC Sezione centro Italia.
Il testo è di Francesco Arcese e del dott. Massimo Mortari, la ricerca iconografica è di Mauro Lottici.
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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28/06/2002 | richieste: 5955 | PIERRE LE GOYET
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