ARMANDO BALESTRINO - BATTAGLIONE BAFILE
Data: 27-02-2005Autore: MAURIZIO BALESTRINOCategorie: TestimonianzeTag: #aprile 1944, italia, san-marco
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La formazione del battaglione “Bafile”

L’11 settembre 1943 il “Giulio Cesare” giunse a Taranto. La commissione di indagine sull’ammutinamento del 9-10 settembre non mosse a mio padre, il sottotenente G.N. Armando Balestrino, nessun addebito, anzi sentenziò che il suo comportamento era stato coerente con il dovere e con l’onore militare. Così papà proseguì per Malta con la nave, dove assieme al resto della flotta si consegnò agli Inglesi. In osservanza alle condizioni pattuite, la bandiera italiana non fu ammainata e l’equipaggio italiano rimase a bordo della nave. Papà rimase a Malta circa un mese. Un ricordo curioso di quel soggiorno forzato fu che allora imparò, per la prima volta in vita sua, ad apprezzare il pesce dal punto di vista alimentare. Mio padre, marinaio ma piemontese di origini e tradizioni, non poteva soffrire il pesce, tuttavia a Malta non c’era altro da mangiare e dopo una settimana di fame fece di necessità virtù. Da allora, per inciso, non smise mai di apprezzare questo alimento. Dopo che ebbe imparato a mangiare pesce fu nuovamente trasferito a Taranto, circa a metà ottobre. Questo importantissimo porto militare non era in quel momento interessato dagli avvenimenti bellici, e ne seguì per mio padre e per gli altri come lui un periodo di relativa quiete. Questo periodo avrebbe potuto continuare indefinitamente, tuttavia alla fine del 1943 egli venne a sapere che la Regia Marina cercava volontari per ricostituire il suo glorioso Reggimento di Fanteria di Marina “San Marco”, distrutto pochi mesi prima nella difesa della Tunisia.

Molti risposero all’appello, e fu necessario effettuare una selezione, accettando solo gli elementi ritenuti migliori e più adatti (cfr. W. Ghetti, “In lotta per la libertà – La Marina Militare nella Guerra di Liberazione e nella Resistenza”, Mursia 1973). Mio padre fu subito tentato di offrirsi volontario. Ne parlò con due amici della Marina (lui ricordava tutti i nomi, io purtroppo li ho dimenticati) durante un’uscita per le vie di Taranto. Furono a lungo indecisi se offrirsi volontari o no, alla fine decisero di affidare l’importante decisione alla sorte. Tirarono una moneta a testa e croce. Il responso fu che non, dicesi non, avrebbero dovuto offrirsi volontari. Visto questo responso, tutti e tre esclamarono allegramente all’unisono “Allora bisogna andare!”. Andarono, e furono accettati.

Seguirono mesi di addestramento durissimo (“analogo a quello degli Arditi”, v. Ufficio Storico della M.M.: “La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale, Vol XV – Dall’8 settembre alla fine del conflitto”, Roma 1962, pag. 276). Il costituendo reggimento San Marco era interamente formato da marinai e ufficiali di marina, la cui professionalità militare era specializzata nella guerra navale e nella conduzione delle navi. All’Accademia di Livorno, avevano insegnato a papà ad arrampicarsi sui pennoni e a manovrare le vele, a conoscere e far funzionare i motori delle corazzate. Tutto questo ora non serviva più. Invece, diventava necessario l’addestramento alla guerra terrestre. Questo fu effettuato in maniera superintensiva nell’inverno 1943-44 in Puglia. Papà era un giovane di ottima prestanza fisica, addestrato militarmente in Accademia e sportivo di suo. Aveva praticato il calcio e molti altri sport e aveva anche giocato qualche partita in serie C, come ala destra della Nicese. Ciononostante ricordava l’addestramento in Puglia come una delle prove fisiche più dure della sua vita. Alla durezza dell’esercizio fisico si sommava la scarsità di cibo, un dato che peraltro si incontra quasi costantemente nei resoconti di quel periodo. Un giorno un contadino portò al San Marco la carcassa del suo vecchio asino, morto di cause naturali, per venderne la carne. Oggigiorno, la carne d’asino sta avendo una certa valorizzazione in alcuni ambienti gastronomici, ma nel 1943 era assai disprezzata, veniva considerata dura, legnosa e non adatta ad un uso alimentare di un certo pregio, e probabilmente non lo era. Ciononostante i marinai comprarono tutta la carcassa. Papà e i suoi amici acquistarono anch’essi un grosso pezzo dell’asino e lo cossero su un fuoco acceso in campagna. Se ne saziarono al punto da abbandonarne una parte che non erano riusciti a mangiare.

Il reggimento San Marco potè essere ricostituito solo su due battaglioni, il “Bafile” e il “Grado”. Dei due il “Bafile”, quello cui apparteneva mio padre, fu ritenuto pronto agli inizi del 1944 e subito inviato al fronte. Il secondo (“Grado”) sarebbe stato inviato al fronte solo dopo la caduta delle linee Gustav e Hitler. Ancora dopo sarebbe arrivato il terzo battaglione, il “Caorle”.

I marinai del Bafile partirono nell’aprile del 1944, destinazione il fronte di Cassino. Dalle Puglie dove si erano addestrati (papà ricordava in particolare il paese di Chiattona) viaggiarono in treno e a piedi. L’avvicinamento al fronte fu immortalato in una canzone che i marinai crearono parafrasando quella degli alpini “Monte Camino”. Sulla stessa aria i marinai del Bafile cantarono:

“Non ti ricordi quel mese d’aprile
quel lungo treno che andava a Cassino
che trasportava i marinai alpini
su su correte è l’ora di partir.

Dopo tre giorni di strada ferrata
e altri due di lungo cammino
siamo alfin giunti sul fronte di Cassino
e a ciel sereno ci tocca di dormir”.

Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.

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