LA “B” COY DEL 28° BTG MAORI SCRIVE UN’ALTRA PAGINA DELLA SUA STORIA – CASSINO, 17/19 MARZO 1944.
Anche in questo articolo, come nel precedente, divulgo delle lettere scritte da alcuni Reduci della battaglia di Cassino a Walter Nardini.
Si tratta in questo caso del capitano Matarehua Wikiriwhi, comandante della Compagnia "B" del 28° Battaglione "Maori", il quale, nel 1972, racconta del fallito attacco alla stazione ferroviaria di Cassino.
Ringrazio ancora Walter Nardini per avermi regalato il suo archivio, ricco di lettere e di testimonianze dirette tramite le quali molti Reduci,
di ogni nazionalità o parte in lotta, raccontano quanto da loro vissuto. Egli ha saputo abilmente unire tali memorie con un unico filo conduttore
ponendo questi uomini al centro delle vicende come protagonisti e dimostrando così che la storia è scritta anche da persone comuni, uomini a cui Walter
ha voluto dare un nome, rendendo loro merito, senza giudicarli.
Ciò trova conferma nell’incipit del suo libro: "...perché le imprese degli uomini col tempo non cadano in oblio, né le gesta grandi e meravigliose
delle quali han dato prova rimangano senza gloria". Erodoto, Le storie. Libro primo.
Ringrazio altresì il dott. Riccardo Fusco per la traduzione dall’inglese all’italiano e Livio Cavallaro, amico di vecchia data a cui mi accomunano legami e passioni indissolubili, per la consulenza tecnica.
Ritengo opportuno precisare che il presente articolo ha il solo scopo di divulgare integralmente documenti e lettere, la cui valutazione d’importanza
è rimessa al lettore, e pertanto l'articolo viene pubblicato sia sul sito www.dalvolturnoacassino.it (questo sito, n.d.r.) sia sul sito
www.historiamilitaria.it.
Dalla traduzione dei documenti potrebbero emergere delle imprecisioni temporali o una non corretta attribuzione di nomi a luoghi o a persone; ho
preferito lasciarle così, come riportate dall'autore degli scritti.
La storia racconta...
Contemporaneamente agli attacchi montani, tra il 16 e il 18 febbraio 1944, i Neozelandesi tentarono di sfondare nella Valle. Il piano prevedeva la conquista della stazione ferroviaria e del paese di S. Angelo in Theodice, in modo che potessero avanzare senza problemi i carri armati che avrebbero sfondato definitivamente il catenaccio difensivo tedesco. L’attacco alla stazione era stato preceduto da un’intensa attività di pianificazione che aveva visto lo studio del terreno sia con l’osservazione effettuata da Monte Trocchio sia con l’invio di pattuglie esploranti. Queste, però, non riportarono mai elementi di particolare rilievo poiché i tedeschi, in ottemperanza ad un preciso ordine del generale Baade, non dovevano contrastare l’attività di ricognizione nemica, salvo in caso di strenua necessità, per evitare di rivelare le loro posizioni. L’attacco alla stazione ebbe inizio il 17 marzo 1944 e terminò dopo due giorni. Gli attaccanti, le compagnie A-B-C del 28° Battaglione Maori, comandato dal Ten. Col. Roussel T. Young, furono respinte. Di seguito il racconto del capitano Matarehua Wikiriwhi, comandante della "B" Coy, che aveva alle sue dipendenze tre plotoni, il 10°, l’11° e il 12°, comandati dai tenenti Tini Crapp, George Ashar e George Takurua, questi ultimi due deceduti in battaglia.
Capitano Matarehua Wikiriwhi
Chiamato comunemente "Monty", il capitano Matarehua Wikiriwhi, matricola 38282, era nato il 4 aprile 1918 a Whakarewarewa (Nuova Zelanda).
Aveva ricoperto per lungo tempo l’incarico di Ufficiale Addetto alla sezione Intelligence del Comando del 28° Battaglione fino a quando ebbe
l’incarico di Comandante della Compagnia "B" della medesima unità. Ferito durante l’attacco alla stazione ferroviaria di Cassino, fu rimpatriato
poco dopo e rientrò a Wellington, Nuova Zelanda, il 1° maggio 1944, esattamente quattro anni dopo la sua partenza.
Buon giocatore di tennis da tavolo
e golf, diplomato in agraria, morì il 29 ottobre del 1988 all’età di 70 anni.
* * *
7 Giugno 1972
Caro Dottor Nardini,
quando le mandai i miei appunti su Cassino 1944, lo facevo mentre ero in vacanza e non avevo accesso agli archivi ufficiali del Battaglione. Gli
appunti che le avevo mandato erano presi da un mio diario personale che tenevo "ufficiosamente".
Avendo ora letto pagina 359 della Storia, sono d’accordo con "12° Plotone vacillò momentaneamente, ecc.". A pagina 360 il riferimento alla Compagnia
B trattenuta dal fuoco di 4 MG in una casa, ecc. sono anche giusti. Credo fosse l’11° Plotone che alla fine liberò le postazioni. Temo di non poter
aggiungere altro a quanto scritto.
Mi dispiace che, sia Tutu Wirepa che Jim Matehaere, non l’abbiano degnata della cortesia di una risposta ma posso capirlo, i Maori sono pessimi
scrittori di lettere e troviamo che, nel nostro lavoro Dipartimentale, non vi sia sostituto migliore al contatto diretto. Nel vostro caso,
naturalmente, la distanza rende la cosa impraticabile.
Sarei davvero interessato a cosa avrebbe da dire il Sig. P. Hoffman e sarei lieto di scambiare con lui appunti e saluti. Ancora una volta devo
scusarmi per questo ritardo nel risponderle che è dipeso dagli impegni di lavoro.
Arrivederci
Vostro
M. Wikiriwhi
***
RACCONTO DEL CAP. M. WIKIRIWHI – CTE COMPAGNIA “B” DEL 28° BTG MAORI
Ci siamo mossi dall’area di Castelforte sul fronte dell’Ottava Armata il 19 gennaio del 1944. Dopo aver viaggiato per circa 230
miglia da Termoli, Lucera, Ariano, Cicciano e Caserta, e raggiungemmo la nostra nuova zona ad Alife alle 08:45 di venerdì 21 gennaio. Il ricordo
principale di quel viaggio attraverso l’Appennino è la sfida ingegneristico-stradale di costruire una strada lungo quei dirupi, su strutture di
tipo a cavalletto, dove le normali metodologie di costruzione erano impossibili. Restammo ad Afile per circa due settimane. Durante questo periodo
abbiamo fatto molte esercitazioni di attraversamento fluviale con battelli d’assalto, di arrampicate in montagna, attacchi di fanteria usando
munizioni vere e, generalmente, tutte le esercitazioni in attesa dello sforzo importante quale quello di Cassino.
Parlando di cose più mondane mi ricordo che giocavamo molto al nostro passatempo nazionale, il Rugby, e il 27 gennaio ci siamo presi una giornata di riposo per
visitare Napoli e Pompei. Sono rimasto molto colpito dalle rovine di Pompei [1]. Ad Alife abbiamo ricevuto, dalla Base Avanzata, 20 rimpiazzi molto
necessari. Avevamo subito molte perdite ad Orsogna ed in altre azioni sulla costa Adriatica.
Da Alife a Monte Trocchio e Cassino
Ci siamo mossi da Alife al Trocchio sabato 5 febbraio. Il viaggio si svolse senza intoppi e prendemmo posizione sul lato sotto vento del Monte
Trocchio. Le posizioni erano state preventivamente occupate dal Northern Reconnaisance Unit della 36° Divisione della II US Corps. Ricordo che gli Americani
erano molto socievoli, con un equipaggiamento e razioni superiori alle nostre, ma non erano molto preoccupati dalla serietà dei combattimenti – questo
non sia visto come una critica dei nostri Alleati Americani. Avevano semplicemente un approccio diverso dal nostro.
Lo scambio tra le unità rappresentò un lavoro complesso, le piogge torrenziali ed il forte vento resero il terreno un pantano. Solo dopo tre giorni ci
sistemammo nei nostri nuovi alloggi. Negli 11 giorni precedenti l’attacco principale, oltre alla manutenzione delle armi e dell’equipaggiamento, studiammo
in dettaglio il terreno che dovevamo superare per avanzare verso la Stazione Ferroviaria. Avevamo a disposizione dei rapporti dell’Intelligence sulla
consistenza della presenza dei tedeschi che occupavano la zona della Stazione ma, come ci dimostrarono gli eventi seguenti, questi rapporti sottostimavano
tale dato e in seguito ne informai il Generale Kippenberger. Durante questo periodo abbiamo mandato molte pattuglie notturne per testare e sondare le difese
avanzate del nemico. Nella notte fra il 9 e il 10 febbraio abbiamo approntato un pattugliamento di Compagnia; la finalità principale era di fare un’imboscata
alle pattuglie tedesche in quanto anch’esse erano molto attive sul nostro fronte. Facemmo una marcia di 5 miglia fino alla zona di imboscata che dominava
tutte le via di accesso per e dal Fiume Rapido.
Prendemmo posizione alle 20:30. Annotai all’epoca: “guardia molto fredda, ma la notte è trascorsa senza intoppi. Nessun attività nemica nel settore”.
Sospendemmo la guardia alle 05:40. Un aspetto importante di questa pattuglia fu che ci fornì informazioni di prima mano sulle condizioni del terreno che
avremmo dovuto affrontare in seguito. Nell’area di pattugliamento trovammo molti corpi di Americani insepolti, ma non potemmo fare nulla per seppellirli.
Nella notte tra il 14 e 15 febbraio una pattuglia del 12° Plotone, comandato del Tenente George Takurua, ingaggiò una pattuglia nemica ed uccise due
Tedeschi. Noi non abbiamo avuto perdite tranne che il Tenente Takurua si slogò una caviglia. Durante questo periodo di attesa io portai i comandanti di
Plotone e di Squadra sulla sommità del Monte Trocchio da dove si godeva una vista magnifica di Cassino e della campagna circostante. Pianificammo la
disposizione dei Plotoni e delle Squadre in previsione della “grande notte”. Avevamo già fatto un certo numero di viaggi alla sommità del Trocchio
quando ci avvisarono, qualche tempo dopo, chela stretta via per la vetta non era stata del tutto ripulita dalle mine anti-uomo e che lo stesso
Generale Kippenberger vi fu ferito.
L’Attacco
La mattina di giovedì 17 marzo fummo informati che l’attacco principale sarebbe iniziato quella notte all’ora zero, quando la
fanteria avrebbe attraversato la start line alle 21:30. Presenziammo ad un briefing al comando di Battaglione e dopo abbiamo avuto il nostro
briefing di Compagnia - facemmo anche un’ultima visita alla vetta (del Monte Trocchio) con i tre comandanti di plotone, i due Tenenti George
Takurua, George Asher e Tini Crapp [2].
Prendemmo il té alle 17:00 e questo fu seguito dall’abituale messa. In assenza del cappellano di Battaglione, Wi Huata, la funzione fu celebrata da
George Takurua che era membro della Chiesa di Ringatu [3]. Alle 18:15 dopo un breve discorso del Ten. Col. R.R.T. Young e mio, condussi
la Compagnia a 5 miglia circa dall’area della start line. Marciammo in fila indiana nell’ordine seguente: Comando di Compagnia, 10°, 11° e 12°
Plotone. In tutto la Compagnia contava 120 uomini. Era una bella serata, fredda e con la neve sulle montagne, umida e con il fango sotto i piedi.
Ben presto, durante la marcia di avvicinamento, ruppi il silenzio radio e provai i settaggi (le frequenza) dell’apparato n. 38 (con n.38 o apparato
n.38 si intende una radio in dotazione alle unità di livello Compagnia e Plotone che permetteva le comunicazioni fra il Comandante di Compagnia e
i Plotoni e/o Comando di Battglione; la denominazione corretta della stessa è “Wireless Set No. 38” che esisteva nelle versioni Mk1, Mk2, Mk3) che
agganciarono il Plotone del Comando di Compagnia ed anche il Comando Battaglione [4].
Raggiungemmo l’incrocio fra la strada e la ferrovia (il passaggio a livello) alle 20:15; ci fermammo ed ordinai alla Compagnia di riposare. Eravamo
a circa 250 yarde dalla start line. Ci precedeva la Compagnia “A”. Alle 20:40 la nostra artiglieria iniziò a cannoneggiare la stazione e la città
di Cassino. Alle 20:50 la Compagnia “A” si mosse verso la start line e noi la seguimmo. Parte di questa marcia di avvicinamento seguiva la linea
ferroviaria. Vi erano due ponti demoliti prima della start line. I nostri Genieri si davano da fare per riparare i ponti ma questi erano solo
parzialmente terminati e così abbiamo avuto grande difficoltà ad attraversarli, tanto che alle 21:30 solo metà della Compagnia era appostata
correttamente sulla start line.
Dovevamo andare avanti e ordinai alla Compagnia di avanzare. Avanzammo solo per un breve tratto quando un colpo di mortaio mi esplose d’avanti.
Distrusse l’apparato n. 38 che avevo sul petto, il mio elmetto di latta, volato via gettandomi a terra, si bucò. Mi feci aiutare dal Sergente
Maggiore di Compagnia Ron Koinaki a togliermi di dosso l’inutile n. 38. Da questo punto in poi i contatti radio con i Plotoni erano saltati e
ci dovemmo affidare a dei Porta Ordini. Stranamente, a parte qualche graffio sulle braccia, non mi ero fatto nulla. Fossi e scoli d’acqua
rallentavano l’avanzata ed il pesante fuoco di mitragliatrice mieteva molte vittime. I nostri barellieri furono messi a dura prova evacuando i
feriti; abbiamo dovuto impiegare dei fanti per aiutarli. Alle 22:15 le nostre squadre avanzate avevano raggiunto il filo spinato nemico e subito
iniziò il combattimento. Ingaggiarono il nemico con mitragliatrici leggere, granate e baionette. Su per giù in questo momento uno dei miei uomini
fece esplodere una mina anti uomo dietro di me. Un pezzo di metallo mi ferì ad una gamba e dovetti tornare indietro, alla postazione medica avanzata,
per la fasciatura. L’RMO, il Dottor D’Arcy, mi consigliò di tornare nelle retrovie per farmi medicare ma, vedendo il numero di feriti nella
postazione, gli dissi che stavo bene così. Diedi istruzioni che mi fosse portata una nuova n. 38, e ripresi a riorganizzare.
Le cose non erano andate molto bene. Vi erano molte sacche di resistenza difficili da snidare e ad un certo punto un ufficiale del Genio si offrì di
aiutarci. Lo ringraziai dell’offerta ma ero consapevole del gran da fare che aveva tra le mani. Richiesi l’intervento della Compagnia “A”, dei due
Tenenti Christy e Wally Jones e dei loro uomini: ci hanno dato un aiuto prezioso. All’ 01:00 avevo raggiunto gli obiettivi della Compagnia e
organizzato una Postazione Comando con i pochi uomini rimasti al riparo di un muro di una palazzina manutenzione della Stazione. Feci un giro
delle postazioni delle Squadre e venni conoscenza che George Asher era rimasto ucciso e Tini Crapp era ferito. Dissi agli uomini di trincerarsi e
di attendere l’arrivo dei nostri rinforzi. A quel tempo non potevamo sapere che uno o due ponti non erano ancora stati riparati e che le armi di
supporto (rinforzi) non sarebbero potuti passare: eravamo isolati.
Alle prime luci (del giorno 18.03.44) ci sparavano dal lato sinistro e leggermente da dietro e mi resi conto che la Compagnia “A” non aveva
raggiunto l’obiettivo. Inviai una squadra in quella direzione e poco dopo non avemmo più problemi da quel lato. Durante le prime ore del mattino
arrivò una nuova n. 38 ed eravamo di nuovo in contatto con il Comando di Battaglione. Contattai i Plotoni con la radio e comunque eravamo su un
fronte stretto, di circa 150 yarde di larghezza. Le costruzioni in parte demolite rendevano difficile il movimento ma, d’altro canto, offrivano un
qualche riparo dal fuoco e dall’osservazione nemica. Durante la mattina vi furono diversi tentativi di contrattacco ma riuscimmo a respingerli tutti.
Dalle 08:30, circa, fummo a lungo pesantemente bombardati. Subimmo altre perdite. L’evacuazione dei feriti era diventato un problema e richiesi
l’uso di fumogeni sia per i barellieri che per permettere l’arrivo di rinforzi.
Alle 12:00 la situazione stava peggiorando, mentre gli uomini si stavano stancando e le munizioni andavano esaurendosi chiamai il Comando di
Battaglione per istruzioni. Ci dissero di … “resistere, costi quel che costi” [5]. Alle 14:00 vidi un tedesco con la divisa da carrista
scalare un cumolo di macerie e con calma osservò le nostre postazioni. I miei uomini fecero fuoco mancandolo e questi, voltandosi, si dileguò. Poi
alle 15:10 il mio Porta Ordini, soldato Shorty Bidois, che stava al mio fianco in una trincea, mi disse: “Signore, sente quello che sento io?”
prima che gli potessi rispondere un carro Tigre sfondava un muro di un palazzo a circa 100 yarde e la torretta si girava verso di noi. Il cannone
da 75mm sparò. Il colpo passò tra Bidois e me, sfondando un muro dietro di noi e scoppiò nel palazzo della Stazione. Chiamai il Comando di
Battaglione, informandolo di quello che stava succedendo e che stavamo per ritirarci. Mandai una voce alle postazioni dicendogli di evacuare nel
miglior modo possibile. Non abbiamo avuto il tempo di attraversare la linea ferroviaria e guadammo un ruscello poco profondo alle nostre spalle.
A questo punto la fanteria tedesca aveva iniziato a sparare facendo fuoco con fucili e mitragliatrici. Appena attraversato il ruscello mi voltai
e vidi dei miei uomini esitare e cercare di ripararsi. Gli gridai di proseguire.
La mia gamba destra cedette sotto di me – era stata colpita da una raffica di mitragliatrice. Due dei miei uomini vennero ad aiutarmi ma gli
ordinai di andare via. Poi arrivò il soldato George Sutherland e dovetti minacciarlo con la pistola prima che andasse via [6]. Erano
le 15:40 e, come ho annotato, era una bella giornata, soleggiata ma fredda.
Fino al calar della notte non ho potuto fare nulla. Improvvisai un tourniquet con il cordoncino della mia pistola e ciò ridusse il sanguinamento.
I miei uomini vi avevano applicato una rozza fasciatura da campo. Intorno alle 20:30 una piccola pattuglia tedesca mi passò vicino. Mi era balenato
il pensiero di gridare ed arrendermi ma la mia mente tornò ai combattimenti su Creta nel 1941 quando “i ruoli erano invertiti”, i tedeschi
avanzavano e noi ci ritiravamo. Sebbene non avessi un’esperienza diretta si diceva che noi fucilavamo i nostri prigionieri gravemente feriti perché
non avevamo a disposizione un servizio medico. Niente poteva trattenerli dal fare lo stesso a me, ora, visto che gli sarei stato solo d’impaccio.
C’erano molti dei nostri uomini sparsi nell’area, distesi a terra e uccisi durante l’attacco o la ritirata, così mi distesi in silenzio. Mi ricordo
di aver avuto fame e freddo nonché volevo una sigaretta. Alle 22:30, in un modo o in un altro, decisi di andarmene. Fui fortunato che a poca
distanza da me c’era un pezzo di legno ed una cappa del gas. Dalle mie esperienze anteguerra di pastore di greggi, avevo mantenuto l’abitudine
di portare un coltellino. Spaccai rozzamente il legno in due e con strisce della cappa mi fasciai molto stretto il ginocchio. Non mi potevo alzare
in piedi. Poi ho scoperto che, stando semiseduto potevo piegare la gamba buona e, con l’aiuto delle mani, trascinarmi di pochi passi alla volta a
marcia indietro.
Il mio primo problema fu la ripida scarpata della ferrovia. Dovevo salire sui binari visto che questa era la migliore via di fuga. Alle prime luci
dell’alba (del 19.03.44) ero a circa 150 yarde da dove ero partito. Potevo vedere chiaramente le postazioni avanzate tedesche. Seduto sul terrapieno
della ferrovia sopraelevata ero “un pugno in un occhio”, tanto che presto arrivavano colpi di MG nella mia direzione.
A metà mattinata anche il lavoro dei Genieri sul ponte fu colpito dal pesante fuoco di artiglieria. Ero sotto tiro incrocito e pensavo che era solo
questione di tempo. Verso mezzogiorno mi sentii sopraffatto dalla sete e, seppure non sapessi come, avevo deciso che mi sarei ripreso. In qualche
modo ruzzolai nell’acquitrino in fondo alla scarpata. Dopo aver alleviato un poco la sete mi accorsi di un asino morto e gonfio a pochi piedi da me.
Mi sono sentito male per un po’ di tempo. Riuscii a ritornare su, verso i binari, ma a questo punto qualcos’altro mi turbava. Mi trascinai in dietro
lungo il terrapieno della ferrovia, le mie mani erano lacere e sanguinanti ma rimediai reggendo pezzi di legno, in ogni mano, che supportavano il
mio peso.
La possibilità di arrivare ai ponti prima che venissero distrutti era appesa ad un filo. La mia fortuna tenne ancora e alle 15:00, guardando in
dietro, potevo vedere gli uomini delle nostre postazioni avanzate. Erano del 24° Battaglione e avevano sostituito le nostre unità. In seguito li
redarguii per non essere venuti a prendermi; diventavo sempre più debole e mi ci vollero due ore per coprire le ultime 150 yarde. In tutto avevo
coperto circa 1000 yarde. Gli uomini del 24° chiamarono un veicolo che arrivò poco dopo. Quasi contemporaneamente arrivò il nostro ufficiale
Intelligence, Moana Raureti a cui feci un breve rapporto sugli eventi. Erano le 17:00 di sabato 19 marzo. Fui portato in ospedale e non ho più preso
parte alla campagna (d’Italia) e neanche alla guerra. Tornai a Wellington, Nuova Zelanda, il 1° maggio 1944, esattamente quattro anni dopo essere
partito dallo stesso porto.
In retrospettiva
Ma è così facile essere saggi dopo l’evento!
* * *
Note
Bibliografia
Sitografia
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Pubblicazioni:Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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