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ROMA PUO' ASPETTARE
Data: 17/04/2005Autore: KAY DE LAUTOURListe: ARTICLES IN ENGLISHCategorie: TestimonianzeTag: #today, nuova-zelanda, veterani-reduci

ROMA PUO' ASPETTARE

"He aha te mea nui o tenei ao? Maku e kii atu, He tangata, he tangata, he tangata!"

"Mi chiedi quale sia la cosa più importante in questo mondo? Te lo dirò: sono le persone, sono le persone, sono le persone!"

(proverbio Maori)

Il soldato Eric de Lautour della Squadra "A", 18° Reggimento Corazzato, 2a Forza di Spedizione della Nuova Zelanda, inizialmente prestò servizio come fante nel 25° Battaglione in Nord Africa. Durante la sua prima azione fu testimone della perdita di commilitoni nelle trincee. Fu anche in Tunisia dove vide il primo muro romano, nel corso di un'azione militare nel deserto. In seguito ebbe modo di visitare Roma mentre era in licenza in Italia. Ancora si meraviglia di avere avuto l’intera Cappella Sistina tutta per sé durante un tardo pomeriggio grazie alla sua razione di sigarette (essendo un non fumatore) e ad un custode compiacente.

Mentre era ancora caporal maggiore fu trasferito dal fronte grazie all’interessamento del fratello maggiore, abbandonando il grado, fu assegnato all’unità del Genio a Bengasi. Fu poi inviato alla Scuola d’Addestramento a Camp Maadi e nel febbraio del 1944 fu inviato in Italia.

Eric venne in Italia da Alessandria su una nave polacca, la Sobiesky. Si trattava di un grande convoglio, cacciatorpediniere e aerei che sorvolavano, attraversarono lo Stretto di Messina per arrivare a Napoli. In Italia vide due vulcani attivi, lo Stromboli e il Vesuvio. La povertà che vide una volta sbarcato a Napoli, con mendicanti per strada e bambini affamati, è un ricordo ancora molto forte.

Da Napoli andò ad una base vicino Bari, poi Eric entrò nel 18° Reggimento Corazzato a Mignano a sud di Cassino. La prima azione a cui partecipò in Italia, come in Tunisia, vide la morte di due soldati accanto a lui. Questo avvenne nei pressi di Monte Trocchio, poco prima della battaglia finale per Monte Cassino. All’inizio di aprile dei carri sparavano vicino Monte Trocchio ed i tedeschi rispondevano al fuoco con un pezzo di grosso calibro. Eric e Selwyn Judge erano in un ricovero scavato sotto gli alberi a lato della strada. Il primo colpo esplose sottoterra, percepirono il sobbalzo ma non vi fu alcun cratere. Il secondo tiro colpì vicino ai carri uccidendo due uomini nelle vicinanze. Il terzo cadde davanti al ricovero e al mezzo corazzato di Eric e Selwyn Judge, coprendo il ricovero ed il veicolo con uno strato di fango. Entrambi gli uomini riuscirono con difficoltà ad uscire e furono alquanto scioccati. Si resero conto che se la bomba avesse colpito il loro mezzo sarebbero rimasti uccisi. Dall’annotazione di questo evento, minimizzata, sul diario di guerra di Eric si legge:

"Mattinata tranquilla. Bombardati nel pomeriggio. Colpita la zona antistante il mezzo. Il tetto del ricovero è crollato. Le ruote del mezzo si sono girate di 40°! Terra dappertutto. Tornati alla nuova zona col buio."

Eric continuò a prestare servizio nel 18° Reggimento Corazzato finché si ammalò a Forlì, fu ricoverato all’ospedale presso Caserta per cinque mesi prima di tornare in Nuova Zelanda sulla nave olandese Oranje.

* * *

Dal 7 ottobre al 7 novembre 2004, mio padre, il soldato Eric de Lautour, ha rivisitato Cassino e le zone circostanti. La bellezza della campagna, ora pacifica e produttiva, la Gola del fiume Melfa (una delizia per chi corre a piedi) e la gente, in particolare chi ci ha ospitato e gli amici, hanno reso questa esperienza "il viaggio unico di una vita".

"Siamo state persone privilegiate",/p>

sostiene Eric riflettendo sui tanti meravigliosi ricordi di questo viaggio, la nostra visita di padre e figlia nel territorio Ciociaro in Italia.

Mentre ci preparavamo per questa visita gli ho chiesto cosa volesse vedere e fare in Italia. Mi sembrava che rintracciare il suo percorso del periodo bellico fosse la cosa logica da pianificare e, naturalmente, le vedute della Città Eterna dovevano costituire una grande attrattiva. La sua reazione fu molto più semplice, pur se molto più profonda. Durante la Seconda Guerra Mondiale l’allegria e gli atteggiamenti della gente formarono i suoi ricordi più duraturi dell’Italia. In questo viaggio mio padre non voleva sapere tanto dei posti, sapendo bene che erano sicuramente cambiati in sessant’anni, piuttosto voleva sapere della gente. Cos’era accaduto ai bambini, alcuni dei quali erano tanto affamati sessant’anni prima? Lo spirito che aveva costatato durante la guerra in Italia sessant’anni prima era sopravvissuto nelle generazioni successive? L’Italia era ancora un luogo di gente allegra, le risate e le voci dei bambini risuonavano ancora nell’aria? E, naturalmente, saremmo andati a Roma ed a Caserta dove era stato in ospedale per cinque mesi.

Veroli e Roccasecca erano zone di particolare interesse; Veroli per il fatto che Eric vi aveva trascorso 35 giorni per un periodo di riposo e Roccasecca perché lo spirito della gente costituiva per lui un ricordo particolarmente vivo, uno spirito che aveva osservato mentre gli abitanti del paesino ricostruivano Ponte Vecchio, il Ponte del Santo Spirito vicino la Gola del Melfa. In quel tempo era opinione assai diffusa che "l’Europa fosse finita" ma Eric ricorda d’aver pensato che con un tale spirito solidale, con ogni persona abile che aiutava a ricostruire il ponte, c’era ancora un futuro solido per l’Italia. I contatti epistolari con gli storici della zona furono un fattore importante nel decidere di effettuare questo viaggio. Quindi per oltre un mese fummo a Roccasecca ed esplorammo la zona con l’aiuto dei nostri amici italiani.

Durante la Guerra, particolarmente durante l’accampamento di Veroli, Eric andò a piedi o con passaggi di fortuna in altri paesini a visitare i suoi fratelli e amici di altre unità. Sebbene fosse affascinato dalle mura di pietra e dalle strutture, durante le sue visite nei piccoli centri nel 1944 non era consapevole delle bellezze che c’erano dentro questi paesi e nelle loro chiese. I nostri eccellenti amici storici vi hanno posto rimedio; grazie a Alessandro Campagna, Roberto Molle e Gianni Blasi abbiamo avuto il privilegio non solo di vedere queste meraviglie, ma di apprendere così tanto circa la storia della gente, dei luoghi e delle costruzioni.

Un tema ricorrente che ricordo dei racconti di mio padre riguarda i bambini in Italia. Essere accolta da uno dei più affamati di quei ragazzi ed ascoltare la sua versione dei fatti è stato un momento particolarmente significativo di questo viaggio.
Benedetto (Ben) era un bambino durante la Seconda Guerra Mondiale e pativa la fame in una grotta nella Gola del Melfa. Ricorda bene come i soldati neozelandesi dessero pane bianco e cioccolato alla sua famiglia. Il racconto delle vicende che lo riguardano è prova dello spirito della sua gente. Ben lasciò l’Italia, si trasferì nel Galles ed in Inghilterra per poi ritornare a casa con la moglie italiana e i suoi figli nati nel Regno Unito. Ascoltare questo racconto e le storie gratificanti dei successi dei suoi figli giustificava l’ottimismo di Eric sul futuro dell’Italia in un momento in cui tutti erano pessimistici sul destino dell’Europa.

Essendo egli stesso un contadino, Eric era interessato a come venissero utilizzati i terreni ed alle tecniche agricole. In retrospettiva oggi osserva i cambiamenti. Nel volgere di circa sessant’anni post-bellici, sembra che l’agricoltura e l’orticoltura abbiano fatto un salto di un secolo e mezzo. Nell’Italia del periodo bellico i metodi erano quasi quelli dei tempi biblici con pratiche intensive di lavoro a mano; ora invece, saltando il normale processo di evoluzione che si è verificato in altri luoghi, gli italiani sono al passo e, talvolta, più avanti rispetto a pratiche diffuse nel mondo. Nel 1944 molti bambini lavoravano in campagna ed un’immagine incisiva è quella di una bambina minuta che portava al pascolo un toro immenso. Eric vide un ragazzino che portava delle pecore in collina mentre suonava uno zufolo fatto di legno di salice. I bambini erano soliti andare a prendere l’acqua alla fonte e si aiutavano l’un l’altro a posizionare i pesanti contenitori sulla pezza che mettevano in testa. Se capitava che vi fossero soldati vicino alle fonte facevano segno affinché dessero una mano a sollevare in testa i contenitori d’acqua. Eric imparò molto del suo italiano dal parlare con i bambini. I bambini ridevano quando sbagliava e gli dicevano come pronunciare correttamente.

Il canto di oltre 10.000 soldati polacchi in un campo di transito in Egitto era stata un’esperienza particolarmente toccante e ben presto i carri armati dei Kiwi si trovarono a sostenere l’attacco dei polacchi a Monte Cassino. La visita al Cimitero Polacco nei pressi dell’Abbazia fu un’esperienza emotiva mentre riflettevamo sulle vite sprecate e sulla futilità della guerra. Eppure non sembrava esserci dubbio che la guerra dovesse essere combattuta. Gli italiani chiedevano ad Eric perché dei soldati venissero dall’altro capo del mondo a dare una mano in questa guerra e come ci si sentiva a combattere così lontano da casa. Anche se la Nuova Zelanda era tanto lontana, le forze dell’Asse stavano incidendo pesantemente nel mondo e la Nuova Zelanda correva il rischio di diventare una colonia tedesca. Andare in guerra, anche se si trattava dell’altra parte del mondo, veniva visto come una necessità, non come un’avventura.

Durante il tempo trascorso a Cassino potemmo assistere ad una funzione presso il monumento polacco a Piedimonte San Germano e ad altre cerimonie a Cassino e Roccasecca. Il 26 Ottobre la cerimonia di commemorazione Canadese al Cimitero del Commonwealth fu una funzione di grande dignità, ben condotta in francese ed inglese in onore dei soldati caduti. A conclusione vi furono le interpretazioni incisive degli inni nazionali canadese ed italiano.
Le cerimonie al Fiume Melfa furono degli esempi straordinari dello spirito di amicizia tra la gente italiana e le Forze Alleate. Chi ci ospitava continuò a meravigliarci col lavoro organizzativo che finiva a tarda notte e poi l’abbandono del posto di lavoro di giorno per accogliere i veterani in visita (Eric notò che la profondità del Melfa si era assai ridotta col depositarsi di sassi in sessant’anni. I pullman pieni di canadesi furono un ottimo rimedio visto che ciascuno di loro si scelse dei sassi da portare a casa in Canada come ricordo!).

Le visite al Museo della Guerra a Cassino non bastavano mai poiché c’era sempre altro da vedere e su cui riflettere. E’ stato un bene esserci tornati diverse volte. Per Eric era un’occasione per rivedere oggetti familiari, per osservare più da vicino gli opposti schieramenti, ma più particolarmente per leggere le storie che completano gli oggetti in mostra. Per me le fotografie erano gli oggetti più importanti; ora riuscivo finalmente a dare volti veri a tutti i racconti che avevo letto. Ricorderò per sempre i volti dei civili che mi guardavano da quelle foto.

E’ stata una delizia scoprire la Gola del Melfa. Durante la guerra la Squadra A non fu impegnata nella Gola, si spostò da Roccasecca in direzione Rocca d’Arce. Comunque, durante questa visita, la Gola è stata un elemento geografico di notevole valore! Come atleta veterano e dedito alla corsa, Eric ha dedicato tutto il tempo che poteva a passeggiare e correre nella Gola giorno dopo giorno. Ciò è stato sia un piacere che una sfida e prima che la nostra visita si concludesse è riuscito a correre i 25 chilometri di montagna da Roccasecca a Santo Padre e ritorno – una cosa che certamente non è riuscito a fare durante la guerra!

Il nostro alloggio, l’Agriturismo Felicetta, era meravigliosamente posizionato all’ingresso della Gola. Non abbiamo impiegato molto a sentirci completamente a nostro agio ed i padroni di casa sono diventati buoni amici. Partite a carte, qualche canzone e tante risate, insieme alla cura che hanno profuso nel soddisfare i nostri bisogni ci hanno conferito un senso di appartenenza. Avevamo le nostre chiavi e ci riferivamo all’Agriturismo Felicetta col termine di "casa". Le nostre passeggiate regolari al "sale e tabacchi" per ogni necessità, il negozio di frutta dove, tra l’altro, compravamo kiwi della Nuova Zelanda, ed il saluto quotidiano degli abitanti del posto mentre camminavamo nella Gola stavano a significare che ci sentivamo parte della comunità di Roccasecca.

La decisione di fermarci principalmente in un solo posto si era mostrata una scelta azzeccata. Avevamo fatto delle ottime amicizie ed eravamo molto riluttanti a spostarci. Ma il tempo stava per scadere.

"Che ne dici di prendere un treno per Caserta?"

chiedevo di tanto in tanto. La risposta era sempre la stessa:

"Perché lasciare questo posto meraviglioso e ridurre il nostro tempo con queste persone meravigliose per visitare una città? La prossima volta."

rispondeva mio padre,

"Andremo a Caserta la prossima volta. E Roma? Roma può aspettare!"

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