MONTE MARE E IL TENENTE ENRICO GUERRIERA
Data: 18/05/2014Autore: MAURIZIO BALESTRINOCategorie: Le battaglieTag: #aprile 1944, alpini, italia, monte-marrone

MONTE MARE E IL TENENTE ENRICO GUERRIERA

Antefatto

Nella notte fra il 30 ed il 31 marzo 1944 il Battaglione Alpini "Piemonte" aveva occupato Monte Marrone; nei giorni seguenti l’aveva fortificato respingendo attacchi di pattuglie nemiche; nella notte seguente la Pasqua (notte sul 10 aprile) l’aveva tenuto contro il deciso attacco di un forte contingente nemico. Monte Marrone "costituiva una posizione molto importante nel settore delle Mainarde: alta 1770 metri, dominava tutta la valle del Volturno; in mano tedesca avrebbe potuto compromettere seriamente il traffico logistico lungo le strade che, per le valli di tale fiume e quindi del Sangro, costituivano linea di arroccamento tra il mare Tirreno e l’Adriatico" [1]. Non solo, ma

"Monte Marrone in mano tedesca compromette molto seriamente le condizioni della difesa nel settore Castelnuovo e nel settore Mainarde" [2],

che erano tenuti dal Primo Raggruppamento Motorizzato.
Anche il Generale Nicodem Sulik, comandante della 5a Divisione di Fanteria Polacca Kresowa, caldeggiava la sua occupazione per sottrarla ai Tedeschi [3].

L’occupazione di Monte Marrone avvenne, dopo settimane di meticolosa preparazione, fra le 03.30 e le 07.15 del 31 marzo. Fu un piccolo capolavoro di tecnica alpinistica e di organizzazione militare e la successiva difesa del monte fornì un’ulteriore prova delle capacità belliche del rinato Regio Esercito. Queste operazioni ebbero una certa eco. Ne diedero notizia Radio Londra il 3 ed il 6 aprile ed il "Corriere Alleato" (giornale in lingua italiana delle Nazioni Unite, come allora si chiamavano spesso gli Alleati) l’8 aprile [4].

MONTE MARRONE E GLI ALPINI DEL BATTAGLIONE "PIEMONTE"

... Sostando davanti al monumento, nel silenzio che è proprio di quel luogo, è persino difficile pensare che sia stato contaminato dalla furia della guerra, ma anche che il monte possa essere stato conquistato in una sola notte, grazie ad una magistrale arrampicata di centinaia di uomini...

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Tuttavia, anche se con l’occupazione di Monte Marrone gli Alpini avevano sottratto ai Tedeschi un’importante punto di osservazione, in mano nemica rimaneva ancora Monte Mare, una vetta un poco più alta (m. 2147) subito dietro Monte Marrone, la quale consentiva ancora un’osservazione importante del fronte alleato e delle sue retrovie.

Lo sfortunato colpo di mano su Monte Mare

L’11 maggio un plotone di arditi sferra improvvisamente un colpo di mano su Monte Mare. L’episodio è citato da quasi tutti i resoconti della Guerra di Liberazione, una ricostruzione fra le più esaurienti si trova nel libro di Ernesto Damiani "Ci riconosceremo sempre fratelli". Alle pagine 124-125 Damiani riporta le pagine del diario di suo padre Gino, allievo ufficiale del Corpo Italiano di Liberazione, relative all’11 maggio e le incrocia con altre fonti storiche. Dalla lettura dell’opera di Damiani si evince che per la notte fra l’11 e il 12 maggio (la stessa notte che più a ovest avrebbe visto l’inizio della Quarta e ultima Battaglia di Cassino, l’Operazione Diadem) il Comando del Corpo Italiano di Liberazione aveva programmato un’offensiva su Monte Mare, sia allo scopo di occupare quell’altro importante punto di osservazione, sia allo scopo di impedire l’afflusso di rinforzi tedeschi dalle Mainarde a Montecassino. Tuttavia prima del momento previsto si scatenò, in apparenza spontaneamente, un’ardita ed improvvisa iniziativa che anticipò i tempi e che riuscì, effettivamente, ad occupare la cima di Monte Mare. Purtroppo i pochi arditi non furono efficacemente appoggiati dal resto del Raggruppamento e a sera dovettero ripiegare dopo una violenta lotta. Scrive nel suo diario Gino Damiani:

"ore 11 circa: 14 arditi, a gruppi isolati, senza ordini e senza ufficiali, nonostante il divieto di uscire dalla linea, partono per una ricognizione sul M. Mare, dicono. Non sono tutti armati. Ore 13 circa: questi 14 sfegatati, approfittando di un nuvolone nero, che acceca l’osservatorio, piombano sui tedeschi, catturano una mitragliatrice e occupano M. Mare. Attimi febbrili: allarmi in linea: i due plotoni arditi partono di rinforzo. Così l’azione stabilita per la notte è stata fatta in pieno giorno. Sorpresa dei nostri Comandi, nessun rinforzo andrà su Monte Mare. Tiri imprecisi e lenti dell’artiglieria per mancanza di collegamento con gli Arditi. Tacciono i mortai. I Tedeschi passano al contrattacco. Intanto in quota giungono i due plotoni arditi. Si sistemano: ogni uomo ha un settore di circa 100 metri. Si apre il fuoco contro sciatori Bavaresi provenienti da M. Cavallo. Si combatte eroicamente. Intanto si stabiliscono i collegamenti. Violento apre il fuoco la nostra artiglieria; poi violento ancora il tiro dei nostri mortai. Tutta la linea è in entusiasmo: si vuol partire per M. Mare; ma gli ordini sono precisi: nessuno può uscire. Qualcuno fugge con bombe e caricatori di mitra. Fugge un tenente degli alpini col suo attendente; fuggono due bersaglieri: a M. Mare. Quattro contrattacchi di un battaglione tedesco sono respinti. Ore 10 circa [sic!]: i nostri sono costretti a ripiegare; tutto è pronto per il tiro di repressione [per fermare il contrattacco nemico]. No, M. Mare non si lascia. Quel pugno di prodi scatta al contrassalto: Savoia, viva Lamarmora, e M. Mare è rioccupato. L’eroismo sublime: 46 contro 700 tedeschi. Si resiste ancora: i tedeschi sparano rabbiosamente; la quota è un inferno; ma i bersaglieri resistono ancora, benché a corto di munizioni. Sequela di razzi rossi: i nostri richiedono alle artiglierie e ai mortai un fuoco più violento. La richiesta viene eseguita; fuoco a volontà! Ore 20 circa: le munizioni sono quasi esaurite. Bisogna ripiegare purtroppo. E i tedeschi sparano rabbiosamente. La quota è abbandonata, peccato! … (omissis) … Ore 21 circa: la calma ritorna in linea. Nostre perdite: 3 morti, tra i quali il tenente degli alpini; 2 feriti gravi; vari feriti leggeri; quasi tutti gli arditi ammaccati. Due prigionieri catturati; gravi perdite inflitte ai tedeschi..." .[5]

La violenza del combattimento è ulteriormente sottolineata nel diario di Gino Damiani il giorno dopo, 12 maggio, quando riporta che un disertore tedesco che aveva partecipato ai combattimenti riferì:

"circa 700 sciatori Bavaresi partecipavano all’attacco. Violenta ed efficace la nostra artiglieria. Violenti ed efficaci i mortai; circa 30 tedeschi uccisi dal fuoco di essi. Eroica la resistenza dei Bersaglieri [al cui corpo appartenevano i due plotoni giunti in vetta di rinforzo]: gravi le perdite inflitte da questi..." .[6]

L’episodio, si legge sempre nel diario di Damiani, fu citato da "radio fascista", che minimizzò le perdite tedesche ed esagerò quelle italiane

"... radio fascista, solito sistema, ha annunciato: 30 morti e 45 feriti da parte tedesca; almeno il doppio le perdite delle fanatiche truppe dai cappelli piumati, in morti e feriti, più 200 prigionieri. Mentre in quota erano appena in 46!".[7]

Una medaglia d’oro alla memoria e un orsacchiotto di gomma

Come si è visto Gino Damiani scrive che un tenente degli alpini dopo l’inizio dell’azione "fugge" dalle linee col suo attendente (in apparenza contravvenendo agli ordini) per andare su Monte Mare a dare il suo contributo all’attacco. Sfortunatamente alla fine della giornata si contano fra i nostri "3 morti, tra i quali il tenente degli alpini". Il "tenente degli alpini" era il tenente dell’artiglieria alpina Enrico Guerriera, il suo "attendente" era Fiorenti Accossato, in realtà non un attendente ma uno dei capi-pezzo della batteria di Guerriera [8].

Per questa azione Enrico Guerriera fu decorato alla memoria di medaglia d’oro, con la seguente motivazione:

"In un momento in cui i pezzi della propria sezione non avevano immediato impiego nell'azione in corso, visto che un reparto di arditi bersaglieri si trovava duramente impegnato in un difficile settore, accorreva sul luogo, offrendosi quale semplice gregario. Dopo aver concorso efficacemente con un moschetto automatico alla neutralizzazione di ripetuti assalti tedeschi, usciva da un camminamento, nell'intento di portarsi sotto una postazione di arma automatica avversaria, allo scopo di distruggerla con lancio di bombe a mano. In questa temeraria impresa rimaneva ferito. Ciò nonostante persisteva nella sua azione e, ferito altre due volte, si trascinava ancora verso il nemico, finché veniva colpito a morte. Superbo esempio di fraternità e di altissimo sprezzo del pericolo. Monte Mare, 11 maggio 1944".

L’episodio è ampiamente citato, segno che all’epoca deve aver fatto scalpore.

Belisario Naldini scrive nel suo libro:

"Dopo che i bersaglieri del XXXIII Battaglione ebbero compiuto, con una loro pattuglia, un audacissimo colpo di mano su Monte Mare, occupando di sorpresa la quota 2021 e l’osservatorio della stessa altura, il nemico, nella stessa giornata dell’11 maggio che aveva visto l’effettuazione dell’attacco italiano, reagì violentemente e in forze, costringendo i due plotoni arditi del XXXIII e XXIX battaglioni bersaglieri, che erano andati a rinforzare la pattuglia occupante, ad operare un ripiegamento sulle posizioni di partenza. Nel corso dei violenti combattimenti che si erano accesi sulle pendici del Monte Mare, caddero un ufficiale e due bersaglieri. Altri due risultarono dispersi, mentre nove riportarono ferite più o meno gravi".[9]

Antonio e Giulio Ricchezza scrivono nel loro libro:

"Il giorno 11 dunque il monte è occupato ma subito dopo gli italiani devono ripiegare; il nemico ha infatti scatenato una rabbiosa reazione. Gli italiani lasciano sul posto alcuni morti fra i quali il tenente d’artiglieria Enrico Guerriera[10] , un milanese della batteria alpina del battaglione Piemonte. Il Guerriera aveva visto un gruppo di bersaglieri che si era trovato in difficoltà ed era subito accorso sparando a raffica contro i tedeschi per contenerne lo slancio. S’era poi buttato contro una mitragliatrice avversaria cercando di annientarla a colpi di bomba a mano; ma il suo impeto era stato bloccato a pochi metri dall’arma".[11]

In un’altra pubblicazione Antonio Ricchezza riferisce nuovamente l’episodio e tratteggia la figura del tenente Guerriera:

"Anche i bersaglieri si muovono l’11 maggio verso Monte Mare, lo occupano a viva forza, poi l’abbandonano perché si sono spinti troppo avanti, senza possibilità di mantenere le posizioni. Hanno lasciato sul posto vari morti e fra essi il tenente d’artiglieria Guerriera Enrico di Riccardo e di Bussetti Francesca, da Milano, della batteria alpina battaglione “Piemonte”. “Si era spinto con loro ed è caduto da eroe ... era impressionante vederlo battersi... ragazzo in gamba, troppo coraggioso. La sua tenda era talmente gremita di armi, esplosivi, bombe, che il suo attendente aveva paura a entrarvi. Il suo lavoro di ogni giorno quello di montare, disattivare, riattivare, pulire bombe, mine, spolette… Il suo bimbo gli aveva donato, prima di partire, un pupo di gomma. Guerriera diceva che il giorno in cui non l’avrebbe portato seco gli sarebbe accaduto qualcosa. Quel giorno – a Monte Mare – lo aveva lasciato in tenda".[12]

L’orsacchiotto di gomma è conservato con altre reliquie al museo militare annesso al Sacrario di Montelungo, in una bacheca dedicata al tenente Guerriera. E’ un orsetto di altri tempi, spartano, senza braccia, di un pallido colore grigio-azzurro, alto circa un palmo. Quando l’ho visto, conoscendone la storia mi ha colpito molto e ne ho riferito su questo sito [DVaC n.d.r.].

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Bibliografia

Sitografia

Note

  1. ^ Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico. La Guerra di Liberazione, 1976, pag. 153.
  2. ^ Umberto Utili, citato da Giuseppe Conti, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico. Il Primo Raggruppamento Motorizzato, Roma, 1986, pag. 182.
  3. ^ ididem, pag. 173.
  4. ^ ibidem, pag. 194.
  5. ^ Ernesto Damiani, Ci riconosceremo sempre fratelli, Nordpress Edizioni, Chiari, Brescia, 2004, pagg. 124-125, nella data dell’11 maggio.
  6. ^ ibidem, pagg. 124-125, nella data dell’12 maggio.
  7. ^ ibidem.
  8. ^ ibidem.
  9. ^ Belisario Naldini, Morire per qualcosa – Cronache del 185° Reggimento Paracadutisti Nembo, Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, Firenze 1965, pag.221.
  10. ^ Il cognome del tenente era Guerriera, tuttavia Antonio Ricchezza nei suoi libri scrive sempre erroneamente "Guerrieri". In questo mio scritto ho scelto di riportare le citazioni correggendo però questa imprecisione.
  11. ^ Antonio e Giulio Ricchezza, L’esercito del Sud – Il Corpo Italiano di Liberazione dopo l’8 settembre, Mursia, Milano, 1973, pagg. 150-151.
  12. ^ Antonio Ricchezza, Il Corpo Italiano di Liberazione, Museo del Risorgimento e raccolte storiche del Comune di Milano, Tipografia Cordani, Milano, 1963.

Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.

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