ROCCASECCA "SCOPPIA" LA STAZIONE
Prefazione
A 60 anni dal bombardamento della stazione di Roccasecca, avvenuto il 23 ottobre 1943, pubblichiamo il racconto di quegli avvenimenti effettuato da Costantino Jadecola.
Questo scalo ferroviario era di massima importanza per i rifornimenti al fronte delle linee tedesche, infatti oltre ad
avere numerosi binari su cui potevano sostare diversi convogli, ben tredici, vi era qui la diramazione ferroviaria per
Sora-Avezzano.
Questo scalo si trovava in una posizione ottimale; infatti era collocato a 20 chilometri dalla linea
Gustav, posto all'imbocco del Tracciolino, che collegava la Valle del Liri alla Val di Comino, si trovava sulla Via
Casilina, che con un percorso rettilineo portava sino a Villa S. Lucia per i rifornimenti a Monte Cassino, infine era
vicino a Colle S.Magno, da dove partivano i rifornimenti che tramite Monte Cairo e Terelle arrivavano alle prime linee
nella zona fino a Pizzo Corno.
Insomma un nodo vitale a cui gli alleati si dedicarono, stranamente, una volta sola. Dopo questo
bombardamento pensarono di averlo reso inefficiente ma sappiamo, da una foto aerea, che appena 20 giorni dopo questo
evento alla stazione di Roccasecca sostavano tre convogli di rifornimenti, segno che la linea era stata riparata.
Per la popolazione civile fu una tragedia, non tanto per le vittime, che furono poche, ma perchè comportò la completa
inagibilità di tutte le abitazioni, lesionate e scoperchiate dei tetti, costringendola ad abbandonare i luoghi per
rifugiarsi altrove, soprattutto sulle montagne nei dintorni, dove si trovavano i paesi di Santopadre e Colle S.Magno.
Avrebbero dovuto attendere oltre sei mesi prima di poter tornare a valle, dove vi era distruzione ma
anche la speranza di una nuova vita.
Roberto Molle
Roccasecca "scoppia" la stazione
Il pomeriggio del 23 ottobre 1943 l'aviazione alleata bombarda la stazione di Roccasecca.
Quella mattina era arrivato dal nord un convoglio di munizioni che era stato momentaneamente "parcheggiato" accanto ad
uno carico di paglia. Ricorda Tommaso Di Cioccio, capo stazione dall'ultimo dicembre:
. lo scalo di Roccasecca era diventato un vero e proprio deposito di munizioni, dove ogni notte arrivavano treni carichi di armi: alcuni venivano fermati sui tredici binari che facevano parte della stazione e molti venivano messi sulla linea Roccasecca-Sora.
Quella stessa mattina, aerei alleati avevano lanciato degli spezzoni incendiari sulla stazione ma senza provocare danni. È nel pomeriggio, invece,
che accade il finimondo.
Secondo alcuni il vero obiettivo è il ponte sul fiume Melfa. Ma non si capisce bene se quello della ferrovia o quello
della Casilina; secondo altri, invece, è esclusivamente la stazione.
Sta di fatto che sono circa le 16,30 quando gli aerei, che provengono da dietro monte Cairo, ad ondate successive
incominciano a mitragliare ed a bombardare.
Dal convoglio carico di paglia, per quanto i soldati tedeschi si diano da fare per spostarlo, le fiamme si estendono
a quello carico di munizioni. Che prende fuoco ed esplode.
Testimonia Quirino Giannitelli:
l'edificio della stazione venne letteralmente rovesciato e pezzi di vagone finirono a quasi due chilometri di distanza dal luogo dell'esplosione.
Pasqualino Riccardi ricorda:
si alzò nel cielo una gigantesca palla di fuoco emanante un calore infernale mentre una pioggia di pezzi di vagoni, di spezzoni di rotaie, di proiettili, si irradiò sinistramente in un vasto raggio del territorio circostante.
Il bombardamento della stazione di Roccasecca è un avvenimento che ha testimoni oculari anche ben al di là dei monti. Don Crescenzo Marsella, che si trova a Settefrati, dove è parroco, annota:
Colonne di denso fumo si elevano al cielo in direzione di Roccasecca, si sentono detonazioni formidabili. Un treno di proiettili, come si seppe dopo, scoppiava in quella stazione.
A Casamari, la sensazione di ciò che sta accadendo è ancora più netta. Scrive don Luigi De Benedetti:
Abbiamo visto all'orizzonte, nella gola formata tra la Rocca d'Arce e Colle San Magno, un'immensa fiammata elevarsi con sinistri bagliori al di sopra dei monti dalla quale è uscita subito una densa colonna di fumo che, formata una nuvola nera, si è dileguata dopo molto tempo. La fiammata è stata seguita dopo cinque, sei minuti, da un forte, continuato rumore che ha rintronato anche da terra per vari secondi.
Nonostante che all'epoca fosse ancora un bambino, chi ha un netto ricordo di quel bombardamento, è il
prof. Filippo Coarelli, oggi archeologo di fama internazionale, la cui famiglia a quei tempi abitava a Caprile di
Roccasecca, a piazza Nova, invidiabile posizione per la possibilità che si aveva di poter spaziare su gran parte della
valle del Liri.
Quel giorno si stava appunto a guardare, un pò tutti della famiglia, le conseguenze provocate da alcune bombe cadute
giù nella pianura quando, dice Coarelli:
. sentii qualcosa. Avevo sviluppato un sesto senso: "sentivo" gli aerei prima di tutti; vari secondi
prima che gli altri sentissero, io "sentivo". Per cui mi stavano tutti a guardare e quando io mi agitavo mia nonna
prendeva la valigetta coi gioielli e scappava via.
Quel giorno, però, presi com'erano da quelle bombe, non ci badarono.
Io, infatti, avevo "sentito"' qualcosa: lasciai subito gli altri, attraversai tutta la casa e mi diressi dall'altra
parte, verso il portone d'ingresso. Nel momento stesso che l'ho aperto, proprio mentre stavo per uscire sulla strada,
sono arrivati degli aerei inglesi a due code. Provenivano da dietro il Cairo e dopo aver sorvolato il castello di San
Tommaso si sono diretti verso la stazione di Roccasecca.
Uno degli aerei ha sganciato un pò presto, evidentemente, e la bomba, proprio nell'istante in cui io uscivo di casa, è
scoppiata ad un centinaio di metri di distanza, all'ingresso di Caprile, verso Roccasecca.
È stata una fortuna che non ci siano state vittime. Infatti, è andata a finire su una piccola costruzione che ospitava
un barbiere: il barbiere stava rasando la barba ad un tedesco ma, come hanno sentito il rombo degli aerei, entrambi se
la sono data a gambe. Giusto in tempo per evitare la bomba. Da cui non scampa, però, il cavallo ospitato nella stalla
sottostante il "salone".
Io, invece, venni sballottolato per una trentina di metri, vivendo la più drammatica esperienza di guerra.
Compiuta la missione - ricordo che due apparecchi si sono scontrati e qualcuno è stato abbattuto dalla contraerea - gli
aerei se ne sono andati. Ma lo scoppio della stazione non è stato immediato. Inizialmente c'era solo un incendio.
Rientrato in casa, ricordo che mi trovavo nella stanza più alta della casa, in cucina, dove c'erano dei miei cugini più
grandi che giocavano a scacchi. Di tanto in tanto davo uno sguardo verso la stazione e continuavo a vedere questo
incendio. Poi, però, non ci ho badato più.
È passato molto tempo, forse un 'ora; comunque, era ancora giorno. Avevo deciso di scendere in cortile. Appena ho
aperta la porta, istintivamente ho guardato in alto: proprio in quel momento è avvenuta l'esplosione. Ho visto
verticalmente sulla mia testa, cioè a cinque, sei chilometri di distanza dal luogo dello scoppio, il cielo rosso. Per
un decimo di secondo, probabilmente. E ricordo anche l'associazione che ho fatto: per un momento ho associato quel
rosso con l'incendio della stazione: "Cavolo! Guarda dov 'è arrivato l'incendio!".
Poi è arrivato il botto ed ho fatto il secondo volo della giornata: sono finito in fondo alle scale, giù in cortile, con
tutti i vetri della casa che mi piovevano addosso.
Una cosa mostruosa: mia madre, che era poco lontana, a piazza Nova, ha visto degli alberi secolari piegarsi in due; in
casa, invece, tutti i mobili del salone, pesantissimi, volavano. Per fortuna, nessuno si è fatto niente.
Le esplosioni sono continuate per un bel pò, ad intervalli; e la stazione, due giorni dopo, bruciava ancora.
Altre testimonianze sono state raccolte da Mario Canciani, che ha curato una specifica pubblicazione. Tra le altre, riprendiamo quella di Antonio Evangelista che aveva allora 15 anni:
Era un pomeriggio di sole. Con i miei familiari e alcuni amici di sventura eravamo rifugiati sulle montagne di Colle 5. Magno, e precisamente sul monte Occhio. Poiché il pomeriggio di quel giorno era assolato, eravamo seduti tra il sole e l'ombra intenti a toglierci di dosso i pidocchi, allora molto diffusi. Ad un tratto, aerei americani ci sorvolarono sganciando bombe che sembravano venirci addosso e, invece, (.) cadevano a grappoli sulla Stazione di Roccasecca. Tra uno scoppio e l'altro si determinò un incendio di vasta portata dal quale si elevava una lingua di fuoco che, salendo in alto, assumeva la forma di un grande fungo che sì ingrandiva sempre di più: ad un tratto un grande boato. Ricordo che lo spostamento d'aria mi scaraventò contro un muro a secco che si trovava alle mie spalle à qualche metro.
Tommaso Vano ricorda, invece, che:
il terzo giorno, quando non vi era più pericolo di scoppi, mio padre mi pregò di andare a casa, situata quasi di fronte alla stazione, per vedere se lo spostamento d'aria aveva procurato danni. (.) Arrivato al Casale "Bagano" cominciai a guardare avanti, ma la stazione non la vedevo più; c'erano carri ferroviari ormai ridotti ad un ammasso di ferro, contorti ed ammucchiati per tutta la campagna circostante. (.) Non esisteva più un muro, era un paesaggio lunare. Non riuscii a localizzare nemmeno più il luogo della mia casa.
Le vittime? Nessuno ha avuto il tempo di contarle. Tommaso Di Cioccio, un testimone, dice che, oltre a due tedeschi, morì anche Tommaso Fraioli mentre l'ostetrica Maria Gangiulo rimase gravemente ferita; è da ritenere, però, che esse siano state molte di più.
Costantino Jadecola
Bibliografia
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.