LA BATTAGLIA DEL GARIGLIANO ED IL CORPS EXPÉDITIONNAIRE FRANÇAIS (11-21 MAGGIO 1944)
Dall’11 al 15 maggio 1944
Segue...
Dall’11 al 15 maggio 1944
"Secondo i francesi, bisognava si rompere le posizioni nemiche nella valle dell’Ausente e nell’ansa del Garigliano, ma perché limitare l’offensiva al solo settore di Esperia, quando esisteva la possibilità di minacciare il nemico anche nella pur stretta piana costiera di Formia? Ma soprattutto perché non sfruttare le capacità di manovra della 4a divisione marocchina da montagna e dei "goumiers" marocchini sugli Aurunci?
L’intuizione del generale Alphonse Juin
Fin dallo scacco di febbraio davanti a Cassino, il generale Harold Alexander, comandante del XV Gruppo d’Armate in Italia, si era convinto
dell’inutilità di insistere con attacchi parziali e non coordinati; era ormai chiaro che per superare le difese tedesche della Linea Gustav,
era necessaria un’offensiva in grande stile lanciata su un largo fronte per sfruttare senza esitazioni il successo nelle zone dove la resistenza
nemica fosse crollata.
Era ora di sospendere ogni azione, mettere ordine nello schieramento alleato, riorganizzando la situazione logistica delle due Armate a sua
disposizione, la 5a americana e l’8a britannica, e consentire un periodo di riposo alle unità più provate.
Un’operazione complessa che prevedeva lo spostamento di depositi e installazioni, dividendo nettamente le due Armate: l’8a britannica, comprendente
i Corpi canadese e polacco omogenei nell’equipaggiamento e nell’armamento alle unità britanniche, dall’Adriatico al Liri; la 5a americana,
comprendente il Corpo francese con armamento ed equipaggiamento americano, dal Liri al Tirreno.
li spostamenti necessari avvennero per gradi, a cominciare dalla 4a divisione da montagna marocchina, non ancora completamente sbarcata in Italia,
che, dal 20 marzo, rilevò la 4a divisione di fanteria britannica nella testa di ponte del Garigliano. [1]
Il 21, la 5a divisione di fanteria polacca sostituì la 2a divisione di fanteria marocchina nel settore settentrionale del fronte, mentre la 3a
divisione di fanteria algerina, impegnata nel settore Castellone-Belvedere-Viticuso, fu sostituita a partire dal 2 aprile da elementi della 2a
divisione di fanteria neo-zelandese. [2]
L’elaborazione di un nuovo piano fu iniziata solo dopo il 24 marzo, quando il generale Alexander ordinò di cessare ogni operazione nel settore di
Cassino. Per il momento fu solo ipotizzato che l’8a Armata sarebbe stata incaricata dello sforzo principale nella valle del Liri e la 5a l’avrebbe
appoggiata a sud. [3]
In base a questo concetto, il comando della 5a Armata preparò un piano basato sull’idea che i Monti Aurunci fossero impenetrabili e che lungo la
statale 7 ed il Tirreno non fosse consentita nessuna progressione; pertanto si ipotizzò un forte attacco fra il Garigliano ed Ausonia, teso, in una
prima fase, ad occupare la valle dell’Ausente e l’ansa del Garigliano, nel tratto in cui il corso del Liri si unisce a quello del Gari, ed, in una
seconda fase, a spingere l’offensiva verso Esperia e Pico, in stretto collegamento con l’8a Armata. In questa manovra era previsto che lo sforzo
principale nella prima fase sarebbe toccato al Corpo di Spedizione Francese, sostituito poi dal II Corpo americano, tra Esperia e Pico. [4]
Il 1 aprile 1944, il generale Donald W. Brann, capo del servizio operazioni della 5a Armata si recò al comando del Corps Expéditionnaire Français a
Sessa Aurunca, per spiegare verbalmente, ma in forma ufficiale, le istruzioni del piano.
Egli fu ricevuto dal generale Marcel Carpentier, capo di stato maggiore del C.E.F., il quale rimase sorpreso e contrariato dalle parole del generale
americano e fu pronto a replicare.
Secondo i francesi, bisognava si rompere le posizioni nemiche nella valle dell’Ausente e nell’ansa del Garigliano, ma perché limitare l’offensiva al
solo settore di Esperia, quando esisteva la possibilità di minacciare il nemico anche nella pur stretta piana costiera di Formia?
Ma soprattutto perché non sfruttare le capacità di manovra della 4a divisione marocchina da montagna e dei “goumiers” marocchini sugli Aurunci?
E poi, continuò il generale Carpentier, si era pensato alla difficoltà di rilevare i francesi in piena battaglia sull’unica strada di Esperia?
Mettere in fila sei divisioni di due Corpi d’Armata su un fronte largo non più di due chilometri?
Dopo aver acceso la battaglia dal Liri al mare, sostenne Carpentier, si doveva approfittare dell’indecisione nella quale si sarebbe trovato il
comando tedesco nello stabilire l’asse dello sforzo principale della 5a Armata per raggiungere di sorpresa la strada Itri-Pico.
Quella strada, che passa dall’altra parte degli Aurunci e da accesso a Pico, dietro la Linea Hitler, non era forse il vero obbiettivo da
raggiungere?
E per prenderla – concluse il generale Carpentier – si doveva proprio passare attraverso gli Aurunci, dove il nemico non li attendeva.
Il generale Brann ed i suoi ufficiali rimasero sorpresi, forse contrariati da questa reazione. Il piano che proponeva il generale Carpentier era
audace, ma anche sconcertante e certamente non in linea con le direttive del XV Gruppo d’Armate.
Nel successivo colloquio con il generale Juin, quest’ultimo ribadì tutti i concetti già espressi dal suo generale, congedando gli Americani
assicurandoli che il piano francese sarebbe stato sottoposto al comando della 5a Armata il 4 aprile, sotto forma di una memoria scritta. [5]
Il documento fu redatto per la data fissata e puntualmente consegnato, ma, più che un pro-memoria, esso conteneva un vero e proprio piano per la
prossima offensiva, che indicava non solo compiti ed obbiettivi del C.E.F., ma anche del II Corpo americano!
In definitiva l’idea manifestata dal generale Juin era che la 5a Armata sarebbe stata la vera e propria punta di lancia nella rottura della Linea
Gustav!
La manovra delineata era infatti la seguente:
In una prima fase, rompere la posizione nemica e tagliare la linea di arroccamento di Ausonia (obbiettivo intermedio) alle due estremità, in modo da ‘asfissiare’ la difesa nemica nella regione Ausonia – Castelforte – S. Maria Infante – Spigno. Rastrellare questa regione e l’ansa del Garigliano per aprire l’accesso alle zone di spiegamento necessarie per la seconda fase.
In una seconda fase (da sostenersi senza attendere la fine delle operazioni di rastrellamento):
introdursi di sorpresa nel massiccio montuoso dominato dal Petrella, impadronirsi dei punti essenziali (monte Revole in particolare) e, di là,
sviluppare azioni di superamento in vista di aprire la porta ad azioni frontali sviluppate contemporaneamente per assicurarsi il possesso della
statale 7 e della strada di Esperia (conquista di Monte d’Oro) fino all’arroccamento di Arce incluso.
Lo scopo essendo di portare una massa di manovra sull’arroccamento di Arce per irrompere in forze nelle retrovie nemiche ed in direzione di
Roma. [6]
Nella prima metà di aprile, il generale Alexander fece conoscere la sua decisione ed il piano generale non cambiò più: l’8a Armata era incaricata dello sforzo principale nella Valle del Liri, lungo l’asse della strada statale 6; alla 5a Armata veniva invece attribuito il compito di proteggere il fianco dell’8a, impadronendosi delle strade che attraversano il massiccio montagnoso tra le statali 6 e 7. [7]
Alla metà di aprile, il generale Clark, al suo ritorno dagli Stati Uniti, prese visione del pro-memoria del generale Juin e ne rimase "sedotto",
anche per la pressione esercitata dal generale Keyes, comandante del II Corpo americano, che ne era rimasto entusiasta. In realtà, il piano francese
fu accolto con scetticismo, ma prontamente adottato.
Non vi si opposero né il generale Alexander, al quale premeva esclusivamente l’avanzata dell’8a Armata nelle valli del Liri e del Sacco, né il
generale Clark, al quale interessava essenzialmente di uscire dalla testa di ponte di Anzio. [8]
Senza neanche attendere l’emissione di un ordine di operazioni del comando d’Armata, che per evidenti motivi di sicurezza vide la luce solo il
25 aprile, il generale Juin scrisse un secondo pro-memoria il 24, precisando alcuni dettagli, ed il 26 emanò la famosa istruzione personale e
segreta, destinata ai suoi comandanti di divisione e d’arma.
Il piano operativo del generale Juin, integrato ormai in quello dell’intera 5a Armata, si era sviluppato in modo del tutto autonomo rispetto
al piano generale dell’offensiva, in netto contrasto con la prudenza manifestata dai generali britannici.
Scrisse Juin:
Il successo della manovra del C.E.F. dipende essenzialmente dal fattore velocità: dopo aver
realizzato la rottura della prima posizione nemica, occorrerà arrivare rapidamente ed in forze là dove il nemico conta di risorgere e di batterlo
prima che abbia il tempo di raggruppare i suoi mezzi e di riassestarsi.
Il ritmo della manovra sarà adattato alle circostanze, cosa che necessiterà da tutti ardore, comprensione ed elasticità. [9]
La manovra descritta nel piano del 26 aprile, anche se talvolta sarà adattata alle circostanze come d’altronde era previsto, doveva svolgersi in quattro fasi.
Nella prima, obbiettivo di rottura (O.R.), la 2e Division d’Infanterie Marocaine (meno il 3e Régiment de Spahis Marocains) era incaricata dello sforzo principale.
In una seconda fase che poteva essere avviata fin dall’inizio della prima e, in ogni caso, doveva essere scatenata senza attenderne la fine, la
4 D.M.M., dopo essersi impossessata della cresta da monte Feuci a colle Reale, doveva avanzare in direzione di Coreno-Ausonia con lo scopo di
raggiungere al più presto i bordi di Ausonia e, sbarrando al nemico la breccia dell’Ausente, di preparare l’ingresso del Corps de Montagne nei monti
Aurunci prendendo piede senza ritardo sul loro versante orientale.
La 3 D.I.A. doveva rastrellare Castelforte ed avanzare sull’asse Coreno-Ausonia, mentre la 1 D.M.I. doveva proseguire la sua avanzata lungo il Liri.
Obbiettivo O1 del Corpo d’Armata: Sant’Ambrogio – colle Cantalupo – monte Calvo – Ausonia – monte Fammera – monte Chiavica – monte Ravegrande.
La terza fase prevedeva di introdurre nel massiccio a nord di monte Petrella un Corps de Montagne che doveva spingersi verso ovest fino a monte
Revole e disporsi in modo tale da sviluppare delle azioni di fianco sulle retrovie di Esperia, di monte d’Oro e di Pico. [11]
La 3 D.I.A. doveva spingersi sull’asse Ausonia – Esperia.
Obbiettivo O2 del Corpo d’Armata: corso del Liri da San Giorgio a monte Santa Maria – monte del Lago – monte Revole.
Nella quarta ed ultima fase, l’intero Corpo d’Armata doveva raggiungere al più presto la regione di Pico, ed impegnare le resistenze nemiche sulla
Linea Hitler, tra Pontecorvo e Sant’Oliva, e superando questa linea largamente al sud.
Obbiettivo del Corpo d’Armata: monte Cozonella – monte Pota – monte Fontanino – monte Appiolo. [12]
Il 7 maggio gli ordini furono confermati e l’inizio dell’offensiva fu fissato per l’11, alle ore 23. [13]
La sera dell’11, a poche ore dall’inizio dell’operazione, fu distribuito a tutti i comandi e letto alla truppa uno speciale ordine del giorno:
Combattenti francesi dell’Armata d’Italia, oggi inizia una grande battaglia le cui sorti possono affrettare la vittoria definitiva e la liberazione
della nostra Patria.
La lotta sarà generale, implacabile e condotta fino all’ultima forza.
Chiamati all’onore di portare i nostri colori, vinceremo, come abbiamo vinto, pensando alla Francia martire, che vi attende e vi guarda.
Avanti!
11 maggio 1944
Il Generale d’Armata Juin, comandante del Corpo di Spedizione Francese. [14]
"Come a Cassino, il nemico non passerà..."
Il dispositivo di difesa tedesco era noto agli Alleati.
Fin dall’arrivo del comando del C.E.F. a Sessa Aurunca, ogni tipo di informazione era stato raccolto e vagliato: dalla ricognizione aerea
all’interrogatorio dei prigionieri; dall’intercettazione dei messaggi cifrati scambiati dai più alti comandi della Wehrmacht alle intercettazioni
radio; dai racconti dei civili italiani che riuscirono ad attraversare il fronte alle notizie pervenute da nuclei infiltrati dietro le linee nemiche.
Il 1 maggio 1944, il comando supremo tedesco (O.K.W.) aveva stabilito la ripartizione e la struttura della 10. Armee, schierata dal Tirreno all’Adriatico:
La difesa del tratto di fronte da Scauri al Liri era dunque stata affidata a due divisioni di fanteria: la 94a, agli ordini del Generalmajor Bernhard Steinmetz, e la 71a, al comando del Generalmajor Wilhem Raapke. [16]
Alla data dell’11 maggio, la linea di difesa nel settore costiero era presidiata da tre battaglioni della 94a divisione. [17]
Dall’altezza del paese di Santa Maria Infante fino al Liri, la difesa era affidata alla 71a divisione, rinforzata da un gruppo di combattimento agli
ordini del colonnello Willi Nagel, comandante del Grenadier-Regiment 131, composto dai due battaglioni del reggimento e dall’Aufklärungs-Abteilung 44
della 44. Grenadier-Division "Hoch und Deutschmeister". [18]
I comandi tedeschi, finita l’offensiva britannica del gennaio-febbraio 1944, avevano avuto tutto il tempo per prepararsi, adottando il loro tipico sistema di difesa campale, composto da blockhaus, estesi campi minati e sbarramenti di filo spinato; mitragliatrici, mortai e pezzi anticarro, accuratamente mascherati, erano piazzati lungo tutto il fronte.
Due grandi difetti caratterizzavano però lo schieramento tedesco, immediatamente rilevati dal generale Juin fin dalla fine di marzo: l’assenza di ogni difesa sui monti Aurunci, sull’asse fra Spigno e la strada Itri-Pico, settore considerato dai Tedeschi invalicabile, e la rigidità della linea principale di difesa, priva di profondità, che, secondo i canoni cari al maresciallo Kesselring, avrebbe dovuto resistere ad ogni tipo di assalto, fino all’ultimo uomo.[19]
Nel settore che sarebbe stato attaccato dai francesi, la Linea Gustav, da sud a nord, passava a circa un chilometro ad est del paese di Santi Cosma
e Damiano, fino a poche centinaia di metri dal paese di Castelforte, davanti alle località di San Sebastiano e la Palombara, per risalire verso nord
tra la quota 759 ed il monte Ornito (quota 764), in mano alleata. Da quel punto, la linea era orientata verso nord-est, poco al di sotto della quota
541, sulle falde del monte Garofano, per poi degradare decisamente ad est, verso il Garigliano.
In particolare, la linea principale di difesa della 71. Infanterie-Division era incentrata attorno alle sommità di vette, superate le quali,
il nemico avrebbe controllato agevolmente tutta la zona delle retrovie, sprovviste di riserve.
Una linea di contenimento, denominata Orange-Linie, era stata prevista a sbarramento della valle dell’Ausente fra Spigno e Coreno Ausonio.
Tra la Linea Gustav e la successiva Linea Senger, o Linea Hitler, le cui opere erano state ultimate solo nel tratto fra Piedimonte San Germano,
Aquino, Pontecorvo e S. Oliva, correvano circa 20 chilometri. Nell’intervallo fra le due, i tedeschi avevano previsto una linea di sbarramento
intermedia, chiamata Dora Stellung, per bloccare la valle dell’Ausente; era ancorata a sud alle falde del Monte Fammera, essa aveva il suo punto
forte tra il colle della Bastia, ideale posizione di difesa naturale, ed il paese di Castelnuovo Parano, ma i lavori erano stati appena iniziati. [20]
I tedeschi avevano un altro importante punto debole. Non potendo far volare nessun tipo di aereo da ricognizione sulle linee alleate, erano totalmente sprovvisti di informazioni sull’entità delle forze avverse. Fino ai primi di maggio non erano nemmeno riusciti ad identificare lo schieramento della 4e Division de Montagne Marocaine, la cui presenza fu svelata da un disertore. Inoltre fino a dopo l’11 maggio non riuscirono a scoprire la presenza di ben quattro divisioni francesi, né, tanto meno, ad identificare con sicurezza le linee di attacco del C.E.F. [21]
“La maggior incognita, e la più pericolosa, era quella del corpo di spedizione francese. Il fianco verso il mare mi appariva meno minacciato, perché naturalmente resistente e dotato di buone fortificazioni, ed inoltre occupato da effettivi sufficienti. [22]
Ai primi di maggio, prevedendo una ormai certa offensiva alleata solo per il 22-23, erano persino assenti dai loro comandi il generale von Vietinghoff, comandante della 10. Armee, ed il generale von Senger und Etterlin, comandante del XIV Panzer-Korps, che erano era stati convocati da Hitler per ricevere un’alta decorazione e quindi trattenuti in Germania.
Il 4 maggio, il generale Raapke, comandante della 71. Infanterie-Division, emanò un ordine del giorno dal quale trasparivano le palesi incertezze sulla data dell’attacco, ma anche la sicurezza dei comandi tedeschi nel potervi resistere sulla linea principale di resistenza:
Soldati della 71a divisione di fanteria e di tutte le altre unità sotto il mio comando.
... Il nemico prepara, nel quadro della grande invasione contro il continente europeo, un attacco contro il nostro settore.
... Che questo attacco sia prossimo, tutto lo prova: i preparativi intensi del nemico, le sue pattuglie quotidiane, i suoi aerei da ricognizione
costantemente sul nostro settore, il bombardamento sistematico delle nostre vie di rifornimento, l’aumento dei tiri d’artiglieria, il forte aumento
delle sue colonne di rifornimento nelle retrovie.
... Quando arriverà questo attacco? Questo non lo sappiamo. Può scatenarsi in qualsiasi data.
... Come a Cassino, il nemico non passerà. Sarà fermato dai nostri cannoni, dalle nostre mitragliatrici, dalle nostre granate e, se si dovrà, dal
combattimento corpo a corpo. [23]
Alla vigilia dell’offensiva alleata, un disertore marocchino rivelò che l’attacco era previsto per la notte fra l’11 ed il 12, ma non fu creduto ed i comandi tedeschi rimasero fermi nella convinzione che gli Alleati non si sarebbero mossi prima del 22 maggio.
Per giorni, il diario storico dell’O.K.W. aveva riferito di una normale attività sul fronte della Linea Gustav. Il 10 maggio era annotato:
Su tutto il fronte della 10a Armata normale fuoco di disturbo d’artiglieria e da ambo le parti vivace attività di pattuglie. Pattuglie di esploratori della 71. Inf. Div. hanno identificato 2 km a E di Castelforte numerosi bunker e nella zona 4,5 km a NE di Castelforte sbarramenti di filo spinato”, come se gli Alleati stessero rafforzando una propria linea di difesa. [24]
Il fallimento del primo tentativo di sfondare la Linea Gustav
11 maggio 1944
Alle 23 esatte il tiro delle artiglierie alleate si scatenò su tutto il fronte e nel settore francese le tre divisioni incaricate della prima fase
passarono all’attacco. [25]
All’ala sinistra della 2 DIM, il I ed il III battaglione del 8e Régiment de Tirailleurs Marocains (RTM) uscirono dalle proprie posizioni
sull’asse Ornito, Faito (quota 793), Feuci (quota 839), Maio (quota 940), mentre il III battaglione rimaneva di riserva.
Verso le 23,30 una compagnia dell’8 RTM catturava la quota 759, sulla cresta fra l’Ornito ed il Faito, e proseguiva verso la sommità del
Faito, malgrado l’opposizione del II e III squadrone del Füsilier Battalion 171, e poco prima di mezzanotte entrava in contatto con le difese
immediate del monte, presidiate dalla 5a compagnia del II./I.R.131.
All’ala destra della divisione, entrava in azione il 4 RTM, con il II battaglione a sinistra sull’asse colle Cerasola - quota 739 ed il I
battaglione, a destra, sull’asse quota 633 - quota 709; il III di riserva.
I due battaglioni si trovarono immediatamente in difficoltà contro le forti posizioni tedesche, tenute dal II squadrone del F.B. 171, che non
avevano subito danni dal bombardamento per la loro vicinanza alla prima linea francese.
La situazione degli attaccanti si fece ben presto critica perché la 5a compagnia del II/4 fu bloccata alla quota 751, mentre la 6a, alla sua destra,
incontrò una feroce resistenza, aumentata dall’uso di lanciafiamme, che provocarono perdite e panico.
Il I battaglione tentò di avanzare a nord del colle Cerasola, ma, malgrado ogni sforzo, verso le 4 del mattino, dovette ripiegare sulle posizioni di
partenza. [26]
La 4 DMM, alla sinistra della 2 DIM, aveva come primo obbiettivo il monte Feuci (quota 839), per poi puntare verso monte Ceschito (quota 576). Il I battaglione del 6 RTM uscì dalle proprie posizioni alla sinistra di monte Ornito, ma si trovò sotto il fuoco delle mitragliatrici e dei mortai tedeschi, che sparavano dal Faito (5./I.R. 131) e dal colle di Crisano (6./191). Il II battaglione, che seguiva alla sinistra del II, veniva fermato alla quota 715 ed il suo comandante, il maggiore de Tarragon, veniva ucciso.
La 1 DMI, alla destra dello schieramento, iniziò le operazioni soltanto alle 23,30 con la sua 4a brigata sull’asse contrafforti di monte
Garofano, Sant’Andrea, Sant’Apollinare. Alla sinistra il Bataillon d’Infanterie de Marine du Pacifique (BIMP), alla destra il Bataillon de Marche 24,
di riserva il BM 21.[27]
L’avanzata fu subito bloccata dal fuoco tedesco proveniente dal monte Garofano, obbiettivo non ancora raggiunto dalla 2 DIM.
Verso la mezzanotte dell’11 fu chiaro che i tedeschi, ben installati sulle loro posizioni, resistevano ovunque.
12 maggio 1944
Nel settore della 2 DIM, alle 1,15 del mattino, il I battaglione dell’8 RTM catturò la vetta del monte Faito, ma venne sottoposto ad un contrattacco tedesco, che fu respinto anche grazie all’intervento del III battaglione, sopraggiunto nel frattempo, che lo sostituirà nel corso della notte.
Nel settore della 4 DMM, all’alba del 12, il 6 RTM era rimasto bloccato sulle quote 664, 737 e 715.
Alla sua sinistra, il 2 RTM aveva tentato di muoversi verso il monte Ceschito (quota 576), ma verso le 5, arrivato in prossimità della linea
tedesca, tenuta in quel punto dal I./191 I.R. era stato costretto ad arrestarsi.
Più a sud il I battaglione del 4e Régiment de Tirailleurs Tunisiens, ceduto momentaneamente dalla 3 DIA al 2 RTM, si era lanciato
all’attacco del monte Siola, ma aveva incontrato una resistenza così tenace da parte dei fanti del II./194 I.R. da subire la perdita di 150
uomini e doversi ritirare sulle posizioni di partenza. [29]
Sull’ala destra del C.E.F., nel settore della 1 DMI, il BIMP era riuscito a catturare la quota 290 ed alle 2,15 si era impadronito della quota 541, a poche centinaia di metri dalla vetta di monte Garofano. La 3a compagnia era rimasta però bloccata dal burrone della Fossa di Pietrafosca ed i tedeschi riuscirono a riprendere la quota 541. Il battaglione subì forti perdite (41 caduti e 84 feriti), dovendo retrocedere sulle posizioni di partenza. [30]
Al termine della giornata del 12, le tre divisioni impegnate nella battaglia non avevano potuto realizzare lo sperato sfondamento, ma avevano ottenuto
soltanto due limitati successi locali sul monte Faito ed a Conventi.
Al comando di Sessa Aurunca si accumulavano una dopo l’altra le cattive notizie, aggravate da quelle che arrivavano da altri punti del fronte:
gli inglesi erano riusciti a traghettare quattro battaglioni oltre il Rapido, ma a Cassino non erano andati avanti di un metro; a Montecassino i
polacchi avevano subito un arresto bruciante.
Passò un po’ in sordina quello che era successo a Castelforte, all’estremo limite sinistro dello schieramento francese, dove il generale de
Monsabert, comandante della 3 DIA, di sua iniziativa seppur in accordo con il generale Juin, aveva sferrato un attacco, foriero di vittoria.
La 3 DIA nella fase iniziale dell’offensiva era stata tenuta come riserva del Corpo d’Armata ed il suo compito sarebbe stato di rastrellare la
zona a valle del paese di Castelforte, in attesa dello sviluppo dell’attacco convergente della 4 DMM da nord-est e della US 88th Infantry Division da
sud-ovest.
A questo scopo era stato organizzato un raggruppamento blindato, posto agli ordini del colonnello Guillebaud, comandante del 4 RTT, che, nella
notte fra l’11 ed il 12, si era posizionato a sud-est di Castelforte, sulla strada fra Suio e San Lorenzo, in attesa di ordini. [34]
Castelforte si trova nel bel mezzo di un vasto anfiteatro, ai due lati del quale si ergono il monte Cianelli (quota 419), nel settore della 88th Infantry Division, a sinistra, e Siola (quota 243), a destra, nel settore della 4 DMM.
L’attacco ebbe inizio alle 16 ed il II/4RTT con una colonna blindata agli ordini del tenente colonnello de Lambilly, comandante del 4 RSM,
avanzò a nord-ovest fino alle prime case di Santi Cosma e Damiano, dove alcuni carri saltarono sulle mine, mentre gli altri si arrestarono formando
una base di fuoco; i fanti tunisini dovettero fermarsi sotto il fuoco dei mortai e delle mitragliatrici piazzati tra le case.
Il III/4RTT avanzò verso Castelforte da nord-ovest, protetto dai carri della colonna agli ordini del maggiore Dodelier, vice comandante del
4 RSM, e riuscì ad entrare nelle prime case ad est del paese con l’aiuto dei carri Sherman. Verso le 18,30, la 10a compagnia raggiunse
l’entrata a sud di Castelforte, ma un carro leggero fu colpito e distrutto all’inizio della via principale, ostruendo la strada.
La progressione del raggruppamento fu fermata per la notte, ma il vantaggio acquisito sui tedeschi fu prezioso. [36]
Al comando di Sessa Aurunca le notizie che erano arrivate durante la notte e continuavano ad arrivare dalle prime linee non potevano che preoccupare. [37]
Nella tarda mattinata il generale Juin decise di andare di persona a controllare. Accompagnato dal suo capo di gabinetto, il tenente Voizard, si
recò prima dal generale Dody, comandante la 2 DIM, e quindi dal generale Sevez, comandante della 4 DMM.
Entrambi confermarono che i tedeschi, schierati su posizioni fiancheggianti che si coprivano vicendevolmente, non cedevano, ma anzi combattevano
furiosamente.
Juin volle allora recarsi sulla cima dell’Ornito. Salendo a piedi nell’ultima parte del percorso, incrociò le colonne di muli che trasportavano a
valle i feriti, soffermandosi con alcuni di loro fra i quali il capitano Delort, comandante del II/8RTM, che morirà poco dopo. [38]
Una volta sulla cima, vi incontrò i colonnelli Callies e Molle, comandante il primo della fanteria divisionale della 2 DIM ed il secondo
dell’8 RTM.
Da quello che vide e dai rapporti dei suoi ufficiali, Juin si convinse che la linea di difesa tedesca, priva com’era di riserve, non avrebbe retto ad
un secondo assalto. Bisognava però riorganizzare i reparti e dividere gli assalti su due obbiettivi successivi: Cerasola e Agrifoglio il primo, Faito,
Feuci e Maio, il secondo. Tra le due azioni doveva passare un intervallo di almeno un’ora per consentire all’artiglieria di concentrare il proprio
tiro su ciascuno dei due obbiettivi.
Tornato a Sessa Aurunca, preceduto dall’ordine di radunarvi l’intero stato maggiore del C.E.F., telefonò ai comandanti delle divisioni confermando
il piano generale d’attacco e preparando a tempo di record gli ordini per il mattino successivo, distribuiti ai comandi entro la serata del 12. [39]
Il diario storico dell’O.K.W. confermava come la valutazione tedesca di quanto stava accadendo fosse ancora imprecisa e come non si avesse ancora la
certezza dell’inizio del grande attacco.
Nell’ambito della 10.Armee, si limitava a segnalare che “Il giorno è stato nel segno di forti attacchi d’artiglieria nel
settore destro dell’armata. dalla costa fino alla zona a N di Cassino.”
Per quanto riguardava il XIV Panzer-Korps, nel settore della 94 ID, la situazione sembrava tuttavia preoccupare:
“A N della Via Appia il nemico è riuscito ad operare uno sfondamento locale ed il nostro contrattacco non è finora riuscito a
riguadagnare la linea principale di combattimento. Non si hanno ancora notizie sulla pulizia dello sfondamento riuscito nella zona di 2,5 km a NO di
Minturno. La pressione nemica continua a rinforzarsi dopo le ore centrali della giornata. Inoltre il nemico ha fatto affluire rinforzi sulla Via
Appia nella zona di Minturno.”
Nel caso invece della 71 ID, la situazione sembrava essere orientata ad un certo timore per l’apparire di forze corazzate:
Nel corso di duri scontri casa per casa a S.M. Infante (2,5 km a N di Minturno) sono state inferte al nemico perdite sanguinose e distrutti numerosi
mezzi corazzati. Un attacco condotto da E di questa località verso NW è giunto fino al 3 km a O di Castelforte.
Il M. Rotondo (2 km a NO di Castelforte) è rimasto per qualche tempo in mano al nemico. Sono in corso contrattacchi contro l’altura conquistata dal
nemico 1 km a O di Castelforte e la località Ventosa (direttamente a O di Castelforte).
L’attacco nemico condotto con forte appoggio di mezzi corazzati in direzione N su Andrea ha guadagnato terreno con penetrazioni. Non si hanno ancora
dettagli sui combattimenti.
Il nemico ha attaccato con 30-40 carri anche provenendo da E verso Andrea ed ha guadagnato terreno verso N. E’ stato costituito un fronte di
sbarramento verso S sulla linea da 1,5 km NNE di Andrea al Garigliano verso S. Il nemico che attacca nella zona di Andrea è da solo stimato in 2
reggimenti e 1 reparto corazzato (marocchini).
Il fianco sinistro della Div è minacciato da forze corazzate penetrate a N e NO di Sant’Apollinare sulla sponda settentrionale del Liri con fronte a
S. Entro mezzanotte la situazione sul fianco destro era di nuovo ripulita, ed erano stati fatti 100 prigionieri.
E’ da notare che la 1 DMI, che operava sul fianco sinistro della 71 ID, viene considerata "marocchina", segno di una non esatta conoscenza delle forze nemiche. [40]
Lo sfondamento della Linea Gustav
13 maggio 1944
Gli ordini emanati nella notte fra il 12 ed il 13 maggio, confermavano che lo sforzo principale sarebbe ancora stato svolto dalla 2 DIM, ma con un
obbiettivo più limitato: il Cerasola, la quota 739 e il monte Garofano (quota 628), la cui caduta avrebbe permesso alla 1 DMI di muoversi verso gli
obbiettivi assegnati. La 4 DMM doveva invece spingersi verso il colle di Crisano, a est di monte Feuci, proseguendo verso la depressione di Rivo
Grande in modo da impadronirsi dei monti Ceschito (quota 576) e Reanni (quota 553), appoggiando la manovra della 3 DIA su Castelforte.
La 3 DI (raggruppamento Guillebaud), dopo aver recuperato il I/4RTT che aveva come obbiettivo il monte Siola, doveva terminare le operazioni di
rastrellamento di Santi Cosma e Damiano e Castelforte, avanzando poi verso Coreno Ausonio il più presto possibile. [41]
I comandi tedeschi realizzarono tutta la potenza dell’attacco alleato sull’intero fronte:
Il 13 maggio è stato ancora nel segno di fortissimi attacchi nemici, appoggiati da violentissimo fuoco d’artiglieria, diretto da aerei, quali ancora
non erano stati riscontrati sul teatro bellico italiano, ed anche con fortissimo appoggio di carri.
Tutti gli attacchi, condotti con forze preponderanti, avevano l’obiettivo di scardinare il fronte S dell’Armata ed ottenere uno sfondamento. [42]
Il generale Walter Hartmann, comandante pro tempore del XIV Panzer-Korps in assenza del generale von Senger, espresse le sue preoccupazioni al generale Friedrich Westphal, capo di stato maggiore della 10a Armata, in assenza del generale von Vietinghoff. Fu consultato il maresciallo Kesselring, il quale giudicò l’attacco francese come secondario rispetto alle operazioni sul resto del fronte e nessun rinforzo giunse alla 71 I.D.
Nella notte fra il 12 ed il 13, la 2 DIM si riorganizzò. All’ala destra, il 4 RTM, molto provato, fu rinforzato dal III/5 RTM; a
sinistra, all’8 RTM furono assegnati il II ed il III/5 RTM.
Alle 3,15, dopo che la prima linea francese fu fatta arretrare di alcune centinaia di metri, più di 250 bocche da fuoco presero a bersagliare le
posizioni tedesche sul Cerasola, sulla quota 739 e su monte Garofano, sconvolgendo trinceramenti, linee di comunicazione, campi minati e sbarramenti
di filo spinato, ma i tedeschi reagirono con fuoco di artiglieria e mortai, interrompendo i contatti fra i comandi francesi, tanto che l’attacco
iniziò solo alle 4,15.
Il II/4RTM rioccupò d’un balzo le vecchie posizioni, mentre il III/5 RTM ed elementi del III/4 RTM avanzavano verso la quota 748, catturando
prigionieri del Füsilier-Bataillon 171, completamente storditi dal bombardamento.
Tra le 6 e le 8, i medesimi reparti avanzavano lungo i pendii sui due versanti del monte Garofano, mentre un piccolo distaccamento attaccava
direttamente la cima. [43]
Fu ingaggiato un duro combattimento con gli ultimi difensori tedeschi, dovendo respingere un contrattacco di elementi del II./131, ma alle 14
la vetta fu definitivamente presa.
All’ala sinistra invece tutto fu più complesso. L’inizio dell’offensiva era previsto per le 8 del mattino, ma alle 5,15, quasi in concomitanza con
l’inizio dello sbarramento d’artiglieria, il III/8 RTM fu sorpreso da un contrattacco tedesco di elementi dell’Aufklärungs-Abteilung 115, mentre il
II/5 RTM stava per sostituirlo. L’attacco fu fermato a stento dal tiro ben concentrato di alcune batterie.
Tra le 8,30 e le 9, si profilò un nuovo e più potente contrattacco, condotto questa volta da elementi del II./115 I.R. proveniente da Vallemaio,
che scompigliò nuovamente i preparativi per l’offensiva.
I tedeschi furono letteralmente massacrati dal tiro dell’artiglieria francese ed il loro comandante fu catturato; i superstiti rifluirono in
disordine verso la conca della Masseria Ruggero e Vallemaio, bersagliati dalle granate francesi.
Il II/5 RTM poté muoversi solo alle 10,15, ma, alle 11, le prime pattuglie misero piede sulla vetta del monte Feuci, praticamente indifesa.
La 4 DMM, che aveva subito i contraccolpi degli attacchi tedeschi, conquistò il colle di Crisano, ormai debolmente difeso, verso le 9,30, proseguendo verso le quote 644 e 582.
Dopo la caduta del monte Feuci, alle 13,45, il generale Hartmann ordinò una ritirata generale, comunicando la direttiva in chiaro a tutte le unità
interessate, tanto che i messaggi vennero immediatamente intercettati dal comando francese di Sessa Aurunca, che ritrasmise la notizia a tutti i
comandi delle unità impegnate nei combattimenti in corso.
L’improvviso ordine di ritirata provocò qualche scompiglio fra i comandi tedeschi impegnati sul terreno e determinò probabilmente l’abbandono
affrettato della Orange-Linie.
Il generale Raapke chiese di far arretrare la 71 I.D. fino alla Dora Stellung, perché la minaccia francese era tale da rischiare la perdita delle
artiglierie e delle truppe ancora schierate nella zona di Vallemaio, che avevano solo due possibilità di scampo, una verso San Giorgio a Liri e
l’altra lungo la strada che portava al bivio di Ausonia-Esperia, località ormai minacciate dall’avanzata francese.
Nel primo pomeriggio, verso le 15, una pattuglia del II/5 RTM raggiunse la vetta di Monte Maio, senza trovare nessuna resistenza. [44]
Il 4 RTM, dopo aver occupato monte Garofano, dove vennero catturati 150 prigionieri del II./131 I.R., avanzava verso colle Agrifoglio, occupato alle 20, mentre il III/4 RTM riceveva l’ordine di scendere a Vallemaio. [45]
Con la caduta di monte Garofano, la 1 DMI poté finalmente muoversi in avanti. Nella notte fra l’11 ed il 12, il BM 24 aveva rimpiazzato il BIMP sulle
pendici del monte ed il BM 21 aveva occupato la linea alla sua destra.
L’attacco iniziò alle 6 del mattino, dopo un violento bombardamento d’artiglieria.
Alle 10, il BM 24 rioccupò la quota 541, mentre il BM 21 incontrò resistenze isolate in località Fontanelle, raggiungendo prima la cresta Vialonga e
poi le quote 92 e 94 di colle Franco, in prossimità del paese di Sant’Andrea che fu raggiunto nel tardo pomeriggio, ormai evacuato dai tedeschi.
Nel frattempo il raggruppamento blindato, proseguendo a cavallo della strada per Sant’Apollinare, aveva raggiunto la località I Morroni, dove dovette
sostenere un duro combattimento con la perdita di alcuni carri, colpiti da pezzi controcarro. I fanti del 22 BMNA, appoggiati dagli equipaggi
appiedati del 1 RFM, presero d’assalto le posizioni nemiche ed i tedeschi ruppero il contatto.
Alle 18 le prime avanguardie raggiunsero il bivio della strada per Sant’Ambrogio sul Garigliano, spingendosi fino a quest’ultima località ormai
evacuata dai tedeschi.
Nel settore della 3 DIA, alle 5 del mattino le compagnie del II/4 RTT si infiltravano in Castelforte, dove dovevano sostenere duri combattimenti
contro i difensori tedeschi, nascosti nelle case e nelle cantine delle stesse. Nei locali delle scuole, chiamati dai francesi la "caserne", la lotta
si protrasse piano per piano, stanza per stanza, ma, verso mezzogiorno. il paese fu interamente occupato.
Il III/4 RTT era entrato in azione alle 8 infiltrandosi nel paese di SS. Cosma e Damiano, ma ancora una volta i tedeschi riuscirono ad impegnare i
fanti tunisini in costosi combattimenti casa per casa. La difesa crollò quando i carri del tenente colonnello de Lambilly, sfruttando una breccia
aperta fra il paese e Castelforte, riuscirono a raggiungere la strada per Coreno Ausonio, avanzando fino alla quota 246, in località Aurito, a circa
750 metri a nord di monte Rotondo. [46]
Verso le 17, gli americani conquistavano la vetta del monte, mentre il II/4 RTT occupava il cimitero del paese di SS. Cosma e Damiano, ultimo
baluardo della difesa tedesca.
Nel pomeriggio, il generale de Monsabert ordinava al I/4 RTT, nel frattempo tornato ai suoi ordini, di riprendere l’attacco contro il monte Siola, appoggiato da una compagnia del II/4 RTT proveniente da Castelforte ed, alle 18, la vetta cadeva nelle mani dei tunisini, che travolgevano la pur strenua resistenza dei fanti tedeschi.
La sera del 13, la rottura della Linea Gustav era ormai generale in tutto il settore francese, mentre gli americani dell’88th I.D. stavano per dilagare verso Fondi, benché fossero ancora impegnati contro la strenua difesa del paese di Santa Maria Infante. [47]
Dalle parole del diario storico dell’O.K.W. si comprende la difficoltà del XIV Panzer-Korps a contenere l’offensiva alleata e come i comandi tedeschi
si fossero finalmente convinti della grande potenza d’urto di quest’ultima.
Mentre sulla costa, nel settore della 15. Pz.Gren.Div., era segnalato un
... vivace fuoco d’artiglieria, a volte anche navale, sul retroterra e sulle vie di rifornimento
in quello della 94. I.D.
... il giorno è stato segnato dal successo nella difesa contro forti attacchi appoggiati da carri e vivace fuoco d’artiglieria. Tutti gli attacchi sono stati respinti con perdite sanguinose per il nemico: solo davanti al settore del II./Gren Rgt. 254 sono stati contati oltre 200 morti e fatti 106 prigionieri.
Nel settore della 71. Gren.Div. invece la situazione sembrava ormai precipitare verso l’irreparabile:
I contrattacchi hanno portato ad aspri scontri ravvicinati con alterne vicende per la riconquista di S. M. Infante. Sono stati
fatti più di 200 prigionieri. Un ulteriore contrattacco per la presa di C.le Ceracoli (3 km OSO di Castelforte) si è arrestato sulla pendice O a
causa di fortissimo fuoco difensivo. Posizioni di approntamento di forze corazzate davanti all’ala destra della divisione sono state avvistate e
battute da fuoco concentrato di artiglieria, cosicché qui il nemico ha dovuto sospendere i suoi attacchi. Per contro il nemico ha attaccato nuovamente
Castelforte con reparti appoggiati da carri e ha potuto operare uno sfondamento lungo la strada a 1,5 km a S di Castelforte verso NNO in direzione di
Coreno. Non si hanno ancora dettagli sulla profondità della penetrazione.
Anche sul M. Faito (4,5 km a N di Castelforte) il nemico ha guadagnato terreno grazie a un fortissimo appoggio d’artiglieria, e con un forte
reparto d’assalto che si è spinto verso N ha potuto prendere il Cle. Agrifoglio (1 km SSE di Vallemaio). Un’ulteriore puntata in direzione O
(verso Coreno) è stata respinta.
Sull’ala N della divisione il nemico è parimenti riuscito ad effettuare profonde penetrazioni. Forze corazzate si sono spinte avanti dalla zona
a E di Andrea in direzione di Apollinare, con la conseguenza che alcune parti della A.A. 44 sono state distrutte nelle loro postazioni. Si è
verificata un’ulteriore penetrazione di forze corazzate dalla zona a NO di S.Apollinare in direzione di S. Apollinare.
La 71 Gren. Div.
sottolinea il diario
ha combattuto eroicamente in questa zona contro forze preponderanti (4 divisioni). Secondo notizie ricevute singole unità si sono battute in modo eccellente fino all’ultima cartuccia ed all’ultimo uomo. [48]
Nella serata del 13, il maresciallo Kesselring ordinò alla 90. Panzergrenadier-Division, ferma nella zona di Frosinone in attesa di un’eventuale attacco di truppe avio-trasportate, di muoversi verso il fronte con il Pz.Gren.Rgt. 361 nella valle del Liri ed il Pz.Gren.Rgt. 200 nella zona di Esperia.
Lo sfruttamento della vittoria e l’inizio della manovra sugli Aurunci
14 maggio 1944
Nel settore della 2 DIM, alle 3 del mattino il 5 RTM si rimetteva in marcia ed occupava senza difficoltà la Costa Carosa ed il monte Calvo,
raggiungendo il colle Castellone verso le 8. Soltanto un’ora dopo gli elementi di avanguardia trovavano qualche resistenza di retroguardie tedesche
nelle zone di Castellone, Casale e Annunziata, ma l’intero reggimento doveva arrestarsi a causa delle difficoltà di rifornimento in armi e viveri.
Il 4 RTM entrava in Vallemaio verso le 8,40 e, a partire dalle 9, il III/4 RTM avanzava lungo la strada per San Giorgio, trovando una forte
resistenza tedesca all’altezza della località di San Tommaso, superata la quale, alla sera, raggiunse San Giorgio, già occupata dalla 1 DMI.
Il I/4 RTM si spinse verso il monte Paolino, unendosi alla sera ai reparti della 1 DMI sul colle Cantalupo, mentre l’8 RTM fu tenuto in riserva.
Gli elementi blindati della 1 DMI , dopo aver raggiunto Sant’Apollinare all’alba, giunti all’altezza del colle Cantalupo furono fermati dal tiro
delle batterie tedesche piazzate al di là del Liri, dove i britannici non erano ancora arrivati.
Furono creati tre gruppi misti di blindati e fanteria. Il primo, con il 22 BMNA , puntò sul colle Cantalupo, che cadde verso le 16, e proseguì verso
San Giorgio; il secondo, con il BM 24 , scese a Vallemaio, che trovò già occupato dal III/4 RTM, proseguendo verso S. Giorgio, raggiunto verso le 19;
il terzo, con il BM 21, fu tenuto in riserva a Sant’Andrea, con il compito di rastrellare la zona di monte Paolino.
Nel settore della 3 DIA, all’alba, intervenne sul campo di battaglia il 3e Régiment de Tirailleurs Algériens che, con un distaccamento blindato,
si spinse energicamente verso Coreno Ausonio ed Ausonia con il compito di sbarrare al più presto la valle dell’Ausente all’altezza di Ausonia,
assumendo così il ruolo previsto dal piano originario per il Corps de Montagne, e di prepararsi a forzare la strettoia di Esperia. [49]
Le avanguardie entrarono in Coreno nel pomeriggio ed alla sera lambirono Ausonia a sud-est.
La disfatta tedesca si profilò totale, malgrado il disperato e tardivo intervento delle ultime riserve disponibili. A San Tommaso, sulla strada tra
Vallemaio e San Giorgio, erano state impiegate due compagnie “z.b.V.”, composte da personale dei servizi dell’I.R. 194. [50]
Sul monte Rinchiuso i francesi si erano scontrati con elementi del Gebirgsjäger-Pionier-Battalion 818, fatto scendere in fretta e furia dagli
Aurunci, dove costituiva un unico, seppur minimo, baluardo!
Nel diario storico dell’O.K.W. si registrava che anche nel settore della 94. Inf.Div.:
Dopo il fallimento di più deboli attacchi al mattino, nel pomeriggio il nemico è di nuovo venuto all’attacco dopo un vivace fuoco di preparazione d’artiglieria e con l’appoggio di carri ed ha potuto effettuare uno sfondamento 4 km a NO di Minturno.
Per quanto riguardava la 71. Gren.Div.:
I pesanti combattimenti difensivi della divisione si sono ripetuti nel segno di
una forte preponderanza di carri ed artiglieria, con fuoco continuo contro l’intero retroterra.
Mentre nel settore di destra i movimenti di riposizionamento sulla linea da 1 km SSO di Spigno – 4,5 km a S – 2 km SSE di Ausonia sono stati
eseguiti come ordinato [51], nei settori centrale e sinistro della divisione si sono avuti pesanti combattimenti in ritirata. A forze nemiche
preponderanti che si spingevano in avanti da M. Maio (2 km a E di Coreno) in direzione NO è riuscito di prendere il M. Calvo e C.le Castellone
(rispettivamente 3 km e 2 km a S di San Giorgio). Contro questa spinta offensiva sono state impegnate unità che erano state ritirate dal fronte.
L’ala sinistra è stata impegnata per tutta la giornata in pesantissimi combattimenti difensivi contro il nemico che con forze rilevanti si spingeva
per Vallemaio e S. Apollinare verso NO, e continua ad opporre un’aspra resistenza nella zona ad ambo i lati dell’altura a 2 km a ESE di S. Giorgio.
La situazione attorno a S. Giorgio non è conosciuta in dettaglio. E’ partito un contrattacco con 2 battaglioni a S del Liri.
I reparti circondati nelle ore del mattino a Coreno si sono aperti la via verso NO in direzione di Ausonia. Le nostre perdite negli ultimi due
giorni sono molto alte. Oltre a parecchi comandanti le perdite vengono valutate in dettaglio nel 40% della forza combattente per la 94. I.D. e dal
60 al 70% per la 71.Gren.Div. [52]
Ma un’altra minaccia stava per abbattersi sugli ignari tedeschi.
Secondo i piani prestabiliti, la 4 DMM ed i tre Groupements de Tabors Marocains si costituirono nel Corps de Montagne, agli ordini del generale
Sevez, comandante della 4 DMM.
Esso fu diviso in tre gruppi:
Durante la giornata del 14, il gruppo Guillaume, che nel frattempo era stato radunato a sud-ovest di Castelforte, iniziò ad attraversare la valle
dell’Ausente, in direzione di Spigno, senza trovare particolari difficoltà se non numerosi campi minati e sporadici tiri dell’artiglieria tedesca.
Il gruppo Bondis attraverso il colle di Crisano ed attraverso il monte Ceschito iniziò ad avanzare in direzione del monte Fammera, incrociando le
colonne della 3 DIA che risalivano la strada per Ausonia senza alcun problema, ma trovando alcune resistenze nella zona di Masseria Valente. [54]
Il gruppo Louchet fu invece incaricato di rastrellare la zona Rivo Grande-Tolarzo, spegnendovi le ultime sacche di resistenza e catturando numerosi
prigionieri.
La sera del 14, dal comando del generale Juin veniva emanato il seguente ordine del giorno:
Dopo due giorni di combattimenti, malgrado una
resistenza feroce su delle posizioni che credeva inespugnabili, il nemico ripiega, disorganizzato, battuto.
Uno spazio considerevole è stato conquistato. Una posizione di importanza capitale, il massiccio di monte Maio, è nelle nostre mani. Sono stati
catturati migliaia di prigionieri.
La nostra avanzata continua. Domando a tutti di raddoppiare lo sforzo ed il vigore.
Il magnifico successo di ieri è il pegno della vittoria di domani. [55]
15 maggio 1944
Alla 2 DIM, le cui truppe erano particolarmente provate dai combattimenti sostenuti fin dalle 23 dell’11, fu ordinato di installarsi saldamente
tra colle Castellone, colle Santa Lucia e colle Le Forche in modo da impedire l’uso degli assi stradali che collegavano San Giorgio (a nord),
Ausonia (a sud) ed Esperia (ad ovest).
Il II/5 RTM presidiava colle Castellone, mentre il III/5 RTM avanzava alle 7,30 verso il colle Le Forche, ma si scontrava inaspettatamente con
elementi del I battaglione del Panzergrenadier-Regiment 200, perdendo 15 uomini prima di conquistare l’obbiettivo verso le 14. [56]
Anche il I/5 RTM avanzò dalle 8 verso i colli Maceralonga e Santa Lucia, ma fu arrestato dalla tenace resistenza di elementi superstiti del
III./I.R. 131, riuscendo a raggiungere il colle Santa Lucia soltanto alle 19, ma a costo della perdita di 38 uomini.
Alla sera, il 4 RTM, fermo sul Cantalupo, e l’8 RTM ricevevano l’ordine di raggrupparsi nella zona di Vallemaio. [57]
La 1 DMI era ferma sugli obbiettivi raggiunti. Oltre alle mine ed alle distruzioni operate dai tedeschi in ritirata, l’unica strada lungo il Liri era sotto il tiro costante delle batterie tedesche appostate a nord del fiume, a causa del forte ritardo accumulato dalle divisioni dell’8a Armata. Soltanto verso mezzogiorno la 4e Brigade riprendeva la progressione fino a raggiungere, nel pomeriggio avanzato, il torrente S. Antonio.
Nel settore della 3 DIA, il gruppo blindato de Lambilly entrò in Ausonia alle 6,30, spingendosi immediatamente verso Esperia, ma, dopo circa
tre chilometri, fu fermato dal preciso e violento fuoco di semoventi controcarro tedeschi, piazzati lungo la strada e nelle sue vicinanze a
nord-ovest.
Manovrando sulle alture ad est della strada, il 3 RTA riuscì a mettere piede nel paese di Castelnuovo Parano, ma urtò contro il I./200
che difendeva le località di Casali e Annunziata, occupate solo nella serata.
Ad ovest di Ausonia, il gruppo blindato Dodelier entrava senza difficoltà nel paese di Selvacava, mentre il 7 RTA, intervenuto a sua volta
nella battaglia, iniziava una manovra per superare quella che stava manifestandosi per una nuova linea di resistenza, la Dora Stellung, attraverso
le pendici di monte Fammera (III/7 RTA) e La Bastia (II/RTA).
Poco più a est di Selvacava, sul Fammera di Spigno, nella notte fra il 14 ed il 15, gli uomini della sezione di Eclaireurs-Skieurs del 2 RTM avevano
scoperto un passaggio lungo la scoscesa scarpata del monte Fammera. [58]
Malgrado le difficoltà della salita notturna, i nordafricani riuscirono ad aprire un passaggio sufficiente al transito di tutto il reggimento, del
resto del gruppo e delle salmerie.
Dopo aver ucciso a colpi di coltello o catturato i pochi tedeschi di guardia agli osservatori, avevano raggiunto i pianori al di sopra della cresta,
avanzando speditamente verso la vetta di monte Fammera, dove, dopo un brevissimo combattimento, venne catturato un distaccamento tedesco. Nel
pomeriggio le avanguardie avevano raggiunto il monte Chiavica (quota 1.195), a sud-est di Esperia. [59]
Come era stato pianificato, il Groupement Guillaume, dopo aver superato senza danni la valle dell’Ausente, aveva raggiunto la salita che portava
al paese di Spigno, nel frattempo conquistato dai fanti americani della 88th Infantry Division.
I quel punto il 5e Tabor dovette ingaggiare un violento combattimento con retroguardie tedesche che si erano attestate sulle pendici dello
sperone del Castello ed impedivano ogni ulteriore passaggio. [60]
Soltanto alle 16, gli esploratori del 1er GTM iniziarono la salita verso monte Strampaduro (quota 1.222) dal quale raggiungevano già nel corso
della notte il monte Petrella (quota 1.533), compiendo una formidabile impresa sportiva tenuto conto del dislivello, ma senza trovare alcuna
resistenza.
I nordafricani si disposero a ventaglio inviando ricognizioni verso monte Cavecce (quota 1.225), monte Coculo (quota 1.186) e verso la Serra
Capriola (quota 1.376) in direzione di monte Revole.
Il diario storico dell’O.K.W registrava come nel settore della 15. Pz.Gren.Div. continuasse
“... il vivace fuoco di disturbo nemico, a volte anche con grossi calibri navali, su Terracina e Itri...
ed il grosso della divisione continuava a presidiare la costa nel timore di uno sbarco.
A nord del Liri, segnalava il diario storico:Il 15 maggio è proseguito nel segno di forti attacchi nemici, con un impiego di mezzi corazzati di entità ancora non sperimentata sul teatro di guerra italiano. Le truppe si sono ancora battute in maniera esemplare in pesanti scontri difensivi contro la potente superiorità materiale del nemico, ed hanno impedito che questi operasse uno sfondamento. [61]
Ma se nel settore di Cassino la linea principale di difesa non era ancora stata del tutto intaccata, a sud del Liri la situazione appariva ormai compromessa.
Nel tratto di fronte della 94. Pz. Gren. Div.:
Nelle prime ore del mattino il nemico ha attaccato su tutto il settore
con forte appoggio di artiglieria e mezzi corazzati. Di conseguenza il nemico è riuscito, dopo un fuoco ininterrotto, a sfondare la linea
principale di combattimento 1,5 km ad O di Minturno spingendosi fino alla zona a N del limite O di Scauri (4 km a O di Minturno). Con un immediato
contrattacco il nemico è stato respinto anche con aspri combattimenti ravvicinati fino alle sue posizioni di partenza.
Un conseguente attacco è stato parimenti respinto. Anche un più forte attacco condotto con l’appoggio di carri dalla direzione di 3 km a NO di
Minturno è stato respinto, ed intorno alla sommità del Colle S. Martino (4,5 km a NO di Minturno) si è combattuto aspramente. Contro forze
nemiche preponderanti l’altura è stata abbandonata ed è stata stabilita una nuova linea di combattimento sulla riva O del Capo di Aqua (sic! n.d.a.).
Per il successo della difesa contro tutti gli attacchi hanno avuto un ruolo predominante le unità antiaeree impiegate per il combattimento
terrestre. [62]
Nella valle dell’Ausente invece i resti della 71. Inf. Div. erano tenuti in costante pressione.
Riferisce il diario storico:
Nel corso della ritirata dell’ala destra sulla linea Monte Petrella – S di Monte Fammera, vi sono stati forti combattimenti con alterne vicende contro il nemico che incalzava con forza. In questa
situazione parti del Füs. Btl. 194 e dei Gren. Rgt. 191 e 211 vennero parzialmente circondate.
Con un attacco di sorpresa su un terreno quasi impercorribile il nemico ha raggiunto verso sera – spingendosi in avanti a S del massiccio del
Fammera – la zona 2 km a S di Esperia, presumibilmente con l’impiego di parti della 3 Div Ftr Algerina, e sta continuando ad avanzare verso N con
forze a livello di battaglione. Con l’impiego ed il concentramento di tutte le forze disponibili a S di Esperia l’ulteriore avanzata del nemico è
stata bloccata. Inoltre si sta cercando di chiudere con l’impiego di truppe d’assalto la falla aperta nella zona a 1 km SSO del M. Fammera, in modo
da tagliar fuori le forze nemiche che vi erano penetrate.
La puntata di forti reparti di fanteria e carri seguiti da colonne di fanteria autoportata è stata intercettata direttamente a N di Castel Nuovo
(Castelnuovo Parano n.d.a.) in parte con aspri combattimenti ravvicinati e così è stato impedito un ulteriore
sfondamento verso NO. In questa occasione si sono nuovamente battuti in maniera encomiabile i reparti del Gren. Rgt. 211 sotto il comando del
capitano Müller.
Anche il gruppo da combattimento Matthes (parti dei Gren. Rgt. 211, 194 e 191) ha respinto al C.le La Bastia (1 km a O di Castelnuovo) diversi
forti attacchi, con alte sanguinose perdite per il nemico.
Il gruppo da combattimento Nagel, che durante tutta la giornata aveva contrastato forti attacchi di carri provenienti dalla direzione SO e O
presso S. Giorgio infliggendo forti perdite al nemico, nella notte sul 16 maggio si installò – lasciando avamposti di combattimento – dalla
linea Castelnuovo – San Giorgio nelle posizioni di resistenza 3 km più oltre verso O. Qui anche nella giornata odierna l’artiglieria ha
appoggiato i duri combattimenti difensivi della fanteria ed ha incendiato diversi mezzi corazzati. [63]
Il diario precisava che alla sera del 15 maggio, la linea principale di combattimento dalla costa fino a Cassino seguiva il seguente andamento:
Bordo orientale di Scauri – 3 km a NO di Minturno – O di Catellonorato – Monte Petrella – 3 km ESE di Esperia – 3,5 km verso ONO – 1,5 km NNO di S. Giorgio – Pignataro – vecchia linea di combattimento. [64]
Ma il monte Petrella stava per cadere nelle mani dei “goumiers” marocchini, che avanzavano inesorabilmente.
I civili italiani
La vittoria francese nella "Battaglia del Garigliano" rimane un fatto esemplare nella storia militare, ma nel commemorare i fasti del Corps Expéditionnaire Français en Italie non si possono dimenticare le gravi violenze compiute da militari, nella loro maggior parte nordafricani, a carico della popolazione civile italiana trovata sul loro percorso.
Nel suo libro dedicato alla battaglia, il generale René Chambe, testimone oculare e grande apologeta delle imprese del generale Juin, scrive che nei paesi della valle dell’Ausente:
Gli italiani si affollano attorno ai francesi con molte manifestazioni di entusiasmo, senza dubbio ed esattamente come con i tedeschi due giorni prima. Vae victis! [65]
Questa frase, assolutamente ingiustificata alla luce della realtà dei fatti, riflette però il pensiero comune a moltissimi ufficiali e sottufficiali francesi sull’Italia e gli italiani: un paese nemico ed ostile, popolato da infingardi, al quale andava fatto pagare il “coup de poignard dans le dos” o, in mancanza di altri argomenti, il presunto fatto che aviatori italiani avessero mitragliato i civili francesi in fuga nel 1940. [66]
Nel libro "Victoires des Français en Italie", pubblicato a Parigi nel 1945, a guerra appena ultimata, il commento alla fotografia di una povera donna spaventata con una bambina dagli occhi sbarrati sulle spalle, è il seguente:
“... La vecchia, adesso tragica, che ha donato i suoi figli al sinistro smargiasso ha capito? Ha provato la gran paura, il terrore che è per sempre negli occhi della bambina? Griderà come poco prima: "Nizza, a noi!". [67]
Figurarsi quanto poteva aver gridato in uno sperduto villaggio del Molise!
Vale allora la spesa di esaminare, seppur brevemente, come in effetti avevano vissuto l’attesa della liberazione i civili italiani abitanti in città e paesi prossimi alla Linea Gustav e nelle sue retrovie.
La valle del Liri, i monti Ausoni ed Aurunci, la valle dell’Ausente e le zone limitrofe, fino al 1943 erano stati considerati come siti
privilegiati, lontani dai pericoli della guerra, senza apparenti obbiettivi militari e con una certa abbondanza di viveri, dovuta alla presenza
di migliaia di capi di bestiame, di pascoli e di estese coltivazioni.
Erano così tranquilli quei paesi che molte famiglie napoletane, terrorizzate dai bombardamenti aerei, li avevano scelti come sede di sfollamento,
fin dal 1942.
Il primo campanello di allarme suonò nella notte fra il 19 ed il 20 luglio 1943, quando fu bombardato l’aeroporto di Aquino e molti si chiesero
fino a quando sarebbero stati risparmiati. Poi seguirono l’incursione su Cassino, il 10 settembre, quella su Esperia, il 30 settembre, quella sul
nodo ferroviario di Roccasecca, il 23 ottobre, e quella, terribile, su Pontecorvo, il 1 novembre.
I bombardamenti aerei causarono la prima grande fuga da città e paesi verso la campagna e le montagne, e cominciò la caccia alle masserie o alle
caselle sui monti; i primi trovarono quattro mura, gli ultimi dovettero accontentarsi... .
Lo stesso fenomeno colpì la popolazione lungo la costa, dove ai bombardamenti aerei si erano aggiunti quelli navali.
Subito dopo l’8 settembre 1943, si presentò un altro pericolo che colpì la popolazione maschile. I tedeschi emisero dei bandi con l’obbligo di
presentazione ad un servizio del lavoro e la reazione fu un’ulteriore fuga verso le montagne con conseguenti rastrellamenti, che spesso coincisero
con rappresaglie, omicidi, arresti ed un vero e proprio saccheggio del bestiame.
Con l’avvicinarsi del fronte e la decisione di attestarsi sulla Linea Gustav, i tedeschi adottarono altre misure, fra le quali lo sgombero coatto
dei centri abitati.
A Coreno Ausonio, l’ordine di sgombero del paese fu affisso dai tedeschi sulla porta della chiesa il 10 ottobre 1943, provocando la fuga sulle
montagne dell’intera popolazione. [68]
A Castelforte, la sera del 16 ottobre 1943, il banditore comunale annunciò che entro il giorno seguente il paese doveva essere sgomberato per
ordine del comando germanico, provocando la fuga generale. [69]
A Vallemaio, Il 20 ottobre 1943, a fronte dell’ordine di sgombero nel termine perentorio di 24 ore, gran parte della popolazione del centro
abitato si trasferì in contrada Pastinovecchio ed in altre contrade come Valleroffa. [70]
Considerando solo i paesi che saranno più immediatamente colpiti dall’offensiva alleata nel settore del C.E.F., in base ai dati del censimento
del 1936, questo fenomeno della fuga sulle montagne interessò circa 25.000 anime. [71]
A questo numero va aggiunto quello degli abitanti della costa e dei paesi lungo il Garigliano, che si rifugiarono sui monti Aurunci. [72]
Per esempio a Spigno Saturnia trovarono rifugio provvisorio molti abitanti dei paesi di Scauri, Tremensuoli, Solacciano, Santa Maria Infante e
Pulcherini, obbiettivi dell’artiglieria inglese fin dal novembre 1943. [73]
Se all’inizio la vita sulle montagne fu almeno sopportabile, con il passare dei mesi toccò il limite della sopravvivenza.
Nei primi tempi, molti dei proprietari di bestiame preferirono macellare gli animali prima che fossero confiscati dai tedeschi o dai militi della
nuova polizia di Salò. Questa relativa abbondanza di carne e le scorte che i fuggitivi riuscivano a recuperare dai paesi abbandonati in rischiose
calate notturne, li salvarono.
Le montagne, almeno nel periodo invernale, offrirono le necessarie riserve d’acqua, ma con l’aumento della popolazione e l’arrivo di una primavera
particolarmente secca, anche queste diminuirono pericolosamente.
A Castelforte, una parte dei fuggitivi preferì rientrare in paese per usufruire dei vecchi pozzi scavati nelle case dove veniva raccolta l’acqua
piovana, rifugiandosi nel profondo delle cantine e sfidando le granate alleate, la presenza di una moltitudine di soldati tedeschi ed una fame
che aumentava con il passare dei giorni. Molti preferirono, nonostante il rischio grandissimo, attraversare le linee alleate. [74]
Anche a Sant’Ambrogio sul Garigliano furono in molti a raggiungere la linea alleata, subito al di là del fiume; alcuni su imbarcazioni,
approfittando della nebbia che spesso nascondeva le rive alle sentinelle tedesche, altri a nuoto. [75]
Si viveva in ogni tipo di riparo: i più fortunati nei pochi manufatti in muratura esistenti, ma anche in stalle e porcili; i più si sistemarono
in caverne naturali o nei “pagliari”, una piccola costruzione, composta da un muretto di pietre a secco circolare, sul quale si poggiavano dei
rami ricoperti di rami e “stramma”, una sorta di saggina, destinati normalmente alle pecore.
Finito anche il bestiame, durante i primi mesi del ’44 ebbe inizio il periodo della fame nera. Era allora fortunato chi riusciva a procurarsi
qualche pugno di granoturco o di carrube o di sale. Fu allora che l’erba dei prati costituì una voce non trascurabile della sempre più magra
dieta giornaliera.
Se però questa vita grama metteva al riparo dai bombardamenti, persisteva il pericolo dei tedeschi, che salivano con puntate improvvise alla
caccia di bestiame da predare e di uomini da adibire ai lavori forzati. Ovunque fu organizzato un servizio di vedette, svolto soprattutto
da ragazzini, e, quando apparivano i militari, tutta la popolazione maschile fuggiva a nascondersi nei boschi o su per la montagna, ma le
reazioni erano spesso violente.
L’intero borgo medioevale di Spigno Saturnia fu fatto saltare in aria con la dinamite in un’operazione che durò tre giorni, dal 29 al 31
gennaio 1944. [76]
Non si è mai saputo se per “esigenze militari” o se per una rappresaglia contro la popolazione civile che non intendeva lasciare le case.
A Castelforte, tra il settembre 1943 e l’aprile 1944, si contarono 51 civili uccisi in massima parte per aver cercato di difendere i propri
beni o per aver tentato di raggiungere le linee alleate. La vittima più giovane fu un ragazzino di 11 anni, che, mentre pascolava le pecore
della propria famiglia a Ceracoli, fu sorpreso da un gruppo di soldati tedeschi che volevano impadronirsi del piccolo gregge e lo uccisero. [77]
A Vallemaio, il 9 maggio 1944, due giorni prima dell’offensiva, undici persone furono trucidate dai tedeschi in località Pastinovecchio;
la più giovane aveva tre mesi di età, la più anziana, una donna, aveva 64 anni. [78]
In tutti i paesi fu uno stillicidio di uccisioni, furti, saccheggi, distruzioni, con qualche caso di violenza carnale o tentata violenza.
Fu così che si arrivò a quella notte fra l’11 ed il 12 maggio 1944.
Un’intera umanità di anziani, donne e bambini, affamata, lacera, sporca, abbandonata, stanca, avvilita fu svegliata dall’immenso fragore del
bombardamento ed il cielo, verso il Garigliano, si illuminò a giorno; capì immediatamente che stava per succedere qualcosa di grande e che si era
arrivati alla fase finale della battaglia. Gli americani, così credevano, stavano per arrivare.
A mano a mano che le truppe francesi avanzavano, la gente uscì dai rifugi e si trovò davanti i soldati nordafricani, prima incredula – tutti
s’aspettavano gli americani – poi resa più sospettosa dai primi furti.
E’ ovvio che la prima reazione all’apparire di truppe alleate dopo i tanti patimenti subiti per mesi, qualsiasi esse fossero, fu di sincera gioia,
ma i guai cominciarono subito.
Quasi tutti i rifugiati sulle montagne avevano portato con se ogni bene di valore che fosse trasportabile e nascondibile: orologi, oggetti in oro
e argento come anelli, catenine, collane, braccialetti, quasi sempre ricordi di famiglia, denaro liquido.
Tutto ciò sparì in un batti baleno.
Persino le cartelle dei buoni del tesoro, la cui commerciabilità, qualcuno, italiano o francese, aveva indicato ai nordafricani.
Così fu per tutti quegli animali, salvati con tanta fatica dai rastrellamenti tedeschi: mucche, asini, capre, pecore, maiali, conigli, galline... .
Chi si opponeva veniva minacciato dai fucili o dai mitra puntati.
Le case distrutte vennero attentamente perquisite, alla ricerca di armi o di soldati tedeschi, ma particolare attenzione venne riservata a pavimenti
e mura, sondati con i calci di fucili alla ricerca di tesori nascosti; persino orti e giardini furono setacciati con aste metalliche.
Quindi fu la volta di biancheria, vestiti, stoviglie e persino di arredi.
Poi si verificarono casi più gravi di violenza: omicidi, aggressioni a mano armata, e gli stupri che colpirono in maggioranza la popolazione
femminile, ma anche quella maschile.
Nel territorio del comune di Vallemaio, un uomo e una donna furono uccisi il 18 maggio, il primo nel tentativo di difendere delle donne dall’assalto
di un gruppo, la seconda nel tentativo di sfuggire alla violenza. [79]
Nei giorni seguenti all’arrivo dei francesi in Coreno Ausonio, davanti alle proteste della popolazione dapprima cadute nel nulla, fu la stessa
gendarmeria francese a consigliare di radunare le donne in un unico edificio di fronte alla chiesa di Santa Croce, ma una di 70 anni morì
il 2 giugno a seguito delle percosse subite. [80]
A Spigno Saturnia i primi casi di violenza si verificarono già nel pomeriggio del 15 maggio, all’apparire dei primi contingenti del Groupement
Guillaume, che, a parte quelli impegnati nella salita verso monte Petrella, si diedero immediatamente al saccheggio.
A Sant’Ambrogio sul Garigliano, il carabiniere Fortunato Manvati, nel tentativo di soccorrere dei malcapitati, fu assassinato a colpi di mitra. [81]
Un atteggiamento comune tra gli ufficiali ed i graduati francesi delle quattro divisioni fu il totale disinteresse per la sorte di quei civili,
con poche eccezioni fra le quali i cappellani militari, cattolici o protestanti, il personale medico e qualche ufficiale.
A questo proposito è bene sottolineare come siano circolate e continuino a circolare le notizie più fantasiose, come il falso proclama del
generale Juin, inventato di sana pianta, o la storia delle 50 ore, o tre giorni secondo altre fonti locali, di permesso al saccheggio, che
sarebbero state accordate ai nordafricani dai più alti comandi francesi in accordo, addirittura, con i vertici della 5a Armata americana.
E’ vero invece che talvolta gli atti più gravi furono puniti severamente, ma in generale, specie davanti ai furti, l’atteggiamento di molti
ufficiali e graduati, francesi e nordafricani, dall’Abruzzo ed il Molise alla Toscana, fu quello della più completa passività ed in qualche caso
persino di sprone a compierli.
Tutte le testimonianze dei civili sul trattamento ricevuto sono concordi, suffragate dalle migliaia di denunce presentate alle autorità alleate ed italiane già nel corso della guerra e che riguardano omicidi, violenze carnali, furti, grassazioni e saccheggi, ma sull’argomento si tratterà più a lungo nella seconda parte di questo studio.
Corps Expéditionnaire Français en Italie - Ordre de Bataille - Mai 1944
Etat Major
Arrière et Services
1e Division Motorisée d’Infanterie - gén. Diego Brosset
1e brigade – col. Delange
2ème brigade- lt. col. Gabay
4ème brigade – col. Reynal
1er Régiment de Fusiliers Marins – cap. de frégate Amyot d’Inville (m. 10.6.1944)
1er Règiment d’Artillerie Coloniale
1er Bataillon du Génie
2e Division d’Infanterie Marocaine - gén. André Dody
4e Régiment de Tirailleurs Marocains.– col. Laparra, puis col. Bridot
5e Régiment de Tirailleurs Marocains – col. Joppé, puis col. Piatte
8e Régiment de Tirailleurs Marocains– col. Molle, puis col. de Berchoux
3e Régiment de Spahis Marocains – col. Pique Aubrun
63e Régiment d’Artillerie d’Afrique – col. Poydenot
87ème Bataillon du Génie – lt. col. Berthezène
41ème Groupe F.T.A. - chef d’escadron Blanchet, puis chef d’escadron Juignier, puis chef d’escadron Bescond
3e Division d’Infanterie Algérienne. - gén. Joseph de Goislard de Monsabert
3e Régiment de Tirailleurs Algériens – col. Gonzales de Linarès
4e Régiment de Tirailleurs Tunisiens – col. Roux (c. 27 gennaio 1944), puis col. Guillebaud
7e Régiment de Tirailleurs Algériens– col. Chappuis
3e Régiment de Spahis Algériens – col. Bonjour
67e Régiment Artillerie d’Afrique – gén. De Hesdin
37ème Groupe F.T.A. – col. Blancher
83ème Bataillon du Génie - chef de bataillon Colin
4e Division Marocaine de Montagne – gén. François Sevez
1er Régiment de Tirailleurs Marocains – col. Brissaud-Desmaillet
2e Régiment de Tirailleurs Marocains – col. Buot de l’Epine, puis col. Delleuze
6e Régiment de Tirailleurs Marocains – col. Cherrière
4e Régiment de Spahis Marocains – col. de Lambilly (c. 18 maggio 1944 a Monticelli), puis chef d’escadron Dodelier
69e Régiment d’Artillerie d’Afrique – lt. col. Cerisier
82e Bataillon du Génie-chef de bataillon Labouerie
Réserves Générales
7e Régiment de Chasseurs d’Afrique – col. Van Hecke
8e Régiment de Chasseurs d’Afrique – lt. col. Simon
Régiment d’Artillerie Coloniale du Lévant – col. Missonnier
64e Régiment d’Artillerie d’Afrique – col. Latarse
Tabors Marocains – gén. Augustin Guillaume
1er Groupe de Tabors Marocains - col. Leblanc
3ème G.T.M. - col. Massiet du Biest
4ème G.T.M. - col. Soulard, poi lieut. col. Gautier
Bibliografia
Opere generali
Memorialistica
Unità militari
I civili
Note
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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During the Allied attack against German troops, the 21st and 22nd May 1944, a little village in the Monti Ausoni, turns into a military target for the French Expeditionary Corps, with dramatic consequenses for the Italian civilians.
Pendant l’offensive des Alliés contre les troupes allemandes, le 21 et le 22 mai 1944, un petit village aux pieds des Monti Ausoni, devient un objectif militaire pour le Corps Expéditionnaire Français, avec des dramatiques conséquences pour les civils italiens.
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