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UN'AMERICANA A ROCCASECCA
Data: 08-08-2005Autore: VARICategorie: TestimonianzeTag: #novembre 1943, protagonisti, roccasecca

UN’AMERICANA A ROCCASECCA
di Daria Frezza

Tra i molti aspetti della memoria ai quali ho fatto riferimento, ve n’è uno in particolare che vorrei sottolineare: è quello al quale si riferisce lo storico Charles Maier quando parla di memoria come cultura della malinconia: al centro dell’attenzione l’autore sottolinea l’esigenza psichica dell’essere al tempo stesso attore e spettatore, della ripetizione dell’esperienza attraverso la memoria come modo di sottrarla all’oblio. «Il tempo della memoria è il crepuscolo e il sentimento è la malinconia» è quanto osserva lo scrittore Asor Rosa nel libro di memorie che ha pubblicato recentemente col titolo intitolato “L’alba di un mondo nuovo”. L’autore fa di questo tema una vera e propria introduzione al libro: «Qualsiasi cosa si pensi del passato non si puó pensarla senza pensare al tempo stesso tutto ciò che c’è tra essa e noi. È questo che fa la differenza tra le diverse storie che raccontano la medesima cosa . In questo foro interiore non ci sono né condizionamenti né regole: . la catena delle associazioni puó scorrere all’infinito, abbandonare la strada maestra . e percorrere la miriade di sentieri marginali, tornare indietro sulla via che avevamo già percorso . e scoprire quanto sia diversa da come magari solo un momento prima la si era ricordata». Si tratta di prendere in esame una dimensione diversa da quelle sin qui analizzate. La definirei una dimensione della memoria di tipo contemplativo, che riguarda la sfera estetica della creazione artistica, letteraria, pittorica etc. Naturalmente non è questa la direzione verso la quale si indirizza il mio lavoro ma tale dimensione è inestricabilmente intrecciata all’altra che appare maggiormente legata ad un’indagine conoscitiva di tipo storico. Per quanto riguarda poi la memoria evocata nelle interviste orali, come in parte ho già detto, non si tratta di un’attività solitaria, ma di un incontro nel quale la carica emotiva è variamente graduata dai protagonisti che ne fanno parte. Così le memorie di guerra di chi narra evocano a loro volta i ricordi più lontani di chi ascolta. La molla della ricerca risiede dunque anche nel desiderio soggettivo di ricordare. Di qui questo breve ritratto di una delle figure della mia infanzia che in modo imprevisto ha segnato alcune scelte significative della mia vita.

Con un percorso della memoria che attraversa tre generazioni risalgo alla figura della mia nonna materna. Di lei si trova un breve profilo nelle memorie ufficiali del generale Frido von Senger, di lei conservo molti ricordi della mia prima infanzia a Roccasecca, alla sua memoria ho dedicato un libro, frutto di molti anni di lavoro, sullo sviluppo delle scienze sociali negli Stati Uniti nella prima metà del secolo scorso. Era stato mio padre molti anni fa a segnalarmi il ritratto della vecchia signora anglosassone nel libro di von Senger. Riporto qui il brano per intero, scritto a proposito della permanenza del generale a Roccasecca, nei primi mesi della battaglia di Cassino. La sua residenza era situata nella grande casa dei Cagiano de Azevedo, vicina alla nostra:

Nella casa accanto c’era una biblioteca per la verità non molto grande ma provvista di libri in ogni lingua del mondo, una rarità per l’Italia. Durante una delle mie occasionali passeggiate trovai la chiave dell’enigma: la vecchia signora dal viso asciutto con le grosse scarpe e il bastone da passeggio non poteva essere che di origine anglosassone. Nata in America, era stata educata in Germania e in Francia e aveva sposato un italiano.

Sophie Carpenter era nata a Philadelphia, unica figlia di genitori americani che come avveniva spesso negli ambienti colti e benestanti delle città della costa orientale, amavano viaggiare a lungo in Europa.
Sophie, educata, come ricorda Senger, in Germania e in Francia, aveva finito per stabilirsi in Italia. Contrariando i suoi genitori che avrebbero voluto per lei un matrimonio americano, aveva sposato a Firenze un pittore, Edoardo Gordigiani, assai noto nella cerchia fiorentina. A sua volta, avrebbe preferito per la figlia Isotta un marito che la riconducesse sul suolo americano; si era tuttavia molto affezionata al professore di diritto romano che insegnava all’Università di Pisa [Paolo Frezza, padre dell’autrice di questo testo: n.d.r.], che la figlia aveva deciso di sposare sorprendendo tutti visto che le sue amicizie ruotavano soprattutto nella cerchia di artisti e musicisti. Le origini meridionali del futuro sposo rimanevano all’epoca del matrimonio, nel ‘39, un po’ lontane, sullo sfondo.
A Roccasecca Sophie venne con la guerra, seguendo la figlia, nel ‘41, dopo essere stata per un primo periodo a Lucca al confino, come cittadina americana. Nel racconto di mio padre, lei si era fatta notare per una risposta data a bruciapelo ad un ufficiale tedesco che dopo la conquista di Parigi le si era avvicinato canticchiando

Parigi o cara noi lasceremo.

La risposta dura di lei era stata:

Ride bene chi ride l’ultimo.

In un clima divenuto troppo teso per lei, aveva pensato che sarebbe stato opportuno cambiare aria e perciò aveva seguito la figlia in Ciociaria. Mio padre aveva deciso infatti che il luogo più sicuro per la famiglia, mia madre, mia sorella ed io (una terza sorella sarebbe poi nata nel maggio ‘43) piuttosto che la Toscana era Roccasecca dove non ci sarebbero stati problemi di approvvigionamento.

Nella casa di Roccasecca Sophie aveva portato i suoi libri e il suo cane lupo Varga al quale era legatissima. Ad un’amica la cui famiglia era sfollata con noi a Monte Cairo, Mariella Tomassi, aveva confidato di voler affidare il cane in caso di morte perché, aggiungeva - nel ricordo di Mariella -,

. di Isotta non mi posso fidare, con tutte quelle bambine.

Per il cane, che una sera si era perso, aveva rischiato, contro il volere di tutti, una lunga ricerca notturna, infrangendo il coprifuoco, da sola, nelle campagne intorno al paese.
La sua biblioteca era composta soprattutto di classici della letteratura stampati nelle lingue originali, inglese, francese, tedesco: Goethe, Schiller, Molière, Shakespeare e poi gli americani, Whitman, Melville. Alcuni dei libri in inglese erano stati stampati in America, alla metà dell’Ottocento; nelle rilegature in cuoio erano incise le iniziali di sua madre.
I libri di Sophie fornivano uno sfondo internazionale più ampio alla ricca biblioteca di casa Frezza, costruita soprattutto dal nonno di mio padre, Luigi, il vero capostipite della famiglia.
Oltre ai classici della letteratura latina, italiana e francese vi figuravano opere di agricoltura, le grandi opere di storia dell’Ottocento come la Storia d’Italia di Cesare Cantù, Vincenzo Gioberti, ma anche la storia degli Arabi di Michele Amari.
Quando, dopo l’8 Settembre, la casa era stata requisita dal comando tedesco, noi eravamo tutti saliti a Monte Cairo dove la famiglia di mio padre possedeva un podere. Le mie sorelle ed io eravamo sistemate nei cesti di vimini dai due lati della soma di un asino, sedute sopra le masserizie che mia madre aveva deciso di portare con sé. La casa di Cairo era affollata di persone e di conoscenti che si erano rifugiati lassù, come era successo del resto in tutti i paesi circostanti dove si erano riversati gli abitanti di Cassino e delle località più esposte ai bombardamenti. Da Pontecorvo era venuto il veterinario Carrocci, da Cassino Niccolino Tomassi con la figlia Lina, mia coetanea, mentre Mariella, che ho ricordato a proposito della nonna, faceva la spola tra lassù e la sua casa di Roccasecca dove era rimasto suo padre. La descrizione di quei luoghi in quei giorni, l’ha fatta Sergio Giannitelli nel suo bel racconto “Lupi di Cairo”.

Prima che fosse troppo tardi mio padre aveva deciso di dividere la biblioteca facendone due lotti che, con l’aiuto di Sergio, aveva nascosto in due luoghi separati: in un nascondiglio a colle S. Magno e in una botola vicino al Convento dei frati della vicina Chiesa di S. Francesco. Il caso, che soprattutto in queste circostanze gioca un ruolo importante, aveva voluto che fosse quest’ultimo lotto quello destinato a salvarsi, contrariamente alle previsioni.
Nella casa di Roccasecca erano rimaste ancora per poco, fin quando non avevano trovato una soluzione adeguata, due sorelle di mio padre, Beatrice e Maria, la più piccola gravemente malata. La prima doveva accudire la seconda, molto giovane, che aveva subìto ancora ragazzina un drammatico intervento di amputazione di una gamba per un tumore. Insieme alla gamba, Maria aveva perso la ragione anche a causa, si diceva, della massiccia dose di anestetici che le erano stati somministrati. Per questo motivo il comando tedesco aveva concesso alle due sorelle di restare ancora nella casa prima di trovare un altro alloggio, mentre Sophie aveva l’obbligo, in quanto americana, di recarsi tutte le mattine a depositare la firma in Comune.
Le scarpe grosse e il bastone descritti da von Senger servivano alla vecchia signora nelle passeggiate lungo la strada bianca non asfaltata, che saliva a Colle S. Magno dove si era poi sistemata. Nei ricordi di mio padre il generale von Senger, pur conoscendo la nazionalità della sua interlocutrice, si intratteneva volentieri a conversare con lei che parlava correntemente il tedesco passeggiando avanti e indietro lungo la strada in salita. In montagna, quando era con noi a Monte Cairo, Sophie aveva fatto amicizia in particolare con un contadino che era tornato lassù dopo un lungo periodo di emigrazione negli Stati Uniti. Quando il cielo era solcato dagli aerei alleati sventolava un fazzoletto bianco senza paura di essere notata da militari tedeschi presenti nella zona. Appena finita la guerra, dopo il suo primo lungo viaggio negli Stati Uniti, venne a trovarci a Roccasecca. Quando riconobbi da lontano il suo profilo in cima alla strada lastricata di pietre che saliva dalla piazza - la scorciatoia delle scalette - le corsi incontro insieme a mia madre: al guinzaglio non aveva più la vecchia e paziente Varga, che non aveva retto il lungo viaggio in America, ma un cagnolino di taglia molto più piccola, dal carattere irascibile, che, in onore del generale americano Eisenhower, aveva chiamato Ike.

Tratto dal numero 3/4 del 2002 del Bollettino del “Centro Documentazione Studi Cassinati” a cura di Emilio Pistilli

Settembre 1943
Fuga verso Monte Cairo
Settembre 1943
Le sorelle Frezza nel canestro
Settembre 1943
Colle S.Magno
Sophie Carpenter Gordigiani
e i suoi tre figli

Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.

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