GENIERI PER 6 MESI AL FRONTE DI CASSINO
Premessa
Proponiamo ai nostri lettori la trascrizione integrale di una memoria del geniere Giancarlo Poletti, scritta nel 1993.
Poletti, che è mancato il 18 marzo 2001, nel 1943-1944 fu inquadrato nel 108° battaglione Fortificazioni Campali "B. Grilli", 1^
compagnia, 3° plotone, 6^ squadra.
La memoria è stata pubblicata in forma manoscritta sulla rivista "ACTA", alla cui direzione
va la nostra gratitudine per averne permesso la riproduzione. [1]
Questo documento è stato redatto a più di cinquant’anni dai
fatti descritti. Nella stesura che proponiamo non è stato tolto, corretto o modificato nulla del testo originale, anche
se esso risente, in alcuni passaggi, della lontananza temporale dagli avvenimenti descritti.
Ci siamo quindi limitati ad
aggiungere alcune note esplicative, anche alla luce dei ricordi di un altro geniere del medesimo battaglione, Franco Busatti,
del quale abbiamo pubblicato il diario già da tempo. [2]
Inoltre dobbiamo sottolineare che la responsabilità di quanto contenuto
nella seconda parte del testo, in particolare per quanto riguarda il racconto della fucilazione di un sottufficiale dell’Aeronautica
italiana, ricade sull’autore e viene riportata senza commenti soltanto nel rispetto della versione originale del documento.
Ciò anche in assenza di qualsiasi prova documentale dell’accaduto.
Lo scopo di questo sito resta ed è quello di ricordare
tutto ciò che avvenne durante i cinque mesi di permanenza del fronte attorno a Cassino, senza nessun pregiudizio e nel rispetto
dei tanti caduti di entrambi gli schieramenti e delle sofferenze causate dalla guerra alle popolazioni civili.
In questo
caso il nostro intento vuole essere quello di facilitare la ricerca sui reparti italiani che si ritrovarono nella battaglia,
nolenti o volenti, dalla parte tedesca, sui quali è sceso nel corso degli anni il più totale silenzio. [3]
Un ringraziamento ad Alberto Turinetti di Priero per la rilettura della trascrizione e l'aiuto nel reperimento delle note al testo.
Trascrizione della memoria del geniere Giancarlo Poletti
A fine novembre 1943 mi presentai al distretto militare di Perugia chiedendo di essere impiegato in modo concreto alla
difesa del suolo patrio.
Il 29/12 si costituì il 1° Battagl. Reclute composto da umbri ed emiliani (in maggior parte di
Parma).
Un mese di affrettatissimo addestramento e finalmente nella notte del 29 dicembre suonò improvvisamente la sveglia.
Si parte. [4]
Alla stazione ferroviaria ci attendeva una lunga ("tradotta" ndr) di carri bestiame, dove presero posto i 700/800 soldati
del battaglione, divenuto nel frattempo 108° Battaglione Fortificazioni campali. [5]
All’alba, purtroppo, il convoglio fu avvistato
da un ricognitore e poco dopo attaccato da caccia bombardieri. Fortunatamente eravamo nei pressi di Palestrina e prima di
essere colpito ("il treno" ndr) riuscì ad infilarsi nella galleria. Gli aerei bombardarono però la linea ferroviaria davanti
e dietro la galleria e rimanemmo quindi immobilizzati. Ci rimanemmo tre giorni e tre notti: furono un incubo, 800 persone
al buio con limitatissime possibilità di movimento. [6]
Il 3 gennaio 1944, finalmente si presentò nel pomeriggio una colonna
di camion tedeschi. Salimmo a bordo e partimmo. Felici di essere usciti da quella trappola ci mettemmo a cantare. [7]
Non sapevamo
la nostra destinazione e guardavamo i cartelli stradali: quando cominciarono a segnalare le distanze, sempre decrescenti,
con Venafro, capimmo che era prossima la nostra destinazione, infatti questa località era già stata occupata dagli anglo-americani.
Eravamo a Pontecorvo. Appena saltati a terra alle ultime luci assistemmo ad un duello aereo a bassa quota tra un aereo inglese
ed uno tedesco. Purtroppo quest’ultimo ebbe la peggio, prese fuoco e precipitò. Voglio ricordare questo episodio perché
mai più vedemmo aerei germanici. Pontecorvo aveva subito in Novembre devastanti bombardamenti aerei e tutta la popolazione
era fuggita. [8]
Ci acquartierammo in una grande chiesa situata nella parte bassa della cittadina. L’aveva evacuata pochi giorni
prima un reparto della 90 Div. P.Gren.. [9]
La spinta offensiva del nemico stava prendendo forza, comunque per tutta la notte
sentimmo il classico fischio delle cannonate che, fortunatamente, passavano sopra l’edificio e scoppiavano sulla collina
alle nostre spalle.
Al mattino si presentò un caporale della 90 div. che ci accompagnò appena oltre il ponte sul Liri. Era
un curioso ponte curvo che aveva dato il nome alla località. Dietro sue istruzioni (era un ingegnere!) iniziammo la costruzione
di un BUNKER. In una buca profonda 4 metri veniva calato un fortino in acciaio di elevatissimo spessore, rinforzare ("rinforzato" ndr) con cemento
armato e ricoprire ("ricoperto" ndr) il tutto con la terra.
Fuori restava solo un cannone anticarro
su torretta girevole e una postazione ("di una" ndr) mitragliatrice. [10]
Per Pontecorvo, unico ponte sul Liri, transitavano di notte, per sfuggire al controllo aereo, tutti i rifornimenti alle divisioni tedesche che tenevano il fronte dagli AURUNCI
alla piana di CASSINO. Era veramente di importanza vitale.
Gli americani, poiché non riuscivano, per la sua ubicazione,
a centrarlo con le cannonate dell’ottimo 155, iniziarono sistematici bombardamenti aerei.
Un mattino arrivarono bassi, molto
bassi, una ventina di bimotori HALIFAX. Intorno al ponte c’erano tante batterie contraeree. La Flak ottenne una vittoria
strepitosa abbattendo una dozzina di aerei: centrati in pieno scoppiavano come zucche o cadevano a terra in fiamme. Alcuni
piloti si gettarono col paracadute e vennero presi. [11]
Anche la mia compagnia [12] ne prese uno. Era un canadese che ci disse che
la formazione era partita dall’Africa settentrionale e rimase altamente stupito nel constatare che eravamo Italiani.
La
dura lezione fece cambiare le modalità del bombardamento; due giorni dopo (? sic! ndr) tutti i giorni verso mezzogiorno
arrivavano stormi di quadrimotori che scaricavano da altissima quota: iniziavano 2/3 km prima dell’obbiettivo e finivano
2/3 km dopo. [13]
Il terreno intorno era sconvolto, ma il ponte ed il bunker non vennero mai centrati. [14]
Nel giro di una quindicina di giorni il bunker, per quanto riguardava la nostra opera, era terminato; subentravano ora gli specialisti.
Ci spostammo
in direzione di Aquino e ne iniziammo la costruzione di un altro. Purtroppo la ricognizione aerea ci aveva individuato e
quotidianamente faceva convergere in quel punto nutritissime salve di cannoni che ci procuravano perdite dolorose.
Quello
comunque non fu un bunker fortunato. Come Dio volle finimmo lo sbancamento ma il fortino in acciaio non vi fu calato.
Il
trasporto su ruote, un mezzo apposito, nella notte fini fuori strada e il bunker in acciaio scivolò giù dal trasporto sul
ciglio della strada e lì rimase.
I primi di febbraio ci trasferimmo dinanzi a Ceprano. Prima curammo la mimetizzazione di
un bunker costruiti (sic! ndr) da altri, poi affluirono altre compagnie del 108.
Sotto la guida del solito caporale ingegnere
costruimmo una strada nei pressi di S.GIOVANNI IN CARICO dove fu gettato anche un ponte di barche.
Il 15 febbraio assistemmo
alla distruzione dell’Abbazia di Montecassino. Per tutto il giorno formazioni su formazioni di bombardieri si accanirono
sulla Abbazia. Anche l’artiglieria faceva la sua parte.
Uno spettacolo terrificante.
Il giorno seguente gli alleati passarono
all’attacco certi di non trovare più difensori. Trovarono invece i paracadutisti della 1ª Div. che inflisse loro una sonante
sconfitta.
Il giorno dopo tutto era finito.
Trascorse un mese di grande tranquillità. Non solo l’artiglieria ma anche l’aviazione
sembrava scomparsa.
Unica presenza, di giorno, l’immancabile ricognitore.
La mattina del 15 marzo si scatena l’inferno per
Cassino. Formazioni su formazioni di bombardieri scortate da stormi di caccia, si avvicendavano su quella località scaricando
tonnellate di bombe.
Verso mezzogiorno anche l’artiglieria inizia il bombardamento tambureggiante di Cassino.
Assistevamo
con il cuore in bocca, ritenendo che questa volta riuscissero a passare. I paracadutisti della 1^ Div. fecero però il miracolo
anzi alcune formazioni di indiani, neozelandesi e britannici rimasero in trappola e si arresero; con vera soddisfazione
vedemmo sfilare lunghe colonne di prigionieri. L’offensiva andò avanti fino al 23 marzo e poi si spense.
Era giunto anche
per noi il momento del riposo. Fummo fatti arretrare nelle campagne della Ciociaria a contatto con i contadini che non avevano
abbandonato le proprie case.
Alla fine di marzo altro trasferimento.
Ritornammo a Pontecorvo: pensavamo di rioccupare la
stessa chiesa, ma invece trovammo altri inquilini. Si trattava di una formazione di Russi-ucraini con le loro rise ("divise" ndr)
(esclusa la stella rossa) con i loro carriaggi e il loro armamento. [15]
Noi procedemmo per la strada che conduce ad ESPERIA
ed AUSONIA e raggiungemmo S.OLIVA.
Lì dovevamo acquartierarci. Avevamo ancora gli zaini sulle spalle, quando scoppiarono
tra di noi diverse granate provocando morti e feriti.
Frugammo febbrilmente tutte le case e dentro una di queste, celato,
rinvenimmo un apparecchio rice-trasmittente. Il proprietario era un sottufficiale, in abiti civili, dell’aviazione che aveva
segnalato al nemico il nostro arrivo.
Evitò la giustizia sommaria, come pretendevano i camerati dei caduti, e venne consegnato
al comando tedesco che lo processò e lo condannò alla fucilazione. [16]
Immediatamente sgombrammo la località e ci trasferimmo
sulle pendici degli AURUNCI proprio alle spalle di ESPERIA, completamente deserta. Ci attendammo opportunamente defilati.
Era un posto di avvistamento stupendo.
Davanti c’era la linea del fronte poco avanti a S.GIORGIO A LIRI, PIGNATARO (Pignataro
Interamma n.d.r.) e CASSINO.
Alle spalle c’era S.OLIVA dove, in una caverna proprio sopra il paese, i tedeschi avevano insediato
una batteria di grossi calibri su rotaie, che aprivano il fuoco più volte al giorno; il colpo, formidabile, provocava uno
spostamento d’aria tale da spalancare la mia tenda.
Fummo destinati alla 71^ Div. di fanteria, che controllava il territorio,
e destinati a realizzare un progetto ambizioso: una funivia (teleferica n.d.r.), che partendo dal fondo valle raggiungesse
le quote più elevate allo scopo di portarvi artiglieria e fortificazioni fino a quel momento completamente inesistenti. [17]
Era noto infatti che quello era il punto più debole del fronte e che, dall’altra parte, c’erano le divisioni di MAROCCHINI
e ALGERINI [18], gente feroce abituata a combattere su di un terreno aspro e selvaggio come quello degli AURUNCI.
Si lavorava
esclusivamente di notte, nel buio più completo. Ci mettemmo un impegno straordinario tanto che in 10/12 giorni fu allestita
la stazione di partenza e altri tre punti vennero congiunti dal cavo in acciaio.
Il 10 maggio venne KESSELRING ad ispezionarci.
Era in una campagnola con altri 3 ufficiali e si congratulò con noi per quanto avevamo fatto fino a quel momento.
Nella
notte ebbe inizio un bombardamento di artiglieria di intensità inaudita. [19]
Le esplosioni erano così tante che ci si vedeva
come di giorno. Erano migliaia di bocche di fuoco. Fortunatamente i proiettili passavano sopra di noi e si scaricavano sul
monte alle nostra spalle.
Quella musica andò avanti qualche giorno quando dal comando della 71ª ricevemmo l’ordine di far
saltare tutto quanto avevamo fatto.
Ci recammo ancora una volta tra quei monti e con la dinamite distruggemmo il nostro
lavoro.
Verso sera iniziammo il ripiegamento.
L’ordine era di raggiungere PICO, ma dovevamo arrivarci scalando i monti per
raggiungere la strada che da ITRI porta a PICO.
Prima partirono i feriti e i malati; purtroppo c’era ancora troppa luce
tanto che vennero ripetutamente mitragliati da aerei nemici. Anche la mia squadra era sul punto di muoversi quando comparve
un ufficiale: era al comando di autoambulanze cariche di feriti. Le voragini apertesi sulla strada ne impedivano il passaggio.
Chiese 10 volontari; ne trovò 12.
Ci accompagnò sul luogo raccomandandoci di guardarlo, ci avrebbe fatto sapere lui quando
fosse il caso di saltare nelle buche.
Lavorando febbrilmente rovesciammo dentro di tutto: automezzi, autoambulanze sventrate,
cadaveri, pietre e terra.
La colonna, con il suo carico di feriti, poté riprendere il suo viaggio; quel giovane ufficiale
volle stringere la mano ad ognuno di noi.
A gruppi di 2 o 3 al massimo iniziammo a ritirarci. Camminando tutta la notte,
all’alba eravamo a PICO. Il paese, sottoposto a bombardamenti senza interruzione, era un inferno.
Trovammo rifugio al cimitero
e li ci riposammo.
Accanto c’erano alcune tende della Croce Rossa e trovammo un ufficiale medico italiano.
Era stravolto:
non dormiva da 72 ore.
Ricevemmo l’ordine di un nuovo ripiegamento.
Il nuovo punto di raccolta era FROSINONE.
Si camminava
esclusivamente di notte allo scopo di sottrarci agli aerei da caccia che, come ho sperimentato personalmente, si accanivano
anche contro uno o due soldati.
Giunti a Frosinone trovammo la città che aveva appena subito un terribile bombardamento
aereo: c’erano macerie ovunque e anche tanti cadaveri.
Proseguimmo per ALATRI e GUARCINO dove incontrammo il raggruppamento
corrazzato H.G. (Hermann Goering n.d.r.) che si trasferiva dal fronte di ANZIO a quello più a sud.
Era impossibile, in quei frangenti, poterci riorganizzare e di conseguenza il nostro obbiettivo immediato era quello di sfuggire all’accerchiamento.
A marce forzate raggiungemmo FILETTINO GRAZIANI e poi SUBIACO, ARSOLI, CARSOLI e RIETI che presentava i segni di recentissimi
bombardamenti.
Di lì a TERNI e finalmente PERUGIA, precedendo di 3 o 4 giorni le truppe angloamericane. [20]
Perugia, 10/12/1993
Giancarlo Poletti
Note
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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Il diario di guerra del sergente A.U.C. Franco Busatti, appartenete alla 2ª compagnia, 108° Battaglione Genio “B. Grilli”, 51° Reggimento Fanteria. Tenuto tra il 6 dicembre 1943 e il 14 giugno 1944.
Questo battaglione era posto alle dipendenze del 791° Battaglione Pionieri tedesco, di stanza nelle immediate retrovie della linea Gustav.
07/09/2004 | richieste: 7521 | VARI
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