Scheda bibliografica

Clayton R. Koppes e Gregory D. Black

LA GUERRA DI HOLLYWOOD – Politica, interessi e pubblicità nei film della seconda guerra mondiale.

Il Mandarino - 1988

Reperibilità: BUONA

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Tutti i segreti, i misteri e i "dietro le quinte" della propaganda bellica fatta a Hollywood durante la seconda guerra mondiale, quando su impulso del presidente Roosevelt fu creato l'Office of War Information (OWI) allo scopo di girare film che "aiutassero a vincere la guerra", non senza proteste di registi, attori e delle grandi majors cinematografiche... Un capitolo affascinante della storia del cinema hollywoodiano, fino ad oggi assolutamente inedito.

Passaggi tratti dal libro e relativi al film: "I FORZATI DELLA GLORIA" ("The story of GI Joe").

"L’esempio definitivo di film di combattimento della Seconda Guerra Mondiale era una storia sulla Campagna d’Italia, prodotto sul finire del conflitto: "I forzati della gloria".

Il film aveva un realismo maturo e implacabile che era possibile solo perché la guerra si avvicinava alla fine. Il fango, una guerra che appare senza fine (raggiungi una vetta solo per scoprire che ce nè un’altra dietro), la casualità della morte; tutte cose che non si sarebbero potute né mostrare né capire se non verso il termine del conflitto.

Diretto da William Wellman, il fim si basava sui reportage di Ernie Pyle, i cui resoconti sui semplici fanti gli valsero un premio Pulitzer per il giornalismo e l’imperituro rispetto dei G.I. Le storie di Pyle, fatte di coraggio, tragedia, paura e umorismo erano tributi realistici ai fanti che sostenevano l’urto della guerra nelle peggiori condizioni. Seguiva passo passo le truppe, chiedeva poco per se, e morì come morivano loro quando un cecchino giapponese lo colpì nel 1945 a Okinawa. I forzati della gloria, che inizia con un saluto al soldato semplice, divenne anche un tributo allo scrittore che aveva capito come stavano le cose."


E ancora.

"... L’errore più serio del film è il trattamento della scottante controversia sul bombardamento del monastero di Monte Cassino, culla del monachesimo occidentale. Gli Alleati erano convinti che i tedeschi si fossero rifugiati nel monastero che sorge su un crinale, da cui facevano piovere un fuoco d’inferno che arrestava la loro avanzata. L’alto comando esitava a bombardare la chiesa a causa della politica di risparmiare monumenti religiosi e artistici. Ma per i G.I. non ci sono equivoci. "Io sono cattolico e dico: bombardatelo", dichiara uno; "Pensate che voglia morire per un pezzo di pietra?". Quando si decide per il bombardamento del monastero, i soldati fanno fiorire sorrisi estatici.

Il modo in cui il film tratta l’incidente è un invito al pubblico perché applauda. In realtà i tedeschi non si erano rifugiati nel monastero e, riducendolo in macerie, si creò un terreno ideale in cui poterono rintanarsi. I fanti dovettero andare lì e scacciarli uno alla volta. In disaccordo con la propaganda del film, il generale Mark Clark nelle sue memorie concludeva che il bombardamento del monastero fu un errore tattico e propagandistico."

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