UN SOLDATO: FLAVIO FOSSI
Data: 13-12-2004Autore: VARICategorie: TestimonianzeTag: #dicembre 1943, italia, monte-lungo

UN SOLDATO: FLAVIO FOSSI

L’ultima lettera, inviata alla madre

22 Novembre 1943

Carissima Mamma, sono tre mesi che non ti scrivo, tre mesi che non so niente della nostra famiglia e voi non sapete niente di me.
Gli avvenimenti di questi tre mesi sono stati crudeli per noi, per noi che non potevamo prevedere tanto orrore. Essi hanno posto una barriera fra noi si da non far scorgere niente di quel che succede al di là; giungono solo voci confuse, voci che sembrano urli e che ci stringono il cuore. Non posso più restare al di qua della barriera, mamma, ed è questo che oggi parto volontario per il fronte.
Parto con un’unica speranza, quella di arrivare al più presto a voi, con un unico ideale; d’essere soldato fino in fondo; con un unico desiderio, vendicare l’onore del mio battaglione tradito il 12 settembre e fatto arrendere senza sparare una sola cartuccia, di fronte a trenta tedeschi.
Fu in quel giorno, mamma, che feci giuramento di riprendere il mio posto ed il mio onore. Non sono un eroe, perché se lo fossi, quel giorno di settembre non avrei dovuto consegnare le armi; né so se questo sia coraggio. Non volevo tornare a casa a dirti: tuo figlio non ha fatto il suo dovere. Ecco, questo è. La Patria è divisa in due: i fratelli combattono i fratelli.
Mamma, tu hai conosciuto la purezza dei miei sentimenti, hai conosciuto la mia obbedienza ai superiori, eppure oggi corro a combattere contro i miei capi di ieri e credo con ciò di fare il mio dovere.
L’invasore tedesco si serve della sua forza per opprimere il lembo della nostra Patria in sue mani, ed in quel lembo ci sei tu, Mamma, c’è tutta la nostra famiglia.
Ho pensato molto a tutti voi e non ho mancato di pregare. Ho pregato per la coroncina del Rosario che mi regalasti alla mia partenza; ho pregato per tutti, ma specialmente per Nanò che mi da tanto pensiero.
Giungono voci che i tedeschi reclutano giovani per farli lavorare e, peggio, per farli combattere. Sarete riusciti a salvare Nanò? E’ il mio pensiero più penoso.
Mamma ho con me un quadernetto dove ho scritto tutto quello che mi è successo in questi ultimi tempi. Spero che il Signore ci darà la grazia di leggerlo insieme: il babbo in poltrona, tu vicina a lui ed io fra voi. Prega, mamma, perché quel giorno venga e se non meritiamo il male, Iddio ci riunirà in terra prima che in Cielo.
Penso che siate in Toscana, molto più vicina ad essere liberata che non sia Trieste, ed è per questo che affido questa lettera al mio carissimo amico che vi parlerà di me.
E qui mi viene in mente la mia Elena! Mamma, tu che hai sempre capito il mio cuore, tu che tanto hai fatto si da rendermi felice con lei, cerca di farmi perdonare l’atto che oggi sto compiendo. Le ho sempre voluto tanto bene, non l’ho mai dimenticata. Mi perdoni delle sofferenze che il suo cuore per me le ha chiesto. Quando si è lontani, si sogna la casa e la mia casa è con lei al mio fianco. Mamma tu certo l’avrai consolata, tu le avrai certo detto che tornerò. Grazie, Mamma.
Se non tornassi…non ti dico di non piangere chi si è sacrificato per la Patria, piangi pure, mamma, ma comprendimi.
So benissimo che l’atto che oggi sto compiendo, più che chiedere un sacrificio a me, lo chiede a voi…si passa tanto facilmente dalla vita alla morte! I rimasti soffrono di più di quelli che han fatto il gran viaggio. Perdonami tu e il babbo, del sacrificio che potrei chiedervi.
Caro babbino, coraggio, quando torno non ti lascerò più e sarò sempre al tuo fianco per lottare.
Ricordatemi a tutti e comprendetemi perché vi voglio tanto bene.

Vostro Flavio

L'ultima pagina del Diario di Guerra

7 Dicembre 1943

Scrivo dalla Prima Linea.
Vi sono giunto stamani prima dell’alba dopo una notte di marcia insonne. I camion attraverso Caserta e Capua ci hanno portati fino alle immediate retrovie del fronte. Notte. Ci siamo incamminati nel buoi passando per fossi pieni di acqua. Le artiglierie di tutti i calibri americane ci accompagnavano con colpi che laceravano i miei orecchi non abituati a quei rumori d’inferno. Da parte tedesca rispondeva qualche rara mitragliatrice. Ero calmo di una calma che mi ha meravigliato; anche quando sono scivolato due volte nel fango e mi sono inzuppato le vesti non mi è uscita una sola imprecazione dalle labbra. Siamo arrivati poco prima dell’Alba alle pendici di una altura. Al di là di questa, su un’altra vicinissima, ci sono i tedeschi. Domattina andiamo all’attacco per sloggiarli. Intanto oggi per tutto il giorno è continuato il tiro delle nostre batterie che ci preparano l’attacco. Ogni tanto non molto lontano da noi arriva qualche colpo di mortaio tedesco. Sono rifugiato con Gussini ed alcuni altri soldati del mio plotone esploratori in una specie di grotta prima usufruita dagli inglesi. Vi abbiamo trovato due sacchi di viveri (ottimi) e qualche indumento. Io mi sono preso una sciarpa di lana.

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