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John Huston - SAN PIETRO, il documentario
Data: 08-08-2001Autore: MARCO PELLEGRINELLICategorie: I luoghiTag: #dicembre 1943, filmografia, huston-john, protagonisti, san-pietro-infine
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The Battle of San Pietro, tuttavia, può essere compreso pienamente se lo concepiamo non solo come critica contro la guerra, ma anche (e soprattutto) contro "il modo in cui quest’ultima guerra è stata condotta" (Cecchini 30). Infatti, tutto il cortometraggio vuole essere una contraddizione di ciò che nell’introduzione il generale Clark afferma. Egli dice:

San Pietro era la chiave della valle del Liri. Noi lo sapevamo e anche il nemico lo sapeva. Dovevamo conquistarla, sebbene il costo immediato sarebbe stato alto. La prendemmo, e il costo non fu eccessivo rispetto ai vantaggi ottenuti.

In realtà il prezzo pagato dai soldati per sconfiggere un nemico asserragliato sulle montagne fu altissimo; il commento dello stesso Huston lo mette più volte in evidenza, come quando viene detto:

Nella battaglia per la conquista di San Pietro persero la vita ben 1100 uomini solo nel 143° reggimento di fanteria.

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Nel documentario, come rilevato da Bill Nichols, fin dall’inizio si vuole contraddire l’affermazione del generale Clark circa le perdite non eccessive, facendo vedere, ad esempio, le immagini dei soldati italiani che ritornano decimati dopo un primo attacco (questa fu, infatti, la prima battaglia in cui soldati italiani combatterono a fianco degli Alleati). A proposito delle dichiarazioni del generale si legge:

. but John Huston, director and narrator, had a different impression and one major fuction of his commentary is to undercut the assertion that the cost was not excessive.

Proprio in riferimento ai soldati italiani morti e racchiusi in sacchi lo stesso scrittore afferma:

In view of their excessive losses, further operations againts Mount Lungo’s strategic heights were abandoned.

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Le molte perdite, quindi, ci furono fin dall’inizio della battaglia (siamo ai primi di Dicembre del ’43); il regista non manca di sottolineare il tributo di sangue che fu versato in questa battaglia, cogliendo con la sua cinepresa in primo piano, i volti dei soldati che avanzano verso la linea di fuoco che non sarebbero tornati. Il suo è un modo profondamente umano di mostrare affetto per numerosi soldati che non avrebbe rivisto più: l’evidenza dei fatti,così, diventa una critica lucida e tagliente nei confronti di chi dall’alto prendeva le decisioni. Inoltre, le responsabilità di Clark di fronte a decisioni incomprensibili furono sottolineate dallo stesso Huston nella sua autobiografia, quando, ad esempio, si trattò d’attaccare contro una posizione chiaramente imprendibile:

. gli ufficiali di campo più esperti affermavano che la posizione tedesca non era espugnabile con un assalto frontale. Ciononostante fu dato un ordine di assalto frontale che venne trasmesso agli ufficiali e agli uomini del 143°. La decisione costò cara.

La decisione, tuttavia, più apertamente criticata dallo stesso regista è quella in cui venne deciso di attaccare San Pietro coi carri armati. Nel documentario una celebre sequenza, fa un drammatico resoconto di carri armati americani che tentano risolutamente di salire su una tortuosa pista montagnosa, senza che nessuno raggiunga la cima. Il racconto di Huston è eloquente:

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Questo era il piano più folle del mondo, sicuramente ideato da qualcuno che se ne stava in retroguardia e non sapeva assolutamente un accidente del terreno attorno al villaggio. Sedici carri armati ebbero l’ordine di attaccare da est, lungo una strada polverosa tutta curve a gomito e sotto la vista diretta del nemico. Su questa strada era si e no possibile far passare due piccole auto una di fianco all’altra, ma non c’era certamente lo spazio per manovrare un carro armato. Sul lato destro c’era il fianco d’una montagna, a sinistra un dirupo. Una volta partiti, i carri armati non potevano fare la conversione per tornare. I tedeschi lasciarono che i carri armati arrivassero a qualche centinaio di metri dal paese prima di distruggere gli ultimi due con cannoni anticarro nascosti dietro i massi. Tre altri tank urtarono le mine sulla strada e furono abbandonati. Dopo di che l’artiglieria e i cannoni anticarro passarono a colpire gli altri carri armati uno per uno. Soltanto quattro di questi riuscirono a tornare.

Tuttavia, gli errori tattici e strategici commessi a San Pietro furono evidenziati non solo da Huston: il giornalista americano Micheal Haskew, ad esempio, rileva come l'ingenuità dei comandi alleati in alcune circostanze fosse disarmante:

What had escaped Allied commanders intelligence was how inaccessible San Pietro really was. There were simply no good approaches to the village, where houses provided stout stone walls for weapons emplacement. Separated from Monte Rotondo and the Cannavinelle Hill by a deep gully, San Pietro could be entered only by way of cart tracks and trails across the ravine-scarred face of Monte Sammucro. Nor was it evident to Allied intelligence how important San Pietro was for the observation it gave of Monte Lungo and trough that carried Highway 6 to Cassino (dalla pagina web "San Pietro: capturing the face of war").

Sullo stesso tema, delle critiche sono state espresse anche da Milton Landry, comandante del secondo battaglione del 141° reggimento a San Pietro. Tali critiche vengono così riportate da Michael Haskew:

From a commander's point of view, Landry offered a frank assessment of his unit's participation in the fight for San Pietro: "It was stupid operation. My battalion was used to attacking at night. For us to attack in daylight across a valley and up a hill where the Germans had been fortified for a long time was suicidial. I was fortunate to have a battalion that stuck with me and went all the way. When it was over there weren't many of theme left, but the ones that were left were doing their job (dalla pagina web "San Pietro: capturing the face of war").

Il più sconcertato di tutti circa la tattica militare adottata a San Pietro rimaneva, comunque, il colonnello William Martin comandante di quel 143° reggimento nel quale Huston si trovò ad operare. Egli era preoccupato, infatti, per la mancanza di fiducia che lui e tutti gli uomini avevano cominciato a nutrire verso l'alto comando. Martin aveva avuto prova sicura della violazione di tutti gli insegnamenti di tattica militare che aveva avuto luogo a Salerno e a San Pietro (Nardini 27). Ora egli si stava accorgendo che anche un soldato senza esperienza si rendeva conto che l'esecuzione di un piano come quello che era stato loro ordinato non aveva nessuna probabilità di riuscire; ancora una volta la tattica militare sarebbe stata violata.

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Inoltre, anche se San Pietro fu una tappa importante per il proseguo della Campagna d’Italia, non fu certamente l’unica e la più importante. "I vantaggi ottenuti" proclamati da Clark non furono poi enormi, se in seguito altre dure battaglie si susseguirono. Infatti, sullo scorrere delle immagini dei soldati del 143° felici per essere sopravvissuti alla battaglia, il commento del regista è ancora una volta eloquente:

. prima della fine della guerra, molti di questi uomini che vedete qui ancora in vita, hanno raggiunto i loro compagni d’arme caduti attorno a San Pietro; questi soldati che ora ridono e scherzano, nelle settimane successive combatterono le battaglie di S. Vittore, del fiume Rapido, di Cassino. E dopo Cassino ci furono ancora altri fiumi da passare a guado, altre montagne da scalare e altri villaggi come San Pietro da liberare.


Il prologo del generale Clark, incentrato sull'idea della battaglia cruciale e decisiva, viene, quindi, contraddetto da Huston lungo tutto il documentario, il quale vuole sottolineare come la battaglia di San Pietro fu una tra le tante combattute nella Campagna d'Italia, nella quale i vantaggi ottenuti furono minimi rispetto alle tante perdite umane. La tesi della battaglia importante ma non decisiva viene evidenziata anche dal giornalista Henry Sheehan:

Although the U.S Army insisted on appending a prologue claiming that San Pietro was an unusually crucial battle, the film's point, which appears irrefutable, was that it was just one of many such battles, in which a many lives were exchanged for minimal progress.
(Dalla pagina web "A glimpse of life through films")

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La conferma dei dubbi verso la figura del generale americano viene fornita a Huston quando "vedendo la prima copia del film, si rese conto che Clark s’era imparato a memoria, parola per parola, i suoi appunti" (Morandini 36). Al generale americano, infatti, il Dipartimento di guerra aveva affidato il compito di introdurre il documentario con un discorso nel quale si spiegasse il significato della Campagna d'Italia e il ruolo della 5ª armata. Ebbene, in qualità di narratore del film (oltre che di regista), Huston scrisse per Clark una bozza del discorso introduttivo, nella convinzione che sarebbe stato successivamente controllata e modificata dallo staff dello stesso Clark al Pentagono. La massima autorità della 5a armata, invece, si memorizzò l'intero discorso, suscitando la naturale delusione del regista che in seguito dichiarò:

. in altre parole quel generale da quattro stelle non ne sapeva più di me di quel che era successo.

oppure:

. non era certamente il generale più popolare che sia vissuto.

Eloquente è il racconto di Huston circa l'intero episodio:

The War Deparment chose him. They wanted Clark to say something that would take about three minutes on the screen, so i wrote a kind of model, explaining the purpose of the Italian campaign and so on, figuring that Clark would naturally have it redone by his staff at the Pentagon. But he memorized the whole damn speech! Now, here was this four-star general repeating, word for word, the strategy of the campaign as i saw it. I guess he didn't know anymore about what was going on than i did.

Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.

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