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DUE PAROLE CON COSTANTINO JADECOLA, L'AUTORE DI "LINEA GUSTAV" E "MAL'ARIA"
E’ molto schivo, di poche parole, ma se avete occasione di visitare con lui qualsiasi centro od abitato tra Frosinone e il
Garigliano, tra la valle di Comino, le Mainarde ed il mare di Formia, resterete sbalorditi.
Con tutta la cortesia di cui è capace, vi condurrà in una passeggiata attraverso la storia, tanto che se vi lasciate trascinare,
giocando con un minimo di fantasia, rischiate di imbattervi ora in un gruppo vociante di comari sannite, ora in un gruppo di dame e
cavalieri spagnoli che passeggia sulla Via Latina, ma, attenzione, è anche possibile un incontro con una banda di briganti col
trombone; fino a tornare ai giorni nostri, in un bar, davanti ad un caffè che vorrà offrirvi a tutti i costi.
Costantino Jadecola, nel suo studio, di fronte alla biblioteca, nella linda ed accogliente villetta al centro di Aquino, dove tutto
è ordine e buon gusto di sapore antico.
E’ il pomeriggio e la piazza principale, luogo d'incontro per eccellenza della cittadina, si riempie. Costantino osserva la gente
allegra, che se la ride. Guarda la Chiesa...
"Certamente era più bella prima della guerra"
dice, con quel suo fare un po’ sarcastico"Eh, si, i bombardamenti, il fronte, i combattimenti. Qui è stato tutto distrutto."
C’è una vena di malinconia nella sua voce."Ciao, ci vediamo domani mattina."
Lo saluto, si è fatto tardi. Costantino verrà a prendermi a Cassino e mi porterà a Vallerotonda, poi a Collelungo."Si, è successo qui, a questa curva. Sai, ho conosciuto dei superstiti..."
e Costantino racconta..."Dimmi un po’, ma dov’era la tua famiglia? Si, voglio dire in quel periodo..."
"I miei abitavano ad Aquino, ma lasciarono la città dopo il bombardamento della notte fra il 19 ed il 20 luglio
1943. Trovarono alloggio a Colle San Magno, un piccolo e tranquillo borgo di montagna. Allora nessuno avrebbe potuto immaginare
quello che sarebbe successo.
Con l’inverno cominciarono i guai e gli stenti, fino al 12 gennaio 1944, quando i tedeschi ci buttarono fuori di casa. Dovevamo
sfollare ed i miei fecero appena in tempo a prendere l’indispensabile. Finimmo a Ferentino, dove c’era un campo di raccolta, poi a
Roma, in treno… su un carro bestiame, naturalmente.
In un certo senso fummo fortunati, perché alla periferia della città, ci fu un allarme aereo e la vigilanza dei tedeschi si allentò.
Riuscimmo a scappare e a rifugiarci da alcuni parenti. Ritornammo ad Aquino, dopo un viaggio di due giorni, nell’ottobre 1944. Non
puoi immaginare che rovina..."
“Ma perché hai scritto della strage? Proprio di questa? Quel tuo libro, “Vallerotonda 1943, la strage dimenticata?”
“Albè” – dice Costantino – “e se no chi ce pensava?”
Tutto lì.“Costantino” – insisto – “ma cos’è stato a spingerti a dedicare tanto tempo ai civili durante la guerra”.
Non è facile farlo parlare di se stesso.“Io penso che la guerra tra il 1943 ed il 1944, con la sua assurda durata, abbia distrutto le regioni meridionali del Lazio e per questo debba essere considerata un evento epocale del male assoluto. Ma, secondo me, così non è stato. Se si escludono le cerimonie di facciata riproposte alle consuete scadenze annuali, non mi sembra che, né ieri né tanto meno oggi, di quella tragedia sia stato opportunamente mantenuto il ricordo.”
Forse ha ragione.“Vedi“ – racconta Costantino – “Linea Gustav” è stata praticamente la conclusione
di una ricerca iniziata trent'anni prima, negli anni Sessanta, quando pubblicai sulla pagina provinciale de “Il Tempo” una serie di
articoli sulla guerra nel Cassinate. Collaborò con me Domenico Tortolano che poi pubblicò questi articoli in un volumetto
intitolato "I cannoni di Cassino" nel quale, però, per mia scelta, il mio nome non comparve.
Tra il novembre 1983 ed il maggio successivo, pubblicai invece su un mensile edito a Cassino, “Lazio Sud”, una serie di articoli
sul medesimo argomento.
Dieci anni dopo, e siamo al cinquantenario, nel 1994, mentre “Linea Gustav” era ormai in corso di stampa, ogni sabato, tra il 5
settembre 1993 ed il 4 giugno successivo, proposi sul quotidiano “Ciociaria Oggi” 44 articoli, ognuno dei quali, con qualche foto,
riempiva una intera pagina.
Nello stesso tempo realizzai per “Tele Universo”, un telegiornale che andò in onda dal 14 ottobre 1993 (il giorno-anniversario nel
quale i due ufficiali tedeschi si recarono a Montecassino per suggerire il salvataggio del patrimonio culturale dell'abbazia) al 4
giugno 1994, proponendo, sera per sera, le notizie del corrispondente giorno di cinquant'anni prima: si chiamava "La guerra giorno
per giorno" e dai rilevamenti tipo Auditel si seppe che era seguito da circa trentamila utenti.”
“Ferma, ferma! Quella è la Villa Bergamaschi. Allora c’era un comando tedesco” – dico io.
Dopo mi sentirò uno stupido.“Può darsi – mi risponde Costantino – ma la storia della villa ebbe un seguito dopo la guerra.”
E già, perché se la guerra fu una tragedia, il dopoguerra ne fu soltanto il seguito, pieno di rabbia e di umiliazioni.“Si, l’ho scritto nella profonda convinzione che, al di là dei memoriali con i quali si sono ricordate le strategie adottate, al di là delle tante opere sull’andamento militare della battaglia, c'era tutta una popolazione che di quegli eventi era stata la vittima sacrificale e che per questo meritava anch'essa quanto meno di essere ricordata.”
“Vedi” – aggiunge Costantino – “proprio in questa villa, grazie ad un privato, fu aperto un dispensario per la cura della Malaria. Chi si ricorda dei morti per la Malaria? Nel 1944-45, ma ancora per gli anni a venire, se ne contarono centinaia e centinaia. All’origine dell’epidemia ci furono i danni provocati dai tedeschi, che avevano rotto le dighe sul Rapido, inondando vasti tratti della pianura e la gente non aveva i mezzi per difendersi.”
Già, quel titolo, “Mal’aria”, quell’aria pestilenziale che copriva il Cassinate nel 1944-45, quando chi vi transitava si copriva naso e bocca con una benda o un fazzoletto per la paura di essere contagiato.“Ciao, Albè. Sono Costantino.”
“Ueh, che piacere. Come stai?”
“Guarda che abbiamo trovato il posto di quella fotografia, non è in Alta Italia, come avete scritto, è a Fiuggi, vicino a Frosinone!”
Gli avevo portato il catalogo fotografico di una mostra sulla guerra in Italia, organizzata a Torino. Fra le immagini, quella di una povera donna impiccata, trovata tra le raccolte del “Bundesarchiv”, a Friburgo. Non sapendo la località, nella didascalia c’era genericamente scritto “in Alta Italia”.“No, no – mi dice Costantino – è proprio Fiuggi. Domani andiamo a fotografare il posto. Il fatto l’ho descritto sull’ultimo libro, quello sui bombardamenti a Frosinone, curato con Maurizio Federico”.
Rimango senza parole.Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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