Il disastro del Rapido
L'offensiva del X° Corpo britannico era però soltanto l'introduzione alla prima battaglia di Cassino, soltanto l'inizio dei tentativi della 5ª Armata americana di penetrare nella Valle del Liri. Il generale Clark progettò con la 36ª Divisione americana (generale Walker) di aprire con un attacco frontale la Valle del Liri a sud di Cassino. Dietro alla 36ª Divisione egli preparò la 1ª corazzata americana. La 36ª Divisione doveva superare da tutte e due le parti il corso inferiore del Rapido nei pressi di S.Angelo in Theodice e spingersi in avanti fino alle alture di Pignataro. A questo punto Clark avrebbe potuto lanciare la sua 1ª Divisione corazzata attraverso la Valle del Liri su verso Frosinone.
Dopo il bombardamento aereo delle posizioni e delle vie di comunicazione della 15ª Divisione Panzer Grenadier, avvenuto al mattino del 20 gennaio, al pomeriggio aprirono il fuoco di fila l'artiglieria del II° Corpo americano e quella della 34ª e della 36ª Divisione. Verso le ore 20, il 141° Reggimento di fanteria americano, sotto la protezione del fuoco dell'artiglieria pesante, incominciò ad attraversare il Rapido a nord di S.Angelo. Ma l'attacco fu tempestivamente individuato e cadde sotto il fuoco di sbarramento del 104° Reggimento Panzer Grenadier e, in particolare, dell'artiglieria relativamente forte del 71° Reggimento. Gli Americani subirono perdite pesanti di uomini e mezzi. Nonostante il fuoco tedesco di sbarramento, il I° Battaglione del 141° Reggimento americano riuscì a metter piede con due compagnie sulla riva occidentale del Rapido; non riuscì, tuttavia, a portare l'intero battaglione al di là del fiume.
A sud di Sant'Angelo il passaggio sul Rapido era invece riuscito al I° Battaglione del 143° Reggimento americano malgrado l'accanita resistenza del 115° Battaglione da ricognizione tedesco. Ma un suo ulteriore attacco venne bloccato dal fuoco ed il Battaglione fu costretto a retrocedere sulla riva orientale del Rapido. Nel tardo pomeriggio del 21 gennaio, il 143° Reggimento passò di nuovo all'attacco a sud di Sant'Angelo riuscendo a portare il suo III° Battaglione al di là del Gari (la continuazione a sud del Rapido) ed a tirarsi dietro anche il II° Battaglione. Gli Americani avevano conquistato circa 400 metri di terreno al di là del fiume quando vennero investiti dal contrattacco del 129° Reggimento Panzer Grenadier. Gli Americani retrocedettero di nuovo lasciando in mano tedesca numerosi prigionieri.
Nel frattempo anche il 141° Reggimento di fanteria americano era riuscito a superare il Rapido a nord di Sant'angelo con due battaglioni. Ma neanche qui fu possibile costruire un ponte sul fiume a causa del preciso tiro dell’artiglieria tedesca. Senza ponti, la 36ª Divisione non poteva portare nè carri armati né armi pesanti. I soldati del 141° Reggimento americano subirono così la stessa sorte dei loro camerati del 143° Reggimento. Al pomeriggio del 22, passò al contrattacco anche il 104° Reggimento Panzer Grenadier che rigettò di nuovo indietro oltre il Rapido, entrambi i battaglioni del 141° Reggimento americano. Anche qui gli Americani subirono severe perdite. La 36ª Divisione si vide costretta, dopo una inutile battaglia protrattasi per tre giorni, a sospendere i suoi tentativi di attraversamento del Rapido e del Gari.
Nel suo libro “The calculated risk" il generale Clark fece ammontare le perdite americane in questa azione, a non meno di 1681 uomini di cui: 141 morti, 663 feriti e 877 dispersi. In america queste cifre produssero un effetto sgradevole. In seguito, alla fine della guerra, i veterani della 36ª Divisione chiesero e ottennero un’inchiesta che accertasse le responsabilità del generale Clark in questo disastro. Clark uscì indenne da questa inchiesta in quanto venne sostenuto che l'attacco della 36ª Divisione al Rapido era stato necessario ed aveva sottratto le riserve tedesche dalla zona di Anzio, e cioè proprio nelle prime ore critiche dello sbarco, limitando le perdite nella zona dello sbarco e facilitando la costruzione della testa di ponte. Nella realtà i fatti ebbero un altro svolgimento. Va precisato infatti che la 15ª Divisione Panzer Grenadier respinse da sola con l’impiego dell'artiglieria, che già stava sul fronte di Cassino, l'attacco della 36ª Divisione. Le riserve del XIV° Corpo corazzato tedesco erano state impiegate solo marginalmente, come anche l'intervento della 3ª Divisione Panzer Grenadier che era pronta presso Arce, a poca distanza dal teatro delle operazioni. Nessun soldato tedesco era stato sottratto da Anzio per partecipare alla difesa dall'attacco della 36ª Divisione. L'insuccesso della 36ª Divisione americana al Rapido si deve alla circostanza che Monte Cassino, il terreno montuoso situato a nord e ad ovest di questo, e Monte Majo si trovavano in mano tedesca. In quest'area avevano i posti di osservazione l'artiglieria e il 71° Reggimento di lanciatori tedesco, e da qui essi potevano controllare l'intera zona dell'attacco della 36ª Divisione e una gran parte del retroterra del II° Corpo americano.
La 5ª Armata americana del generale Clark, condusse la battaglia successiva a nord della città di Cassino. Il piano era il seguente: il Corpo di Spedizione francese doveva sfondare la Linea Gustav ad ovest di Sant'Elia, impossessarsi di Monte Cairo, accerchiare poi verso sud e bloccare la Via Casilina presso Piedimonte - S.Germano. Nello stesso momento il II° Corpo americano doveva attaccare a sud di Caira e convergere a sud per conquistare da nord il Monte Cassino. In questo punto la Linea Gustav era difesa dalla 44ª Divisione di fanteria tedesca Hoch und Deutschmeister con i Reggimenti 132°, 134° e 131° (da sud verso nord). Dietro alla Divisione tedesca e era una forte artiglieria il cui fuoco fu considerevolmente rafforzato dal 71° Reggimento di lanciatori.
La sera del 24 gennaio 1944, cominciò l'attacco del Corpo di Spedizione francese (generale Juin) con la 3ª Divisione di fanteria algerina, da tutte e due le parti delle sue posizioni di Sant'Elia. Il 4ª Reggimento di fucilieri tunisini costituiva la punta dell'attacco. Con slancio i Tunisini aggirarono, da sopra il Rapido, il campo minato tedesco e presero d'assalto le pendici orientali del Monte Belvedere (921 m) e lo conquistarono al pomeriggio del 25. Il giorno seguente, la 3ª Divisione algerina prese Monte Abate vicino al villaggio di Terelle. Monte Cairo (1669 metri) era ormai molto vicino, ma la Divisione venne investita dal fuoco concentrico dell'artiglieria tedesca in questa difficile posizione ed i suoi rinforzi si bloccarono. Il giorno 27 passò al contrattacco il 200° Reggimento della 90ª Divisione Panzer Grenadier, che riprese ai Tunisini il Monte Abate. Tuttavia fra questo colle e Monte Castellone si aprì nel fronte tedesco una larga falla. Essa però poteva essere rapidamente richiusa ad opera del 191° Reggimento granatieri della 71ª Divisione di fanteria. La 3ª Divisione algerina intraprese nei giorni successivi, ripetuti tentativi per riconquistare il Colle Abate ma senza alcun successo. Il primo febbraio il generale Baade, della 90ª Divisione Panzer Grenadier, assunse la direzione della battaglia di difesa contro la 3ª Divisione di fanteria algerina.
Parallelamente all'attacco della Divisione algerina, scattò l'offensiva della 34ª Divisione americana (generale Ryder) tra Cassino e Caira. Nella notte del 25 gennaio la Divisione di Ryder, dopo una poderosa preparazione di artiglieria, oltrepassò il Rapido. Il suo 133° Reggimento di fanteria riuscì ad infiltrarsi nelle posizioni del 134° Reggimento granatieri tedesco ma non poté mantenerle e dovette ripiegare oltre il fiume. Falli anche l'attacco del 135° Reggimento di fanteria a nord della città di Cassino. Fino al 30 gennaio la Divisione di Ryder era stata coronata da poco successo. Soltanto in questo giorno il suo 168°Reggimento di fanteria riuscì, finalmente, ad attraversare il Rapido e ad impadronirsi della località di Caira e delle alture limitrofe. Il generale Keyes sottopose a Ryder il 142° Reggimento di fanteria dalla 36ª Divisione americana. Però il Reggimento non doveva attaccare Monte Cairo, come si era dato a capire, ma avanzare dal Belvedere verso sud, fino a Monte Cassino. La 44ª Divisione di fanteria tedesca, fortemente attaccata, ricevette durante questo periodo ulteriori rinforzi ad opera del 211° Reggimento granatieri della 71ª Divisione di fanteria; assunse la difesa della città di Cassino il 190° Reggimento di artiglieria della 90ª Divisione Panzer Grenadier. Il generale Ryder preparò per l'attacco verso sud, tre reggimenti nella direttrice di attacco Caira-Belvedere con obiettivo diretto Monte Cassino. Al primo febbraio, malgrado pesanti perdite, gli Americani guadagnarono terreno e il loro 142° Reggimento di fanteria prese possesso della posizione dominante di Monte Castellone. A sud-est di questo, il 168° Reggimento si avvicinò fino a 500 metri dalla cima di Quota 593, il punto chiave tattico del massiccio di Monte Cassino. Il 5 febbraio una truppa d'assalto del 135° Reggimento di fanteria avanzò fino alle mura del Monastero di Monte Cassino. La 34° Divisione americana stava in questo giorno a soli tre chilometri di distanza dalla Via Casilina! Il suo 133° Reggimento, lo stesso giorno, si avventò dal nord nella Valle del Rapido contro la città di Cassino e contro Quota 193 (Rocca Janula), che si eleva ripida al di sopra della città e la domina. Ma gli Americani non pervennero ad alcun successo.
Il generale Alexander a questo punto della guerra non prendeva ancora in considerazione la possibilità di conquistare la forte posizione di Cassino mediante una manovra di aggiramento da Atina al di sopra dell'alta valle, come sostenuto dal generale Juin. Il Comandante Supremo alleato sottovalutava forse la possibilità offerta dalle posizioni britanniche al Garigliano e la profonda incuneazione franco-americana a nord di Cassino. Dopo poco più di una settimana di aspri combattimenti la 5ª armata era riuscita ad assicurarsi una solida testa di ponte, ma le sue truppe erano esauste ed inoltre nuovi rinforzi stavano giungendo alle unità tedesche. Fu in questo quadro che il 6 febbraio iniziò il cambio della guardia sul fronte alleato e gli Americani furono sostituiti dal 2° corpo d’armata neozelandese del generale Freyberg, formato da due divisioni che si erano distinte per la loro combattività in nord Africa: la 2ª divisione neozelandese e la 4ª indiana.
Il bombardamento del Monastero
Per il 15 febbraio era fissata la data della ripresa dell’offensiva alleata, ma prima di dar vita al nuovo attacco, sia il comandante della divisione indiana Tuker, sia Fryberg si trovarono concordi su un punto: l’Abbazia di Monte Cassino andava bombardata, gli Alleati nutrivano al riguardo una vera e propria psicosi. A ogni modo nessuno era sicuro che all’interno delle mura del convento vi fossero né soldati tedeschi né il più piccolo posto di osservazione. In effetti la Wehrmacht, con l’avvicinarsi del fronte, aveva stabilito un cordone sanitario di 300 metri intorno al perimetro delle mura dell’Abbazia, eppure la massiccia mole dell’Abbazia incuteva timore agli Alleati. Di sicuro vi era un dato: una volta deciso di sfondare la linea di Cassino frontalmente era necessario impadronirsi dell’altura del Monte Cassino. Fu così che Tuker e Fryberg chiesero un pesante bombardamento dell’Abbazia, in quanto necessario dal punto di vista militare. D’altronde se era vero che nemmeno un Tedesco trovasse ricovero dentro l’Abbazia era pur vero che tutto il Monte pullulava di soldati della Wehrmacht. La psicosi di Monte Cassino era aumentata da una serie di cartelli che i Tedeschi avevano lasciato in giro, che recitavano: "voi siete sotto l’osservazione del nemico, non siate sciocchi". Oltretutto un aereo di ricognizione alleato sorvolando l’Abbazia aveva asserito di aver visto sul Convento delle antenne radio, che invece erano dei parafulmini.
La decisione di bombardare l’Abbazia era ormai presa nonostante il parere contrario di Clark, che poi fu colui che, a malincuore, dovette dare materialmente l’ordine del bombardamento. Il 14 gli Alleati gettarono una pioggia di manifestini, in inglese e italiano, in cui preannunciavano il bombardamento, questo per dar modo sia ai profughi sia ai religiosi presenti nell’Abbazia di evacuare il convento.
Il conto alla rovescia era alla fine: la mattina del 15, in una giornata meteorologicamente serena, sul cielo sopra l’ Abbazia si presentarono 142 aerei B-17 , le temibili fortezze volanti e 82 bombardieri medi B-25 e B-26 che sganciarono quasi 500 tonnellate di bombe esplosive e incendiarie. Il bombardamento andò avanti quasi tutta la giornata; alla fine dell’Abbazia era rimasto un cumulo di macerie, aveva resistito soltanto parte delle mura perimetrali, il cui spessore aveva retto al bombardamento. I civili morti durante l’operazione furono un numero variabile tra i 100 e i 300, infatti mai fu possibile stabilire con esattezza quanti sfollati ospitasse l’Abbazia prima del bombardamento. Il risultato però non fu quello sperato dagli Alleati infatti nei giorni 16 e 17 i ripetuti attacchi della 5ª e 6ª brigata si infransero contro l’accanita resistenza dei Tedeschi, ben protetti nei loro bunker (che non avevano minimamente risentito del bombardamento…) e fornitissimi di bombe a mano. Alla fine il disastroso bilancio alleato di questi attacchi fu la perdita di 40 ufficiali e 600 soldati, tra morti e dispersi. Ma ci fu dell’altro; i Tedeschi all’indomani dell’ attacco aereo si sentirono autorizzati a servirsi in tutti i modi delle rovine del Monastero, sicché le macerie si trasformarono in una sorta di bunker naturali per i soldati della Wehrmacht: adesso sì che il Monte Cassino era pressoché inespugnabile. Ne sfuggì ai tedeschi l’occasione di fare propaganda: asserirono infatti che gli Alleati non avevano avuto rispetto nemmeno dei luoghi di culto. Infine il 18 tentarono un attacco i Maori del 28° battaglione neozelandese, ma furono ineluttabilmente respinti dai Tedeschi. Freyberg allora decise per la sospensione dell’attacco, rimandando ai primi di marzo la ripresa delle operazioni.
Il bombardamento dell’Abbazia di Monte Cassino alla fine si risolse in un clamoroso errore tattico e psicologico: il Monastero era stato abbattuto ma Cassino non era stata presa, e i tedeschi avevano rafforzato le proprie difese. La prima battaglia di Cassino quindi si concluse con una sconfitta per le armate alleate: la porta per Roma rimaneva, per ora, saldamente chiusa.
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