LA BATTAGLIA DI MONTE LUNGO VISTA DA UN INGLESE
Nota del webmaster
L'articolo viene proposto senza nessuna osservazione, anche se non si concorda con alcune parti del
racconto di Bowlby (come riporta anche Gianni Moro alla fine dello scritto).
Per un confronto si veda: La battaglia di Montelungo, tratta da Giuseppe Conti, "IL PRIMO RAGGRUPPAMENTO MOTORIZZATO", Stato Maggiore dell'Esercito -
Ufficio Storico, Roma 1986.
Riporto il testo dell'email ricevuta dall'autore:
Caro Valentino,
tempo fà su "Il Secondo Risorgimento d'Italia", rivista mensile dell'Associazione Combattenti Guerra Liberazione, è stato pubblicato un mio articolo
che quì ti allego.
Se credi possa esser utile per, ancora una volta, far conoscere le imprese dei soldati italiani, soprattutto per l'episodio del caporale tedesco e
per le condizioni pietose degli abitanti di San Pietro a fine battaglia, puoi introdurre il tutto nella tua grande raccolta, in quanto questa è la
voce di un combattente inglese.
Cordialmente
Gianni Moro
LA BATTAGLIA DI MONTE LUNGO VISTA DA UN INGLESE
Fermo Rizzi, Presidente della Sezione Combattenti e Reduci di Reggio Emilia, porta a casa un libro da Londra Countdown to Cassino, pubblicato in Gran Bretagna nel 1995, ed il sottoscritto ne trae i fatti salienti relativi alla "Battaglia di Montelungo" vista dall'autore, l'inglese - Alex Bowlby - appartenente alle Giubbe Verdi nella Seconda Guerra Mondiale, ed ecco l'orginale traduzione dei brani.
Il 7 Dicembre la Prima Brigata Italiana Motorizzata prese il controllo dal 141° Reggimento, 36a Divisione Americana, lungo una
linea ai piedi di Monte Lungo.
Una pattuglia di ricognizione mandata in esplorazione alla quota 343 non ritornò.
Il Brigadiere Dapino programmò di utilizzare un Battaglione del 67° Reggimento per assalire la quota 343 con un attacco frontale a Est, mentre un
Battaglione del 51° Bersaglieri lo dislocò lungo la ferrovia costeggiante Monte Lungo cercando di prendere il nemico ai fianchi.
Dopo uno sbarramento preliminare alle ore 05,30, l’attacco cominciò alle 06,20 del giorno 8 Dicembre 1943.
Ogni battaglione dovette lottare duramente con circa 500 uomini desiderosi di mostrare che data la giusta causa potevano lottare come nessun altro.
Una fitta nebbia impediva la visibilità oltre i 15 metri e questo fatto fu una benedizione a metà perché dette la possibilità alle compagnie principali
di prendere il nemico di sorpresa ma impediva loro di chiedere il supporto dell’artiglieria se necessario.
Le due compagnie principali del 1° Battaglione del 67° Reggimento occuparono due avamposti del nemico, quindi avanzarono nella nebbia fino a che non
trovarono una zona scoperta tra due compagnie tedesche a quota 264.
Gli Italiani sconfissero un plotone di nemici e cominciarono a risalire la montagna e non incontrando alcuna resistenza pensarono di essere entrati
attraverso le linee nemiche cominciando a gioire per il trionfo.
Nelle parole del Capitano von Heyking del I/15° Reggimento Panzer Granadier: "Non c’erano ostacoli per la vetta ad eccezione del Caporale Scherling."
Il caporale Ewald Scherling era convalescente, a seguito di una ferita, in un rifugio vicino alla vetta della quota 343.
Sentendo sparare uscì dal rifugio con il suo Spandau, la nebbia gli impediva di vedere gli italiani ma le loro grida gli dettero la loro posizione.
Certi della vittoria gli italiani avevano abbandonato qualsiasi velleità d’attacco ed erano riuniti in gruppi come studenti festeggianti la riuscita
degli esami.
Quando Scherling aprì il fuoco (Scherling aveva uno Spandau a doppia alimentazione), gli italiani furono falciati come granoturco tagliato dalla falce.
In pochi minuti le due compagnie avevano finito di esistere; dieci ufficiali furono uccisi o feriti e ci furono tra il 70 e l’80% di perdite.
Orientandosi dalle grida dei feriti, il Caporale Scherling, scese la montagna per raggiungere la sua compagnia e nel momento in cui la raggiunse, i
rimanenti delle due compagnie Italiane si erano ritirati.
Ma il Comandante della sua compagnia gli disse che truppe Italiane si stavano avvicinando alle postazioni ed allora il Caporale Scherling guidò la sua
compagnia in un contrattacco, facendo fuoco con lo "Schmeisser".
Le altre truppe Italiane, già scosse dalle urla dei soldati delle compagnie principali, non erano in grado di contrastare una tale carica e si
ritirarono nelle posizioni di partenza.
Anche l’attacco dei Bersaglieri alla ferrovia fallì; il nemico li individuò attraverso gli sprazzi nella nebbia e quando avanzarono a sud, lungo i
pendii di Monte Lungo, furono fermati rapidamente dall’artiglieria pesante e dai mortati del nemico.
Secondo la Storia Ufficiale Italiana essi finirono sotto il fuoco partito dalle grotte sul Monte Maggiore.
I Bersaglieri si raggrupparono e tentarono un secondo attacco ma senza il supporto dell’artiglieria non poterono passare a causa della nebbia e quindi
anche il secondo attacco fu un insuccesso come il primo.
Alle 10 in punto il Brigadiere Dapino capì che il suo attacco era fallito e richiamò i Bersaglieri ed il 2° Battaglione del 67° Reggimento che si
stava preparando per un altro assalto diretto alla quota 343.
Alla fine del giorno si contarono 47 morti, 102 feriti e 131 dispersi da parte italiana.
Clark era agitato e nervoso, pensando ad eventuali possibili contrattacchi, riteneva che il nemico fosse sufficientemente tenace per irrompere
attraverso la Brigata Italiana in quanto aveva posizionato sul fianco di Monte Lungo otto cannoni da 8''.
Quella notte il Capitano von Heyking considerò importante il ruolo che il Caporale Scherling aveva avuto nella battaglia.
Dopo essersi congratulato con lui per la sua eccellente iniziativa ed il suo coraggio, il Capitano von Heyking si tolse la Croce di Ferro e la mise
al collo del Caporale Scherling e gli disse che l’avrebbe proposto per la Croce di Cavaliere.
Il Caporale Scherling era sorpreso di tanta effusione.
Egli morì nella battaglia del Garigliano nel Gennaio del 1944 ed un mese più tardi fu insignito della Croce di Cavaliere.
La Storia Ufficiale Americana scrisse dell’attacco come di un vero e proprio disastro mentre la Storia Ufficiale Italiana è sprezzante dell’accaduto
e non fa alcun riferimento alla disfatta del 1° Battaglione del 67° Reggimento.
Chiaramente il Brigadiere Dapino, che doveva aver sentito raccontare i fatti dagli ufficiali sopravvissuti delle compagnie principali, non ritenne
conveniente trascrivere l’accaduto nei documenti ufficiali.
commento
La Prima Brigata Italiana Motorizzata ebbe un duro compito nel prendere la quota 343, dove il Capitano von Heyking aveva collocato
due delle sue tre compagnie.
L’attacco italiano del 17 Dicembre si protrae fino alle 9,15 con il 1° Battaglione del 67° Reggimento rinforzato.
Il tempo era bello, l’artiglieria americana bombardò la quota 343.
Preciso che la mia batteria, la 6a del 2° Gruppo dell’11° Regg. Artiglieria, formata da: Cap. Salsilli Franco, Ten. Anecchino Raffaele, sTen. Arvat Franco e sTen. Moro Gianni, ebbe il comando di: "Batteria colpi 80" e dopo poco "Batteria colpi 40" - senza contare i 3000 colpi sparati dalle altre batterie dell’11° Artiglieria; questo per la giusta cronaca.
Il Capitano tedesco von Heyking chiamò il Colonnello Ulich e gli disse che la situazione era critica e questi promise d’inviare un
Battaglione.
Alle 10 una colonna tedesca di 16 autocarri percorre la statale 6, ma l’artiglieria ne distrugge 11 ed i rimanenti 5 ritornano precipitosamente alla
base.
Poco prima di mezzogiorno il 1° Battaglione del 67° Reggimento Italiano attacca e circonda il nemico e dopo una cruenta battaglia conquista la quota
343 con perdite sensibili.
Le perdite tedesche del I/15° Reggimento Panzer Granadier, da fonte americana, furono più di 200 tra morti, feriti e prigionieri.
Clark ed il generale Keyes inviarono le loro congratulazioni al Brigadiere Dapino per i risultati eccellenti ottenuti dalla sua Brigata.
Generale Clark al Brigadiere Dapino:
"La ferrea volontà dei soldati Italiani di liberare la patria dal giogo nazista fino alla vittoria combattendo
su un terreno aspro ed impervio, può ben essere presa ad esempio da tutti i popoli europei che combattono contro l’oppressione tedesca.".
Più sotto Bowlby riporta un fatto umanitario dei soldati italiani.
Gli Americani liberano il paese di San Pietro e dalle grotte escono circa 500 abitanti degli 800 rifugiati all’inizio delle
battaglie, 300 erano morti.
Il Colonnello Martin che comandava il 2° Battaglione del 143° Reggimento Americano predispose di dare qualcosa da mangiare ai bambini ed ai
sopravvissuti di San Pietro, i quali prima dell’arrivo degli Americani ed Italiani si nutrivano con 5 fichi al giorno.
Contattò il Brigadiere Dapino per aiutare gli abitanti di San Pietro e quando le truppe italiane entrarono nelle grotte, vedendo le condizioni
degli ammalati e degli anziani, scoppiarono in lacrime e successivamente portarono feriti ed ammalati ai vari ospedali e seppellirono i morti
che giacevano all’esterno delle grotte.
Ho ritenuto doveroso raccogliere questi scritti per onorare, ancora una volta, i nostri caduti e tutti quelli che vissero quei terribili giorni anche se lo scritto di Bowlby riporta alcune inesattezze.
Gianni Moro - Sottotenente nella Guerra di Liberazione
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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