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L’ATTACCO AL PAESE DI LENOLA,
nell’ambito delle operazioni del Corps de Montagne (21-23 maggio 1944)
Nel maggio 1944, Lenola era un piccolo ed antico borgo di circa 3.000 anime, costruito nei secoli a 425 metri di altezza, sulle falde dei Monti
Ausoni; agli aggettivi piccolo ed antico, fino a qualche mese prima si sarebbe potuto aggiungere un "tranquillo", se la guerra non ne avesse fatto
un obbiettivo strategico per entrambi i contendenti, a causa del nodo stradale che costeggia il paese e della vicinanza della strada di
arroccamento Itri-Pico, la strada statale 82 della Valle del Liri.
La guerra, che fino a quel momento era sembrata lontana, si era presentata per la prima volta il 10 ottobre 1943 con l’arrivo in paese di un
piccolo reparto tedesco, al quale fece seguito ai primi di novembre un più nutrito numero di militari che vi si installarono. Secondo una regola
comune a tutta la zona seguirono i rastrellamenti improvvisi della popolazione maschile, che ebbero come conseguenza un primo sfollamento dal
paese verso la montagna e le campagne, mentre giungevano sempre più numerosi i profughi che fuggivano da città e paesi della costa.
Lenola subì uno spaventoso bombardamento aereo il 23 gennaio 1944, in concomitanza con lo sbarco alleato ad Anzio, con 58 vittime, che provocò,
oltre a gravi danni alle case, lo svuotamento del paese: abitanti e sfollati cercarono riparo nelle vicinanze in casolari, pagliari, stalle,
grotte o ricoveri di fortuna. (1)
"In aprile cominciò la fame", racconta nel suo "romanzo" autobiografico, lo scrittore Alberto Moravia, che aveva trovato un rifugio proprio
a pochi chilometri di distanza. (2)
Quando il fronte si mosse, l’11 maggio 1944, probabilmente a nessuno venne in mente che proprio quella strada, da Itri a Pico, era uno dei
principali obbiettivi del Corps Expéditionnaire Français e che quel nodo stradale attorno al quale si era sviluppato il paese, sarebbe
diventato non solo un obbiettivo di primaria importanza per le truppe alleate avanzanti, ma uno dei perni della difesa tedesca, a causa delle vie
di comunicazione con Fondi, Pico e Vallecorsa.
Lenola, l’abitato e le sue vicinanze, furono ancora oggetto di attacchi aerei alleati il 13, il 19, il 20 ed il 21 maggio, con sette morti ed un
numero imprecisato di feriti fra la popolazione civile. (3)
Nell’ambito delle operazioni per lo sfondamento della Linea Gustav, sul fronte della 5a Armata era stato previsto che il
Corps Expéditionnaire Français,
agli ordini del generale Alphonse Juin, non appena avesse superato la prima linea di resistenza tedesca, avrebbe distaccato un
Corps de Montagne
sui Monti Aurunci per raggiungere nel più breve tempo possibile la strada statale Itri-Pico.
Il
Corps de Montagne, posto agli ordini del generale François Sevez, composto dalla
4e Division de Montagne marocaine e da tre
Groupes de Tabors marocains, iniziò la sua marcia nel pomeriggio del 15 maggio 1944. Le sue avanguardie arrivarono in vista dell’obbiettivo
già alla sera del 17, ma, fin dal giorno successivo, si imbatterono in un’accanita resistenza nemica all’altezza del paese di Campodimele, che ne
fermò la progressione, e dal 20 maggio, la guerra si avvicinò pericolosamente al paese di Lenola ed ai Monti Ausoni. (4)
Quel giorno, dopo la fulminea avanzata attraverso i Monti Aurunci, il
Corps de Montagne sembrava aver esaurito l’energia dimostrata nei
giorni precedenti. Il
Groupement Guillaume, quasi sulla difensiva, manteneva il possesso del Monte Croce, ma era stato fermato lungo la
strada Itri-Pico all’altezza del chilometro 107 ed a Taverna, una frazione di Campodimele, paese che era stato riconquistato soltanto in serata.
Alla sua sinistra, il
Groupement Cherrière era riuscito ad attraversare la strada soltanto alla fine della giornata, raggiungendo il Monte
Vele, da dove aveva preso contatto con il II battaglione del
351st Infantry Regiment americano.
Con un sospiro di sollievo era stato salutato l’arrivo da Itri del potente
Groupement Blindé del maggiore Dodelier, inviato espressamente
dal generale Juin. (5)
Più a Nord il
Groupement Bondis, dopo aver faticosamente superato le difese tedesche alla Serra del Lago, alla fine della giornata era
arrivato sul Monte Fontanino, ma in ritardo rispetto all’avanzata della
3e Division d’Infanterie algérienne. (6)
Nella notte fra il 20 ed il 21, il generale Juin diede l’ordine al generale de Monsabert non solo di spingersi in avanti con la sua
3e Division d’Infanterie algérienne
verso Pico, ma aggirando da nord il paese, di impadronirsi del nodo stradale di San Giovanni Incarico. Inoltre fu ordinato che la
1e Division Motorisée (France Libre)
continuasse a coprire la destra della
3e D.I.A., superando Pontecorvo da ovest.
In questa manovra, compito del
Corps de Montagne diventava quello di bloccare il nodo stradale di Lenola, assicurandone il possesso per
impedire ogni movimento delle forze tedesche sui diversi assi stradali, e di continuare una manovra avvolgente verso Vallecorsa e Castro dei Volsci. (7)
In quella stessa notte il generale Sevez ordinò che nella giornata del 21, il
Détachemnet Blindé del maggiore Dodelier avrebbe ripulito
la strada Itri-Pico e quindi, ottenuto il contatto con il
Groupement Bondis, avrebbe appoggiato le operazioni previste per il superamento
di Lenola. (8)
21 maggio 1944
La non felice situazione del
Corps de Montagne si sbloccò quindi grazie al provvidenziale arrivo del
Détachement Blindé, ma anche ai
soldati americani del I battaglione del
351st Infantry Regiment i quali, dopo un violento combattimento, erano riusciti a conquistare la
vetta del Monte Valletonda.
Il mattino del 21, sulla sinistra, il
Groupement Cherrière occupava il Monte Crispi e, dopo aver effettuato il collegamento con gli
Americani sul Monte Valletonda, verso le 11, avanzava verso il Monte Raparolo.
Il
Groupement Guillaume riusciva ad avere ragione delle difese tedesche di Taverna, lungo la strada Itri-Pico, dove venne distrutto un
blindato, ed a raggiungere la vetta del Monte Reginatonda e quindi il Monte Appiolo, preso d’assalto da un battaglione del
1er R.T.M. e dal
5e e
11e Tabor, ma conquistato solo in parte per la tenace resistenza del
Hochgebirgs-Jäger-Bataillon 3, appena giunto dagli
Abruzzi.
Più a Nord, il
Groupement Bondis aveva conquistato verso le 9 del mattino il Monte Monticelli d’Onofrio, affacciandosi sul versante
meridionale del Monte Pastenese, fino a dominare quel tratto della strada Itri-Pico. (9)
Nel pomeriggio, verso le 18,15, il
Groupement Blindé attaccava senza successo le posizioni tedesche all’incrocio fra la strada Itri-Pico
con quella per Lenola. I tedeschi, nonostante un arretramento generale, mantenevano le loro posizioni attorno al paese. (10)
La giornata del 21 maggio si concludeva con la conquista della vetta di Monte Appiolo, l’ultimo obbiettivo fissato dall’ordine del generale Juin
del 27 aprile 1944, segnando la fine di quella che per i Francesi fu la battaglia del Garigliano. Dall’inizio dell’offensiva, l’11 maggio, il
Corps Expéditionnaire Français era progredito di 32 chilometri su un fronte fra i 12 ed i 15 chilometri. (11)
La notte fra il 21 ed il 22 fu vissuta con grande ansia dalle migliaia di civili, sparsi sulle montagne attorno a Lenola. Tutto intorno era un
continuo tuonare delle opposte artiglierie, intervallato da furiose raffiche di mitragliatrice. L’angoscia di quelle ore era lenita soltanto dalla
speranza di veder spuntare i primi soldati "americani", tanto si era sicuri della nazionalità dei reparti avanzanti. Nel buio coloro che ebbero la
ventura di imbattersi nei primi soldati marocchini, uscirono sorridenti dagli improvvisati rifugi, imbattendosi chi con i
Tirailleurs,
scambiati in un primo momento per americani per la loro tenuta, chi invece con degli strani soldati in sandali e con un saio dall’ampio cappuccio... .
Intanto gruppi di abitanti e di sfollati avevano preferito rifugiarsi nel Santuario del Colle e nell’annesso monastero delle suore della
Misericordia, che sovrastano il paese.
22 maggio 1944
Il comando del C.E.F. ribadì l’ordine di agire alla sinistra del proprio schieramento con il
Corps de Montagne in direzione di Castro dei
Volsci, località che domina il Sacco e, a destra, con la
3e Division d’Infanterie Algérienne in direzione di Ceprano, sul Liri superiore;
al
Corps de Montagne era affidato il compito di continuare l’azione di avvolgimento delle difese tedesche, in collegamento con il 2° Corpo
americano alla sua sinistra.
Le operazioni ripresero all’alba.
Il
Groupement Cherrière conquistò nella mattinata il Monte Raparolo, dove trovò solo una debole resistenza. Nel pomeriggio, dopo che
alcuni dei suoi reparti avevano tentato di avvicinarsi a Lenola, il I battaglione del
6e R.T.M. dovette impegnarsi nell’assalto alla cima
di Monte Trella, a nord del paese. a sostegno dell’azione del
Groupement Blindé. I tedeschi dopo aver ingaggiato un duro combattimento, si
ritirarono.
Il
Groupement Guillaume, superata la cima del Monte Appiolo, continuava a trovare resistenze, tanto da dover dedicare l’intera mattinata a
rastrellarne le falde, per poi avanzare verso il Monte Schierano con il
5e e
8e Tabor, che venivano impegnati in numerosi scontri a
fuoco.
Più a Nord, il
Groupement Bondis, provato dai combattimenti sostenuti negli ultimi giorni, riprendeva ad avanzare con la
3e D.I.A.,
attaccando il Monte Castello, dove veniva contrattaccato a due riprese, perdendo il terreno conquistato e non riuscendo ad appoggiare l’azione sul
Monte Schierano . (12)
L’assalto al Santuario del Colle
Sebbene lentamente, l’avanzata di tutti i reparti francesi era ripresa, ad eccezione che davanti all’ostacolo rappresentato dai tedeschi
asserragliati in Lenola.
Il diario storico dell’O.K.W. evidenziava come sul fronte della
10. Armee "Il baricentro degli scontri è stato nella zona di Lenola e nel
settore a Ovest di Pico...". (13)
Il
Groupement Blindé si era impadronito alle 6,30 dell’incrocio della strada Itri-Pico e Pico-Lenola, malgrado una forte reazione
dell’artiglieria pesante nemica. Da quel punto era stata spinta una ricognizione verso Pico, ma i carri americani non erano riusciti a superare il
ponte a 2 chilometri dall’incrocio, a causa delle distruzioni messe in atto dai tedeschi.
Un altro distaccamento forte di un plotone di carri Sherman, un plotone di "Tank Destroyers" e un plotone di carri leggeri del
4e Spahis
Marocains, era riuscito ad arrivare fino a 800 metri dal villaggio, sulla strada ad ovest, incappando nel fuoco di pezzi controcarro che
avevano danneggiato alcuni dei mezzi ed incendiato uno dei carri americani. (14)
Il maggiore Dodelier chiese un più forte appoggio di fanteria e fu fatta affluire la 4a compagnia del I battaglione del
2e Régiment d’Infanterie marocaine,
in quel momento di riserva al Corpo presso il passo di San Nicola. Il reparto, al comando del capitano Pollin, venne caricato sui camions verso
mezzogiorno, ma appena arrivato fu sottoposto ad un bombardamento d’artiglieria e ciò malgrado riuscì a raggiungere una base di partenza presso i
carri di testa.
L’idea del capitano Pollin era quella di evitare il centro del paese e penetrarvi dall’incrocio della strada per Fondi, superando prima la
cappella ad ovest, quella di Santa Croce, e poi il Santuario della Madonna del Colle. In quel modo i pezzi anticarro tedeschi, ormai individuati,
sarebbero stati presi alle spalle.
Le sezioni di attacco, appoggiate dal fuoco dei carri, riuscirono a infiltrarsi quasi senza perdite sotto la protezione di muretti a secco e
fossati, fino alla cappella, dove fu preso contatto con elementi del
6e RTM. I tedeschi, sorpresi, si arresero in ben 146, abbandonando i
quattro pezzi controcarro: due pezzi da 47/32 italiani, dei quali uno distrutto, e due pezzi da 75, dei quali uno messo fuori uso dal colpo di
un "Tank Destroyer". (15)
A quel punto però iniziò un intenso fuoco proveniente dall’interno del Santuario del Colle e dalle finestre dell’annesso monastero delle suore
della Misericordia, che rese impossibile ogni tentativo di progredire oltre e, soltanto verso le 16, alcuni carri leggeri del I squadrone del
4e R.S.M. riuscirono ad entrare nella parte bassa del paese, ma senza riuscire a domare la resistenza nemica, che si manifestava ancora fra
le rovine delle case.
Nel frattempo il colonnello Cherrière aveva ordinato al maggiore Berteil, comandante del I battaglione del
6e R.T.M., che aveva appena
preso la cima del Monte Raparolo, di inviare due compagnie ad attaccare le posizioni tedesche di Monte Trella, che domina Lenola da nord, al fine
di isolare completamente il paese. Solo dopo una sanguinosa lotta, i nordafricani riuscirono ad aver ragione dei tedeschi, che persero 31 morti e
41 prigionieri, in gran parte feriti. La cima fu conquistata soltanto verso le 19, al costo di 14 caduti e 30 feriti. (16)
Il maggiore Dodelier aveva chiesto l’intervento di una nuova unità e da San Nicola partì in camion la 3a compagnia del
I/ 2e RTM, agli
ordini del capitano Vanuxem, che arrivò nei pressi di Lenola verso le 16,30. Esaminata la situazione, l’ufficiale decise di occupare la parte
mediana del paese e di là, dopo una violenta preparazione dei carri, puntare sul Santuario.
Verso le 19, appoggiati da un tiro molto fitto dei carri e dal fuoco della 4a compagnia, i soldati marocchini partirono all’assalto, occupando di
slancio le difese esterne della Chiesa.
Vistisi ormai persi e circondati, i tedeschi si arresero, ponendo fine ad una difesa diventata ormai del tutto inutile.
In questa seconda fase del combattimento abbassarono le armi un centinaio di militari tedeschi, fra i quali un maggiore e cinque ufficiali. (17)
Il bilancio dell’attacco si chiuse così con 9 caduti, tra i quali due sottufficiali francesi, e 22 feriti del I battaglione del
2eme Régiment
d’Infanterie marocaine. In complesso furono catturati 256 prigionieri tedeschi, appartenenti al II battaglione dell’
Infanterie-Regiment 276
della
94. Infanterie-Division. (18)
Quanti furono i caduti tedeschi? Le relazioni francesi non lo dicono, ma un numero così alto di prigionieri merita invece una spiegazione.
La storia di quel battaglione terminò probabilmente il 22 maggio 1944, ma il reparto, ormai ridottissimo di numero, era uno di quelli che avevano
sopportato tutta la battaglia dall’11 maggio, impegnato in continui combattimenti lungo la costa, ma anche sottoposto ai terribili bombardamenti
terrestri, navali ed aerei, che certamente avevano scosso corpi e menti. Dal paese avevano potuto seguire lo svolgersi delle operazioni tutto
intorno e valutare come ormai la loro posizione fosse disperata.
Fu ciò che pensò anche il maggiore, ormai chiuso nel Santuario?
Chi decise di esporre una bandiera bianca?
Esiste un’altra versione della resa, più romantica, che ha per protagonista una suora, madre Livia De Meo.
Nel Santuario avevano trovato rifugio molti civili, c’erano delle orfanelle e persino il vicario generale del Vescovo di Gaeta.
Quando cominciò il bombardamento dei carri francesi, che danneggiò la facciata, il tetto ed il campanile, tutti scapparono nel monastero, ma...
"Il Maggiore, capo del presidio, illuminato da te Vergine Santa, cedette alle suppliche insistenti di una suora, che spontaneamente si era
offerta di mostrare in segno di resa un drappo bianco sul piazzale, ove infuriava la battaglia. Il fiero e rigido ufficiale tedesco era commosso e
dando l’ordine di resa ad un subalterno disse: accada quel che accada, noi tutti prigionieri, ma questa gente non deve morire". (19)
Chi era quel maggiore?
Un anziano comandante della piazza, che si impose sui più giovani ufficiali del battaglione?
Oppure era proprio il comandante del battaglione?
E i civili? Quella sera sembrava che tutto fosse finito. In una vasta parte del territorio del comune, specie nelle contrade Pantano e Madonna del
Latte, arrivò l’ora di uscire dai rifugi, di raggiungere le case. Un’umanità spaventata, sporca, affamata – vecchi, donne, bambini – andò incontro
ai soldati marocchini e ad una prima sorpresa, subentrò la paura.
Con la scusa di rastrellare il terreno, i militari erano ovunque, pretendendo di perquisire anche quegli esseri malandati. Sparirono in un batter
d’occhio portafogli, orologi, catenine d’argento o d’oro, braccialetti, anelli e tutto quello che poteva rappresentare un valore. Sapevano
benissimo i ladroni che quei poveretti avevano con se tutto ciò che erano riusciti a salvare. Non sfuggirono neppure i titoli di stato, carta
straccia per i nordafricani, che erano però stati ben istruiti sul come trarne profitto da qualche intenditore non certamente marocchino.
Ogni casolare, ogni pagliaro, ogni anfratto fu visitato e saccheggiato, come già era successo nei territori dei comuni di Spigno, di Itri, di
Esperia e di Campodimele.
Tutto il patrimonio zootecnico fu asportato: pecore, capre, vacche, asini, muli e bestiame da cortile, così faticosamente salvati dalle razzie dei
tedeschi, sparirono in un lampo. La scusa, anche davanti alle proteste avanzate ad ufficiali disattenti, era sempre quella che si trattava di
animali abbandonati!
Poi successe anche di peggio.
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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28/06/2002 | richieste: 5953 | PIERRE LE GOYET
Le battaglie | #gennaio 1944, #maggio 1944, colle-belvedere, diadem-op, francia, goumier, monte-pantano, unità-reparti