Un monumento da rispettare: il carro polacco di Montecassino
A chi percorre l’antica strada che dalla Masseria Albaneta scorre verso la Valle del Rapido, il carro appare all’improvviso, al bordo dell’antico
tratturo, nascosto fino all’ultimo alla vista da una vegetazione in rapida crescita: la croce fatta con i cingoli, le grandi targhe di bronzo,
la torretta rovesciata, la carcassa d’acciaio svuotata.
Potrebbe essere uno dei tanti monumenti ai caduti che possiamo ammirare in ogni angolo del mondo, ma questo offre una testimonianza che rimane
viva nel tempo, che non si cancella con il passare degli anni. Sì, perché in quel carro morirono cinque esseri umani e non importa se fossero
Polacchi o di un’altra nazionalità. Quel monumento è rimasto uguale nel tempo, come se la tragedia che vi si consumò continui a ripetersi davanti
agli occhi di un qualsiasi passante, anche se ignaro della sua storia.
Era quasi l’alba del 12 maggio 1944, verso le 5 del mattino, quando il carrò saltò in aria dopo aver urtato contro una mina tedesca e così
rimasero uccisi i cinque componenti dell’equipaggio.
Il fatto avvenne nel corso del primo attacco che il 2° Corpo polacco portò contro le munitissime difese tedesche della quota 593 (il Calvario),
della Masseria Albaneta e della Cresta del Fantasma.
E’ inutile ripetere il racconto dell’intera azione e chi è interessato può utilmente leggere quanto già contenuto in questo sito, ma per spiegare
meglio quanto successe bisogna per forza scendere in un maggiore dettaglio di quanto già raccontato [1].
Nel piano generale elaborato dallo stato maggiore del 2° Corpo polacco era previsto che alle operazioni avrebbe partecipato anche il 4° reggimento
corazzato "Skorpion" che con i suoi tre squadroni avrebbe dovuto affiancare l’attacco delle fanterie, garantendo un appoggio di artiglieria
ravvicinato specie contro i bunker tedeschi: il II squadrone a supporto della 3ª divisione di fanteria dei Carpazi ed il III squadrone a supporto
della 5ª divisione di fanteria "Kresowa"; il I squadrone di riserva, assegnato al 17° battaglione di fanteria "Lvov" [2].
Il III squadrone e due carri dello squadrone comando reggimentale raggiunsero l’area di raccolta prevista per l’attacco verso l’1,30 del 12 maggio,
in ritardo sull’orario previsto [3].
Verso le 2,20 gli Sherman del 1° plotone raggiunsero una posizione vicina alla base della Cresta del Fantasma sottoposti ad un intenso fuoco
dell’artiglieria tedesca. Il carro di testa perse di vista le strisce segnaletiche poste dai Genieri e cadde in un cratere di granata. Il carro
successivo fu colpito da una granata nel vano motore e fu bloccato. Il comandante del plotone cercò di passare con il suo Sherman fra i due mezzi
immobilizzati, ma il carro saltò su una mina che spezzò un cingolo.
Verso le 5 del mattino due Sherman del 4° plotone, agli ordini del sottotenente Ludomir Bialecki, e due carri del plotone comando avanzarono a loro
volta.
Il carro del sottotenente Bialecki apriva la colonna, ma urtò una mina anticarro, che provocò una prima esplosione ed un incendio a bordo. Tre
membri dell’equipaggio morirono all’istante, mentre il sottotenente Bialecki ed il caporale Nikowski cercarono di abbandonare il carro, le cui
munizioni esplosero pochi istanti dopo, provocando addirittura lo scardinamento della torretta, scaraventata a qualche metro di distanza. Tutti e
due erano rimasti gravemente ustionati ed il sottotenente morì quasi subito dopo l’esplosione, mentre il caporale decedette in ospedale il 18
maggio 1944 [4].
Il 4° reggimento corazzato continuò ad operare nella zona ed i carri rimasero sulle posizioni raggiunte.
Il 14 maggio, furono fatti avanzare quattro Sherman del II squadrone per coprire il lavoro dei Genieri, impegnati a ripulire i campi minati
tedeschi. In quell’occasione fu ucciso il sottotenente Zolnierczyk, colpito alla testa da una scheggia mentre si era esposto dalla torretta per
riuscire a vedere meglio.
Il 16 maggio, il III squadrone ricevette l’ordine di schierarsi sulla Cresta del Fantasma (1° e 2° plotone e plotone comando) al fine di bombardare
le posizioni tedesche, ma un carro saltò su una mina senza gravi conseguenze per l’equipaggio ed un altro precipitò giù da un dirupo per 150 metri.
Il 17 maggio, conseguentemente agli ordini ricevuti, il III squadrone si schierava sulla Cresta del Fantasma colpendo le postazioni tedesche della
quota 575 e del "Balkon", mentre il II avanzava verso la Masseria Albaneta, ma perdeva uno dopo l’altro quattro carri colpiti da granate anticarro
o saltati sulle mine.
Il 18 maggio, nonostante i tedeschi stessero ritirandosi dalla zona, il 4° reggimento corazzato trovò ancora resistenze nell’area della Masseria
Albaneta ed una granata uccise il capitano Iwanowski ed il tenente Bortnowski, e ferì gravemente il capitano Drelicharz.
In complesso, dal 12 al 18 maggio, il reggimento subì la perdita di 5 ufficiali e 8 uomini caduti, e di 8 ufficiali e 27 uomini feriti. Tre Sherman
furono distrutti e 8 danneggiati.
Dopo la fine dei combattimenti, il comando del reggimento dispose per il ricupero dei carri rimasti danneggiati nella zona. Per quelli che
avevano subito danni così gravi da non poter essere trainati nelle retrovie, si dispose lo smontaggio di ogni pezzo ancora utilizzabile e di
abbandonarne le parti intrasportabili.
Tra questi carri abbandonati vi era ovviamente quello del sottotenente Bialecki ed in questo caso fu deciso di non toccarlo e di lasciarlo
nell’identica posizione in cui si trovava dopo l’esplosione, con la chiara volontà di lasciarlo a memoria di quanto era successo all’equipaggio
e di coloro che erano caduti nella battaglia.
Successivamente venne presa la decisione di erigervi un monumento votivo a ricordo di tutti i caduti del reggimento nell’intera campagna d’Italia.
Come dimostrano le fotografie della cerimonia di inaugurazione del monumento, avvenuta il 17 maggio 1946, non solo in quell’anno il carro
appariva ancora integro, pur nella tragica posizione in cui era stato lasciato, ma appaiono evidenti i due scorpioni in bronzo che sorreggono il
fregio alla base della croce fatta con i cingoli di uno Sherman, la grande aquila polacca in bronzo e le due targhe, una che contiene la dedica ai
caduti, "Bohaterom", agli eroi, ed una che contiene i loro nomi.
Con la partenza del 2° Corpo polacco dall’Italia, avvenuta nel corso del 1946, il monumento venne forzatamente abbandonato, anche perché la
diàspora che subirono i reduci, sparsi in tutto il mondo ed ai quali era stato precluso il ritorno in Patria dai governi comunisti di una Polonia
occupata di fatto dall’Unione Sovietica, non permise loro, se non altro per questioni economiche, di intraprendere un viaggio in Italia.
Soltanto a partire dagli anni Settanta, piccoli gruppi di reduci, provenienti particolarmente dalla Gran Bretagna, si sono presi cura del monumento,
almeno una volta all’anno, in occasione dei pellegrinaggi che si svolgono intorno alla data del 18 maggio. Essi lo hanno umilmente ripulito e
tagliato i rovi che lo assalivano, ma anche questi reduci non ci sono più.
Meritoria appare l’opera di alcuni gruppi di privati polacchi che di quando in quando provvedono ad una minima manutenzione.
Nel corso degli anni il monumento è stato vittima non solo di atti vandalici, ma anche di furti. Ignoti hanno asportato uno dei due scorpioni
in bronzo, rubato evidentemente per venderne il metallo; stessa fine ha fatto l’aquila polacca, anch’essa in bronzo; altri hanno rubato la
mitragliatrice coassiale del carro che, a quanto pare, ora si trova al sicuro a Varsavia.
Oggi il monumento non viene sempre rispettato come ci si aspetterebbe anche da chi si atteggia ad appassionato delle vicende della battaglia.
Interi gruppi si fanno fotografare sopra il carro, ridotto a mero trofeo di guerra, altri vi consumano tranquillamente i loro pasti in allegria;
altri ancora, equivocando sulla loro stessa azione, raggiungono il monumento vestendo divise tedesche con tanto di esposizione di svastiche, un
atto di per sé stolto, ma che in questo caso denota scarso rispetto, nessuna conoscenza dei fatti ed una totale mancanza di sensibilità storica.
Immancabili quelli che devono per forza lasciare la loro traccia, incidendo sulla lamiera le proprie iniziali o il proprio nome.
E’ molto probabile che molti non siano nemmeno a conoscenza di cosa in realtà rappresenti quel monumento, silente ed isolato sulla montagna... .
Questi i nomi dei cinque caduti, nella trascrizione letterale quanto più fedele possibile dalla lista dei nomi di coloro che sono stati seppelliti nel Cimitero Militare Polacco di Monte Cassino:
Immagini
Note
Bibliografia
Sitografia
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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