DAL DIARIO DEL TENENTE KAZIMIERZ MARMOROSS, IL 15° REGGIMENTO ULANI DI POZNAN E LA CONQUISTA DI PIZZO CORNO SULLA LINEA GUSTAV, 19 MAGGIO 1944
Scoprire l’esistenza di un diario è sempre una profonda emozione per noi, tanto più se il contenuto riguarda l’argomento che ci è più caro,
la campagna d’Italia, dal 1943 al 1945.
In questo caso si aggiunge una gradita e grandissima sorpresa, perché Wanda Marmoross, figlia di Kazimierz, ufficiale del 2° Corpo polacco, ci invia
la traduzione in italiano del diario scritto da suo padre, consentendone la pubblicazione, per la parte che riguarda il fronte di Cassino, sul nostro sito.
Scrive nella prefazione Wanda Marmoross:
Mio padre, Kazimierz Marmoross (1913-1969) ufficiale pluridecorato del 2° Corpo di Armata del Generale Wladyslaw Anders, se ne è
andato quando ero giovanissima, dopo breve e gravissima malattia.
Ci aveva parlato molto del suo passato e del suo arrivo in Italia: erano racconti pieni di orgoglio ma anche intrisi di profonda malinconia e forte
nostalgia per la famiglia lontana, per il suo paese, la Polonia. Fu soltanto nel 1962, infatti, che poté rivedere la sua patria ma anche dire
addio a sua madre ormai in fin di vita.
Qualche anno fa decisi di dedicarmi al suo diario di guerra, un quadernino grigio rimasto troppo a lungo in un cassetto: un centinaio di pagine,
scritte per lo più a lapis, tra un combattimento e l’altro.
Era un modo di stabilire di nuovo un contatto con lui e trovare risposte alle tante domande che avrei voluto, ormai non più ragazzina, fargli direttamente.
Chiesi aiuto, per la traduzione, ad una mia carissima amica polacca, Kamila Nitkiewicz, da tanti anni in Italia. Furono due settimane di lavoro insieme,
emozionante e intenso.
La traduzione rimase però in un cassetto: rimanevano dubbi su molti termini strettamente militari e parole o frasi difficilmente decifrabili.
L’ingegnere Krzysztof Bogucki (al quale mi ero rivolta qualche anno fa per la traduzione di alcune pagine del libro di M. WANKOWICZ, Bitwa o Monte Cassino, 2009,
che raccontavana di mio padre nella 4a battaglia per Cassino), mi ha poi aiutato rileggendo, revisionando, correggendo, decifrando, a terminare il lavoro.
A Kamila e Krzysztof un grazie dal profondo del cuore.
Il diario ha inizio il 28 luglio 1942, quando il tenente Kazimierz Marmoross lascia il suo reggimento, il 9° Ulani Malopolskich, per raggiungere
l’Iraq dalla Scozia, dove prenderà servizio nel 15° reggimento Ulani di Poznan. [1]
Il viaggio è lunghissimo: il convoglio sul quale sono imbarcati l’ufficiale ed alcuni suoi commilitoni è diretto in Sud Africa, a Durban, da dove
soltanto dopo sei settimane di attesa, ripartono a bordo di una nave francese che li sbarca nel porto di Suez. Di là, per ferrovia e poi a bordo di
automezzi, riescono a raggiungere la nuova destinazione, la città di Khanaqin, vicino a Baghdad, per arrivare a Quizil Ribat, sede del 15° reggimento Ulani.
Segue un lungo periodo di addestramento, prima a Kirkuk poi a Gerusalemme.
L’opera del tenente è molto apprezzata come istruttore degli autisti, destinati alla guida dei molti automezzi di cui dispone il reparto, dalle jeep,
ai camion, dalle autoblindo ai Bren Carrier.
Cade però preda della malaria, che miete molte vittime, e dopo alcune settimane di degenza, viene trasferito a Gerusalemme, con l’ordine di organizzare
il trasporto di mezzi ed equipaggiamento per un’ulteriore tappa in Egitto e quindi in Italia, dove sbarca il 19 marzo 1944.
Il 1 aprile, il reggimento viene schierato come unità di punta nella zona di Capracotta (Isernia) e, nei dintorni del paese di Sant’Angelo del Pesco
(Isernia). Il tenente Marmoross ha il suo battesimo del fuoco in territorio italiano, in una serie di ricognizioni in territorio nemico al di là del
fiume Sangro, fino al paese di Gamberale (Chieti) ancora in mani nemiche.
E’ un susseguirsi di scontri a fuoco, con perdite reciproche, alla ricerca delle postazioni tedesche ben mimetizzate nella natura, in vista di futuri
attacchi. Le pattuglie, spesso guidate da italiani, agiscono di notte in un gioco a rimpiattino con il nemico, che si rivela soltanto attraverso la
fiamma che si sprigiona dalle canne delle proprie armi.
Il 9 aprile 1944, arriva improvviso l’ordine di ritirare dal fronte il reggimento che si riunisce a Capracotta. Corre voce di un ulteriore spostamento
ed infatti il 25 di quel mese, viene raggiunto Pignataro (Caserta), fra Napoli e Cassino. Là vengono lasciati automezzi e blindati, ed il 28 gli
squadroni vengono avviati a piedi nelle retrovie immediate sulle montagne a nord di Montecassino.
* * *
3 maggio 44. Nella notte tra il 2 e 3 Maggio, alle 2.30, siamo usciti per il settore sotto Cassino. In questo momento ci stiamo riposando sdraiati
alla base di rifornimento. Stanotte rimaniamo nel settore.
Siamo già da due ore sotto il bombardamento dell’artiglieria e dei mortai pesanti. Vedo esplodere le granate come se fossero sul palmo della mia mano.
Sono le 11. 45. La base è in un burrone, è il punto più vicino al fronte, tutto sotto i bombardamenti dell’artiglieria e dei mortai. Ci sono però
molti punti morti in cui le perdite sono minime.
Un momento fa è venuto Józio K. a informarsi sul numero delle nostre perdite, e dopo un po' se n’ è andato. Siamo sdraiati, appiedati, sulla collina
davanti al fronte, in un oliveto. Fa caldo, il sole ci riscalda, forse finalmente non sentiremo freddo. [2]
7 maggio 44, ore 22. Da quattro giorni rimaniamo sdraiati nel settore. Il mio squadrone aspetta l'ordine di entrare in azione. Siamo sempre
bombardati dall’artiglieria e dai mortai, ma non succede niente di particolare.
Il 5 maggio è morto il tenente Kokosinski, ha sofferto molto ma non a lungo. Bogus ha avuto fortuna, era con lui, seduto davanti al suo rifugio.
Ad un certo momento Bogus ha avuto voglia di fumarsi una sigaretta e Józio Kokosinski è uscito dal rifugio e si è seduto al suo posto. Appena
Bogus ha acceso la sigaretta, è arrivato il proiettile. [3]
Il maggiore Kiedacz e il capitano Stacewicz sono stati ricoperti di terra e le schegge hanno centrato Józio nella parte sinistra del petto e nella mandibola.
Ieri, in venti metri, sono caduti più o meno 200 granate; è stato ferito l'allievo ufficiale Ciombor che è stato portato fuori dal fuoco dal tenente
Kierkuc. Durante la tempesta di fuoco è scesa una pattuglia tedesca di venti uomini in direzione del secondo squadrone, che aveva l’ordine di non
aprire il fuoco e quindi non ha sparato. Il mio squadrone era pronto al contrattacco nell’eventualità di un attacco tedesco. Tutto è finito qui
perché non siamo stati attaccati.
Oggi è domenica, c'è pace e i tedeschi non sparano.
8 maggio 44, ore 13.10. Un'ora fa il forte fuoco dell'artiglieria mi ha ricoperto di terra. La notte è stata piuttosto tranquilla, i muli sono arrivati con le provviste. Non c'è un goccio d'acqua da bere. Il battaglione di fanteria sull'ala sinistra ha avuto, da ieri ad ora, 7 morti e 2 feriti. Da noi nessuno.
9 maggio. Ho ricevuto una lettera di Stach. Sta meglio. [4]
Ieri sono andato in ricognizione per studiare il terreno dell'ala destra del secondo squadrone. Lo scopo era di verificare se, e eventualmente come,
possiamo attaccare. Si può, ma sarà un orribile macello perché non c'è possibilità di ritirata né di evacuare i feriti.
10 maggio. Silenzio. La notte è stata inquieta. Ora, di giorno, il fuoco dell’artiglieria e dei mortai è cessato completamente. Siamo sempre in seconda linea. Gran gioia perché Stas Hryniewicz ci ha mandato un pacco del valore di 400 lire: tante mele...
11 maggio 44. Vado all'attacco. Partenza alle ore 21,30. Attacco notturno a Cassino. È già buio. [5]
12 maggio, ore 14.55. Non abbiamo subito perdite durante l’attacco. Il nostro compito è stato portato a termine. Da stamani siamo bombardati
dall’artiglieria e dai mortai. Abbiamo sei feriti. L’attacco di ieri è stato appoggiato da 3.000 cannoni.
Non si sa nulla dell’attacco a Cassino. Continua.
14 maggio. Pensavo che avremmo avuto delle perdite perché l'artiglieria ha continuato a bombardarci. Mi risulta che il 13 non è un numero sfortunato
la 5a Brigata, che ha attaccato ieri, è stata respinta alle posizioni di partenza. Molte perdite.
Ore 13.40. Stanotte un altro attacco. Di giorno gli inglesi hanno attaccato Cassino da sinistra e hanno preso il colle. La situazione in realtà non è chiara.
Oggi siamo bombardati dagli aerei; per ora non ci sono perdite. La battaglia è in corso, il bombardamento aereo anche. Nella zona del 3° squadrone sono
caduti due aerei ma non sono stati identificati.
19 maggio 44, venerdì. Il 15, il 16, il 17 e il 18 sono state giornate pesanti, abbiamo attaccato e siamo stati contrattaccati dal nemico. Sono
state conquistate la città di Cassino, Monte Cassino, parte del paese, Sant'Angelo [6] e le colline circostanti. Siamo sempre sotto il
fuoco dell’artiglieria e degli spandau tedeschi.
Il 17 maggio il fuoco si era fatto così intenso che è stato difficile resistere sulle nostre posizioni. Un ulano non ce l’ha fatta, voleva uscire dal
rifugio, ma l'abbiamo trattenuto. Quel giorno sono andato al punto di osservazione. Quando sono tornato, dopo 18 ore di servizio, mi hanno detto che
ero invecchiato di 10 anni. È possibile: devo ammettere che non mi sono mai trovato in mezzo ad un fuoco così forte, e solo a tre quattro metri da me.
Ho preso parte ad un attacco e poi abbiamo coperto un fianco degli attaccanti.
Feriti: il 15 maggio il sottotenente Witold Zarski, il 18 maggio tre ulani.
Nel mio plotone per ora abbiamo solo un morto, Kustra, e dei feriti: Prawdzik, Cedro, Rojek, Hawrylczuk, Jakubczyk.
In questo momento sto andando al punto di osservazione: sono le 11.15.
Alle 11. 45 sono stato richiamato dal punto di osservazione. Ho ricevuto l'ordine di preparare il plotone all' attacco. [7]
Il 19 alle 13.30 il nostro squadrone, a piedi, è andato all'attacco in quest’ordine: 1° plotone, 3° plotone, il comandante
dello squadrone con i portabandiera e il 2° plotone. Obiettivo: impadronirsi della quota 893.
Dal Castellone ci spostiamo molto lentamente fino ai piedi del monte [8], riposandoci spesso. La strada sulle colline è impervia.
Contemporaneamente, sulla nostra destra, avanza il 1° squadrone del reggimento Carpatico, [9] a sinistra il 2° squadrone del mio reggimento.
Ai piedi del monte, Bogus dà gli ultimi ordini e indica le direzioni. Tadzio Ruszel ed io controlliamo se il plotone è a posto e, dopo aver fumato
l'ultima sigaretta, ripartiamo.
È una fatica pazzesca. Attraversiamo il campo minato e cominciamo ad arrampicarci.
La montagna è ripidissima, ovunque grossi massi, oppure piccoli sassi sbriciolati dall'artiglieria che scivolano sotto i nostri piedi. Arriviamo in
cima quasi sfiniti, il peso delle armi e delle munizioni ci spossa terribilmente.
L'obiettivo è vicino, davanti a noi, ma il nostro compito è scendere un pò più giù per avere sotto controllo tutta la situazione. [10]
Tadzio e io conduciamo il plotone sulla sinistra dello squadrone. Abbiamo un ckm.. [11] Io sono nel mezzo con la 3a squadra e comando il ckm.
Arriviamo in cima. A sinistra vedo i rifugi tedeschi, vado da solo con la pattuglia, Tadzio rimane per coprirci. I rifugi sono vuoti, i crucchi non
ci sono, ma dal disordine si intuisce che sono partiti da poco.
Il capo del plotone, Heleniak, è andato sulla destra, ha preso due prigionieri tedeschi ferendone uno.
Tadzio mi ordina di avanzare e di occupare, con la metà del plotone, la parte sinistra in modo da avere di fronte il monte Cairo. Eseguo.
E, all’istante, sento degli spari dietro di me e vedo tre elmetti tedeschi davanti. Il mio ckm spara a tutto fuoco. Dura poco, i crucchi si arrendono,
si avvicinano sporchi con barbe lunghe e terrore muto sui volti. La mia coscienza non mi permette di sparare.
Ordino all'allievo ufficiale Jodo di trasferirli dietro perché incomincia una fitta sparatoria.
All'istante arriva il portaordini urlando che il tenente Ruszel è morto. Cerco di avvicinarmi a Tadzio ricordando però il mio compito, comunque devo
deviare un pò perché il burrone è sotto il fuoco degli spandau e di alcuni szmajser. [12]
Inoltre mi sparano anche di fronte, ma ancora non riesco a capire da dove. Il fuoco è così forte che la 3a squadra non riesce a muoversi; soltanto il
ckm, che era un pò più giù, si avvicina sulla mia destra.
Gli Ulani, dopo che Ruszel è morto, seguono me. Così in breve tempo ho vicino a me la 2a squadra e una parte della 1a.
Il fuoco aumenta, devo avvicinarmi ancora 15 metri per impadronirmi delle valli.
Davanti ai miei occhi cade il tiratore del ckm, l’ulano Krzywosz, e non si alza più. Muore in silenzio come un bambino che si addormenta sereno.
Ancora pochi metri avanti e vedo Tadzio: è sdraiato sulla schiena, con le braccia volte indietro, tutto rosso e ricoperto di sangue, la bocca aperta,
la pistola impugnata con forza.
Striscio verso di lui, allungo la mano per afferrare la sua scarpa quando all'improvviso mi piove addosso il fuoco rabbioso di uno szmajser. Per mia
fortuna ci sono grossi massi, i proiettili sibilano terribilmente, sassi - o piuttosto i loro frantumi - mi piovono addosso. Ho gli occhi pieni di
polvere e il sangue mi copre il viso. I frantumi mi provocano ferite, ma non dolore.
Posiziono gli uomini, do ordini al capo-squadra e all'improvviso vedo un tedesco che in piedi si sporge a metà dal pill-box [13] e spara
su di me e sul povero Tadzio mentre cerco di trascinarlo un pò più in basso. Gli Ulani sparano ai crucchi senza pietà. Ogni minuto tace uno spandau o
uno szmajser, ma solo per poco.
Non riesco a trascinare giù Tadzio e ci rinuncio: non posso salvarlo, è già morto da un pezzo.
Questa è la situazione: sono sdraiato sopra il burrone in un campo morto. Da un pill-box, a destra, mi sparano due szmajser. Apro il fuoco con la
pistola sul "cavaliere teutonico" che sparava in piedi, tre colpi, ma è troppo lontano e non lo colpisco.
Dal Monte Cairo sparano due spandau verso di me, o piuttosto verso il resto dello squadrone che si trova alla mia destra, un pò più in alto.
Sulla quota 912, davanti a me, alla distanza di 200 yarde, due spandau sono nei pill-box. Vedo solo le fessure da cui sparano. Gli sparano con il ckm
ma non possono fare niente. Gli Ulani Popiej e Worsz [14] sparano con un mitra. L'ulano Starwski [15] apre il fuoco sui
crucchi di destra e non permette loro di alzarsi.
A sinistra, un po' più lontano, si fa vivo un altro spandau. Spara sulla collina dov’è lo squadrone, allora il mio 3° ckm protegge la mia ala sinistra
e ogni tanto apre il fuoco sullo spandau. Vedo che i pill-box e i bunker sono così grandi che non potrò far loro niente.
Decido di mandare un portaordini da Bogus per ottenere un pìat. [16]
Ci riesco. Pawlowski ci raggiunge con il pìat; il portaordini ha consegnato il messaggio in tempo perché hanno aperto il fuoco contro di noi i mortai
azimut 290. L'ulano è tornato intero. L’ulano Pawlowski centra il pill-box, lo spandau tace, manca per poco il bunker a destra nella valle ma il
proiettile cade molto vicino.
I crucchi devono essere stati colpiti perché si zittiscono, ma solo per poco perché incominciano a lanciare granate.
Qualche proiettile li calma: ci sono dei morti, altri si ritirano. Non ho più munizioni per il pìat e pochissime per il ckm. Nessuno sente più la
mia voce, c'è un gran frastuono.
Il mortaio tedesco cerca di beccarmi da una parte e l'artiglieria dall'altra. Mando un portaordini da Bogus con rapporto sulle munizioni e sui mortai.
L'ulano Pawlowski torna e trascina un ckm. Gli spandau gli sparano addosso ma non colpiscono il coraggioso ragazzo.
Lui ride e bestemmia che quei vecchi rimbambiti non sanno sparare. Si siede dietro il ckm e apre il fuoco sui crucchi.
Ricevo l’ordine da Bogus di risparmiare le munizioni e di resistere. Ora i ckm sparano di rado, io invece prendo la carabina e in tutta calma cerco
di mirare la piccola feritoia dov'è lo spandau, sulla quota 912. Non posso sparargli con il pìat perché non ho munizioni.
Devo ammettere che durante l'attacco non ho avuto paura, sono rimasto stranamente calmo; anche ora sparo verso la feritoia come se fosse un bersaglio
qualsiasi. Probabilmente l'ho centrato perché lo spandau non dà segni di vita. Lentamente si fa notte. La pioggia che ci ha infradiciato a lungo è
cessata. Il freddo e l'umidità sembrano ora più sopportabili. Gli Ulani hanno così freddo che devono stringere forte i denti per non sentirli
sbattere. Gli spandau e gli szmajser hanno smesso di sparare, ma i mortai e l'artiglieria continuano a darci noia. Siamo sotto un fuoco incrociato.
Sotto la collina dove sono sdraiato ho trovato finalmente un piccolo campo morto, così solo i mortai possono colpirmi.
Le granate arrivano in serie, sei per volta, le senti e sei sicuro che ti piombino addosso. Alcune sono cadute così vicino che per un po' sono rimasto sordo.
La nostra artiglieria e i nostri mortai non possono far niente perché i mortai nemici sono nascosti nei crateri e nei burroni del Monte Cairo e non
c'è verso di beccarli.
Ho pregato con tutto l'ardore possibile la Madonna.
Gli ordini non mi permettono di ritirarmi, il tempo non passa mai. I lamenti dei feriti che chiamano aiuto e gli spari isolati degli spandau e delle
mitragliatrici sono i soli ad interrompere il silenzio della notte, una notte nera e spettrale che ci ha inghiottiti con la sua bocca enorme.
Alle 23.10 mi ritiro di una cinquantina di metri sulla quota 893 alle mie spalle perché, di notte, la mia posizione è diventata troppo pericolosa. I
nemici potrebbero avvicinarsi e coprirci di granate.
Mi raggiunge il resto del plotone e ricevo l'ordine di mandare una pattuglia sulla 912. Se è libera, l'ordine è di occuparla. Chiamo l’allievo
ufficiale Bonifacy Jodo. La pattuglia, senza lottare, prende la quota 912, i tedeschi si sono ritirati.
Ordino al plotone di raggiungere la pattuglia sul monte ma all’improvviso arriva dal comandante del reggimento il contrordine di ritirarci.
Sono le 1.20: ritiro la pattuglia, i ragazzi sono stanchi morti ma hanno facce allegre. Devo proporre alcuni di loro per una medaglia.
Alle 3 lo squadrone si ritira, lasciando sugli avamposti la pattuglia del secondo squadrone che non ha partecipato all'attacco.
Due morti nel mio plotone: il sottotenente Ruszell e il tiratore del ckm, Krzywosz. Sono stati trasportati al posto di stazionamento del reggimento.
20 maggio. Alle 9.15 sono andato al Castellone in ricognizione. Abbiamo fatto prigionieri 20 crucchi, 15 sono rimasti sul campo di battaglia. Dormiamo e mangiamo scambiandoci le impressioni.
21 maggio. Alle ore 1.45 parto per guidare il 3° squadrone alla quota 893. Il comandante del reggimento ha voluto che conducessi io lo squadrone
attraverso i campi minati. Compito eseguito.
Alle 11.50 il 3° squadrone va allo scontro sulla quota 912. Nonostante il forte appoggio dell'artiglieria e dei mortai, è stato respinto. Alle 17
ha ripetuto l'attacco e ha preso la 912 e Corno. Sono rimasti lì per la notte.
22 maggio. Il 3° squadrone pattuglia con i plotoni la stessa zona. Da noi calma.
23 maggio 1944. Nessuna variazione.
Sono partite le richieste per le medaglie: K.W. [17] e V.M. [18].
È partita una richiesta anche per me.
24 maggio 1944 Un altro giorno è trascorso abbastanza tranquillamente, anche se l'artiglieria e i mortai ci hanno dato addosso. Il 3° squadrone è
sugli avamposti. Il primo plotone ha preso un prigioniero. Ci ha dato molte informazioni.
Arriva la notizia che in Polonia si è formato un governo nazionale a tinte rosse. Ci prende un accidente, ma bisogna serrare i denti e tener duro. [19]
25 maggio 1944 Ieri alle 18.40 abbiamo piantato la bandiera del nostro reggimento in cima al Monte Cairo, nel punto più alto. Domina tutta la valle.
Il monte è stato conquistato dal 3° squadrone. Le perdite ci sono, ma poche. I tedeschi sono fuggiti via spaventati. [20]
26 maggio 44 Silenzio. Nessuna traccia dei tedeschi.
Si dice che, a causa delle gravi perdite subite, andremo in seconda linea in riposo. Ce lo siamo veramente guadagnato.
27 maggio 44, sabato. Raggiungiamo il reggimento degli Ulani di Carpazia che va in seconda linea.
31 maggio. Torniamo al nostro vecchio campo, all’equipaggiamento, e fra alcuni giorni saremo a riposo.
2 giugno 44. Arriviamo a Santa Croce [21] per riposarci. Sistemo il plotone, vado subito a riposare.
7 giugno 44. La Francia è stata invasa. I tedeschi si ritirano, sono già oltre Roma.
* * *
Il 12 giugno 1944, il reggimento riprende la via del fronte ed il 30 avviene il primo scontro con i tedeschi nei pressi di Recanati, prodromo
della grande manovra per la cattura della città di Ancona. Gli Ulani di Poznan sono impiegati come reparto da ricognizione, con tutti loro mezzi e
sempre in primissima linea, della neo costituita 6a brigata corazzata. Gli scontri sono giornalieri e spesso la compagnia del tenente Marmoross è
impiegata nell’esplorazione delle linee tedesche con conseguenti scontri a fuoco, non scevri da gravi perdite, in uomini e materiali.
Il 17 luglio 1944, nel pomeriggio, le avanguardie del 2° Corpo entrano in Ancona, ma l’avanzata continua verso nord ed il 15° reggimento è sempre
impegnato nelle azioni di perlustrazione, raggiungendo il fiume Esimo. [22]
Ai primi di agosto, il tenente Marmoross viene scelto per comandare un reparto di rappresentanza, che a Roma partecipa ad un’importante celebrazione
con conseguente sfilata davanti al generale Anders e ad alti ufficiali alleati.
L’8 agosto, ad Ancona, viene decorato dell’Ordine Virtuti Militari, il più alto riconoscimento polacco al Valore Militare.
Poi ancora il fronte, fino al Metauro, davanti al quale, il 25 ottobre, gli viene consegnata la Croce di Guerra al Valor Militare per il
comportamento mantenuto nell’operazione di Pizzo Corno.
Pochi giorni dopo si salva miracolosamente da un’imboscata tedesca, riportando contusioni varie, ma riuscendo a riportare nelle proprie linee il
maggior numero dei suoi uomini.
Il 15 ottobre, di ritorno al fronte, a Bibbiena, dopo una periodo di riposo a Fermo, viene raggiunto dalla notizia che il fratello Stanislaw,
ufficiale pluridecorato del I Corpo polacco sul fronte occidentale, è stato ferito gravemente, subendo l’asportazione di un polmone.
La grave notizia abbatte profondamente Kazimierz, anche perché, il 25, muore in battaglia il tenente colonnello Zbigniew Kiedacz, comandante del
reggimento, al quale era legato da profonda stima.
Ormai si combatte sulla Linea Gotica, ma le condizioni atmosferiche sono così gravi da interrompere strade e mulattiere, fra un diluvio universale e
continue alluvioni che impediscono qualsiasi movimento.
Una profonda depressione pervade l’animo del tenente Marmoross.
La preoccupazione per le condizioni del fratello che non può vedere, il ricordo della madre rimasta in Polonia, senza appoggi e con la quale non può
comunicare, le notizie che continuano ad arrivare sulla sorte che gli alleati riserveranno al Paese natìo provocano uno stato di prostrazione e
scoramento, aggravato dalle tristi condizioni di vita tra granate, fango, freddo ed acqua a catinelle.
Il 3 gennaio 1945, il reggimento viene ritirato dal fronte ed inviato a Maglie, nelle lontane Puglie. Il comando del 2° Corpo ha deciso che parte dei
quadri e degli uomini andranno a formare il nuovo 25° reggimento Ulani di Wielkopolski, che sta addestrandosi in Egitto con i carri armati.
E’ un nuovo colpo per il tenente Kazimierz, che vede partire alcuni dei suoi più vecchi commilitoni ai quali è sinceramente affezionato.
Amareggiato da quello che vede in Puglia, non può che annotare mestamente come:
"esiste una grande differenza nella popolazione locale: in peggio. Qui non hanno visto la guerra per niente. E’ pieno di comunisti."
Poi la mazzata finale.
19 febbraio 45. Alcuni giorni fa sono apparsi sui giornali articoli sulla conferenza delle “Tre Grandi”.
E’ chiaro che la Russia ha condotto il gioco. Hanno deciso tutto come hanno voluto loro.
Hanno spartito la Polonia per la quinta volta.
Siamo stati imbrogliati e presi in giro in modo impressionante. Se non avessimo la speranza che tutto possa ancora cambiare, la strada di ritorno al
nostro Paese è per noi sbarrata.
E di nuovo sorge la domanda: abbiamo vissuto una vita così dura e raminga per ricevere in cambio un premio del genere?
Hanno urlato al vertice che la Polonia deve cedere una buona fetta del suo territorio all'Est per ricevere in cambio qualche briciola al nord, all'ovest e al sud.
Di nuovo il fronte, fino al 22 aprile quando viene ricoverato in ospedale per i postumi della malaria, ma anche per lo stress, la fatica. [23]
Ancora un ricordo della madre, rimasta sola in territorio ormai sovietico, che potrà rivedere per poco tempo soltanto nel 1956.
L’avventura italiana riserva però una sorpresa.
Alla fine del diario infatti il tenente Marmoross annota:
Ad Ascoli ho conosciuto Margarita, baronessa Sergardi Biringucci. Mi piace immensamente. Ho serie intenzioni.
Ancora il 7 marzo 1946 scrive:
Sono trascorsi solo tre giorni dal mio matrimonio con Marga.
Non avrei mai pensato che tutto potesse essere così meraviglioso. Sono immensamente felice con lei.
Poi, il diario si conclude così:
Comincio una nuova vita e una nuova pagina bianca si è aperta davanti a me: la scriveremo Marga ed io, insieme.
Si ringraziano Giulio de Alessandris, Tomek Basarabowicz, Damiano Parravano e Valentino Rossetti.
Ricerche storiche a cura di Alberto Turinetti di Priero.
Redazione articolo a cura di Alberto Turinetti di Priero e Wanda Marmoross.
I caduti polacchi
I nomi dei caduti nel maggio 1944 dei due reggimenti, 15° Ulani di Poznan e Ulani dei Carpazi, inumati nel Cimitero Militare Polacco di Montecassino (www.cmentarzmontecassino.com.pl).
15° reggimento Ulani di Poznan
Reggimento Ulani dei Carpazi
Note
Bibliografia
Sitografia
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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La testimonianza del comandante del reggimento Ulani dei Carpazi, il tenente colonnello S. Zakrzewski.
30/05/2015 | richieste: 2067 | ALBERTO TURINETTI DI PRIERO
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